FACCIOTTO, Bernardino
Spesso confuso con Girolamo Facciotto o Girolamo Imenerio, nacque a Casale Monferrato (od. prov. Alessandria) intorno al 1540.
La prima fonte nota legata alla figura del F. è il suo trattato Nova maniera de fortificacione, datato 1570 (Palermo, Bibl. comun., ms. 2Qq.H.40).
Il testo, dedicato a Ferdinando Alvárez de Toledo duca d'Alba, fornisce importanti informazioni sui primi anni di attività del F., che si definisce originario di Casale e allievo dell'ingegnere militare urbinate F. Paciotto. Al seguito del Paciotto, il F. lavorò certamente nelle Fiandre all'edificazione della cittadella di Anversa tra il 1567 ed il 1569; tra il 1568 e il 1569 dové svolgere le mansioni di direttore dei lavori al posto del Paciotto, rientrato nel frattempo a Torino.
Da questa esperienza scaturì la scrittura della Nova maniera de fortificacione che, più che un trattato di teoria architettonica, è un manuale di pratica edilizia. Nel testo il F. si presenta come esecutore e revisore del progetto del Paciotto per Anversa, ritenuto carente in alcuni punti: attribuendosi molti meriti, forse anche esageratamente, il F. cerca invano procurarsi con questo libriccino i favori del duca d'Alba. Dal testo sembra possibile ipotizzare con cautela una precedente presenza del F. al seguito del Paciotto anche alla costruzione della cittadella di Torino (1564-1566).
Dovette entrare in contatto con i Gonzaga nel 1576, quando fu assoldato dal governatore di Casale Monferrato, Teodoro di San Giorgio, su ordine del duca di Mantova. Tra il marzo e il luglio di quell'anno è documentato attivo alle fortificazioni di Alba, città che rientrava nel piano di risistemazione militare del Monferrato voluto da Guglielmo Gonzaga: in marzo realizzò un progetto per le fortificazioni, seguendo le indicazioni dell'ingegnere militare milanese G. Serbelloni; in luglio i lavori erano ormai avviati e il F. chiese di poter utilizzare delle pietre recuperate dalle rovine del castello di Frassineto. Rimase ancora in contatto con i Gonzaga, e dal novembre 1580 risulta vivere a corte con incarichi occasionali, per lo più di carattere ingegneristico (per i documenti relativi alla sua attività presso i Gonzaga, dove non citato diversamente, si faccia riferimento a Marani, 1965, pp. 83-85, 110-113). Il F., tuttavia, non doveva a quel tempo fornire sufficienti garanzie al duca, dato che proprio nel 1580 il prefetto delle fabbriche P. Pedemonte fu destituito e sostituito non dal F., ma dal veronese B. Brugnoli, consigliato da A. Palladio al Gonzaga.
Tra la fine di novembre 1580 e l'agosto 1581 il F. fu impegnato nella sistemazione del cortile delle Otto facce nel palazzo ducale di Mantova, per cui ricevette un compenso nel giugno 1581 (i documenti per i lavori in quest'area sono citati da Berzaghi, 1985, pp. 61-64).
Lo spazio sistemato dal F. era un'area trapezoidale risultante dalla giunzione della più antica zona del palazzo ducale, prospiciente l'attuale piazza Sordello, con le più recenti costruzioni sviluppatesi intorno al castello di S. Giorgio. Il F. risolse abilmente il problema propostogli, trasformando il trapezio in un ottagono irregolare, con i lati quasi interamente porticati; ricavò inoltre, in uno degli angoli, una scala a chiocciola che conduce al giardino pensile sistemato da P. Pedemonte nel 1579-1580. La decorazione del cortile prevedeva anche una fontana oggi perduta, ma documentata in una lettera del 23 giugno 1581. La struttura decorativa del cortile mostra ricordi giulieschi nel bugnato e negli inserti di rilievi all'antica con panoplie.Nel dicembre 1580 il F. propose al duca una "riforma" del Prato di Castello (l'attuale piazza Castello), sistemato probabilmente da G.B. Bertani verso il 1549. Non si sa tuttavia in cosa consistesse questa risistemazione; in assenza di documentazione si può pensare che il F. abbia realizzato l'emiciclo di collegamento tra il vasto spazio ed il ponte d'ingresso al castello di S. Giorgio.
Nel giugno 1581 il F. fornì alcuni disegni per balaustre e pitture da realizzare nelle camere del duca (Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, busta 2614). Conclusi i lavori al cortile delle Otto facce, tra il luglio e l'ottobre 1581 fu impegnato nella sistemazione di un'area irregolare antistante la basilica palatina di S. Barbara. Anche in questo caso il F. fu incaricato di organizzare uno spazio, situato all'interno del palazzo ducale, risultante dall'area che costituisce la cerniera tra le due zone di sviluppo della reggia dei Gonzaga.
Di nuovo il F. ottenne da un'area trapezoidale uno spazio quasi simmetrico, smussando gli angoli e sistemando così in maniera soddisfacente una piazza per lo più destinata alle cerimonie ducali. Purtroppo, a differenza del cortile delle Otto facce che conserva la semplice decorazione originale, l'aspetto odierno degli edifici che definiscono piazza S. Barbara è dovuto alla risistemazione datata 1780, ad opera di P. Pozzo, che mantenne tuttavia la pianta impostata dal F. per quello spazio.
Nel novembre 1581 lavorò ancora ad opere per la corte di cui non si hanno notizie precise, venendo poi impiegato, sempre dai Gonzaga, nel contado mantovano. Dal gennaio 1582 fu a Motteggiana, dove in settembre rimase vittima di una sorta di attentato alla sua persona, poiché gli venne gettata addosso una palanca; nella lettera in cui si lamenta di questo incidente (Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, busta 2617), e della conseguente necessità di sottoporsi ad un intervento chirurgico alla testa, il F. parla anche dell'invio di disegni per la fabbrica della residenza ducale di Luzzara. I suoi problemi con le maestranze si estendevano anche ai rapporti con i colleghi: dai giudizi dei contemporanei il F. sembra abbia voluto fondare la sua fortuna sulla rovina degli altri architetti della corte; a quanto risulta tentava spesso di intromettersi nei lavori degli altri per criticare e metterne in cattiva luce l'operato. Ciò gli ha procurato un non lusinghiero giudizio degli storici che, sulla base delle opinioni documentate, lo ritengono un artefice infido e pigro. Probabilmente questo lato spiacevole del suo carattere fu alla base del suo allontanamento dalla corte mantovana.
Nel 1583 lavorò a Gazzuolo e nel settembre 1584 risultava attivo già da qualche tempo a Goito, dove erano presenti altri due architetti legati ai Gonzaga, P. Pedemonte e F. Traballesi; i lavori alla rocca di Goito proseguirono fino al settembre 1586, quando il F. fu protagonista di dissapori tecnici con il Traballesi. Nell'autunno 1585, evidentemente insoddisfatto delle possibilità lavorative che gli venivano offerte a Mantova e dei compensi (il 25 settembre sollecitava un pagamento di 100 scudi), chiese al duca di essere rimandato in Monferrato come soprintendente ai lavori di bonifica: allo scopo predispose anche un progetto. Non si sa se sia da collegare a questi interessi idraulici la definizione del F. come prefetto alle Acque, che compare in un documento del 17 apr. 1586. Tra il gennaio e il febbraio 1587 era comunque ancora a Mantova, dove lavorò al fianco di P. Pedemonte alla costruzione della canonica di S. Barbara.
In quest'occasione il canonico L. Fantoni, direttore amministrativo di questa fabbrica, accennò ai dissapori tra il Pedemonte, direttore dei lavori, e il "giovine" e presuntuoso Facciotto.
Verso la fine del gennaio 1587 sembrava imminente la partenza del F. per il Monferrato, ma a maggio e in giugno era attivo a Cavriana, dove i Gonzaga possedevano un'importante rocca. Poi, nel 1588 fu inviato a Castel Goffredo per la riedificazione della parrocchiale, compiuta nel 1587 dal bresciano A. Chiarini e rovinata poco dopo.
Non si sa quale parte spetti al F. nella parrocchiale di Castel Goffredo. Forse a lui si deve solo la facciata che rammenta assai da presso, semplificandola, la fronte della chiesa romana di S. Maria dell'Orto attribuita al Vignola; tuttavia, più che pensare ad un viaggio non documentato del F. a Roma, un probabile tramite può essere stato Francesco Capriani (da Volterra), architetto attivo in S. Maria dell'Orto nel 1576-77, che era stato attivo a Mantova e Guastalla tra il 1565 ed il 1570 circa e vi aveva sposato la mantovana Diana Scultori. La cupola, dove permane un gusto tipicamente lombardo nell'uso del cotto e nella trattazione di piante poligonali, forse è pertinente ad una situazione anteriore all'intervento di F.; così anche la struttura interna della chiesa, di classiche forme basilicali: al F. è infatti richiesto di utilizzare le murature superstiti e di mantenere basso l'alzato dell'edificio per evitare che questo potesse far da bersaglio ai tiri dei cannoni.
Solo nel 1590 il F. lasciò Mantova per Casale, dove era destinato alla direzione tecnica della costruzione della cittadella, i cui progetti erano stati disegnati l'anno precedente dall'architetto militare friulano G. Savorgnan. Tra il 1591 ed il 1592 il F. si mosse tra Casale e Mantova, dato che risulta nella capitale del Ducato nel dicembre 1591 e poi ancora nel luglio 1592. All'inizio del settembre 1591 il F. inviò al duca un progetto per la ristrutturazione del porto di Varigotti (Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, busta 2231), sbocco al mare del Monferrato., allora controllato dagli Spagnoli. In questo periodo, comunque, il F. trascorse il suo tempo per lo più in Monferrato, lavorando alle fortificazioni della città, e nell'aprile 1595 si occupò certamente della costruzione della cittadella. Nel 1596 fu accusato da G. Savorgnan di incapacità, per il crollo di un orecchione di un baluardo della cittadella. E poco dopo, nello stesso 1596 o forse più probabilmente al principio del 1598, dovette morire a Casale, come provato da una lettera inviata il 23 luglio 1598 al duca di Mantova dal figlio del F., Giovan Domenico.
I figli furono entrambi architetti: Giovan Domenico fu inviato nell'agosto 1597 nelle Fiandre per acquisire esperienza e poi essere utilizzato a Casale Monferrato per lavori di fortificazione. Come già visto, questi scrisse al duca il 23 luglio 1598, annunciando la recente morte del padre dopo venti anni passati al servizio dei Gonzaga senza compenso; Giovan Domenico si lamentava di aver lavorato per otto anni a Casale anche lui senza paga, ma, contraddicendosi, raccomandava al duca di perpetuare la provvigione del padre a favore del fratello rimasto a Casale. Probabilmente il fratello di cui parla Giovan Domenico è quel Girolamo detto Imenerio, spesso confuso con Bernardino nella letteratura artistica. Egli, nato intorno al 1565, fu prefetto delle fabbriche a Casale Monferrato nella prima metà del sec. XVII (ricopriva tale carica sicuramente nell'aprile 1646); il 15 maggio 1647 diede le proprie dimissioni dall'incarico motivandole per vecchiaia (82 anni) e infermità. Girolamo morì entro il settembre 1648, quando, per sostituirlo, il duca nominò prefetto F. Perina.
Fonti e Bibl.: C. d'Arco, Delle arti e degli artefici di Mantova, Mantova 1857, II, pp. 175, 178-182, 247 s., 266, docc. nn. 202, 207 s., 210, 212; A. Bertolotti, Architetti, ingegneri e matematici in relazione coi Gonzaga signori di Mantova nei secc. XV, XVI e XVII, Genova 1889, pp. 5558, 62 ss., 78, 98; Id., Figuli, fonditori e scultori in relazione con la corte di Mantova, Milano 1890, p. 76; V. Di Giovanni, Le fortificazioni di Palermo nel secolo XVI giusta l'Ordini dell'ing. Antonio Ferramolino, Palermo 1896, pp. 8 s.; V. Matteucci, Le chiese artistiche del Mantovano, Mantova 1902, p. 323; C. Cottafavi, Ricerche e documenti sulla costruzione del palazzo ducale di Mantova dal sec. XIII al sec. XIX, in Atti e Mem. della R. Acc. Virgiliana di Mantova, n.s., XXV (1939), pp. 171-234; E. Marani, in E. Marani-C. Perina, Mantova. Le arti, III, Dalla metà del secolo XVI ai nostri giorni, Mantova 1965, pp. 83 ss., 110-113 e passim; L. Grassi, Province d. barocco ... lessico bio-blibl. di arch. in Lombardia, Milano 1966, p. 175, fig. 236; B. Signorelli, Le lettere missive alla Camera dei conti presso l'Archivio di Stato di Torino, in Galeazzo Alessi e l'architettura del Cinquecento, Atti del Convegno, (Genova 1974), Genova 1975, pp. 608, 610 n. 42; A. Casamento, La "Nova maniera de fortificacione" di B.F. (1570), in Storia della città, IV (1979), 10, pp. 75-88; R. Berzaghi, La corte vecchia del duca Guglielmo, tracce e memorie, in Quaderni di palazzo Te, 1985, n. 3, pp. 55 ss., 61 ss.; P. Carpeggianì, Illibro di pietra. G. B. Bertani architetto del Cinquecento, Milano 1992, pp. 92 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 176 (con numerose imprecisioni a proposito del nome e dell'attività).