ROSSI, Bernardo di Rolando
ROSSI, Bernardo di Rolando. – Nacque probabilmente attorno al 1190 da Rolando di Bernardo dei Rossi di Parma e da madre a noi sconosciuta.
I Rossi compaiono come residenti a Parma per la prima volta nel 1147, sebbene detenessero giurisdizione a S. Secondo già dal tardo XI secolo; furono particolarmente attivi sulla scena politica cittadina come giurisperiti e membri di collegi consolari nei decenni a cavallo tra i secoli XII e XIII. Tra di essi, si distinse Rolando, padre di Bernardo, più volte procuratore per il Comune, console e podestà cittadino a Parma e podestà forestiero a Modena e Bologna. Tramite un’efficace politica matrimoniale, i Rossi intrattennero relazioni strette con le altre famiglie dell’élite parmense, quali i Lupi, i Sanvitale, i da Cornazzano, i de Gente e i da Correggio.
Bernardo intraprese una lunga e proficua carriera politica come podestà forestiero e imperiale: il suo cursus iniziò a Modena nel 1213, quando sostituì il concittadino Baldovino Visdomini, caduto in battaglia contro Salinguerra di Ferrara. Bernardo rimase in carica a Modena l’anno successivo, nel 1214.
Nel 1216, Bernardo sposò Maddalena Fieschi, parente dell’allora vescovo di Parma Obizzo (1194-1225) e sorella di Sinibaldo Fieschi, all’epoca canonico della cattedrale di Parma e futuro papa Innocenzo IV. Bernardo e Maddalena ebbero almeno tre figli, Giacomino, Rolando e Ugolino.
Bernardo divenne poi podestà a Reggio nel 1221, a Siena nel 1224, una seconda volta a Modena nel 1226, ancora a Reggio nel 1227.
Durante la podesteria nella città toscana, Bernardo commissionò la scrittura di un panegirico per celebrare le proprie qualità come rettore e per commemorare una vittoriosa campagna contro Grosseto. Questo brano venne aggiunto al cosiddetto «Libro memoriale delle offese», una sorta di liber iurium iniziato nel 1223 dal bolognese Guido Guicciardi in cui venivano registrati alcuni dei contenziosi territoriali riguardanti il Comune di Siena.
Alla c. 11r del codice pergamenaceo, oggi conservato nell’archivio di stato di Siena, una miniatura rappresenta un podestà, probabilmente Bernardo, seduto sullo scranno e avvolto nella toga purpurea, reggente una cornice dai bordi dorati dove si legge: «Ricordati, Siena, della gloria qui riportata, così che tu possa sempre ottenere aumento dal bene in meglio» (Infrascripte glorie civitas memento senensis, ut de bono in melius semper suscipias incrementum). Nel testo, Bernardo venne celebrato come uomo giusto (iustitiam rectam tenuit), pio (fidem habuit sinceram), mansueto (patientiam diligebat) ma allo stesso tempo terribile con i nemici (terribilis hostibus), così di bell’aspetto, saggio, generoso, cortese e versato nella retorica, che «difficilmente potrebbe essere dichiarato [anche] con una lunghissima serie di parole» (cuius pulcritudinis forma, sapientie magnitudo, eloquentia facunda, sermonum suavitas, largitas et curialitas et morum compositio longissima vix posset verborum serie declarari: Banchi, Il Memoriale, 1875, p. 225).
Oltre a curialitas e retorica, Bernardo dispiegò durante la sua podesteria a Siena anche quei valori cavallereschi propri della militia cittadina, che erano parte delle qualità essenziali del buon rettore. Come si legge nel prosieguo del testo del Memoriale, i Grossetani, colpevoli di ripetute offese e di aver attaccato l’onore dei Senesi sostenendo che questi fossero «più pronti alla fuga che a cercare la vittoria» (dicentes: Senenses esse parati potius ad fugam, quam ad victoriam consequendam), causarono l’ira di Bernardo, che prontamente radunò l’esercito cittadino (Que predicta Potestas animum concitavit in iram, compulit ipsum in arma pudor et congregabit exercitum) e marciò verso Grosseto (Banchi, Il Memoriale, p. 226). Durante l’assedio, Bernardo «si gettò nella battaglia coraggioso, e combatté quasi fino alla morte per l’onore della sua città, così che, Dio volente, insieme al suo popolo, mirabilmente espugnò quella città» (in prelium se transtulit animosus, et usque ad mortem fere pro sue civitatis honore certavit, et sic, Deo dante, ipse cum suo populo civitatem illam mirabiliter expugnavit) (Ibid.). È possibile che Bernardo avesse commissionato questo testo autocelebrativo non soltanto per il beneficio dei Senesi, ma forse anche in vista del sindacato di fine mandato, dal momento che il testo venne inserito nel Memoriale il 30 dicembre 1224.
Successivamente, la sua carriera di podestà professionale proseguì a Cremona (1230), Asti (1231), Arezzo (1235), Firenze (1236), Bergamo (1238) e Mantova (1239). La sua fortuna politica fu dovuta, oltre che alle sue abilità politiche e militari, a uno stretto legame con Federico II di Svevia che sarebbe durato fino al 1245.
Come scrisse il cronista francescano Salimbene de Adam di Parma anni più tardi, «[Bernardo] fu compagno dell’imperatore e suo grande amico e amato da lui; e quando voleva essere ricevuto [dall’imperatore], non vi era porta che gli fosse chiusa» (Salimbene de Adam, Cronica, a cura di G. Scalia, 19982, p. 302). Il frate, che ammirò molto Bernardo, lo descrisse come un grande principe, bello e feroce in battaglia, paragonandolo niente meno che a Carlo Magno (Ibid., p. 304), personaggio che nell’immaginario contemporaneo impersonava la più assoluta realizzazione degli ideali di cavalleria e cortesia. L’ammirazione per l’illustre concittadino fu sicuramente influenzata in Salimbene, grande partigiano della pars ecclesie, dal fatto che nel giugno 1245 Bernardo, insieme ai suoi alleati Sanvitale, Lupi, da Correggio, de Gente e altri, lasciò Parma, ribellandosi alla pars imperii.
Questo cambiamento di fronte ha sollecitato diverse narrazioni: secondo Salimbene, «un giorno, mentre [Bernardo] cavalcava con l’imperatore, il suo cavallo zoppicò, e l’imperatore gli disse: “Messer Bernardo, avete un cattivo cavallo, ma vi prometto che entro pochi giorni ve ne darò uno che non zoppicherà”. E Messer Bernardo capì invece che parlava della forca, e infiammato nel cuore contro l’imperatore, se ne andò da esso» (Ibid., p. 302). Un anonimo cronista piacentino, contemporaneo di Salimbene ma di orientamento politico opposto, invece, menzionò una congiura ordita da Bernardo e parenti per uccidere Federico e il figlio Enzo; in cambio, Innocenzo IV avrebbe promesso loro il Regno di Sicilia, insieme a «magnam virtutem et potestatem» (Chronicon de rebus, a cura di J.L.A. Huillard-Breholles, 1856, p. 208).
Al di là di queste invenzioni, che rispondevano a bisogni narrativi dipendenti dall’ideologia dei cronisti e del pubblico a cui si rivolgevano, fu probabilmente la parentela di Bernardo con Innocenzo IV a giocare un ruolo fondamentale nella decisione di passare alla pars ecclesie. Allo stesso tempo, è possibile che insieme al legame familiare con il papa, Bernardo fosse motivato da ambizioni politiche riguardanti la realtà cittadina. Nonostante le numerose podesterie in altre città, Bernardo rimase infatti coinvolto e interessato alle dinamiche interne di Parma; lo dimostra il fatto che nel 1233 egli espresse disappunto per l’attività legislativa di Gerardo dei Boccabadati, eletto podestà durante il movimento dell’Alleluia (Salimbene de Adam, Cronica, p. 109). Nei primi anni ’40, la società parmense fu destabilizzata sia da faide tra famiglie dirigenti (come per esempio quella tra i Tavernerii e i da Enzola), sia dalla crescente presenza politica del Popolo, che in ritardo rispetto ad altre città cercò di ritagliarsi un proprio spazio politico, entrando in contrasto con il Comune. L’autore del trecentesco Chronicon parmense scrisse infatti che il 1242 «fuit principium mali status civitatis Parme» (Chronicon parmense, a cura di G. Bonazzi, 1902, p. 12). È possibile che tra gli obiettivi di Bernardo e alleati ci fosse il progetto di mettersi alla guida del Popolo, una forza che poteva fungere da leva per prevalere sulla scena politica cittadina, come avvenuto nella vicina Piacenza con Guglielmo Landi (o dell’Andito) nel periodo 1220-26 e di nuovo 1232-36 (e come sarebbe avvenuto a Parma con Giberto da Gente nel 1253). In effetti nel 1244, Ugo Sanvitale, parente di Bernardo, fu capitaneus populi per pochi giorni, durante i quali usò la sua posizione per sferrare un attacco contro il nemico Enrico Vaghi, per poi venire multato dal Comune (Ibid., p. 13).
Il possibile legame tra Bernardo e forze politiche del Popolo è inoltre suggerito da un altro indizio: il 26 maggio 1247, poco prima di tentare una sortita per rientrare a Parma, Bernardo fu presente alla promulgazione degli statuti del Popolo milanese (la Credenza di Sant’Ambrogio) insieme al legato papale Gregorio da Montelongo (Gli atti del comune di Milano, a cura di M.F. Baroni, 1976, p. 706), forse per stabilire una base di appoggio politico intercittadino.
Nel giugno 1247, dopo che alla battaglia di Borghetto del Taro (15 giugno 1247) i fuoriusciti parmensi sbaragliarono gli intrinseci ‘ghibellini’ guidati dal podestà di nomina imperiale Enrico Testa, Bernardo con Gregorio da Montelongo entrò in città alla guida delle famiglie della pars ecclesie, accolte dai populares festanti, e Gerardo da Correggio fu eletto podestà. Il passaggio di Parma alla pars ecclesie causò l’ira dell’imperatore, che spedì il figlio Enzo ad assediare la città; l’esercito imperiale si accampò fuori dalle mura cittadine, dove costruì un accampamento fortificato cui venne dato il nome di ‘Vittoria’. Dopo sei mesi di continue scaramucce e battaglie, anche Bernardo prese parte all’attacco che «omnes milites et populares armati et preparati ad pugnam» (Salimbene de Adam, Cronica, p. 307) sferrarono contro l’esercito imperiale, distruggendo Vittoria e ottenendo un enorme bottino.
Bernardo, che nell’immaginario dei suoi contemporanei (e soprattutto di Salimbene) fu il protagonista del trionfo di Parma contro l’imperatore, non visse comunque abbastanza a lungo per poter beneficiare dei successi ottenuti. Il 18 marzo 1248, appena un mese dopo la sconfitta dell’esercito imperiale, morì per una caduta da cavallo nei pressi di Collecchio, mentre veniva inseguito dalle truppe nemiche.
Salimbene e l’anonimo piacentino riportarono notizie contrastanti sulle circostanze della sua scomparsa: secondo l’anonimo, le truppe imperiali guidate dal marchese Lancia catturarono Bernardo e lo fecero a pezzi sul posto («detruncaverunt in campo»: Chronicon de rebus, p. 217); secondo Salimbene, invece, Bernardo morì a causa della caduta, salvandosi quindi dalle torture che sicuramente gli avrebbe inflitto l’imperatore se l’avesse catturato vivo («quem si imperatorem habuisset, exercuisset in eo e ludibria»: Salimbene de Adam, Cronica, p. 486).
Scompariva così uno dei personaggi più influenti sulla società parmense della prima metà del XIII secolo. La morte di Bernardo non arrestò comunque l’intensa attività politica della sua casata, che dal 1245 in avanti militò nella pars ecclesie: i figli Rolando e Giacomino seguirono infatti le orme del padre, distinguendosi come valenti comandanti militari e podestà forestieri al servizio di varie città di orientamento guelfo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Siena, Podestà di Siena, Libro dei censi e memoriale delle offese; Chronicon de rebus in Italia gestis, in Chronicon Placentinum et Chronicon de rebus in Italia gestis [...], a cura di J.L.A. Huillard-Bréholles, Parigi 1856, ad ind.; L. Banchi, Il Memoriale delle offese fatte al Comune e ai cittadini di Siena ordinato nell’anno 1223 dal potestà Bonifazio Guicciardi bolognese, in Archivio Storico Italiano, s. 3, XII (1875), pp. 199-231; Chronicon parmense ab anno MXXXVIII usque ad annum MCCCXXXVIII, in RIS2, IX/9, a cura di G. Bonazzi, Città di Castello 1902, ad ind.; Gli atti del comune di Milano nel secolo XIII (1217-1250), I, a cura di M.F. Baroni, Milano 1976, doc. CDLXXXI, p. 706; Salimbene de Adam, Cronica, I-II, a cura di G. Scalia, Roma 19982, ad ind.
I. Affò, Storia della città di Parma, III, Parma 1795, ad ind.; O. Guyotjeannin, Podestats d’Émilie centrale: Parme, Reggio, et Modene (fin XIIe - milieu XIVe siècle), in I podestà dell’Italia comunale, a cura di J.-C. Maire Vigueur, Roma 2000, I, pp. 349-403, in partic. pp. 369 s.; R. Greci, Salimbene e la politica parmense nel Duecento, in Salimbeniana, Atti del Convegno per il VII centenario di Fra Salimbene, Bologna 1991, pp. 117-132; Id., Bernardo Orlando Rossi, in Enciclopedia federiciana, Roma 2005, ad vocem; Id., Origini, sviluppi e crisi del comune, in Storia di Parma, III, Parma 2010, p. 130; M. Moglia, Pacificare per governare. La signoria di Giberto da Gente su Parma (1253-1259), in Archivio Storico italiano, CLXXIV (2016), pp. 427 s.