MONALDI, Bernardino
– Figlio di Lorenzo, nacque presumibilmente intorno al 1568 come si può dedurre dall’atto di emancipazione del diciottenne pittore, datato 1586 e citato da Privitera (1989). Il luogo di nascita rimane tuttora incerto, sebbene nella maggior parte delle opere firmate il pittore si definisca «florentinus»; Pieraccini (1986) ipotizza per il M. un percorso di inurbazione dal contado, vista l’irreperibilità di documentazione fiorentina su nascita e battesimo.
Per tradizione storiografica risalente a Baldinucci e accolta pressoché unanimemente dalla critica successiva sulla base di motivazioni di carattere formale, il M. ebbe come maestro Santi di Tito, anche se non risultano, allo stato attuale della ricerca, relazioni comprovate di discepolato, né testimonianze sulla formazione di bottega del pittore, mentre più solido e documentato appare il rapporto con altri artisti fiorentini attivi negli anni Ottanta, in particolar modo con il pittore G. Macchietti, sicuramente in contatto con la famiglia di origine del M. prima del 1587, anno in cui si colloca l’inizio dell’attività del Monaldi.
Nel 1586 Macchietti chiamò come testimone per una procura a suo fratello Dionigi, il padre del pittore, Lorenzo: secondo Privitera (1996) è probabile che nel 1587 il M. lavorasse nella bottega di Macchietti. Stando al coevo Gualterotti, il M. e Macchietti avevano collaborato al monocromo con la Battaglia di Lepanto (perduto) realizzato in occasione dell’allestimento dell’apparato decorativo per l’ingresso a Firenze di Cristina di Lorena, sposa del granduca Ferdinando, nel 1589. Le suggestioni di Macchietti nella pittura del M. risulterebbero evidenti inoltre anche dall’analisi iconografica degli affreschi realizzati da quest’ultimo nel chiostro della Confraternita della Ss. Annunziata a Firenze tra il 1587 e il 1590, prima importante commissione affidata al giovane Monaldi.
Il cantiere per la decorazione dei 12 lunettoni del chiostro, detto anche «di San Pierino», fu aperto nel 1585 sotto la direzione di B. Poccetti. Accanto all’esordiente M. lavorarono anche A. Boscoli, C. Gheri e G. Balducci. Il M. realizzò 3 lunette: il Martirio di s. Filippo, il Martirio di s. Giacomo Maggiore e quello di S. Giovanni Evangelista. Nel primo affresco, firmato e datato 1587, si nota una certa scioltezza del ductus pittorico, senz’altro sintomo di una volontà di affrancamento dagli stilemi titeschi e della ricerca di un linguaggio autonomo, malgrado l’inserimento di citazioni da opere precedenti di Macchietti (Privitera, 1996). Più disarticolato sul piano della composizione risulta l’affollato Martirio di s. Giacomo Maggiore: le fonti ricordano la presenza di un cartellino che riportava il nome del committente, ritratto dal M. in abisso – «Jacopo di Giubileo Castrucci da San Gimignano» (Pieraccini, 1986) – con l’anno di esecuzione, il 1590. Allo stesso anno è databile anche l’ultima delle tre lunette affrescate dal M. nel chiostro, quella con il Martirio di s.Giovanni Evangelista, in cui risulta evidente il ricordo del Martirio di s. Lorenzo di Macchietti eseguito in S. Maria Novella nel 1573 (Privitera, 1996), oltre alla volontà di affidare alla prospettiva una più equilibrata funzione ordinatrice. Spettano al M. anche le raffigurazioni a monocromo di tre Virtù negli spazi intermedi fra le lunette: la Speranza, la Carità e la Fortezza. Secondo la Bertani anche la Prudenza sarebbe attribuibile alla mano del Monaldi.
Negli stessi anni il M. è impegnato anche nell’esecuzione della tavola con la Madonna in trono col Bambino, santi, devoti e i misteri del Rosario, per la chiesa di S. Angelo a Lecore, nei pressi di Signa (Firenze). L’opera, firmata e datata al 1589, evidenzia componenti stilistiche di diversa provenienza, nella volontà di coniugare esigenze devozionali provinciali con lo «stile irrequieto» tipico della prima fase stilistica del pittore, secondo la definizione di Voss. Nel 1592 il M. firma e data un’altra opera di destinazione provinciale: la Madonna in trono col Bambino, santi e donatore per la chiesa di S. Lorenzo a Signa, nella quale sembrerebbe tornare a modalità più spiccatamente titesche (Simari, per entrambe le opere).
In una situazione di estrema scarsità di notizie biografiche riguardanti il pittore, è possibile seguire alcune tracce della sua attività fiorentina dei primi anni Novanta attraverso la documentazione inerente la sua iscrizione all’Accademia dell’arte del disegno (Vasetti) che testimonia un certo grado di integrazione nell’ambiente artistico fiorentino. È del 1590 la sua immatricolazione all’Accademia, mentre è il padre Lorenzo a versare nel 1593 e nel 1595 due quote di conferma. Colnaghi cita inoltre un documento del 1592 che vedrebbe il M. e un certo Guido di Alessandro Bellini impegnati come pittori in S. Marco Vecchio.
Nell’ultimo quinquennio del secolo – in concomitanza con l’interruzione delle ricorrenze d’archivio, probabilmente a seguito della sospensione della sua iscrizione all’Accademia e nell’assenza di opere fiorentine a lui riferibili – il pittore risulta essere attivo in Abruzzo. La storiografia locale ottocentesca (in particolare Leosini) motivava la trasferta del M. con i rapporti di parentela con Giulio Cesare e Giovan Battista Bedeschini, artisti operanti in Abruzzo, dei quali il M. risulterebbe essere stato cognato. Lo stesso Leosini indicava nella Nascita di Cristo in S. Massimo all’Aquila e nella Nascita della Vergine nella chiesa di S. Maria della Consolazione di Poggio Picenze (datata 1595), entrambe irreperibili, le principali realizzazioni del M. in terra abruzzese. Solo recentemente, con gli studi di De Mieri, si è appurato che i contatti fra il M. e la committenza locale vanno fatti risalire almeno alla fine del 1593, quando il pittore si impegnava a realizzare un polittico per l’altare maggiore della chiesa di S. Francesco a Carapelle Calvisio (L’Aquila): di tale impresa rimangono tuttora uno scomparto con l’Ascensione (firmata e datata 1594) e quattro pannelli di cimase accostabili al linguaggio pittorico – nella circostanza piuttosto attardato – del Monaldi. Nel 1598 il M. licenziò, firmandola e datandola, la pala con la Pentecoste ora nella chiesa dell’Annunziata di Sulmona.
Dal 1600 il M. risulta di nuovo iscritto all’Accademia del disegno di Firenze, mentre l’anno seguente si rinnovò la collaborazione fra il M. e Poccetti a seguito della prestigiosa commissione camaldolese per la decorazione del chiostro della sagrestia in S. Maria degli Angeli a Firenze.
Solo negli anni Ottanta (Mencarini) la critica ha potuto accertare la paternità monaldiana di sette lunette nel lato settentrionale del chiostro, tutte eseguite nel 1601, grazie al ritrovamento della documentazione relativa ai pagamenti degli affreschi. L’intervento del pittore (Angeli con libri che coronano il busto di Ambrogio Traversari; S. Romualdo libera dal demonio un fanciullo; L’incontro fra l’imperatore Enrico II e s. Romualdo; S. Romualdo riceve del cibo dal cielo; S. Romualdo libera un monaco dal diavolo; Il diavolo tenta di far annegare s. Romualdo; Angeli con tendaggio intorno al busto di s. Benedetto), verosimilmente richiamato in città da Poccetti stesso, ispirato nell’iconografia alla Vita Romualdi di Pier Damiani, evidenzia la volontà di affiancare diversi registri comunicativi in una cifra stilistica che alterna piuttosto meccanicamente il sontuoso decorativismo di gusto analitico con l’essenzialità arcaizzante di alcune fasi della narrazione, la precisione ritrattistica e la tendenza alla semplificazione formale (Vasetti).
A riprova dell’acquisizione di una discreta rilevanza nel circuito artistico fiorentino, la documentazione ci consegna un M. per due volte eletto console dell’Accademia, nel 1604 e, successivamente, nel 1614 (Colnaghi). Risalirebbero invece al 1607 altre due importanti esecuzioni ad affresco del M.: la lunetta nel lato sud del chiostro grande di S. Maria Novella, con un Miracolo di s. Vincenzo Ferrer, e quella raffigurante la Predica di s. Angelo di Licata e l’incontro di s. Francesco e s. Domenico, nel chiostro adiacente alla sagrestia di S. Maria Maggiore (Pieraccini, 1986; Vasetti).
In entrambe le opere – in sostanziale assonanza con le modalità espressive della pittura claustrale poccettiana – è evidente nell’articolazione spaziale delle scene e nella ricerca di una sintassi narrativa semplificata, una consolidata adesione ai modi della pittura riformata fiorentina post-titesca.
Ai primi anni del secondo decennio si datano tradizionalmente le committenze medicee del M., sebbene De Mieri, su convincente base documentale, faccia risalire il rapporto fra il pittore e i Medici all’epoca della sua trasferta abruzzese. Nel 1610 il M. eseguì una tela a monocromo raffigurante Enrico IV in Fiandra, ora a Firenze nei depositi delle Gallerie, in occasione dell’allestimento decorativo per i funerali di Enrico IV (Borsook; all’impresa decorativa prese parte anche Poccetti) e, stando a Colnaghi, anche la S. Cristina identificata da De Mieri con quella presente oggi nel monastero delle Descalzas Reales di Valladolid, dipinta in origine per la Guardaroba Medicea. Dalla documentazione d’archivio risultano inoltre pagamenti al M. del 1613, per «più sorte di cartoni e’ altro tutto fatto per servizio della bottega del Arazzeria» (Vasetti, p. 137).
Fra le opere fiorentine del secondo decennio, prima dell’ormai acclarata seconda trasferta abruzzese, si possono annoverare anche la Madonna del Rosario (firmata e datata 1611) per la chiesa di S. Maria a Bagnano ora conservata presso il Museo d’arte sacra di Certaldo (Firenze), e la pala con le Esequie di s. Alberto per la chiesa del Carmine a Firenze, realizzata su disegno di Poccetti e, verosimilmente, completata dal M. a seguito della morte del suo collega, avvenuta nel 1612 (ma Fabbri ipotizza un ruolo esclusivo del M. nell’esecuzione). In quest’ultima opera la Pieraccini (1986) ravvisa un riavvicinamento ai modi giovanili del M., rilevando prossimità stilistiche con l’affresco della Ss. Annunziata col Martirio di s. Giacomo Maggiore.
Allo stato attuale della ricerca non si rilevano altre opere del M. riconducibili a questa fase cronologica – anche se i documenti d’archivio attestano la sua presenza a Firenze almeno fino al 1619 (Vasetti) – mentre comincia a delinearsi su basi più concrete la vicenda della seconda e forse definitiva permanenza abruzzese del pittore, nel secondo decennio. La tela raffigurante il Martirio di s. Mattia nella chiesa di S. Giovanni Battista a Castelli (Teramo), datata 1620 e firmata col solo monogramma, forse la prima opera eseguita al suo ritorno in Abruzzo, è stata segnalata da Bologna nel 1983 ma ignorata dalla critica successiva; spetta invece a De Mieri l’individuazione in collezione privata dell’olio su rame con l’Ecce homo riconducibile a questa fase del percorso monaldiano.
Le recenti integrazioni abruzzesi al catalogo del M., oltre a riequilibrare parzialmente un corpus piuttosto disomogeneo, conferiscono vitalità all’ipotesi di un pittore che, al di fuori della realtà fiorentina e in un ambiente provinciale non concorrenziale, facesse valere una statura artistica di una certa rilevanza, ormai dotata di solide credenziali, che potrebbe essersi manifestata in termini assai più cospicui di quanto le attuali conoscenze abbiano potuto rilevare.
Rimane a tal proposito ancora aperta la questione riguardante un’eventuale presenza del M. fra i frescanti delle Storie di Mosé nel casino Branconio a L’Aquila, ipotizzata da Bologna e ripresa con forza da De Mieri; l’originale e non convincente attribuzione tradizionale degli affreschi al marginale F.A. Odit andrebbe rivista anche nel contesto di una generale riconsiderazione, in termini estensivi, dell’attività dell’ultimo periodo del M. e del suo secondo soggiorno in Abruzzo.
Non si conoscono né l’anno né il luogo di morte del Monaldi.
Fonti e Bibl.: R. Gualterotti, Descrizione del Regale Apparato per le Nozze della Serenissima Madama Cristina di Lorena moglie del Serenissimo Don Ferdinando Medici III Gran Duca di Toscana, Firenze 1589, II, p. 141; F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno da Cimabue in qua (1681-1728), a cura di F. Ranalli, Firenze 1846, II, p. 553; A. Leosini, Monumenti storici artistici della città di Aquila e suoi contorni (1848), Bologna 1974, pp. 28, 143, 280; H. Voss, Die Malerei der Spätrenaissance in Rom und Florenz, Berlin 1920, II, p. 360; D.E. Colnaghi, A Dictionary of Florentine Painters from the 13th to the 17th Centuries, London 1928, pp. 184 s.; Arte in Valdelsa dal sec. XII al sec. XVIII (catal.), a cura di P. Dal Poggetto, Firenze 1963, pp. 98 s.; E. Borsook, Art and politics at the Medici Court. IV: Funeral decor for Henry IV of France, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Instituts in Florenz, XIV (1969), 2, p. 22; Il primato del disegno (catal.), Firenze 1980, p. 147 (schede a cura di A.M. Petrioli Tofani); F. Bologna, Martirio di S. Mattia. Chiesa di S. Giovanni Battista. Castelli, in Documenti dell’Abruzzo teramano. I: La valle Siciliana o del Mavone, Roma 1983, pp. 369-371; A. Pieraccini, Nuove proposte per gli affreschi del chiostro della Ss. Annunziata di Firenze, in Paragone, XXXVII (1986), 437, pp. 25-34; E. Mencarini, in Il Seicento fiorentino. Arte a Firenze da Ferdinando I a Cosimo III. Biografie (catal.), Firenze 1986, p. 118; A. Pieraccini, Schede fiorentine, in Paradigma, VIII (1988), pp. 152-156; M. Gregori, La pittura a Firenze nel Seicento, in La pittura italiana. Il Seicento, I, Milano 1989, p. 302; A. Pieraccini, ibid., II, Milano 1989, pp. 820 s.; L. Bertani, Gli affreschi del chiostro di S. Pierino, in La Compagnia della Santissima Annunziata a Firenze, Firenze 1989, pp. 25-40; M. Privitera, Disegni di Girolamo Macchietti per il «Martirio di San Lorenzo» in S. Maria Novella, in Paragone, XL (1989), 477, pp. 42-52; M.C. Fabbri, Le opere in chiesa, in La chiesa di S. Maria del Carmine a Firenze, a cura di L. Berti, Firenze 1992, pp. 89-142; M.M. Simari, Inediti di Giovanni Bizzelli e di B. M., in Paragone, XLV (1994), 529-533 pp. 128-133; M. Privitera, Girolamo Macchietti. Un pittore dello Studiolo di Francesco I (Firenze 1535-1592), Firenze 1996, pp. 11, 80, 199; S. Vasetti, in Il chiostro camaldolese di S. Maria degli Angeli a Firenze. Restauro e restituzione del ciclo di affreschi, Firenze 1998, pp. 58-61, 112-121, 136-138; S. De Mieri, I soggiorni abruzzesi di B. M., in Abruzzo. Il Barocco negato. Aspetti dell'arte del Seicento e del Settecento, a cura di R. Torlontano, Roma 2010, pp. 112-119 (con bibliogr.); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 54.