SPADA, Bernardino
– Nacque il 21 aprile 1594 da Paolo e dalla sua seconda moglie, Daria Albicini.
Gli Spada avevano consolidato le loro fortune in Romagna grazie a un’accorta politica di gestione del patrimonio, alle alleanze matrimoniali, come quella con i Liverani, e alle cariche che Paolo seppe accumulare durante il pontificato di Pio V. Il padre di Bernardino era stato vicario e commissario di Savignano, governatore a vita di Brisighella e consigliere di Stato. Insieme al fratello Orazio, Paolo aveva gestito anche il Tesorierato di Romagna e le saline di Cervia e Cesenatico, un’attività che gli costò anche un’accusa di irregolarità nella gestione e che lo vide convenuto in un lungo processo celebrato a Roma dal 1585 e di cui resta copiosa traccia nell’archivio di famiglia, conservato all’Archivio di Stato di Roma.
Bernardino ebbe due fratelli, Francesco e Virgilio. Alla sua morte nel 1631, Paolo lasciò i beni mobili e immobili a Roma pro indiviso a Bernardino e a Virgilio, entrambi destinati a rimanere celibi. Il patrimonio romano era composto da luoghi di monte e uffici di varia natura che costituirono un buon trampolino di lancio per le carriere ecclesiastiche dei due Spada. Il padre, inoltre, poco prima di morire aveva previsto per Bernardino un’assegnazione di beni a titolo personale con il quale poter integrare gli introiti che già gli venivano dalle cariche.
Ottenuto il dottorato in utriusque iuris a Roma allo Studium Urbis, il 19 settembre 1617, Spada fu nominato referendario delle due Segnature di grazia e giustizia, una carica che avrebbe detenuto fino al 1621. Tre giorni prima – il 16 settembre – era anche diventato abbreviatore de parco maiore della Reverenda Camera apostolica. Negli anni Venti fu anche relatore delle congregazioni del Buon Governo e della Sacra Consulta. Ottenne la carica di presidente della Grascia durante il pontificato di Gregorio XV e il 15 dicembre 1622 fu nominato prefetto dell’Annona.
L’8 dicembre 1623 fu consacrato arcivescovo di Damiata nella chiesa di S. Luigi dei Francesi dal cardinal Guido Bentivoglio e, dopo poco, Urbano VIII lo nominò nunzio a Parigi, al posto di Ottavio Corsini. Il giovane diplomatico doveva, come anche Giulio Sacchetti nella sede di Madrid, favorire il mantenimento e possibilmente il miglioramento dei rapporti tra Francia e Spagna, relazioni essenziali per gli interessi cattolici. I primi anni della guerra dei Trent’anni e la questione della Valtellina non rendevano agevole il compito al nunzio, tanto che il papa decise di inviare a Parigi, come suo legato a latere, il nipote, Francesco Barberini.
La difficile missione di Spada fu ricompensata. Nel concistoro del 19 gennaio 1626, mentre era ancora in Francia, Urbano VIII, di cui fu sempre fedele creatura, lo nominò cardinale, in una copiosa infornata di porporati di cui avrebbe beneficiato anche Giulio Sacchetti. Spada ricevette il cappello rosso e il titolo di S. Stefano a Monte Celio il 9 agosto dell’anno successivo. Nel frattempo, a febbraio, essendo stato nominato nunzio a Parigi Guido del Bagno, Spada rientrò a Roma da Parigi con un altro tangibile segno della benevolenza del re di Francia: 6.000 scudi per sé e 2.000 per i nipoti Orazio e Gregorio che erano stati con lui nella missione francese.
Tre giorni prima della berretta cardinalizia, Spada ottenne la legazione di Bologna, un incarico che svolse fino al 1631, costretto anche a fronteggiare un’epidemia di peste nel 1630, senza tralasciare completamente la sua partecipazione alle congregazioni. Fece parte della congregazione dell’Inquisizione; dal 1629 fino alla sua morte fu prefetto della congregazione dei Confini; dal 1642 al 1661 fu anche prefetto della congregazione dell’Indice.
Durante la missione di Bologna, Spada prese contatti con i più celebri pittori dell’epoca. La protezione accordata a Guido Reni trovò la sua più compiuta espressione nel ritratto realizzato tra il 1630 e il 1631 a Bologna, in cui il cardinale è raffigurato seduto nel suo studio intento a scrivere una lettera al papa. Ma il cardinale non trascurò di prodigarsi anche per l’edilizia pubblica e, nel 1628, per volere di Urbano VIII, pose la prima pietra del forte Urbano, costruito a difesa dello Stato pontificio ai confini con i domini estensi, nei pressi dell’odierna Castelfranco. Il progetto che riproduceva una stella, con mura interne circondate da un largo fossato, era di Giulio Buratti.
Nella città di Bologna, durante la sua legazione, venne anche ampliata la via Urbana e abbellita con stemmi e dipinti, su progetto di Ercole Fichi, la sala Urbana nel palazzo pubblico.
Sempre a Bologna negoziò e concluse il matrimonio di Gregorio, il figlio di Giacomo Filippo, con Camilla Fantuzzi, unica nipote ed erede del senatore Federico Fantuzzi, che veniva da una delle famiglie più illustri della città. Aurelia, figlia di Francesco Spada, andò in moglie al senatore Andrea Ghislardi e Francesca, sorella di Gregorio, fu maritata a Camillo Barghellini. Nel 1640 la sorella minore di Francesca e Gregorio, Teresa, sposò il conte bolognese Giovanni Pepoli con una dote di 10.000 scudi. Rodolfo, un altro fratello di Gregorio, sposò Claudia Margherita Malatesta, nonostante il parere contrario di Innocenzo X, che ambiva ai vasti territori in Romagna, dote della giovane, per la sua famiglia. Questa generazione degli Spada fu quella per la quale, più che in ogni altra, il matrimonio rappresentò un efficace strumento di mobilità sociale. Anche Francesco, il fratello di Bernardino, riuscì a concludere un’unione fruttuosa con Carlotta Sangiorgi, vedova di un altro senatore bolognese.
Rientrato a Roma, Bernardino non abbandonò completamente la sua attività diplomatica. Nel 1642, insieme al fratello Virgilio, fu incaricato delle trattative di pace con i Farnese durante la guerra di Castro. In quella occasione Urbano VIII lo nominò suo legato a latere.
Nel 1643, insieme ai cardinali Giovanni Battista Pamphilj e Lelio Falconieri e a Francesco Albizzi, fu chiamato dal papa a far parte della commissione speciale incaricata di preparare un decreto che confermasse la bolla In eminenti, rafforzandone il valore. La bolla, redatta il il 6 marzo 1642 da Albizzi, assessore al Sant’Uffizio, condannava l’Augustinus di Cornelius Yansen (Giansenio). Il decreto finale della commissione fu consegnato il 26 luglio 1644, tre giorni prima della morte di Urbano VIII.
Spada artecipò al conclave che si aprì il 9 agosto e si protrasse fino al 15 settembre, concludendosi con l'elezione di Giovanni Battista Pamphilj (Innocenzo X). Durante gli anni del pontificato pamphiliano Spada, in Curia, continuò a far parte di diverse congregazioni, e il fratello Virgilio divenne elemosiniere di Innocenzo X, dalla cui famiglia fu apprezzato anche per le sue competenze architettoniche.
La posizione di preminenza degli Spada all’interno di quel sistema di famiglie che, dalla seconda metà del Seicento, monopolizzava la corte di Roma, non venne meno neanche con il successore di Innocenzo X, Fabio Chigi, che scelse il nome di Alessandro VII. Spada prese parte anche al conclave per la sua elezione, che si aprì il 18 gennaio 1655 con 62 cardinali divisi tra il partito ispano-imperiale, quello francese e il gruppo chiamato «squadrone volante» dei cardinali nominati da Innocenzo X, che politicamente si dichiaravano neutrali. Il conclave si protrasse per i veti incrociati delle potenze. Il 10 febbraio il cardinale Trivulzio abbandonò il conclave. All’inizio di marzo anche Spada lasciò il conclave perché si era ammalato. Solo il 7 aprile Chigi diventò il nuovo pontefice.
Gli ultimi anni della vita di Spada furono anche quelli di un ulteriore sforzo per migliorare i destini della sua stirpe, soprattutto per i discendenti del ramo romano di Orazio, il nipote, figlio di suo fratello Francesco. Bernardino era il vero capo della famiglia che non agiva da solo, ma collaborava in un fruttuoso gioco di squadra con tutti i membri della sua famiglia, donne incluse. Maria Veralli, che Orazio aveva sposato nel 1635, non portò solo una dote consistente e appoggi per la carriera, ma fu anche presenza gradita e apprezzata da tutta la famiglia per la sua indole «giudiziosa, prudente e buona», per usare le parole di Virgilio nella biografia di Bernardino (Archivio di Stato di Roma, Archivio Spada Veralli, b. 463, Minuta della biografia del card. Bernardino Spada scritta dal fratello mons. Virgilio).
La perpetuazione della stirpe degli Spada non poteva avvenire se non in un adeguato contesto urbano che per gli Spada fu il palazzo di famiglia nei pressi di piazza Farnese, comprato nel 1632 dai Capodiferro per 31.500 scudi. Nonostante il fratello Virgilio si fosse rallegrato con lui dell’investimento perché, a suo dire, il palazzo non aveva bisogno di grossi interventi, Spada riuscì a spendere altri 55.000 scudi in trasformazioni architettoniche e abbellimenti artistici nei trent’anni in cui vi abitò, supportato dai più illustri artisti del tempo, tra cui Paolo Maruscelli, Girolamo Rainaldi, Gian Lorenzo Bernini, Vincenzo della Greca e Francesco Borromini. Oltre ai giochi di prospettiva e alla magnificenza figurativa, tipiche del gusto dell'età barocca, una delle maggiori preoccupazioni del cardinale fu quella di garantire a ogni nucleo domestico che abitava nel palazzo un alloggio decoroso al rango raggiunto dagli Spada essenzialmente proprio grazie alla sua brillante carriera. Da novembre 1635, due mesi prima che Orazio, suo nipote, vi cominciasse la sua vita matrimoniale con Maria Veralli, Spada si era preoccupato di predisporre per ciascuno dei coniugi una stanza per le udienze con il relativo e indispensabile spazio dell’anticamera dove si veniva accolti da staffieri e dame. La stessa esigenza di un’adeguata dimora per tutti i rami degli Spada che avessero soggiornato a Roma si avverte dalle ultime volontà di Virgilio, sopravvissuto solo un anno al fratello, che distinse chiaramente nel palazzo tre appartamenti, uno con il «giardino grande» per l’erede usufruttuario Orazio, la parte di destra con una parte del giardino per i discendenti del fratellastro Giacomo Filippo e infine l’appartamento al pianterreno, dalla parte sinistra, al prelato più anziano del ramo del fratello Francesco.
Bernardino Spada morì il 10 novembre 1661, prima del tramonto.
Venne sepolto nella cappella di famiglia a S. Girolamo della Carità, che era stata restaurata e abbellita sotto l’occhio vigile di Virgilio Spada dal 1654 al 1659. La cappella non fu l’unico omaggio che il padre oratoriano fece al suo fratello cardinale. All’indomani della morte cominciò a raccogliere notizie per scrivere una biografia di Spada di cui resta traccia, incompiuta, perché lo stesso Virgilio sarebbe morto appena un anno dopo il fratello, in una voluminosa busta dell’archivio di famiglia (Archivio di Stato di Roma, Archivio Spada Veralli, b. 463, Minuta della biografia... cit.).
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio Doria Pamphilj, «Archiviolo», b. 339; Archivio di Stato di Roma, Archivio Spada Veralli, b. 356, Istromenti diversi dal 1630 al 1639, n° 214, accettazione dell’assegnazione di beni fatta da Paolo Spada a favore del cardinale B.S. (5 settembre 1631. Notaio Alessandro Calbetti di Faenza); b. 363,Testamenti, codicilli, donazioni, rinunce, insinuazioni dal 1400 al 1660, n° 35 Testamento di Paolo Spada (8 aprile 1631); bb. 499-512, Atti della causa. Domini Pauli Spada V. Tesaurarii Romagnae at aliorum.
s.v. Spada, Bernardino, in G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da San Pietro fino ai giorni nostri, LXVIII, Venezia 1854, pp. 17-20; L. von Pastor, Storia dei Papi dalla fine del Medioevo, XIII, Storia dei papi nel periodo della Restaurazione cattolica e della Guerra dei Trent'anni: Gregorio XV (1621-1623) ed Urbano VIII (1623-1644), Roma 1931, ad indicem; XIV, Storia dei Papi nel periodo dell'assolutismo: dall'elezione di Innocenzo X sino alla morte di Innocenzo XII (1644-1700), t. I, Innocenzo X, Alessandro VII, Clemente IX, Clemente X, Roma 1932, pp. 13-20; 286, 289-90, 293, 311-317; L. Neppi, Palazzo Spada, Roma 1975, pp. 121-150, 282; Il fondo archivistico Spada Veralli. Ipotesi per un inventario, a cura di M. Raffaeli Cammarota, Bari 1980, pp. 20-31; C. Casanova, Le donne come 'risorsa'. Le politiche matrimoniali della famiglia Spada (sec. XVI-XVIII), in Memoria. Rivista di storia delle donne, XIX-XXX (1987), pp. 56-78; R. Ago, Carriere e clientele nella Roma barocca, Roma-Bari 1990, ad indicem; Ead., Maria Veralli, la buona moglie, in Barocco al femminile, a cura di G. Calvi, Roma-Bari 1992, pp. 50-70; O. Poncet, s.v. Innocenzo X, in Enciclopedia dei papi, III, Roma 2000, pp. 321-335, p. 324; M. Rosa, s.v. Alessandro VII, ibid., Roma 2000, pp. 336-348, p. 338; A. Karsten, Kardinal B. S. Eine Karriere im barocken Rom, Göttingen 2001; Id., L'ascesa di casa Spada. Il cardinale B. S. coordinatore della politica matrimoniale di una famiglia romana nel Seicento, in Dimensioni e problemi della ricerca storica, II (2001), pp. 179-193; M. Tabarrini, Borromini e gli Spada. Un palazzo e la committenza di una grande famiglia nella Roma barocca, Roma 2009, pp. 21-30, 55-56; M. A. Visceglia, Morte e elezione del papa. Norme, riti e conflitti. L’età moderna, Roma 2013, pp. 368-385 e ad indicem; B. Borello, I circuiti degli uomini di casa. Lo spazio urbano, le corti e i loro abitanti a Roma tra Seicento e Settecento, in Dimensioni e problemi della ricerca storica, I (2017), pp. 15-40, pp. 23-24; A. Bianco, Spada, Virgilio, in Dizionario biografico degli Italiani, XCIII, Roma 2018, pp. 459-462.