FASOLO, Bernardino
Figlio di Lorenzo, nacque a Pavia nel 1489 come si ricava da una notizia pubblicata dall'Alizeri (II, pp. 237; III, p. 247), in cui si afferma che egli giunse a Genova a cinque anni nel 1494 da Pavia, dove era nato. Tuttavia alla luce della lettura dei documenti relativi al padre Lorenzo (cfr. voce in questo Dizionario) Algeri (1993, p. 77) ritiene che la data di nascita debba essere anticipata di circa un decennio.
Nel 1511 rilevò la bottega del pittore Luca Baudo impegnandosi con la vedova Bianchinetta, sorella del pittore Giovanni Barbagelata, a terminarne le opere incompiute, di questa collaborazione indiretta restano ampie tracce nelle successive opere del F., in particolare nel polittico di Cassano d'Adda. Nel 1513 fu console dell'arte dei pittori e due anni dopo risulta inipegnato in due cicli di opere perdute, che ci sono note dai documenti pubblicati dall'Alizeri (III, pp. 252 s.): si tratta della decorazione ad affresco della cappella Rotulo Pallavicino nella chiesa dell'Annunziata di Portoria a Genova, pochi anni dopo ridipinta da Pantaleo Calvi, e di una cappella da dipingere sullo stesso modello nella chiesa del monastero di S. Sebastiano a Pavia.
Nella chiesa dell'Annunziata di Portoria il F. fu attivo a fianco al padre Lorenzo, che affrescò l'abside (distrutta nel 1538), e ai suoi due cognati Antonio Semino e Agostino Bombelli: il primo insieme col F. eseguì affreschi per la cappella di G. B. Spinola nel 1522, mentre l'intervento del secondo è ravvisabile nelle lunette affrescate nel chiostro decorato, secondo il Castelnovi, dal padre Lorenzo (gli affreschi ormai ridotti a larve sono visibili solo attraverso la documentazione fotografica). Tuttavia il cantiere dei Fasolo ebbe scarso seguito in quanto pochi decenni dopo la chiesa fu ridecorata da Luca Cambiaso e dai Calvi.
Gli affreschi eseguiti a Pavia dimostrano i contatti del pittore con l'ambiente lombardo, provati anche dall'esecuzione del polittico della parrocchiale di Cassano d'Adda nel 1516, recentemente segnalato all'attenzione degli studiosi (Cataldi Gallo, 1980, pp. 97 ss. e 1986, pp. 52 ss., 57).
Il polittico - che presenta la firma "Bernardinus Fasolus..." scritta in lettere dorate e arabescate lungo il bordo del manto della Vergine - è composto di sei scomparti, di una piccola cimasa raffigurante l'Eterno Padre e di una predella con Cristo e i dodici apostoli. Nello scomparto centrale sono raffigurati la Vergine e s. Giuseppe in adorazione del Bambino, con S. Ambrogio e S. Agostino negli scomparti ai lati; nell'ordine superiore accanto alla Crocifissione, S. Antonio abate con s. Sebastiano e S. Rocco con s. Bernardo. Il dipinto è datato al 1516 dal Cantù (1853, p. 144), che vi lesse la firma e la data, oggi non più visibile.
L'ancona si trovava in origine nell'abside della vecchia chiesa parrocchiale di Cassano, dove è menzionata in tutte le visite pastorali a cominciare dal 1565. Distrutta la chiesa nel 1776, il polittico venne smembrato e nel 1818 G. B. Monti, procuratore amministrativo dei Borromeo, lo acquistò e donò alla nuova parrocchiale di Cassano (Frangi, 1988, pp. 237 s.). Quest'opera evidenzia le principali coordinate della formazione culturale del F., rivelando sotto alcuni aspetti formali il linguaggio comune con pittori operanti in Liguria in quel periodo, in particolare il padre Lorenzo e Luca Baudo, e, al tempo stesso, i suoi forti legami con la cultura lombarda coeva. Legami testimoniati dai frequenti echi dei modi del Bergognone e dai seppur superficiali accenti leonardeschi, probabilmente giunti al F. sia attraverso i suoi contatti con l'ambiente lombardo, sia per la loro diffusione in Liguria favorita dalla presenza di Marco d'Oggiono (come ha recentemente sottolineato F. Boggero, 1988, pp. 21 s.).
Sembra da annoverare fra le opere del F. anche la pala di S. Siro, conservata nella chiesa di S. Siro di Struppa (Genova), datata 1516: infatti, anche se il giudizio è reso difficile dalle estese cadute di pellicola pittorica, la figura di s. Siro in trono e la Madonna col Bambino dello scomparto superiore appaiono del tutto in sintonia con il linguaggio del pittore (Pattribuzione, sostenuta da Cataldi Gallo, 1986, p. 57, non è condivisa da Castelnovi, 1987, p. 155, e da Frangi, 1988, p. 237).
Nel 1516 Giovannetto, figlio di Luca Baudo, gli fu affidato "pro famulo et discipulo".
Nel 1518 il F. era impegnato a finire il polittico con S. Sebastiano e santi per la chiesa della Madonna del Monte a Genova, lasciato incompiuto dal padre Lorenzo; l'estensione del suo intervento tuttavia non è concordemente identificata dagli studiosi (cfr. Macciò, 1973, p. 207; Belloni, 1979, pp. 120 s.; Cataldi Gallo, 1986, p. 60; Castelnovi, 1987, p. 155; Frangi, 1988, p. 98).
Datata al 1518 anche la Madonna col Bambino conservata a Parigi, nei depositi del Museo del Louvre (proveniente da Roma, palazzo Braschi), firmata "Bernardinus Faxolus de Papia Faciebat 1518", segnalata dal Lanzi (1809, IV, p. 202) come eseguita "tutta sul far di Leonardo...".
In effetti la tavola palesa le affinità che legano il F. alla cerchia dei tardo leonardeschi lombardi, forse in particolare a G. A. Boltraffio, ma vi si leggono anche più moderni stimoli da mettere forse in rapporto con la diffusione di idee raffaellesche attraverso le incisioni di Marcantonio Raimondi (Frangi, 1988, p. 238).
Un documento pubblicato dall'Alizeri (III, p. 254) dà notizia di una pala che il F. si impegnava ad eseguire per la chiesa di S. Massimo nell'omonimo piccolo centro sulle alture di Rapallo nel 1519; è tuttavia dubbio che l'opera possa essere identificata con quella, molto ridipinta, tuttora visibile nella chiesa in cui sono raffigurati, conformemente al documento, S. Massimo e altri santi.
Un documento inedito attesta la presenza a Genova dei F. nel 1520: egli compare insieme con Pier Francesco Sacchi come rappresentante dell'arte dei pittori presso il magistrato dei censori per la determinazione delle regole per i "battiloro" (Genova, Archivio stor. del Comune, Magistrato dei censori, ms. n. 426, Decreti, C. 335, 12 luglio 1520). È del 1521 la terza opera firmata e datata del F. in cui è raffigurata l'Adorazione del Bambino, opera certamente eseguita in Liguria, forse per la chiesa di S. Francesco a Chiavari (cfr. Cataldi Gallo, 1986, p. 54 n. 8).
La composizione del dipinto risulta abbastanza macchinosa: il gruppo centrale con la Vergine e s. Giuseppe in adorazione del Bambino sembra idealizzato in confronto ai santi francescani e ai pastori, che fanno corona intorno, i cui lineamenti risultano più marcati ed aspri. Oltre ai rimandi al Foppa la tavola evidenzia "un timido leonardismo ..." applicato su un linguaggio ancora tardo quattrocentesco e bergognonesco (Frangi, 1988, p. 238).
È ritenuta opera del F. anche la Madonna del latte della chiesa di S. Giovanni Battista a Chiavari, datata, su testimonianze di documenti (perduti), al 1521 (cfr. Garibaldi 1853).
L'opera - recentemente riproposta all'attenzione degli studiosi (Cataldi Gallo, 1980, p. 99) - è stata concordemente riconosciuta come autografa, in quanto rivela palesemente la base culturale del pittore, dimostrandone la familiarità con il Bergognone e con i pittori lombardi coevi sia nell'iconografia, sia nell'esecuzione del Bambino in posizione quasi fetale, assai vicino a quelli che si vedono nelle opere di alcuni leonardeschi, quali Giampietrino e Marco d'Oggiono. H recente restauro (cfr. Algeri, 1993, p. 77) a cui il dipinto è stato sottoposto ha rivelato una cromia molto vivace che fa pensare a un avvicinamento del pittore ai modi di Andrea Solario già ipotizzati dal Venturi (1915, VII, p. 1904) a proposito dell'attribuzione al F. della Sacra Famiglia (Berlino, Gemäldegalerie), databile alla sua tarda attività (Cavalcaselle-Crowe, 1876, VI, p. 89; 1912, II, p. 402).
Un documento del 1521 rivela la presenza del F., "pictorem de Papia residentem in civitate Janue", a Savona, dove egli compare come procuratore di Battista da Vaprio, collaboratore di Marco d'Oggiono, per porre il figlio Battista a bottega dal pittore valenzano Agostino Bombelli, cognato del F. (Varaldo, 1978, pp. 81 ss.).
Ancora alla tarda attività del pittore - le cui ultime opere perdute, segnalate dall'Alizeri (III, pp. 265 ss.), sono la cappella dei Pellicciai nella chiesa di S. Siro e la facciata di palazzo Grimaldi in piazza S. Luca a Genova, entrambe datate al 1526 - sembra da riferire il Presepe della chiesa di S. Francesco a Rapallo (Cataldi Gallo, 1986, pp. 49-60; Id., 1986, pp. 25-28), attribuzione non condivisa da Castelnovi (1987, p. 155) e Frangi (1988, p. 237) e ritenuta in parte corretta da Algeri (1993, p. 78), che propone di estenderla alla cerchia del pittore.
Non si hanno notizie del F. dopo il 1526.
Poco si sa del fratello del F., Raffaele, più giovane di venticinque anni (Alizeri, III, p. 265), quindi nato nel 1514, poiché non se ne conosce alcuna opera. L'Alizeri (III, pp. 265, 277, 298) segnala un documento in cui viene menzionato un suo lavoro perduto: uno sportello per la cappella che la Società del Corpo di Cristo aveva nella chiesa di S. Agostino, commissionatogli nel 1527.
Fonti e Bibl.: L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, IV, Bassano 1809, p. 202; P. Zani, Encicl. metodica critico-ragionata delle belle arti, I, 8, Parma 1821, pp. 202, 276; I. Cantù, Vicende della Brianza e dei paesi circonvicini, Milano 1853, p. 144; C. Garibaldi, Della storia di Chiavari, Chiavari 1853, p. 144; F. Alizeri, Notizie dei professoridel disegno in Liguria dalle origini al sec. XVI, II, Genova 1873, pp. 225 ss., 237, 271; III, ibid. 1874, pp. 185, 245-269, 277, 298, 332; G. B. Cavalcaselle-A. Crowe, Geschichte der italienischen Malerei, VI, Leipzig 1876, p. 89; Pavia, Civici Musei, ms. 4: R. Maiocchi, Catal. dei quadri e degli oggetti d'arte e di curiosità raccolti nelle sale superiori del Museo civico di storia patria di Pavia [1892-1906], p. 13 n. 58; G. B. Cavalcaselle-A. Crowe, History of painting in North Italy, London 1912, II, p. 402; L. Venturi, Storia dell'arte ital., VII, Milano 1915, p. 1904; L. Sanguineti, Il Ss. Crocefisso Nero e la chiesa di S. Giovanni Battista a Chiavari, Rapallo 1938, p. 35; U. Macciò, Madonna del Monte, Genova 1973, p. 207; M. Cataldi Gallo, Di alcuni affreschi restaurati in S. Giuliano d'Albaro, in Boll. ligustico, XXIX (1977), 1-4, p. 82; C. Varaldo, Nuovi documenti sull'attività ligure di L. Fasolo, in Arte lombarda, XLIX (1978), pp. 80 ss.; V. Belloni, Giullari, artisti, santi e poeti di Liguria, Genova 1979, pp. 120 s.; M. Cataldi Gallo, Aggiunte a B. F., in Argomenti di storia dell'arte, Genova 1980, pp. 97-101; F. Ragazzi-C. Corallo, Chiavari, Genova 1982, pp. 27, 78; M. Cataldi Gallo, Ancora su B. F., in Studi in mem. di T. O. De Negri, I, Genova 1986, pp. 49-60; Id., in Interventi di restauro. Quaderni della Galleria naz. di palazzo Spinola, n. 9, Genova 1986, pp. 25-28; G. Algeri, Il Museo diocesano di Chiavari, Genova 1986, p. 9; G. V. Castelnovi, Il Quattro e il primo Cinquecento, in La pittura a Genova e in Liguria, Genova 1987, ad Indicem; F. Frangi, in Pittura a Pavia dal Romanico al Settecento, Milano 1988, pp. 98 s., 237-39; M. Bartoletti, La pittura in Italia. Il Cinquecento, II, Milano 1988, p. 709; F. Boggero, La pittura in Liguria nel Cinquecento, ibid., I, Milano 1988, pp. 21 s.; G. Algeri, in Testimonianze d'arte nella Diocesi di Chiavari. Opere restaurate 1982-1992 (catal.), Genova 1993, pp. 77 ss., schede 11-13; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, ad vocem.