PALAZZI, Bernardino
– Nacque a Nuoro il 22 dicembre 1907, da Francesco e da Pasqualina Siotto.
All'età di otto anni iniziò a dipingere ad acquerello, incoraggiato dalla madre. Nel 1917 si trasferì con la famiglia a Sassari, dove frequentò il ginnasio fino al 1920, continuando con passione l'esercizio della pittura. Nel 1921, previo assenso del padre, lasciò gli studi per andare a Roma, all'Accademia di Francia, dove iniziò ad apprendere, sotto la guida di Carlo Alberto Petrucci, le varie tecniche dell'incisione e il disegno a pastello. Per qualche mese si recò a Firenze, frequentando lo studio di Felice Carena, la cui influenza restò forte in molte opere. Nel 1922 si ricongiunse con la famiglia, trasferitasi a Padova, dove il padre era stato nominato questore, e qui studiò Andrea Mantegna, Tintoretto, Tiziano e Paolo Veronese. Nel 1925 partecipò alla I Esposizione degli artisti di Ca' Pesaro al Lido di Venezia, dove ricevette giudizi positivi, soprattutto per le sue doti di disegnatore. L'anno seguente fu presente alla XVII Esposizione dell'opera Bevilacqua La masa a Venezia, ottenendo nuovamente consensi. Nel 1927 partecipò alla XCIII Esposizione di belle arti della Società amatori e cultori e alla II Mostra d'arte marinara, entrambe tenutasi al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nel 1928, su segnalazione del critico Antonio Maraini, col quale stabilì una duratura amicizia, fu invitato alla Biennale di Venezia, dove espose con continuità fino al 1948 (Fois, 1988, pp. 37-39).
Negli anni Trenta e Quaranta la sua pittura risentì di influenze estremamente eclettiche. Nella scelta dei soggetti, nel taglio compositivo, nella costruzione dei volumi e nelle tecniche di stesura del colore attinse alla pittura ottocentesca di Jean Auguste Ingres, Auguste Renoir, Henri de Toulouse Lautrec, Edgar Degas, Vincent Van Gogh, Claude Monet, Eduard Manet e Paul Cézanne, per limitarsi ai riferimenti principali: si vedano, a tal proposito, le opere, di ubicazione ignota, Odalisca (1944) e Ritratto di bambina in costume (1937; entrambe ripr. in De Grada, 1988, pp. 24 s.). Non mancano però, negli stessi anni, riferimenti alla pittura dei primi del Novecento di Amedeo Modigliani, Cagnaccio da San Pietro (pseudonimo di Natale Scarpa) e al Pablo Picasso del periodo blu: si veda Autoritratto con figure ignude (1929; ubicazione ignota; ibid., p. 17), certamente identificabile con l’opera Composizione, esposta nella Biennale di Venezia del 1930, come si evince dalla riproduzione nel catalogo dell’epoca.
Nel 1929 si trasferì a Milano, dove aprì uno studio; entrò nel gruppo di Bagutta, stabilendo con gli altri pittori rapporti di amicizia che durarono tutta la vita. Prese parte, sempre nel 1929, all'Esposizione d'arte triveneta di Padova, presso la Casa dei sindacati del Sindacato fascista degli artisti. Nel 1931 partecipò alla I Quadriennale nazionale d'arte di Roma a Palazzo delle Esposizioni (dove fu presente anche nel 1939, 1943, 1948, 1959), effettuò un viaggio a Parigi e partecipò alla I Mostra internazionale d'arte sacra a Padova. In questi anni, essendo cessate le sovvenzioni economiche della sua famiglia, si lamentava con Ugo Ojetti, critico che sosteneva il suo lavoro, per la difficoltà di vivere facendo l’artista (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna, Arch. biografico e iconografico, Fondo Ugo Ojetti, lettera del 22 dicembre 1932).
Nel 1932 partecipò alla III Mostra del sindacato regionale fascista delle belle arti di Lombardia, al Palazzo della Permanente a Milano, e nel 1933 all'Esposizione d'arte italiana presso la Società artistica Kunstverein di Monaco di Baviera e alla Jahresausstellung moderne italienische alla Künstlerhaus di Vienna (Fois, 1988, pp. 39-41).
Nel 1934, presso la galleria Pesaro, tenne la sua prima personale, ottenendo giudizi critici favorevoli. In questi anni iniziò a lavorare come illustratore su riviste e giornali come Emporium, La lettura, L'illustrazione italiana, L’Italia letteraria, Il Corriere della Sera (ibid., pp. 41 s.). Come ha scritto Raffaele De Grada, Palazzi, al pari di Manet e Boldini, è spesso «pittore della vita moderna», in senso baudelaireiano (si veda Girls in riposo; Udine, Casa Cavazzini Museo d’arte moderna e contemporanea; De Grada, 1988, pp. 20, 36): un tipico ritrattista delle scene sociali contemporanee, un figurativo in un’epoca che aveva già metabolizzato la nascita della pittura astratta, l’abbandono del quadro e della figura come fulcri della ricerca artistica.
Il suo lavoro più famoso è l’olio su tela Bagutta (1935; Milano, Galleria d’arte moderna), quasi il manifesto del celebre cenacolo di intellettuali e artisti che si riunivano nell’omonima osteria, ritratti con un senso fotografico dell’inquadratura, una luce cristallina e un’esagerazione prospettica, come se l’osservatore guardasse da un punto di vista sopraelevato, per far risaltare chiaramente le fisionomie e i gesti degli amici impegnati nei discorsi.
Nel 1936 espose alla Mostra d'arte per il decimo anniversario del Premio Bagutta, presso la galleria Pesaro. Nel 1939 effettuò un viaggio in Africa con alcuni amici, fra i quali Mario Vellani Marchi ed Enzo Morelli, e si recò in Barbagia con Virgilio Lilli. Nel 1940 partecipò al premio Bergamo al Palazzo della Ragione, a Milano, dove conobbe Maray Abbove, che divenne sua modella e, dal 1946, anche sua moglie. Nel 1940 tenne una personale alla galleria Gian Ferrari (poi anche nel 1941, 1943, 1946, 1947, 1951), con un buon successo di pubblico e critica. Nel 1941 prese parte alla III Mostra del sindacato nazionale fascista belle arti di Milano, al Palazzo dell’Arte, con l’opera La bella Ninetta (1941; ubicazione ignota, ripr. in De Grada, 1988, p. 44), un chiaro omaggio all’Olimpia di Manet (Fois, 1988, pp. 42-44).
Nel 1941 alla libreria Vinciana tenne una personale e nel 1942 partecipò alla XII Mostra sindacale d'arte lombarda al Palazzo della Permanente di Milano; l'anno successivo espose presso la galleria d'arte Le tre Venezie di Padova e nel 1944 tenne una mostra personale alla galleria La collezione di Milano. Dopo un breve periodo trascorso Venezia, si stabilì con sua moglie a Milano dal 1946 e l'anno seguente espose in una personale a Biella nella Saletta dell'orso (Fois, 1988, pp. 45 s.). Nel dopoguerra iniziò a declinare la fortuna di Palazzi, ottenuta fino ad allora in gran parte grazie a Ugo Ojetti (come risulta dall’epistolario fra i due; Fondo Bernardino Palazzi) e Orio Vergani, (De Grada, 1988, p. 11): l’edonismo lineare di ascendenza matissiana di molti suoi lavori, espresso in modo ancora più forte, non incontrava più il favore del collezionismo e della critica.
Fra le mostre del 1948 si segnalano la I Mostra nazionale d'arte contemporanea 'Aprile milanese' a Villa reale a Milano e la Mostra nazionale d'arte contemporanea di Legnano. Nel 1949 dipinse l’olio Sartilla e Mamuthones (Cagliari, villa Devoto, Consiglio regionale), influenzato dalle folle dipinte da James Ensor, come ha ben individuato la critica (De Grada, 1988, p. 28). Nel 1950 lasciò Milano per trasferirsi a San Remo. Nel 1952 iniziò una grande tela intitolata Cavalcata sarda, collocata l’anno seguente nel salone del Consiglio regionale di villa Devoto a Cagliari. Nel 1954 tenne una personale al teatro civico di Sassari e un’altra alla galleria Cairola di Milano. L'anno seguente realizzò Ritratto di Toscanini (Milano, Museo del teatro della Scala) e Sos Mamuthones (Roma, Museo delle arti e tradizioni popolari; Fois, 1988, pp. 46-48). La prima opera risente dei ritratti d’interni di Edouard Vuillard, per l’atmosfera di solitudine dei personaggi negli interni domestici e il trattamento degli arredi con un effetto di pittura 'abrasa', che, arricchita di sfumature tonali e chiaro-scuri, diviene realistica esclusivamente nella rappresentazione del volto, per assecondare la somiglianza richiesta dal committente. Il secondo olio, di grandi dimensioni, rivela, invece, le buone doti di illustratore di Palazzi, che si ispira nei colori e nei contrasti cromatici delle forme, racchiuse entro contorni neri e netti, alle stampe giapponesi dell’Ottocento.
Nel 1956 tenne una personale a Parigi presso l' Office national italien de Tourisme e nel 1958 lasciò San Remo per trasferirsi a Roma. Nel 1959 prese parte, a Cagliari, alla I Mostra regionale delle arti figurative in Sardegna, presso la basilica di S. Saturnino; vinse il premio Bagutta, ex aequo con Migneco, e tenne una personale alla galleria Gussoni di Milano. Nel 1961 terminò le 320 tavole a colori di G. Casanova, Storia della mia vita, per le edizioni Casini (Roma 1961) in quattro volumi: il lavoro più corposo d’illustrazione dell’artista che descrive fedelmente gli ambienti e i costumi dei personaggi del Settecento veneziano, reinterpretati attraverso l'ottima conoscenza della pittura coeva (Fois, 1988, pp. 48-50). Nel 1965 tenne una personale presso il circolo Amici del libro di Cagliari, dove, fra le varie opere, espose Deposizione, donata poi alla parrocchiale di Oliena. Nello stesso anno ottenne la medaglia d'oro al premio Avezzano; nel 1966 tenne una personale alla galleria Raugh di Montecarlo e partecipò alla Mostra d'arte figurativa italiana presso il palazzo della Società Permanente di Milano. Nel 1968 la galleria Cavour di Milano organizzò una sua mostra personale, come fece anche il Centro d’arte moderna L’approdo di Napoli l’anno seguente. Nel 1969 espose a Milano alla I Triennale dell’incisione al palazzo della Società Permanente di Milano e alla XXVI Biennale nazionale d’arte Città di Milano.
Nel 1970 terminò l’illustrazione della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, dipingendo a tempera 40 tavole (in parte ripr. in Ladogana, 2005, pp. 88-93). Nel 1970 tenne due personali presso le gallerie Il Sagittario di Milano e Il centro di Pavia.
A partire da questi anni e fino alla fine della sua vita iniziò a sentire una maggiore sofferenza per aver perso il successo ottenuto negli anni fra le due guerre: si fecero più rari gli inviti a partecipare alle mostre e iniziò a dedicarsi in modo quasi esclusivo al nudo (Fois, 1988, pp. 50 -52). Fra le esposizioni personali degli anni Settanta e Ottanta si segnalano quelle presso la galleria Mantegna di Mantova (1973), le gallerie Il cigno (1972 e 1973) e Le arcate (1978, 1982 e 1984) di Milano e la retrospettiva presso i Chiostri di S. Corona a Vicenza (1987). Fra le esposizioni collettive dello stesso periodo si ricordano le partecipazioni a Pittura e scultura, 32 personali di artisti italiani, organizzata dalla Società per le belle arti, presso il Palazzo della Permanente di Milano (1977); XVI Biennale nazionale d’arte di Imola (1978), presso l’Auditorium della Cassa di Risparmio; Omaggio dell’arte italiana al dolore innocente, presso il Palazzo reale di Milano (1979).
Nel 1985 venne colpito da un ictus, ma lentamente riuscì a riprendersi e, pur essendo in precarie condizioni di salute, continuò a dipingere (Fois, 1988, p. 52).
Morì a Roma il 13 novembre 1986.
Le sue opere sono conservate in varie collezioni pubbliche italiane, fra le quali si segnalano, oltre a quelle citate, le Raccolte d’arte dell’Ospedale Maggiore di Milano e la Casa museo quadreria Cesarini nel Palazzo comunale Cangi Neri di Fossombrone.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio fondazione La Quadriennale, busta Palazzi Bernardino; Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, Archivio biografico e iconografico, busta Palazzi Bernardino; Ibidem, Fondo Ugo Ojetti, subfondo Palazzi Bernardino (Lettera a U. Ojetti, Milano 22 dicembre 1932 e lettere varie); O. Vergari, B. P., Milano 1946; E. Radius, P. (catal., Galleria ll Sagittario), Milano 1970; R. De Grada, B. P., Nuoro 1988; V. Fois, Biografia, ibidem, pp. 37-53; R. Bernabei, in La pittura in Italia. Il Novecento, II, Milano 1993, p. 809.; R. Ladogana, B. P., Nuoro 2005; B. P. e il mondo di Bagutta (catal., galleria Ponte Rosso), presentazione di E. Pontiggia, Milano 2006.