GIUGNI, Bernardo
Nacque a Firenze il 19 nov. 1396 nel quartiere S. Croce, gonfalone Ruote (Tratte 80, c. 69r: i documenti citati nel corso della voce, se non altrimenti specificato, sono presso l'Archivio di Stato di Firenze), da Filippo di Niccolò, che ebbe un ruolo di rilievo all'interno del reggimento oligarchico guidato dagli Albizzi, e da Antonia di Domenico Sapiti. Anche il G., pur dedicandosi all'impresa familiare legata alla lavorazione e al commercio della lana, intraprese la carriera pubblica, divenendo uno fra i maggiori esponenti del regime mediceo, nell'ambito del quale conseguì le più alte cariche dello Stato e svolse una attività diplomatica di primo piano.
Già nello scrutinio del 1411 il G. si qualificò per i tre maggiori uffici (Tratte 359, c. 45v) ottenendo così anche la possibilità di ricoprire le magistrature interne ed esterne alla città: nel 1421 fu "operaio" di S. Maria del Fiore (dal 1° novembre) e di nuovo venne confermato nel medesimo incarico dal 1° sett. 1423. In questo stesso anno, il 21 dicembre, contrasse matrimonio con Ginevra di Angelo Vernacci, dalla quale non ebbe figli (Manoscritti 360, c. 170r). Fu dei Dieci di Pisa dal 18 apr. 1424; il 17 settembre seguente - nel pieno della guerra contro Filippo Maria Visconti che minacciava di invadere il territorio della Repubblica - il G., inviato come commissario, scrisse da Fucecchio alla Signoria per informarla della situazione nel Valdarno e dei provvedimenti presi per riparare le fortezze della zona; informava anche che le Comunità di Santa Croce sull'Arno e di Fucecchio stavano lavorando alle pescaie per bloccare il passaggio alle truppe nemiche, ma richiedevano per questo una deliberazione da parte della stessa Signoria e dei Collegi; il G. si sarebbe poi recato in Val di Nievole e a Pistoia (Signori. Responsive 8, c. 46).
Il 28 ag. 1427 venne nominato ufficiale del Catasto per un anno. Nel 1428 vinse le elezioni per il gonfalonierato di Giustizia (Tratte 361, c. 2v) e costituì una compagnia mercantile legata al commercio della lana (Catasto 402, c. 114v); nel medesimo anno, dal 9 novembre, fu eletto tra gli Ufficiali dello Studio. Il 10 apr. 1429 si immatricolò nell'arte della lana (Arte della lana 21, c. 19r) e il 20 seguente ricoprì la carica di ufficiale dello Studio. Dal 1° settembre dello stesso anno fu provveditore delle Porte e del Vino di Arezzo e dal 2 sett. 1430 provveditore delle Gabelle di Pisa; nel 1431 organizzò una società commerciale con Lottieri del Piccino (Catasto 493, c. 157r) e dal 18 ottobre ebbe il mandato come regolatore delle entrate e delle spese del Comune; nuovamente fu ufficiale del Catasto dal 1° luglio 1432. Nel 1433 prese parte d'ufficio, come membro dei Sei della mercanzia, della Balia del 9 settembre che decretò l'esilio di Cosimo de' Medici e dei suoi aderenti (Balie 24, c. 7v). L'anno seguente ricoprì, dal 1° febbraio, l'ufficio di provveditore della Camera del Comune; nel settembre fu ascritto alla nuova Balia filomedicea, che sancì la vittoria di questo partito permettendo il ritorno di Cosimo a Firenze, e prese parte come accoppiatore allo scrutinio degli uffici intrinseci (Balie 25, c. 3v).
L'adesione al nuovo regime dette modo al G. di consolidare la sua posizione politica nell'ambito dell'élite del reggimento. Il 1° sett. 1435 conseguì per la prima volta il priorato (Tratte 57, c. 172r); il 13 apr. 1436 fu deputato, insieme con altri sette cittadini, ad accompagnare sul territorio fiorentino il pontefice Eugenio IV diretto a Bologna (Carte di corredo 51, c. 6r); nello stesso anno ebbe l'incarico di ragioniere dell'ordinario per sei mesi insieme con Bernardo di Andrea di Alamanno dei Medici (dal 7 maggio) e dal 1° ottobre seguente fu dei Sei di Arezzo. Dal 26 genn. 1437 fino a tutto il mese di aprile venne nominato tra gli Ufficiali della ventina e dal 1° dicembre successivo andò come podestà a Montevarchi. Il 14 marzo 1438 fu dei Dieci di balia, e in virtù di questo incarico venne ascritto alla Balia indetta in quello stesso anno per lo svolgimento delle operazioni elettorali (Tratte 62, c. 166r). Sempre nel 1438, il 6 ottobre, fu inviato insieme con Giuliano Davanzati e Carlo Federighi in Germania presso l'imperatore Alberto II per esprimere a nome della Repubblica i rallegramenti per la sua elezione e per caldeggiare la scelta di Firenze quale sede definitiva del concilio di unione con la Chiesa greca. Durante il viaggio avrebbe fatto tappa a Ferrara, dove si stavano svolgendo le sessioni conciliari, e lì avrebbe visitato il pontefice Eugenio IV con il quale avrebbe dovuto insistere per il trasferimento dell'assise a Firenze. In questa occasione il G., insieme con il fratello Antonio, ricevette dall'imperatore il titolo di conte palatino trasmissibile anche ai suoi discendenti (il testo dell'istruzione, conservato in Signori. Legazioni e commissarie 10, cc. 155v-157v, è stato pubblicato da Chiaroni e in Concilium Florentinum).
Dal 1° maggio 1439 il G. fu operaio di S. Maria del Fiore e dal 18 ottobre capitano di Livorno e nello stesso anno vinse lo scrutinio per il gonfalonierato di Giustizia (Tratte 368, c. 8r). Il 17 apr. 1440 ebbe l'incarico di recarsi a Siena per dirimere questioni riguardanti zone di confine (ibid., cc. 161r-162r); nuovamente fu dei Dieci di balia dal 1° dicembre seguente. Nel 1442, dal 18 marzo, fu ufficiale dei Difetti e dal 23 novembre fu dei Dieci di libertà; sempre nel novembre di questo stesso anno venne inviato presso il nuovo re di Napoli, Alfonso V d'Aragona, insieme con Giuliano Davanzati (le registrazioni relative si trovano in Signori e Collegi. Condotte e stanziamenti 4, c. 55rv: 27 nov. 1442 per 40 giorni e 11 febbr. 1443 per 27 giorni). Nel 1443 prese parte come accoppiatore allo scrutinio per gli uffici intrinseci ed estrinseci, che poi venne annullato; grazie a questo incarico partecipò in seguito a tutte le commissioni elettorali fino al 1458 (Tratte 369, c. 2v). Il 6 apr. 1444, in seguito alla costituzione di un asse politico tra Firenze e Venezia, il G. venne eletto ambasciatore presso la Serenissima, dove poi sarebbe tornato in successive legazioni, per definire l'appoggio da dare al duca di Milano, Filippo Maria Visconti, in conflitto con papa Eugenio IV; avrebbe dovuto anche chiarire i rapporti con il re di Napoli Alfonso d'Aragona, ora alleato del pontefice (Signori. Legazioni e commissarie 11, cc. 1r-5r, missive del 23 e 27 aprile; cc. 5v-10r, missive del 4, 14, 23, 26 maggio; Signori e Collegi. Condotte e stanziamenti 4, cc. 60v, 65v, l'ultima registrazione è del 17 agosto). Nello stesso anno entrò nella Balia indetta nel giugno per lo svolgimento delle elezioni (Balie 26, c. 32r) e si qualificò per i tre maggiori uffici (Tratte 371, c. 20r). Il 4 settembre seguente fu nominato tra i Cinque governatori di Pisa e dal 26 nov. 1445 ufficiale delle Vendite.
Nel 1446 tornò, insieme con Neri di Gino Capponi, a Venezia che manifestava l'intenzione di contendere al Visconti il possesso del Cremonese: la commissione, del 27 maggio, prevedeva che gli oratori discutessero sull'iniziativa da parte della Serenissima di una guerra in Lombardia (Signori. Legazioni e commissarie 11, cc. 143r-144r; altre missive: ibid., cc. 145v, 147v-150v, 152r-156v: 4, 10, 15, 17, 27 giugno, 10, 20 luglio, 5 agosto; Signori e Collegi. Condotte e stanziamenti 4, cc. 84v, 88r, l'ultima registrazione è del 26 agosto). In questo stesso anno presentò la dichiarazione catastale insieme con il fratello Giovanni, anche a nome dei figli dell'altro fratello Antonio che era morto: dalla denuncia risulta che il G. aveva ereditato dal padre la casa situata nel "popolo" di S. Martino con le masserizie e metà delle sostanze relative al patrimonio familiare (Catasto 666, cc. 627r-629v). Dal 1° dic. 1446 fu podestà di Pisa e il 4 luglio 1447 venne tratto all'Ufficio dei regolatori dei contratti, ma dovette rinunciare perché, il 28 seguente, fu inviato come ambasciatore a Ferrara. Nel corso di questa legazione il G. venne creato cavaliere dal marchese Leonello d'Este; in seguito a questa concessione, il 30 agosto dello stesso 1447, a Firenze, i Consigli stabilirono che egli fosse onorato con le relative insegne e con le armi della Parte guelfa (l'istruzione è in Signori. Legazioni e commissarie 12, cc. 24r-26r; le missive relative a questa ambasceria si trovano ibid., cc. 37v-49r, passim, per il periodo 17 agosto - 19 ott. 1447; Signori e Collegi. Condotte e stanziamenti 4, cc. 97v, 100v, 102r; l'ultimo stanziamento venne effettuato il 30 settembre per altri 20 giorni; Provvisioni 138, cc. 120v-121r).
Il 21 dic. 1447 il G. ottenne l'ufficio di provveditore della Torre; nel 1448 intervenne più volte nei dibattiti di governo: per esempio il 4 aprile, insieme con Cosimo de' Medici, parlò in favore della chiusura delle borse dello squittinio del 1444, quindi il 13 aprile seguente si dichiarò contrario alle trattative di pace con il re di Napoli (Consulte e pratiche 52, c. 38rv; altri interventi passim). Il 7 genn. 1449 fu nuovamente eletto ambasciatore a Venezia, insieme con Diotisalvi di Nerone Diotisalvi. Scopo di questa missione era quello di far entrare Firenze nell'alleanza che quella Repubblica aveva costituito con Francesco Sforza, pretendente nella successione al Ducato di Milano, e di farvi aggregare anche il marchese di Ferrara, Leonello d'Este, per bloccare le mire sullo stesso Ducato del re di Napoli. Nel corso del viaggio gli ambasciatori si sarebbero dovuti fermare a Bologna per congratularsi della nomina cardinalizia del governatore, Astorgio Agnesi, e a Ferrara per relazionare sugli incarichi da compiere (Signori. Legazioni e commissarie 12, cc. 69v-71r; altre lettere ibid., cc. 73r, 74r-75r, 78v-79r, 25 e 30 gennaio, 8 febbr. 1449; Signori e Collegi. Condotte e stanziamenti 4, cc. 127rv, 129v: l'ultima registrazione è del 21 maggio). Di questa legazione è rimasta una parte del carteggio del G. e del Diotisalvi con la Signoria dal 18 gennaio al 27 marzo 1449 (Signori. Dieci di balia, Otto di pratica. Legazioni e commissarie. Missive e responsive 62, cc. 64r-71v).
Il 29 maggio dello stesso 1449 fu eletto capitano di Pistoia e il 1° marzo 1450 ufficiale del Monte per un anno. Il 1° maggio 1451 il G. ottenne l'alta carica di gonfaloniere di Giustizia (Tratte 57, c. 184r). Nel 1452 fu nominato ambasciatore, insieme con Otto Niccolini e Carlo di Angelo Pandolfini, a Ferrara, presso l'imperatore Federico III per rallegrarsi della sua venuta in Italia e per ribadire la fedeltà della Repubblica all'Impero; con il Pandolfini e con Giannozzo Manetti, aggiuntosi alla legazione, il G., dopo aver scortato l'imperatore a Firenze, dove entrò il 30 gennaio, avrebbe dovuto accompagnarlo a Roma per la sua incoronazione, avvenuta poi il 15 marzo seguente. Durante il viaggio, nel fare tappa a Siena, gli oratori avrebbero dovuto accertarsi degli eventuali tentativi degli ambasciatori veneziani, presenti in quella città, di costituire un accordo tra i Senesi e il re di Napoli per muovere guerra a Firenze: in tal caso si chiedeva all'imperatore di intervenire (l'elezione avvenne il 19 nov. 1451: Carte di corredo 51, c. 120r; le relative istruzioni, del 14 gennaio e del 7 febbraio, si trovano in Signori. Legazioni e commissarie 13, cc. 31r-35r; una missiva dell'11 marzo è ibid., c. 35v; le registrazioni in Dieci di balia. Deliberazioni, condotte e stanziamenti 19, cc. 16v-17rv).
Nel luglio dello stesso anno fu ascritto alla Balia essendo stato accoppiatore nel 1443 (Balie 27, c. 17v). Inoltre, da una registrazione dell'11 dic. 1452 si sa che il G., insieme con Carlo Pandolfini, era ritornato a Ferrara presso Federico III per perorare la causa della pace (Dieci di balia. Deliberazioni, condotte e stanziamenti 19, c. 51v). Sempre nel 1452, dal 12 dicembre fu nominato fra i Dieci di balia e, presumibilmente, in tale veste gli venne commesso di recarsi come oratore a Milano, insieme con Diotisalvi Diotisalvi, per aggiornare Francesco Sforza sullo stato della guerra in corso - nell'estate precedente Venezia e Napoli avevano dichiarato guerra allo Sforza e a Firenze, il cui territorio era stato invaso dalle truppe aragonesi -, facendo presente le difficoltà logistiche e finanziarie della Repubblica e il timore di un attacco napoletano per mare. In particolare si chiedeva di vagliare ogni possibilità per porre fine al conflitto (manca la data di registrazione della relativa istruzione che, tuttavia, dovette avvenire alla fine del 1452: Dieci di balia. Legazioni e commissarie 4, cc. 32v-35v).
Nel 1453 il G. si qualificò per i tre maggiori uffici (Tratte 382, c. 10v) e venne imborsato per il gonfalonierato di Giustizia (Tratte 383, c. 5v). L'8 ottobre seguente venne nominato, con Giannozzo Pitti, ambasciatore a Roma presso Niccolò V per trattare e cercare di concludere la pace tra Firenze, alleata dello Sforza, da una parte, e Venezia e Napoli dall'altra (il mandato e la relativa istruzione del 16 ottobre sono in Signori. Legazioni e commissarie 13, cc. 42rv e 42v-44r; ulteriori missive si trovano ibid., cc. 44v-47v, dal 6 nov. 1453 al 13 febbr. 1454). Il 26 genn. 1454 la Signoria e i Collegi dettero al G. e agli altri due oratori pieno mandato per firmare il trattato di pace (Signori e Collegi. Deliberazioni in forza di speciale autorità 30, cc. 195v-197v).
Di questa legazione è rimasto un ampio carteggio, che va dal 27 ott. 1453 al 19 marzo 1454, indirizzato alla Signoria e ai Dieci di balia. L'importanza di tale documentazione consiste nel fatto di essere pressoché l'unica testimonianza completa delle trattative, mentre mancano completamente i dispacci degli ambasciatori napoletani e veneziani. (Signori, Dieci di balia, Otto di pratica. Legazioni e commissarie. Missive e responsive 62, cc. 155-194). Ampio e dettagliato è il resoconto dei due inviati al congresso per la pace convocato a Roma dal papa Niccolò V, che a tale scopo aveva invitato tutti i rappresentanti delle potenze italiane. La necessità di porre con urgenza fine alle ostilità in corso nella penisola era determinata dall'imminente pericolo di un'invasione turca, seguita alla caduta di Costantinopoli il 29 maggio 1453. Il 24 ottobre giunsero a Roma gli ambasciatori fiorentini e veneziani e, solo più tardi, quelli ducali, dal momento che lo Sforza temeva che i Veneziani volessero solo prendere tempo per i loro preparativi di guerra. Gli inviati milanesi arrivarono il 10 novembre e così poterono iniziare le trattative che si rivelarono subito lunghe e difficili: il re di Napoli Alfonso d'Aragona chiedeva che i Fiorentini gli risarcissero le spese di guerra; questi ultimi che il re rilasciasse i territori occupati in Maremma. I Veneziani, da parte loro, richiedevano che lo Sforza restituisse tutte le località occupate nel Bresciano e nel Bergamasco, la città di Cremona e le zone sulle rive del Po e dell'Adda situate ai confini tra i due Stati. Il duca non intendeva cedere nulla alla Serenissima e pretendeva di riavere Crema, Brescia e Bergamo. Niccolò V temeva che, una volta raggiunta la pace, i capi delle truppe mercenarie si sarebbero stanziati nello Stato pontificio causando disordini e sedizioni; ma era soprattutto la sua alleanza con il re aragonese a trattenerlo dal prendere una posizione precisa; inoltre la gotta, da cui il papa era stato colpito nell'estate precedente, determinava spesso l'interruzione dei lavori: puntuale è anche su questo argomento il resoconto degli inviati fiorentini. Il congresso ebbe esito negativo: il 19 marzo le trattative si conclusero ufficialmente senza risultati concreti e il 24 seguente il G. e il Pitti rientrarono a Firenze.
Nel giugno 1454 il G. venne inviato a Milano presso Francesco Sforza, presumibilmente per definire i termini della futura alleanza che sarebbe stata stipulata con lo stesso duca e Venezia il 30 agosto successivo (manca la relativa istruzione; in Dieci di balia. Deliberazioni, condotte e stanziamenti 19, c. 81v vi è la registrazione della missione in data 1° giugno). Il 6 settembre seguente, insieme con i più alti esponenti del reggimento fra i quali vi era lo stesso Cosimo de' Medici, al G. fu concessa dalla Signoria e dai Collegi la facoltà di scrivere e inviare lettere agli ambasciatori fiorentini residenti a Venezia circa le trattative di pace in corso con il re di Napoli, il quale per il momento non aveva aderito al trattato stipulato a Lodi l'11 apr. 1454 (Signori. Legazioni e commissarie 13, c. 79v). Poco dopo, dal 9 ottobre, il G. fu nominato fra gli Otto di custodia, e dal 1° dicembre ebbe la carica di camerario della Camera del Comune. Il 19 apr. 1455 venne deputato insieme con altri cinque oratori di recarsi a Roma in occasione dell'elezione del nuovo papa Callisto III: tuttavia il 21 aprile seguente dichiarò di non poter assumere l'incarico perché impedito da malattia e al suo posto andò Giovanni di Cosimo de' Medici (ibid., cc. 135r, 136v; Carte di corredo 51, c. 141rv).
Nel 1456 il G. fu ufficiale per provvedere alle entrate del Comune (dal 12 febbraio), conservatore di Legge (dal 25 settembre) e ufficiale dell'Abbondanza (dal 10 novembre); nell'aprile 1457 entrò come membro in una commissione, della quale facevano parte anche Alessandro Alessandri e Angelo Acciaiuoli, per dirimere una contesa riguardante questioni di confine esistente tra la città di Barga e gli Estensi (Consulte e pratiche 54, c. 6rv). Il 2 agosto del medesimo anno fece testamento lasciando eredi la moglie Ginevra, i fratelli e i nipoti figli del fratello defunto Antonio (Notarile antecosimiano 21154, cc. 5r-8r, rogito di Piero di Carlo del Viva; altri atti relativi al G., per gli anni 1453-54, sono ibid. 21155, ad indicem). Dal 10 maggio 1458 il G. andò come capitano ad Arezzo; nello stesso anno entrò a far parte della Balia (Balie 29, c. 14r) e fu imborsato per i Consigli del Popolo e del Comune (Tratte 392, c. 24v); sempre nel 1458 presentò la sua ultima dichiarazione fiscale insieme con il fratello Giovanni (Catasto 809, cc. 900r-904v). Nel 1459, il 12 gennaio, prese parte a un dibattito riguardante la richiesta dei Pisani di applicare una più equa tassazione nel loro contado che aveva subito un forte depauperamento della popolazione: il G. riteneva che la questione dovesse essere affidata a dei giurisperiti per decidere se tali richieste fossero giuste o meno (Consulte e pratiche 55, c. 93v). Camerario alle Porte dal 1° ott. 1460, ricoprì nuovamente l'ufficio di conservatore di Legge dal 25 sett. 1461; dal 23 novembre seguente fu ufficiale delle Condotte e dal 16 genn. 1462 ufficiale di Torre. Il 15 sett. 1463 ebbe la carica di ufficiale dell'Onestà e il 21 dicembre successivo fu nominato sindaco per la concessione a Luca Pitti del titolo di cavaliere (Signori e Collegi. Deliberazioni con forza di speciale autorità 32, c. 85v; Provvisioni 154, cc. 275v-276v). Quindi dal 3 genn. 1464 fu capitano di Borgo San Sepolcro; il 4 agosto dello stesso anno venne deputato, insieme con altri nove cittadini scelti tra i maggiori esponenti del reggimento politico, fra i quali vi erano Bernardo Ridolfi, Luca Pitti, Bernardo Del Nero, Diotisalvi di Nerone Diotisalvi, a organizzare la cerimonia funebre in onore di Cosimo de' Medici (Provvisioni 155, cc. 104r-105r).
Dal 1° luglio 1465 fu degli Otto di custodia; nell'agosto seguente ottenne il mandato di recarsi presso lo Sforza per un mese: la missione fu tuttavia prorogata e il rientro avvenne il 6 ottobre. Durante il viaggio sarebbe passato da Bologna e da Modena, dove avrebbe dovuto incontrare il marchese di Ferrara Borso d'Este e ringraziarlo dell'intervento a favore dei mercanti fiorentini. Scopo dell'andata a Milano era quello di esprimere tutta la solidarietà della Repubblica per il caso del genero dello Sforza, Giacomo Piccinino - che ne aveva sposato la figlia Drusiana nel 1464 -, fatto uccidere a Napoli dal re Ferdinando d'Aragona: questo episodio non doveva tuttavia turbare gli equilibri esistenti con quel sovrano, considerate le passate vicende legate alla guerra tra Angioini e Aragonesi per la successione nel Regno (l'istruzione del 6 agosto - la nomina del G. è del 1° - si trova in Signori. Legazioni e commissarie 16, cc. 11r-13v; altre missive sono ibid., cc. 13v-15r, 2, 6, 18 settembre). Dal 1° febbr. 1466 il G. fu vicario del Mugello; in questo stesso anno, il 12 marzo, venne mandato nuovamente a Milano presso la duchessa Bianca Maria Visconti, insieme con Luigi di Piero Guicciardini, per esprimere il cordoglio del governo fiorentino per la morte del duca Francesco Sforza, avvenuta l'8 marzo, e per presenziare all'investitura del successore Galeazzo Maria, figlio dello stesso Sforza (l'istruzione si trova ibid., cc. 20-21v; altre missive ai due oratori sono alle cc. 22rv, 23rv, 24rv, 29 marzo - 14 maggio).
Il G. ritornò a Firenze il 17 giugno e qui, poco tempo dopo, il 5 luglio 1466, morì improvvisamente (Ufficiali della Grascia 190, c. 67r). Venne sepolto con grandi onori nella badia fiorentina, accanto al campanile, e allo scultore Mino da Fiesole fu commissionato il pregevole monumento funebre di marmo con figure e intagli - lo stesso G. è raffigurato sopra l'arca con l'abito da cavaliere e la spada -, sul quale venne apposta anche un'iscrizione (Manoscritti 624, c. 606v e 648, cc. 221r-223r).
Assai scarse sono le testimonianze relative alla formazione culturale del Giugni. Si sa tuttavia per certo che ebbe rapporti con l'ambiente umanistico e in particolare con la cerchia degli intellettuali vicini ai Medici: egli è infatti tra i destinatari della lettera scritta da Marsilio Ficino con la quale annunciava la fine della sua traduzione delle Leggi di Platone, compiuta sembra intorno al 1463, nonché l'invio dell'opera stessa: il G. infatti era stato sostenitore dell'iniziativa insieme con Otto Niccolini, Benedetto Accolti e Piero dei Pazzi (M. Ficino, Opera omnia, I, Basileae 1561, pp. 611 s.). Sempre intorno a questi anni il G. partecipò a una disputa con lo stesso Ficino, di cui il filosofo relaziona in una lettera a Giovanni Cavalcanti (ibid., pp. 626-628).
Da una testimonianza del notaio Clemente Mazza, autore di una Vita di s. Zanobi, si sa inoltre che il G., in una delle missioni svolte a Venezia, cercò di comprare un codice greco contenente il resoconto di numerosi miracoli compiuti dal santo in Grecia: tuttavia non riuscì ad acquistare né a far copiare il manoscritto dovendo ritornare al più presto a Firenze.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Tratte 57, cc. 172r, 184r; 62, c. 166r; 80, c. 69r; 171-173, passim; 359, c. 45v; 361, c. 2v; 368, cc. 8r, 161r-162r; 369, c. 2v; 371, c. 20r; 382, c. 10v; 383, c. 5v; 392, c. 24v; Arte della lana 21, c. 19r; Balie 24, c. 7v; 25, c. 3v; 26, c. 32r; 27, c. 17v; 29, c. 14r; Carte di corredo 51, cc. 6r, 120r, 141rv; Signori. Responsive 8, c. 46; Signori. Legazioni e commissarie 10, cc. 155v-157v; 11, cc. 1r-10r, 143r-144r, 145v, 147v-156rv; 12, cc. 24r-26r, 37v-49r, 69v-71r, 73r, 74r-75r, 78v-79r; 13, cc. 31r-32r, 32v-35v, 42r-47v, 79v, 135r, 136v; 16, cc. 11r-15r, 20r-24v; Signori e Collegi. Condotte e stanziamenti 4, cc. 55rv, 60v, 65v, 84v, 88r, 97v, 100v, 102r, 127rv, 129v; Signori e Collegi. Deliberazioni in forza di speciale autorità 30, cc. 195v-197v; 32, c. 85v; Signori. Dieci di balia, Otto di pratica. Legazioni e commissarie. Missive e responsive 62, cc. 64r-71v, 155-194; Dieci di balia. Legazioni e commissarie 4, cc. 32v-35v; Dieci di balia. Deliberazioni, condotte e stanziamenti 19, cc. 16v-17rv, 51v, 81v; Catasto 402, c. 114v; 493, c. 157r; 666, cc. 627r-629v; 809, cc. 900r-904v; Provvisioni 138, cc. 120v-121r; 154, cc. 275v-276v; 155, cc. 104r-105r; Consulte e pratiche 52, c. 38rv e ad annos; 54, c. 6rv; 55, c. 93v; Notarile antecosimiano 21154, cc. 5r-8r; 21155, ad indicem; Ufficiali della Grascia 190, c. 67r; Ceramelli Papiani 2409; Manoscritti 360, c. 170r (Carte dell'Ancisa); 624 (Sepoltuario del Rosselli), c. 606v; 648 (idem), cc. 221r-223r; Firenze, Biblioteca nazionale, Passerini 188, 219; Poligrafo Gargani 980; Ibid., Biblioteca Marucelliana, cod. A.76: A.F. Gori, Sommario di notizie e documenti spettanti alla vita di B. G.; M. Palmieri, Liber de temporibus, a cura di G. Scaramella, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XXVI, 1, pp. 154-183; C. Mazza, Vita di s. Zanobi, Firenze 1487, p. 9; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca, in Delizie degli eruditi toscani, XIV (1781), pp. 303 s., 306; G. Cambi, Istorie, ibid., XX (1785), pp. 194, 278, 285, 287, 305, 316; Vite di Lorenzo Ridolfi, B. G.…, a cura di F. Del Furia, in Arch. stor. italiano, s. 1, IV (1843), pp. 322-338; F. Inghirami, Storia della Toscana, XIII, Fiesole 1844, p. 175; C. Guasti, Due legazioni al sommo pontefice per il Comune di Firenze presiedute da s. Antonino arcivescovo, Firenze 1857, pp. XI s., 33; Statuti della Università e Studio fiorentino dell'anno 1387, seguiti da un'appendice di documenti dal 1320 al 1472, a cura di A. Gherardi, Firenze 1881, pp. 209, 216; A. Della Torre, Storia dell'Accademia platonica di Firenze, Firenze 1902, pp. 545-548, 550; L. von Pastor, Storia dei papi, I, Roma 1910, pp. 516 n. 1, 561 e nn. 1-4; V. Chiaroni, Lo scisma greco e il concilio di Firenze, Firenze 1938, pp. 116 s.; Concilium Florentinum. Documenta et scriptores, a cura di G. Hofmann et al., III, fasc. 1, Roma 1950, pp. 44 s.; C.C. Bayley, War and society in Renaissance Florence. The De militia of Leonardo Bruni, Toronto 1961, p. 143; L. Martines, The social world of the Florentine humanists (1390-1460), Princeton 1963, pp. 187 s.; Id., Lawyers and statecraft in Renaissance Florence, ibid. 1968, pp. 230 n., 242; N. Rubinstein, Il governo di Firenze sotto i Medici (1434-1494), Firenze 1971, p. 32 n. 144; G. Salvemini, La dignità cavalleresca nel Comune di Firenze e altri scritti, a cura di E. Sestan, Milano 1972, pp. 125, 190 s., 198; Vespasiano da Bisticci, Le vite, a cura di A. Greco, Firenze 1976, pp. 321-329; D. Kent, The rise of the Medici faction in Florence. 1426-1434, Oxford 1978, p. 155; G.A. Brucker, Firenze nel Rinascimento, Firenze 1980, p. 63; R. Fubini, Classe dirigente ed esercizio della diplomazia nella Firenze quattrocentesca, in I ceti dirigenti nella Toscana del Quattrocento, Monte Oriolo 1987, pp. 154 s., 177; R. Bizzocchi, Chiesa e potere nella Toscana del Quattrocento, Bologna 1987, p. 226; A. Field, The origins of the Platonic Academy of Florence, Princeton 1988, p. 34; A. Brown, The Medici in Florence, Firenze-Perth 1992, pp. 117 s., 121; P. Viti, Leonardo Bruni e Firenze, Roma 1992, p. 185; A. Molho, Fisco ed economia a Firenze alla vigilia del concilio, in Firenze e il concilio del 1439. Convegno di studi, Firenze… 1989, a cura di P. Viti, Firenze 1994, p. 90; A. Benvenuti Papi, Un momento del concilio di Firenze: la traslazione delle reliquie di s. Zanobi, ibid., p. 207; P. Viti, Leonardo Bruni e il concilio del 1439, ibid., p. 562; Id., Documenti sul concilio di Firenze, ibid., p. 941.