HONORATI, Bernardino
Nacque a Jesi, presso Ancona, il 17 luglio 1724 da Giuseppe, patrizio jesino, e da Marianna del conte Galeazzo Cima di Rimini.
La famiglia si era trasferita verso la metà del secolo XVI da Bracchio "in partibus Longobardiae" (nei pressi di Novara) a Serra de' Conti (nelle vicinanze di Ancona); in seguito alcuni autori vollero collegarla all'omonima illustre toscana e a un suo ramo lionese, ma senza prove certe. A Serra de' Conti alcuni membri si distinsero subito nelle professioni liberali, raggiungendo un grado di distinzione e un censo che nel novembre 1609 portarono all'ascrizione della famiglia al patriziato jesino, in persona di Lorenzo (1547-1617), rinomato medico. Da quel momento, anche grazie a cospicue alleanze matrimoniali, l'ascesa fu rapidissima per tutti e due i rami principali in cui la famiglia si divise, tanto che poco più di un secolo dopo la si trova censita come la più doviziosa della provincia. A ciò contribuirono alcuni personaggi di spicco, fra cui Adriano (1586-1649), tesoriere generale della Marca dal 1644, e soprattutto Onorato (1596-1683), prelato caro a Urbano VIII, che nel 1636 lo volle primo vescovo di Urbania e Sant'Angelo in Vado, diocesi nelle quali lasciò profonde tracce della sua saggia e attiva amministrazione, degna di ricordo anche per gli interventi nelle intricate questioni (sorte dopo la morte dell'ultimo duca di Urbino, Francesco Maria II Della Rovere) dei trasferimenti forzati a Roma delle biblioteche ducali di Urbino e di Urbania, che si intrecciarono con quelle della sua personale raccolta. Su questo personaggio l'H. pubblicò oltre un secolo dopo, quando era anch'egli vescovo, un De vita et rebus gestis Honorati de Honoratis primi episcopi Urbaniae et Sancti Angeli in Vado (Senogalliae 1788). Anche il padre dell'H., Giuseppe (1692-1763), si distinse in campo culturale, sia pure su un diverso piano. Egli, che faceva uso del titolo di cortesia di marchese, a rigore spettante solo ai membri dell'altro ramo, aveva studiato a Roma per circa sei anni, dedicandosi con passione alle belle arti (in particolare alla pittura) e alla "meccanica ottica". Rientrato in patria, i larghissimi mezzi gli consentirono di realizzare la sua vocazione di collezionista e mecenate: fece ampliare e ristrutturare il suo palazzo di Jesi dall'architetto romano V. Bracci, arricchendolo di affreschi, decorazioni e stucchi di pregio (commissionati ad artisti di varie parti d'Italia), che ne resero gli interni fra i più lussuosamente ornati della città; in esso e nelle altre dimore di sua proprietà, a Serra de' Conti e Roma, raccolse, oltre a una rinomata quadreria, importanti collezioni di argenti, ceramiche, porcellane, orologi ecc., dando anche degna sistemazione alla biblioteca familiare. Infine arricchì di arredi, marmi e dipinti la cappella di giuspatronato Honorati nel duomo di Jesi. Tale opera di raffinata magnificenza fu continuata con anche maggior larghezza dal figlio primogenito Anton Maria (1723-99) e dallo stesso H., suo terzogenito, che ha il merito di avere iniziato la notevolissima collezione di incisioni e disegni, gran parte della quale è oggi uno dei fiori all'occhiello della Biblioteca comunale Planettiana di Jesi, ed è stata recentemente oggetto di una ragguardevole mostra.
L'H. studiò nel collegio Nazareno in Roma, dove la famiglia possedeva, fra le piazze Navona e Madama, un palazzetto istituito in prelatura (con annesse rendite), a uso dei suoi membri studenti o soggiornanti nella città per accedere alla carriera ecclesiastica. L'H. ne fu beneficiario dopo la morte dello zio abate Giovanni Battista, e frequentò i corsi di diritto della Sapienza. In quel periodo si fece notare pronunziando, nel febbraio 1744, un'orazione davanti al papa e al S. Collegio in occasione della festa della cattedra di S. Pietro, che fu pubblicata (De Romana s. Petri cathedra. Oratio habita in basilica Vaticana XV Kal. februarii 1744, Romae 1744). Pur non avendo ancora conseguito la laurea, entrò in avvocatura: per quattro anni fu segretario del decano degli uditori di rota, facendo esperienza in molte cause di rilievo e meritando approvazione, tanto che nel 1747 Benedetto XIV, che il 23 dic. 1746 lo aveva già nominato cameriere d'onore, lo inviò a Parigi come ablegato apostolico (lo accompagnò il citato fratello Anton Maria) per consegnare la berretta al neoeletto cardinale A. de Rohan-Ventadour. Profittò dell'occasione per compiere un ampio tour d'istruzione, che lo portò a Londra, Bruxelles, L'Aia, Luneville, Colonia, Hannover e Francoforte e, sulla via del ritorno, a Trento, Verona, Padova e Venezia; rientrò a Jesi nell'estate 1748. Di questo viaggio lasciò una vivace relazione (Jesi, Biblioteca comunale Planettiana, Arch. Trionfi-Honorati, card. Bernardino, b. 49), che fornisce interessanti informazioni sulle corti visitate ed è accompagnata da numerose lettere di personaggi di spicco. Il pontefice, volendo dimostrargli la sua soddisfazione, visto che il 10 febbr. 1749 l'H. aveva conseguito la laurea in utroque iure ed era in possesso delle prescritte rendite, il 9 luglio successivo lo ammise alla prelatura, nominandolo referendario utriusque Signaturae; in quest'incarico l'H. si fece apprezzare per la rettitudine e l'equità che dimostrò nelle molte cause che giudicò. Il 26 nov. 1750 fu nominato "ponente" della congregazione del Buon Governo, e subito dopo ebbe occasione di fare le veci del cardinale D. Rivera come protettore del Collegio piceno in Roma. Nel 1753, con dispaccio della segreteria di Stato del 24 novembre, fu designato vicelegato in Romagna, dove ebbe estese funzioni di governo, perché il legato card. M. Bolognetti era gravemente infermo e il successore di quello, card. E. Enriquez, morì dopo soli sedici mesi. Per il suo operato in questo delicato incarico ebbe lodi da Benedetto XIV, che poco prima di morire lo compensò nominandolo commissario apostolico della S. Casa e governatore di Loreto. In questa carica, nel 1758-59, seppe abilmente dirimere annose controversie che avevano reso difficili i rapporti dei suoi predecessori con i vescovi di Recanati e Loreto. Durante la sede vacante del 1758 ebbe occasione di ospitare e colmare di attenzioni, mentre si recava a Roma per il conclave, il card. C. Rezzonico, che nel luglio divenne Clemente XIII. L'8 dic. 1759 il nuovo papa lo nominò nunzio apostolico presso il granduca di Toscana e, seguendo la tradizione, nel concistoro del 28 genn. 1760 lo preconizzò arcivescovo titolare di Side in partibus e gli permise, per speciale concessione, di ricevere la consacrazione episcopale nella S. Casa di Loreto anziché a Roma (28 febbraio), avendo prima finalmente ricevuto (31 dic. 1759) l'ordinazione sacerdotale. Il 16 agosto fece il solenne ingresso a Firenze, dove resse la nunziatura per sette anni.
Sull'attività dell'H. in tale funzione esistono informazioni minuziose, visto che ne stampò un resoconto (Relazione della nunziatura di Firenze, I-II, senza indicazioni di tipografia; una copia rimane in Biblioteca comunale Planettiana, Arch. Trionfi-Honorati: vedi p. 89 dell'inventario del Materiale bibliografico a stampa, nn. 34-35; nel medesimo archivio sono conservati gli originali dei documenti relativi). Le questioni di maggior rilievo che trattò concernevano l'applicazione delle convenzioni stipulate per reintrodurre il S. Uffizio in Toscana, la reciproca estradizione dei rei e altre, proposte dal supremo Consiglio di Stato del Regno di Corsica. Grave fu poi il caso che portò, il 16 marzo 1764, all'espulsione dalla Toscana del vescovo di Pienza, mons. F.M. Piccolomini. Cospicua è anche la mole delle lettere conservate: del card. L.M. Torregiani, segretario di Stato, del papa, di Giuseppe II, dei cardinali N. Corsini e C. Rezzonico, del granduca e di molti altri. Di considerevole complessità (e di grande importanza in quel periodo) furono anche questioni cerimoniali e di precedenza, nelle quali l'H. seppe destreggiarsi.
Il 20 nov. 1766 Clemente XIII lo trasferì alla nunziatura di Venezia, che l'H. resse fino al 1775; il suo "officio" d'ingresso a Venezia fu poi pubblicato, con la risposta del doge A. Mocenigo (Officio fatto in Collegio da mons. Onorati [sic] nunzio apostolico in occasione del di lui ingresso… e risposta del doge A. Mocenigo, Venezia 1896).
Nella nuova sede diede ulteriori prove di abilità, specialmente in relazione alla crisi in corso tra la S. Sede e le corti a proposito dei gesuiti e alla scottante questione della mano morta. Anche di questa missione esiste esauriente documentazione nel citato archivio di Jesi. Il 13 ag. 1767 l'H. e la famiglia furono ascritti al patriziato della Repubblica di San Marino.
Nel 1775 il nuovo pontefice Pio VI lo richiamò a Roma, destinandolo (30 settembre) alla carica di segretario della congregazione dei Vescovi e regolari, che tradizionalmente era prima o poi coronata dalla porpora. Infatti il 23 giugno 1777 lo creò cardinale prete del titolo dei Ss. Marcellino e Pietro, assegnandolo alle congregazioni dei Vescovi e regolari, della Disciplina, delle Indulgenze e Sacre Reliquie e alla Lauretana. Subito dopo, il 18 luglio, lo nominò vescovo conte di Senigallia, diocesi della quale l'H. prese possesso per procura il 3 agosto, facendo l'ingresso solenne in ottobre. Festeggiamenti e luminarie (accompagnate da numerose orazioni e composizioni encomiastiche) ebbero luogo a Jesi, Serra de' Conti e, naturalmente, Senigallia.
Il maggior impegno dell'episcopato dell'H. fu, fin dall'inizio, la ricostruzione quasi dalle fondamenta della cattedrale, angusta e fatiscente, e quella del palazzo vescovile, opere da lui portate a termine grazie a ingenti contributi personali. La nuova cattedrale fu consacrata il 4 luglio 1790. Si occupò poi del seminario, chiuso da tempo, proponendo di tassare i benefici ecclesiastici per riattivarlo; istituì al porto una scuola elementare per i marinai, a Mondavio un ospedale e a Montemarciano il Monte di pietà. Molto fece anche per l'agricoltura, fornendo ai contadini bestiame, attrezzi e migliori case, e fondando a Corinaldo un'Accademia agraria che doveva riunire agricoltori e proprietari. Tuttavia talvolta fu vivacemente criticato per un eccessivo rigore nell'applicazione delle norme ecclesiastiche, forse perché si era fatto dei nemici in una parte del clero locale, per averne combattuto i molti abusi e l'ignoranza, e per aver diminuito il numero delle festività religiose. Assai apprezzato dalla popolazione fu invece il suo intervento in favore della ripresa della famosa fiera di Senigallia (temporaneamente sospesa per un'epidemia), fortemente contrastata dagli Anconetani. Di grande rilievo per la diocesi fu il sinodo che l'H. tenne nel maggio 1791, i cui atti vennero pubblicati (Synodus Senogalliensis…, Senogalliae 1791).
Il 3 marzo 1782 egli ospitò Pio VI in viaggio per Vienna, e così pure al suo ritorno, il 4 giugno. Non aveva mai trascurato di mantenere rapporti con i più eminenti membri della Curia romana; sicché, quando alla morte di Pio VI il conclave si riunì fortunosamente a Venezia (30 nov. 1799), egli si trovò a sostenere un ruolo di qualche importanza, fino a essere per un momento considerato papabile.
Dopo il fallimento di molteplici complicate strategie, il gruppo del Braschi, al quale apparteneva, propose una triade di nomi (G.F. Albani, G. Calcagnini e l'H. stesso) contrapposta a quella proposta da L. Antonelli e A. Mattei per il partito "austriaco", filogesuita. Le probabilità dell'H. apparvero buone finché un'ostinata ostilità dell'Antonelli nei suoi confronti (di cui si ignorano le cause) portò a escluderlo. Sembra che poi egli contribuisse all'elezione del Chiaramonti, che poco dopo ospitò a Senigallia nel viaggio verso Roma.
Uomo colto, l'H., oltre alle opere citate e a numerose manoscritte, diede alle stampe un incompleto Bernardini cardinalis Honorati commentarius de rebus suis, Senogalliae 1792 (ne è nota una sola copia, presso la Biblioteca comunale Planettiana, Arch. Trionfi-Honorati, Materiale bibliografico a stampa, n. 28). Fu anche socio e protettore della Società georgica di Treia (già Accademia dei Sollevati). È infine tradizione che il matrimonio fra Onorato Honorati e Giovanna di Luciano B0naparte, nipote di Napoleone, celebrato nel 1825, sia stato originato dai suoi amichevoli rapporti con il card. J. Fesch, affine dei Bonaparte.
L'H. morì a Senigallia il 12 ag. 1807 (aveva testato fin dal 30 sett. 1795); fu sepolto nella cappella del Sacramento della sua cattedrale.
Fonti e Bibl.: Jesi, Biblioteca comunale Planettiana, Arch. Trionfi-Honorati e Arch. Honorati (in deposito dal 3 marzo 2000); per i documenti riguardanti l'H. si veda l'Inventario, pp. 93-100 (bb. 48-49: Missione a Parigi; bb. 50-53: Vicelegazione di Romagna; bb. 54-55: Governatorato di Loreto; bb. 56-81: Nunziatura di Firenze; bb. 85-106 e 121-138: Nunziatura di Venezia; bb. 107-111: Documenti della segreteria di Stato; bb. 112-115: Copie di lettere della stessa; bb. 116-120: Lettere particolari; bb. 139-146: Miscellanee storiche); Ibid., Archivio Colocci, Mss., b. 138/7: Compera della biblioteca del card. B. H.; Senigallia, Arch. vescovile, Bollari, 19-49; Visite pastorali (relazioni); un grosso volume contenente 367 documenti (editti, bandi, lettere pastorali, notificazioni, ecc.) emanati dall'H.; Ibid., Arch. capitolare, Congregazione capitolare seniore e generale, libri I, lett. A, cc. 3-5r, 26 nov. 1792; IV, p. 129, 26 sett. 1777; Ragioni diverse, I, parte II, cc. 252, 285; cod. 296: Nuove costituzioni capitolari (dettate dall'H.); Novelle letterarie, n.s., VII (1776), col. 747; Orazioni per l'elevamento alla sacra porpora dell'eminentissimo… B. H., offertegli in segno di venerazione dalla città di Jesi sua patria, Jesi 1777; Notizie per l'anno 1778, p. 109; Necrologio, Senigallia 1807; A. Moretti, Memorie degli illustri jesini, Jesi 1870, ad ind.; T.M. Cucchi, Cronologia dei vescovi della s. Chiesa senigalliese, Senigallia 1931, pp. 35 s.; L. Moranti - M. Moranti, Il trasferimento dei "codices Urbinates" alla Biblioteca Vaticana, Urbino 1981; A. Honorati, La storia della famiglia Honorati, Ancona 1983, pp. 119-122; Il viaggio inciso dalle Marche a Roma con le stampe Honorati della Planettiana, Jesi 2000, a cura di R. Bigliardi Parlapiano - A. Cerboni Bajardi (ricco catalogo della mostra omonima); M. Massa, La famiglia Honorati nei suoi protagonisti, ibid., pp. 37-46; L. Mozzoni, La famiglia Honorati e le arti, ibid., pp. 53-61; R. Bigliardi Parlapiano, Le librerie Honorati, ibid., pp. 65-79 (alla p. 75 il ritratto del cardinale, conservato presso la Planettiana); G. Moroni, Diz. d'erudizione storico-ecclesiastica, Venezia 1840-79, XXXIII, pp. 252 ss.; XXXIX, p. 252; XLIX, p. 159; LVI, p. 336; LXVI, pp. 204 e 249; LXXVIII, pp. 191 ss.; LXXIX, p. 230; XCII, pp. 593 e 605; V. Spreti, Enc. storico-nobiliare italiana, III, pp. 668 ss.; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia catholica, VI, Patavii 1958, pp. 32, 376, 379; Dict. d'histoire et de géographie ecclésiastiques, XXIV, coll. 1035 s.