CENTELLES (Centellas, Cintillis), Bernardo de
Figlio di Gelabert de Centelles, alias Riusec, e di Eleonora de Cabrera, nacque verosimilmente a Valenza intorno al 1380, da famiglia valenzana di antichissima ascendenza catalana, le cui origini si facevano risalire a uno dei nove cavalieri franchi che, dopo aver preso parte alla guerra di liberazione della Catalogna dagli Arabi, si erano stabiliti, alla fine del sec. VIII in quella regione.
Uno di essi, liberata e occupata la località o castello di Centelles (Vich, Barcellona), ne aveva fatto la sua residenza, assumendone il nome. Da questo ceppo catalano si era formato, al tempo della conquista del regno di Valenza (1238), il ramo valenzano che, nella seconda metà del sec. XIV, figura come uno dei casati più in vista della turbolenta aristocrazia di quel regno, sempre divisa da contrasti che risalivano ai tempi della conquista e che periodicamente esplodevano in sanguinose fazioni.
Fu in queste lotte che il C. fece le sue prime esperienze politico-militari e si mise in vista. Ma poco si sa dei suoi anni giovanili. Nel 1405 sposò Eleonora de Queralt e poco dopo - molto verisimilmente in seguito a provvedimenti presi contro di lui - fu costretto a lasciare Valenza e si trasferì in Sicilia dove già si trovavano alcuni suoi zii e fratelli, passati in quell'isola nel 1392 con la spedizione allestita da Martino il Vecchio, duca di Montblanc e poi re d'Aragona, per rendere effettiva sull'isola la sovranità del figlio Martino il Giovane, il quale aveva sposato l'erede di quel regno, Maria di Sicilia. Il C. riuscì a conquistarsi subito la stima e la benevolenza del giovane sovrano che lo nominò camerlengo, castellano di Capo Orlando e signore di Naso. Nell'autunno del 1408, quando il giovane Martino, considerando rassodato il suo potere in Sicilia, decise di passare in Sardegna per stroncare la ribellione sarda, riaccesasi in seguito all'elezione di Guglielmo visconte di Narbona a giudice d'Arborea, il C. prestò la sua opera per l'allestimento dell'armata e l'anno successivo prese parte alla vittoriosa battaglia di Sanluri; e quando, meno di un mese dopo, il giovane re cadde gravemente ammalato per un attacco di malaria, il C. si trovava tra i cavalieri che lo assistettero sino alla fine e tra l'altro fu testimone alla stesura del testamento nel quale Martino, dimostrandogli ancora una volta la sua benevolenza, gli assegnava un lascito di 50.000 fiorini d'oro d'Aragona.
Morto il re, la campagna sarda rimase interrotta: il C. ritornò in Sicilia, dove alla fine dell'anno gli giunse la notizia della morte del padre, avvenuta in Valenza, città dalla quale verisimilmente doveva essere stato bandito. Risulta infatti che, solo in considerazione della circostanza particolare, gli fu concesso dal re Martino il Vecchio uno speciale permesso per entrare in Valenza con una scorta di non più di venti uomini a cavallo e venti a piedi e la licenza di potervi soggiornare solo per trenta giorni per sistemare l'eredità paterna. Ma le cose dovevano andare altrimenti. Il 31 maggio 1410, mentre il C. si trovava ancora a Valenza, Martino morì improvvisamente, senza eredi diretti, lasciando il paese disorientato e sconvolto dalla lotta per la successione subito apertasi tra i cinque aspiranti al trono d'Aragona, tutti parenti stretti del sovrano morto e tutti con largo seguito nel paese. In Valenza due fazioni si fronteggiarono inconciliabilmente: una, capeggiata dal C., favorevole all'elezione di Ferdinando d'Antequera; l'altra, favorevole a Giacomo d'Urgel, guidata dal governatore generale del regno di Valenza e dai Villaragut, tradizionali nemici dei Centelles. Agli inizi del 1412 Giacomo d'Urgel concentrò le sue forze nel Valenzano con il proposito di troncare con le armi l'opposizione dei Centelles e dei loro aderenti. Il C. in un primo momento si ritirò; poi, attaccò l'avversario presso Murviedro, infliggendogli una sanguinosa disfatta ed impossessandosi di persona della bandiera di Valenza. Il 24 giugno 1412Ferdinando d'Antequera fu eletto re d'Aragona. Da questo momento inizia la fortuna del C. e dei suoi familiari, molti dei quali ottennero incarichi a corte o altri uffici regi; egli stesso fu nominato maresciallo e conestabile d'Aragona e di Sicilia.
Assai benvoluto dal sovrano, divenne suo attivo collaboratore e uno degli ufficiali più influenti del suo seguito. Nell'ottobre 1402 partecipò alla spedizione, guidata personalmente dal re, contro Giacomo d'Urgel, ribellatosi dopo la presa di potere di Ferdinando, e all'assedio di Balaguer, facendosi notare per il suo valore. A fianco del re al momento della lettura della sentenza emanata contro Giacomo, negli anni successivi, fino alla prematura morte di Ferdinando I, avvenuta nell'aprile del 1416, il C. mantenne a corte una posizione di primo piano, ricoprendo importanti incarichi militari e diplomatici. L'ascesa al trono di Alfonso V non mutò la sua posizione a corte: uomo di piena fiducia di Ferdinando I, lo fu pure del suo successore. Questi, non appena si fu rafforzato all'interno, si volse a risolvere i problemi più urgenti del suo dominio nel Mediterraneo occidentale: liquidare la ribellione sarda e ristabilire nell'isola l'ordine pubblico e l'autorità regia; risolvere con le armi l'assurdo della Corsica, isola appartenente di diritto alla Corona aragonese, ma di fatto dominata da Genova, e da questa utilizzata come base contro gli stessi Aragonesi; consolidare il suo dominio in Sicilia, che egli vedeva come indispensabile trampolino per una politica di espansione sul continente. L'incarico di allestire la flotta occorrente per il trasporto del corpo di spedizione aragonese fu affidato nel 1418 al C., che nel luglio del 1420, sbarcò in Sardegna con Alfonso V. In agosto gli venne affidato il compito di accompagnare a Napoli la missione inviata dall'Aragonese alla regina Giovanna che aveva manifestato il proposito di adottarlo come figlio ed erede; poco dopo, tuttavia, era nuovamente in Sardegna e, al seguito del sovrano, partecipò alla spedizione di Corsica, distinguendosi nel corso dell'assedio del castello di Bonifacio. Ma gli ostacoli opposti dall'intervento della flotta genovese e le notizie che gli giungevano da Napoli convinsero Alfonso a sospendere l'assedio di Bonifacio, per dedicarsi alla soluzione rapida della questione sarda ed a trasferirsi poi in Sicilia. Il C. fu pertanto incaricato di organizzare il più celermente possibile la convocazione del Parlamento generale del regno di Sardegna, che venne tenuto dal 26 gennaio al 6 febbr. 1421 con risultati di piena soddisfazione per il sovrano. Questi, prima della chiusura dei lavori, nominò il C. viceré e governatore generale del regno e, poco appresso, gli dette in feudo le regioni di Montacuto, Anglona, Meilogu e Marghine, la baronia di Osilo e molte altre località poste tutte nella Sardegna settentrionale; lo stesso giorno, infine, lo nominò siniscalco d'Aragona e di Sicilia e gli assegnò in feudo la contea del Goceano. Grazie a queste assegnazioni, il C. divenne di colpo uno dei più cospicui feudatari dell'isola, per reddito e per estensione di terre: il primo del Logudoro, il sesto del regno.
Come era generale costume dei viceré e degli alti ufficiali regi, anch'egli si valse della carica per favorire i parenti accorsi nell'isola e per accrescere i suoi introiti. Assai poco si sa comunque della sua attività di governo nonostante si sia protratta per quasi dodici anni: cosa spiegabile probabilmente col fatto che, in questo periodo, ben poco egli soggiornò in Sardegna. Nominato nel gennaio 1421, il suo primo atto ufficiale pervenutoci è del 4 marzo; ma sappiamo che il 2 aprile era già fuori dell'isola, certamente al seguito di Alfonso; rientrato in Sardegna nel febbraio del 1422, ne ripartì poco dopo per raggiungere ancora il sovrano; partecipò quindi alla prima occupazione di Napoli: fatto prigioniero dagli sforzeschi nello scontro di Casanova (30 maggio 1423) venne poi scambiato insieme col catalano Raimondo de Perellós e altri gentiluomini aragonesi contro ser Gianni Caracciolo. Lo stesso anno rientrò in Sardegna ed ebbe un violento contrasto con Leonardo Cubello, marchese di Oristano, contrasto che venne sanato proprio quando stava per trasformarsi in aperto conflitto, dagli interventi della municipalità di Cagliari e del re. Forse, appunto a questo contrasto e al successivo rappacificamento tra le due personalità si deve ricollegare il matrimonio tra Salvatore Cubello, figlio di Leonardo, e Caterina, sorella o figlia - non risulta chiaramente dalle fonti - del Centelles. Negli anni successivi il C., chiamato dai suoi impegni di consigliere del re, continuò l'andirivieni tra l'isola, l'Italia e la Spagna, sempre interinalmente sostituito nell'amministrazione della Sardegna dal governatore di Cagliari Ludovico de Aragall. Col passare degli anni le sue assenze dalla Sardegna si fecero tuttavia sempre più lunghe e ciò è forse dovuto al fatto che, rivelatosi il d'Aragall un ottimo sostituto, il re preferì che il C. rimanesse quanto più possibile presso di lui.
Non si ha la notizia precisa del momento e delle circostanze nelle quali lasciò la carica di viceré e di governatore del regno di Sardegna, avvenimento che deve porsi in ogni caso tra il 5 nov. 1432, data dell'ultima lettera a lui diretta dal re, ed il 22 maggio 1433, data della prima lettera di Alfonso V al nuovo viceré, Francesco d'Erill. Allo stesso torno di tempo o poco dopo - ma sempre nel corso del 1433 - è da assegnare la morte del C., della quale ignoriamo e, il luogo e la data esatta in cui avvenne.
Ebbe, pare, un figlio maschio, Francesco Gilabert, governatore del Logudoro (1437-1441) e primo conte d'Oliva e di Montacuto; ed una figlia di nome Violante, che andò sposa ad Angelo Cano; incerto, come si è detto, rimane se Caterina, moglie di Salvatore Cubello, sia stata sua sorella o sua figlia.
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