FUNGAI (Fonghai, Fongari), Bernardino
Figlio di Niccolò e di Battista di Tonio, nacque probabilmente a Siena, dove fu battezzato il 14 sett. 1460.
Tra le poche notizie documentate sulla sua attività si sa che a ventidue anni, nel 1482, lavorava come "garzone" sotto la direzione di Benvenuto di Giovanni per realizzare le pitture a monocromo dei Profeti nel tamburo della cupola del duomo di Siena (Bacci, 1947).
Il corpus delle opere si basa su pochi dipinti documentati e su una sola tavola datata e firmata. Dall'analisi della sua pittura sono evidenti un eclettismo e una maniera talvolta attardata che hanno portato il F. a raggiungere i risultati migliori solo in un paio di grandi pale e in alcune opere di formato minore, come predelle e pannelli di cassone.
All'attività giovanile del F. vanno ricondotti il dipinto raffigurante una Madonna col Bambino del Museum of Art di Columbus (OH) e la Madonna con Bambino, angeli e due santi monaci dello Szépmüvészeti Múzeum di Budapest, in cui la maniera di Benvenuto di Giovanni è addolcita attraverso la mediazione della pittura fiorentina, secondo la moda in voga a Siena tra i pittori intorno al nono decennio del sec. XV. Ritenuta in passato una delle prime opere del F., viene invece ormai ascritta a Mariotto d'Andrea la tavoletta di gabella, raffigurante il Sacrificio d'Isacco, che si conserva presso l'Archivio di Stato di Siena.
È stato ipotizzato un viaggio del F. a Roma nel 1484 per lavorare a fianco del Perugino e di Antoniazzo Romano agli apparati decorativi per festeggiare l'elezione al soglio pontificio di Innocenzo VIII (Parisi, 1993).
Nel 1487, dopo il suo rientro a Siena, il F. dovette terminare l'Assunzione della Vergine, opera lasciata incompiuta nel convento di S. Girolamo dall'artista fiorentino fra' Giuliano, allievo del Ghirlandaio. A questo primo periodo, attorno al 1490, si deve riferire anche la Madonna con Bambino e angeli del seminario vescovile di Pienza, legata ancora all'arte di Benvenuto di Giovanni, che si può collegare ad altri dipinti, tra cui la tavola, anch'essa a fondo oro, con la medesima composizione, del Metropolitan Museum of Art di New York (Martini, 1984). L'anno successivo il F. si sposò con Contessa Francesca, figlia del notaio Battista di Antonio, che gli diede nel 1491 il figlio Girolamo. Ebbe altri due figli, Niccolò, nato nel 1495, e Battista Antonia, nata nel 1509 probabilmente dalla sua seconda moglie, figlia a sua volta di Leonardo di Pietro Longo.
Pochi i documenti in cui si cita la sua attività di pittore, come rileva il Bacci (1947, p. 44), che lo ritiene piuttosto un "pittore d'occasione, anziché un vero e proprio pittore di professione". Interessante il documento del 5 dic. 1494, in cui si attesta che era a capo di un gruppo di pittori che dovevano dipingere drappelloni in onore del re di Francia Carlo VIII (ibid.).
Ascrivibile per il Torriti (1990) intorno al 1490 è la tavoletta con la Madonna col Bambino, un angelo e s.Girolamo della Pinacoteca di Siena, una delle più raffinate creazioni del F. per la brillantezza del colore e per il disegno netto. La preziosità calligrafica rimanda tra gli altri a Matteo di Giovanni e Francesco di Giorgio; è chiara inoltre l'impronta umbra: il Bacci (1947) aveva messo l'opera in relazione con la pala del Carmine proponendo una datazione di poco posteriore al 1512.
Al dipinto della Madonna con Bambino e s. Girolamo è stata collegata la Madonna col Bambino, Maria Maddalena e s. Antonio abate, anch'essa nella Pinacoteca nazionale di Siena, forse ascrivibile per i richiami stilistici al Perugino non oltre il primo decennio del sec. XVI. Vicina per soggetto e per termini cronologici di riferimento è l'anconetta devozionale raffigurante una Madonna con Bambino, s. Giovanni Battista e Maria Maddalena, sempre della Pinacoteca di Siena, ma proveniente dal conservatorio di S. Maria Maddalena.
Agli anni tra il 1495 e il 1497 si deve collocare la realizzazione della tavola con le Stimmate di s. Caterina nell'oratorio della cucina in S. Caterina in Fontebranda a Siena, in cui si nota l'infusso fiabesco del Maestro delle Storie di Griselda: si tratta di una delle opere meglio riuscite del F., in cui si ha una prima definizione del suo stile. Alla tavola di Fontebranda il Bacci (1947) avvicina l'affresco dall'omonimo soggetto presso la cappella di S. Galgano di palazzo Chigi Saracini.
Il gusto fiabesco è ancor più visibile nelle opere di piccole dimensioni, come le Storie di s. Clemente, i cui pannelli smembrati (due alla City Art Gallery di York e due al Musée des Beaux-Arts di Strasburgo) sono probabili frammenti della predella per la pala con l'Incoronazione della Vergine sull'altar maggiore della basilica di S. Maria dei Servi a Siena che il F. dovette realizzare tra l'aprile 1498 e l'aprile 1501.
Il 10 apr. 1501 era creditore del convento dei Servi di 180 fiorini, residuo della somma di 325 fiorini pattuita per la realizzazione della pala. Dodici santi fiancheggiano il gruppo centrale, cinto a sua volta da venti fra angeli, cherubini e serafini. Medesimo il soggetto della pala di S. Maria in Portico a Fontegiusta che, però, essendo più tarda, documenta il maggiore interesse del F. per il paesaggio, che viene a dividere i santi in basso dalla scena vera e propria dell'incoronazione che si staglia al di sopra.
L'Incoronazione dei Servi è uno dei dipinti più lodati del F. e che meglio esprime le caratteristiche della sua produzione. Varie sono le analogie con la tavola del Carmine raffigurante la Madonna in tronocon il Bambino e i ss. Sebastiano, Girolamo, Nicola e Antonio del 1512 (ora a Siena, Pinacoteca nazionale), l'unico dipinto firmato e datato dall'artista. Il motivo ornamentale del broccato della veste della Vergine dell'Incoronazione di S. Maria dei Servi è identico a quello della stoffa damascata che scende dal trono di Maria nella tavola del Carmine; anche il paesaggio che si scorge nella parte bassa dell'Incoronazione rimanda a quest'ultima pala.
Il dipinto del Carmine è comunque di qualità inferiore rispetto alle Stimmate di s. Caterina nell'oratorio della santa e all'Incoronazione della Vergine della chiesa dei Servi, sebbene presenti una certa preziosità nell'esecuzione quasi miniaturistica del paesaggio. Quest'ultimo elemento si accompagna in questo caso a una scansione dello spazio di derivazione peruginesca, senza tuttavia che il F. abbia la consapevolezza oltre che l'abilità del maestro umbro (Brandi, 1949). Il Torriti (1990) accetta l'ipotesi dello Shapely (1968), che nota una stretta relazione fra la pala del Carmine e la Madonna e santi della Coral Gable University di Miami; quest'ultima opera presenta evidenti analogie anche con la pala di S. Domenico.
Tra il 1498 e il 1505 si deve collocare l'intervento conclusivo del F., ricordato nel testamento del committente Lodovico Tancredi, nella pala di S. Domenico con la Natività, iniziata dal pittore Lodovico Scotti o piuttosto dallo stesso Francesco di Giorgio. Il F. dovette occuparsi della realizzazione delle figure dei pastori molto vicini al s. Rocco dell'Incoronazione della Vergine di S. Maria in Portico a Fontegiusta a Siena. Un ulteriore elemento che porta a leggere la sua mano è l'usuale motivo decorativo del manto della Vergine dipinto a olio, come anche il cane, il bue e alcune parti del paesaggio. Completamente autografa è, invece, la predella della pala con Storie di santi e Strage degli innocenti al centro, dove il F. usò ugualmente sia la tempera sia l'olio.
Nei paesaggi che compaiono in tre delle cinque scene, quelle con la Visione di s. Caterina, con il Martirio di s. Sebastiano e quella con S. Maria Maddalena in preghiera, la presenza di graziose piantine e ciottoli bianchi rimanda ancora alla tavola della Natività (Parisi, 1993). La spontaneità e la freschezza della pittura del F. nelle opere di piccolo formato sono particolarmente evidenti nei pannelli della predella di S. Domenico, in cui l'uso del chiaroscuro rende molto piacevoli le minute figure che animano le scene scandite da un'accurata impostazione architettonica.
Nelle opere dell'inizio del XVI secolo appare sempre più chiaramente l'influenza della pittura umbra sulla produzione del Fungai. La presenza del paesaggio caratterizza le due tavole con Madonna con Bambino della Pinacoteca di Siena, quella in cui il Bambino abbraccia la Madonna, databile attorno al 1510, e l'altra con le figure di s. Girolamo e del beato Giovanni Colombini, che si direbbe più tarda, forse ascrivibile a una data tra la pala del Carmine e la morte del Fungai. All'ultimo decennio della sua attività sono databili le tavole con il Cristo coronato di spine e con la Madonna, Bambino e cherubini della Galleria nazionale dell'Umbria di Perugia.
La graziosa vena narrativa del F. è decisamente più evidente nei pannelli di cassone: ad esempio, nelle Storie di Scipione, due frontali di cassone, l'uno con la Continenza di Scipione all'Ermitage di San Pietroburgo, l'altro con Episodi della vita di Scipione del Museo Puškin di Mosca. Qui il F. impreziosisce i suoi racconti, facendo grande uso di oro, soffermandosi sui broccati delle vesti e dando ampio spazio al paesaggio, ricco sempre di inserti marini.
Tra le opere della maturità va ricordato un pannello, forse una spalliera, considerando le dimensioni, che si conserva presso il Museum of Fine Arts of Houston (TX). La possibilità di dispiegare la propria vena narrativa data la destinazione evidentemente privata della tavola fa raggiungere al F. una composizione particolarmente gradevole. Il paesaggio occupa gran parte del dipinto e fa da scenario a questa favola tratta dalla cultura antica, letta in passato, a partire dal Perkins (1913), come il Salvataggio di Ippona.
Nella leggenda della vergine Ippona - la quale, per mantenere la propria virtù, si getta in mare - non è presente il salvataggio da parte dei delfini di Nettuno, che invece appare nella tavola di Houston; anche per questo il soggetto è stato recentemente interpretato come L'amata di Enalo sacrificata a Posidone e poi salvata, episodio raccontato da Plutarco nei Moralia (Wilson, 1995). Il dipinto, databile intorno al 1512, è stato sempre ricordato per la qualità decisamente superiore a quella usualmente raggiunta dal F., tanto da essere a lungo ritenuto opera del Pinturicchio. Il Berenson (1930-31, p. 758), pur ritenendo il F. "pittore diseguale", la cui arte poteva andare dal "più puro senese… al più stupido umbro", definì il pannello di Houston una "cantafavola dipinta".
A cavallo tra primo e secondo decennio del sec. XVI si collocano gli affreschi oggi conservati presso la sede storica del Monte dei Paschi di Siena che raffigurano S. Antonio da Padova e s. Maria Maddalena, S. Bernardino e s. Caterina da Siena e due imprese, una del Popolo di Siena e l'altra del Comune. Prima del distacco degli affreschi i due gruppi di santi fiancheggiavano la Madonna della Misericordia (1481) di Benvenuto di Giovanni, mentre le imprese erano a lato dei santi. Le pitture rispecchiano la ormai stanca e stereotipata maniera dell'ultima produzione del Fungai. Ripetitiva appare anche la pala con l'Assunzione di Maria della Pinacoteca di Siena, una delle sue ultime opere, in cui si ritrovano, a detta del Torriti (1990), tutte le tendenze più tipiche della pittura allora in voga a Siena. In particolare si nota questo rifarsi del F. all'arte del Perugino e di L. Signorelli, pur mantenendosi egli fedele alla tradizione senese nella figura della Madonna.
È attribuita al F. una tavoletta con le Stimmate di s. Caterina della Galleria Borghese di Roma, che secondo la Della Pergola (1959) è avvicinabile per il gusto manierato all'Assunta della Pinacoteca di Siena.
La morte del F. dovette essere successiva all'8 apr. 1516, data dell'ultimo documento conosciuto, che attesta un suo prelievo di denari dal conto che aveva presso il Comune di Siena (Bacci, 1947, pp. 42 s.).
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