CIUFFAGNI, Bernardo
Figlio di Pietro di Bartolomeo. nacque a Firenze nel 1381 (nei documenti figura anche come Leonardo: Poggi, 1909, p. 33 n. 1965). Artefice di mediocre talento, presto dimenticato dalla storiografia artistica (già il Vasari, nell'edizione del 1568 delle Vite, si dimostra scarsamente informato sulla sua attività), lavorò specialmente per l'Opera del duomo di Firenze, cercando di aggiornare la sua formazione stilistica tardogotica sugli esempi donatelliani. L'attività del C., documentato per la prima volta nel 1407come aiuto del Ghiberti nei lavori per la porta nord del Battistero, può essere ricostruita sulla base di tre opere certe (S. Matteo,Isaia,David re), cui se ne possono aggiungere poche altre stilisticamente affini, e attraverso i non pochi documenti che lo concernono, interpretati dal Lányi (1935) e dal Wundram (1959).
La prima opera certa del C. è l'Evangelista Matteo eseguito per la facciata di S. Maria del Fiore tra il 1410 e il 1415, oggi al Museo dell'Opera del duomo: in esso lo scultore si dimostra fortemente influenzato dal S. Giovanni Evangelista di Donatello, eseguito per la medesima destinazione, da cui sono ripresi l'ampio panneggio, la posizione delle mani ed anche il caratteristico allungamento del busto, seppur svuotato delle precise ragioni prospettiche insite nella statua donatelliana. Nel 1415 il C. mise mano al Giosuè per il campanile di S. Maria del Fiore, ma nel 1417 abbandonò improvvisamente Firenze lasciando incompiuta l'opera, che venne allogata in un primo tempo a Donatello e poi (1420) al Rosso, il quale la terminò l'anno successivo. L'identificazione dell'opera ècontroversa: il Lányi (1935) la identifica col cosiddetto Poggio Bracciolini (all'interno del duomo), mentre gli Stang (1962) indicano il S. Giovanni Battista (Museo dell'Opera), che però mostra di avere scarse affinità stilistiche con le opere del Ciuffagni. Nel Poggio, il Wundram (1959) ha distinto, in maniera convincente, le parti dovute al Rosso (zona superiore del panneggio) da quelle dovute al C. (il panneggio intorno alle gambe e la testa, eseguita molto probabilmente dopo il ritorno del C. a Firenze e da mettere in relazione col documento del 1424, in cui si dice che lo scultore ricevette dagli "operai" una testa di marmo a conguaglio d'un precedente scarso pagamento: Poggi, 1909, p. 47 nn. 270 s.). Tornato a Firenze nel 1421, ricevette nel 1422 la commissione per un doccione (in forma di un Fanciulloche stringe un otre), destinato al coro del duomo, e per una statuetta di S. Stefano (ibid., p. 72), da collocarsi sulla porta della Mandorla, non però identificabile con quella tutt'ora in loco, certo della fine del Trecento.
Tra il 1424 e il 1427 eseguì l'Isaia, oggi all'interno del duomo (Herzner, 1973): quimostra un ulteriore aggiornamento sulle statue di Donatello, ben sottolineato dal Wundram (1959), nel trattamento plastico della superficie del marmo, in cui si riscontrano forti stacchi chiaroscurali, intensificati nella successiva opera documentata del C., il David re eseguito tra il 1427 e il 1435 per la facciata ed oggi nella navata sinistra del duomo: in esso anche il panneggio si fa più tormentato, sulla scorta dello Zuccone e del Geremia donatelliani, abbandonando le morbidezze melodiche del S. Matteo ancorapresenti, seppur attenuate, nell'Isaia. Il Davidre è l'ultima opera documentata del C., che dopo sembra non essersi più dedicato alla scultura, essendosi impiegato come "provisor et custos masseritiarum" presso la Zecca fiorentina (I. Orsini, Storiadelle monete della Repubblica fiorentina, Firenze, 1760, p. 193).
Sulla base dei confronti stilistici è possibile attribuire al C. qualche altre statua, ed in primo luogo il Profetino a sinistra sulla porta della Mandorla, già riferito a Donatello, ma trasferito al C. dallo Jansen (1876), seguito dalla Brunetti (1934), dal Lányi (1935), dal Wundram (1959), dal Seymour (1966) e con riserva dal Janson (1957): in esso è da scorgere un precoce riflesso del David in marmo di Donatello, che lega perfettamente con la sua formazione. Opera del C. entro la prima metà del terzo decennio può forse essere considerato anche il Crocifisso ligneo di S. Croce, in cui si nota una caratteristica mescolanza di elementi donatelliani e ghibertiani: questi ultimi si fanno dominanti nel S. Giacomo di Orsanmichele, riferito più volte al C. dalla critica più antica (Schmarzow, 1897; Bode, 1892-1905, p. 5; Knapp, 1908; Schottmüller, 1912) e più tardi dal Planiscig (1946) e dal Pope-Hennessy (1963, p. 208). Il Lányi (1935) riferisce al C. anche il S. Pietro di Orsanmichele: l'attribuzione è accolta dal Pope-Hennessy (p. 209) e dal Janson (1957).
Il C. morì a Firenze il 18 giugno 1458, lasciando una numerosa famiglia composta dalla moglie, Fioretta Buti, e sei figli, e fu sepolto nella chiesa fiorentina di S. Spirito, secondo quanto si legge in un documento ritrovato da M. T. Pineider, e trascritto nella tesi di laurea, discussa presso la facoltà di lettere e filosofia di Firenze nell'anno accademico 1965-1966.
Bibl.: Oltre alla bibl. citata da F. Schottmüller, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, Leipzig 1912, pp. 17-19, si veda: G. Vasari, LeVite, a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, pp. 462 s.; A. Jansen, Künstliteratur-Donatello,seine Zeit und Schule, in Zeitschrift für BildendeKunst, XI (1876), pp. 318 s.; W. von Bode, Denkmäler der Renaissance. Sculptur Toscanas, München 1892-1905, pp. 5-7, 184, tavv. 17-19; A. Schmarzow, Die Statuen an Orsanmichele, in Festschrift zu Ehren des Kunsthistor. Instituts inFlorenz, Leipzig 1897, p. 46; F. Knapp, DieKunst in Italien, Berlin 1908, p. 77; G. Poggi Il Duomo di Firenze, Berlino 1909, pp. XXXVI: L, LII ss., LVIII, LXXII, LXXVII, 29-38, 40-43, 46-57, 72, 79; P. Schubring, Die italien. Plastik des Quattrocento, Potsdam 1919, pp. 16, 23, 31, 41; G. Brunetti, Ricerche su Nanni diBartolo il Rosso, in Boll. d'arte, XXVIII (1934), p. 258; J. Lányi, Le statue quattrocentesche deiProfeti nel campanile e nell'antica facciata di S. Maria del Fiore, in Rivista d'arte, XVII (1935), pp. 121-159, 245-280 passim; M. Pittaluga, Lascultura ital. del Quattrocento, Firenze 1938, p. 7; L. Planiscig, Nanni di Banco, Firenze 1946, pp. 26 s.; G. Galassi, Scultura fiorentina del Quattrocento, Milano 1949, pp. 28 s.; R. Krautheimer, Lorenzo Ghiberti, Princeton 1956, pp. 83, 84, 109, 370; H. W. Janson, The Sculpture of Donatello, Princeton 1957, ad Indicem; M. Wundram, Donatello und C., in Zeitschrift für Kunstgeschichte, XXII (1959), pp. 85-101 passim; R. e N. Stang, Donatello e il Giosuè per il campanile di SantaMaria del Fiore alla luce dei documenti, in Actaad archaeologiam et artium historiam pertinentia. Institutum Romanum Norvegiae, I (1962), pp. 113-130 passim; J. Pope-Hennessy, La scultura ital., I, Il Gotico, Milano 1963, ad Ind.; II, Il Quattrecento, ibid. 1964, ad Indicem; C. Seymour, Sculpture in Italy 1400-1500, Harmondsworth 1966, pp. 51-58; M. Trachtenberg, Donatello's firstWork, in Donatello e il suo tempo,Atti dell'VIIIConv. intern. di studi sul Rinascimento... 1966, Firenze 1968, pp. 364 s; G. Brunetti-L. Becherucci, Il Museo dell'Opera del Duomo a Firenze (catal.), I, Milano 1969, p. 264; V. Herzner, Donatellound Nanni di Banco, in Mitteilungen des Kunsthistor. Instituts in Florenz, XVIII (1973), pp. 6-16, 19, 28, figg. 6-7; Lorenzo Ghiberti,materia e ragionamenti, Firenze 1978, p. 100 (con bibliogr.); J. H. Beck, Brunelleschi,C. and il Saggio, in Essays presented to M. P. Gilmore, II, Firenze 1978, pp. 3-9 passim; Encicl. Ital., X, p. 507.