GHISOLFI (Ghisolfo), Bernardino (Bernardo)
Figlio di Ghisolfo, cittadino mantovano, nacque, come si desume dal testamento (Arch. di Stato di Mantova, Registri notarili, 1517, cc. 753v-754r), verso la metà del Quattrocento, quasi certamente a Mantova.
Trova dunque conferma l'ipotesi di Rodella (p. 106 n. 179) di una parentela tra il G. e un Ghisolfo de' Ghisolfi citato fino al 1472 in documenti mantovani relativi a lavori di architettura e di idraulica per Ludovico III Gonzaga. I rapporti di cortigiania tra i Ghisolfi e i Gonzaga proseguirono anche durante il marchesato di Francesco II (1484-1519).
Le origini mantovane del G. rendono quindi superata la proposta di Bertolotti di identificarlo con un Bernardino da Piacenza, ingegnere al servizio dei Gonzaga negli anni Ottanta del secolo XV. Quest'ultimo risulta piuttosto essere stato il predecessore del G. nella carica di soprastante alle fabbriche della corte, della città e del Marchesato, che fu conferita al G. il 21 maggio 1490 (Arch. di Stato di Mantova, Libri delle patenti, vol. 3). Il titolo di "nobilis" riservato al G. nel documento e il fatto che non sia mai qualificato come "magister" lasciano supporre un livello sociale piuttosto elevato e una sua formazione professionale al di fuori delle corporazioni (Marani, 1961, pp. 160 s.).
La figura professionale del G., poco indagata sia per la scomparsa delle principali opere d'architettura cui ebbe a dedicarsi, sia per il limitato interesse riconosciuto dalla storiografia architettonica al periodo del marchesato di Francesco II entro cui si svolse la sua carriera, emerge tuttavia con un suo spessore dalla fitta corrispondenza intrattenuta con i Gonzaga tra il 1489 e il 1511.
I primi due cantieri in cui il G. risulta attivo sono quelli delle residenze marchionali di Marmirolo e Gonzaga, dove il suo lavoro si inserì su quanto già intrapreso dai predecessori di Francesco II.
A Marmirolo, sede di un edificio ben lontano dalla tipologia castellana adottata in altri palazzi gonzagheschi e contiguo invece al tema della villa, il G., presente già nel 1489, seguì con assiduità dal 1490 al 1496 opere di costruzione e di decorazione; furono fondati nuovi locali, mentre altri venivano soprelevati e si lavorava a un giardino. A Gonzaga, dove Ludovico III aveva promosso l'edificazione di una residenza all'interno di un recinto fortificato preesistente, il G. fu attivo dal 1490 al 1509 - a lavori di costruzione quasi ultimati - dirigendo l'operato dei pittori ma presiedendo anche a qualche intervento architettonico: la riedificazione di una loggia nel 1495, la copertura di due torrette, la costruzione di locali di servizio. In una lettera del 1501 si parla di un suo disegno per il parco. In queste due sedi appare fondamentale l'assidua presenza del G. nel cantiere, con un ruolo di coordinamento delle maestranze e di regolazione dei tempi di lavoro in rapporto alla fornitura dei materiali (che spesso si preoccupava personalmente di procurare). Nelle lettere non si fa esplicito riferimento a compiti di progettazione, benché il G. non appaia affiancato da alcun architetto; per certo a lui competeva in pieno la difficile mediazione tra le esigenze del marchese, che lo riteneva del tutto responsabile della buona esecuzione delle opere e del rispetto di tempi di lavoro sempre molto stretti, e quelle di un folto gruppo di lavoratori - magistri muratori, garzoni, falegnami, vetrai e uno stuolo di pittori su cui spesso forniva sintetici giudizi - che lamentavano continuamente la scarsa sollecitudine nei pagamenti, fino ad abbandonare talora il cantiere. D'altra parte, qui come altrove egli non disponeva direttamente di fondi ed era costretto a un continuo pellegrinaggio tra le diverse figure che gestivano le finanze pubbliche e private sotto i Gonzaga.
Mentre seguiva stabilmente questi cantieri, il G. era interpellato dal marchese per interventi di minore portata: da lavori in case mantovane - quella "del Leone" (1490) e quella di Giovan Battista Bardelloni (1501) - a riparazioni urgenti di strutture utilitarie - ponti, mulini e granai intorno alla città, il "vaso" del portone di Cerese (1491) e il fossato a Porta Pradella (1501) -; da lavori nelle stalle (1491) e nel castello di S. Giorgio - la copertura di un "corridore" a salvaguardia della "camera dipinta" (1506) - a forniture di legname (per la casa del fu Giovanni Maria Gonzaga nel 1496, per il ponte di Marcaria e ancora per le stalle del marchese nel 1499). Nel 1494 era stata invece Isabella d'Este a conferire di persona al G. l'incarico di selciare la strada per Porto Mantovano, dove si trovava un palazzo di sua proprietà.
Un più preciso ruolo progettuale viene riconosciuto al G. nel caso della chiesa di S. Maria della Vittoria a Mantova, edificata tra l'agosto 1495 e il successivo giugno per ospitare l'omonima pala (ora al Louvre) commissionata ad Andrea Mantegna in occasione della vittoria di Francesco II alla battaglia di Fornovo.
G. Vasari, trattando della pala, attribuì al pittore anche il progetto della chiesa, ma Portioli (p. 69) e Luzio (p. 366), valutando l'edificio troppo poco aggiornato per il Mantegna, l'assegnarono al G., senza citare però alcun documento in proposito. Infine Kristeller volle conciliare le due posizioni attribuendo la costruzione al G. su disegni forniti dal pittore (p. 326). La questione quindi rimane aperta. In quegli stessi mesi Francesco II commissionò al G. la chiesetta di S. Maria in Gonzaga, fondata in memoria di Giovanni Maria Gonzaga, perito a Fornovo, e destinata - come poi anche S. Maria della Vittoria - alla Congregazione di eremitani cui apparteneva un frate consigliere del marchese strenuo promotore di entrambe le fondazioni (Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 2907, lib. 155, cc. 39v, 88v, 89v).
Nel 1507 il G. seguì lavori di finitura e decorazione in una terza dimora gonzaghesca, il palazzo di S. Sebastiano a Mantova; ma il suo ruolo è stato ridotto da C. Cerati (1989) a un occasionale affiancamento di Girolamo Arcari, nominato "soprastante" nel 1506.
Le mansioni del G., assai più di quanto non lascino intendere le poche lettere fino a oggi pubblicate, sconfinarono comunque spesso nel campo dell'ingegneria idraulica e fortificatoria.
Nel 1502 fece svuotare il bacino idrico della cosiddetta "valle" di Reggiolo (a ovest dell'abitato, sotto Luzzara) e iniziare lo scavo di una fossa. Nel 1507 seguì nell'Oltrepò mantovano la realizzazione del cavo tra Reggiolo e Gonzaga e di un ponte in pietra sulla Tagliata, oltre a complessi lavori di canalizzazione che coinvolsero operai di altri quattro vicariati (San Benedetto, Suzzara, Quistello e Luzzara); nel 1509 riferiva al marchese del ritrovamento di alcune medaglie nel corso dello scavo della "Parmesana", il canale che doveva collegare la Tagliata al Secchia.
Quanto ai lavori di fortificazione, il G. appare coinvolto più in interventi dettati dall'emergenza che in un programma sistematico di riqualificazione delle rocche: nel 1506 era a Serravalle per riparare al crollo di un lungo tratto del muro della rocca; nello stesso anno fece coprire le due "rocchette" di Borgoforte (dove fece riparare anche una casa dei Gonzaga); nel 1511, infine, intervenne per ovviare a gravi dissesti verificatisi nella rocca di Viadana, posta sul Po in una posizione particolarmente strategica. In questa occasione è citato un suo disegno, che prevedeva l'edificazione di un nuovo torrione.
La corrispondenza sull'attività del G. si ferma al 1511 ma egli risulta conservare la sua carica fino alla morte, anche se sembra che l'Arcari lo avesse già in parte sostituito fin dal 1506 (Arch. di Stato di Mantova, Corporazioni soppresse, vol. 97, c. 7r).
Il G. morì a Mantova nel febbraio del 1517, tra il 7, giorno a cui risale il testamento, e il 12, data di una missiva di Amico Della Torre al marchese, in cui si parla del decesso del G. appena avvenuto (Ibid., Archivio Gonzaga, b. 2496, c. 56).
Il testamento fornisce significativi ragguagli circa le condizioni economiche del G. che, stabiliti piccoli lasciti a favore dell'ospedale di Mantova, del suo valletto e di un coabitante, concedeva al fratello Francesco - notaio attivo a Mantova dal 1484 al 1529 - i beni ereditati dai genitori, del valore di più di 500 ducati. Emerge poi l'avvenuta concessione da parte del marchese di 200 biolche di terreno presso Reggiolo, che il G. cedette ad Alfonso di Benedetto Capilupi, personaggio di primo piano nella corte gonzaghesca (a riprova dei suoi legami personali con gli ambienti di corte). Erede universale risulta il figlio, naturale ma legittimato, Federico (a sua volta notaio dal 1525 al 1554).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Mantova, Arch. Gonzaga, bb. 2437, 19 nov. 1489; 2438, cc. 334 s., 344 s.; 2439, c. 581; 2440, cc. 192-199, 19 luglio, 25 luglio, 8 ag. 1492; 2443, c. 482; 2449, cc. 4, 257, 691; 2453, cc. 100-102; 2457, cc. 43, 290; 2459, c. 177; 2469, cc. 82, 673; 2470, cc. 464-468; 2473, 31 ag. 1508; 2477, 25 luglio e 28 ag. 1509; 2483, cc. 796 s., 771; 2496, c. 56; 2918, lib. 214, cc. 35v, 37rv; 2995, lib. 24, c. 80; Ibid., Libri delle patenti, vol. 3, c. 215v; Ibid., C. D'Arco, Famiglie mantovane (ms., sec. XIX), s.v. Ghisolfi; Ibid., Fondo Davari (sec. XIX), b. 2; G. Gaye, Carteggio inedito d'artisti…, I, Firenze 1839, pp. 306-310, 327-337; C. D'Arco, Delle arti e degli artefici di Mantova, II, Mantova 1857, pp. 25 s., 28 s., 32, 36-40, 68, 71; A. Bertolotti, Architetti, ingegneri e matematici in relazione coi Gonzaga signori di Mantova nei secoli XV, XVI e XVII…, Genova 1889, pp. 20 s., 24 s.; A. Portioli, La chiesa e la Madonna della Vittoria di A. Mantegna in Mantova, in Atti e memorie della R. Accademia Virgiliana di Mantova, XVII (1884), pp. 53-79; A. Parazzi, Origini e vicende di Viadana e suo distretto, II, Viadana 1893, p. 26; A. Luzio, La "Madonna della Vittoria" del Mantegna, in Emporium, X (1899), pp. 358-374; O. Kristeller, Andrea Mantegna, Berlin-Leipzig 1902, pp. 326, 436, 550, 555, 558, 583, 585; V. Matteucci, Le chiese artistiche del Mantovano, Mantova 1902, p. 412; E. Marani, L'architettura, in Id. - C. Perina, Mantova. Le arti, II, Mantova 1961, pp. 161 s., 169 nn. 30, 32; Luca Fancelli architetto: epistolario gonzaghesco, a cura di C. Vasic Vatovec, Firenze 1979, pp. 273, 287 n. 9, 376 n. 9; E. Marani, Il palazzo di S. Sebastiano in Mantova, in Quadrante padano, I (1980), 1, pp. 10-12; G. Rodella, Giovanni da Padova. Un ingegnere gonzaghesco nell'età dell'umanesimo, Milano 1988, pp. 106 n. 179, 142 n. 194; C. Cerati, I Trionfi di Cesare di Andrea Mantegna e il palazzo di S. Sebastiano in Mantova, Mantova 1989, pp. 49, 52, 54, 57 nn. 1, 6; M. Castagna - V. Predari, Stemmario mantovano, II, Montichiari 1992, p. 40; L. Ventura, Lorenzo Leombruno. Un pittore a corte nella Mantova di primo Cinquecento, Roma 1995, pp. 35, 40, 247; C.M. Brown, "Concludo che non vidi mai la più bella casa in Italia": the frescoed decorations in Francesco II Gonzaga's suburban villa in the Mantuan countryside at Gonzaga (1491-97), in Renaissance Quarterly, XLIX (1996), 2, pp. 284-288, 292-300; I. Lazzarini, Fra un principe e altri Stati. Relazioni di potere e forme di servizio a Mantova nell'età di Ludovico Gonzaga, Roma 1996, pp. 211, 216 n. 111, 289 n. 323, 365; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 569; Diz. encicl. di architettura e urbanistica, II, Roma 1968, p. 453.