CAPPONI, Bernardino
Nacque a Firenze il 21 ag. 1563 da Lodovico di Lodovico e Maddalena di Bernardo Vettori. Unico erede del ramo della famiglia di cui era stato capostipite Gino di Lodovico nella seconda metà del Quattrocento, il C. si distinse particolarmente per l'intensa attività economica e per una certa influenza politica che poté esercitare nel granducato e nello Stato della Chiesa. Il 14sett. 1588 entrò a far parte dell'Accademia della Crusca col nome di Duro, e nel 1595 fu eletto console dell'Accademia Fiorentina. Agli ultimi anni del Cinquecento data anche l'amicizia contratta col cardinale Alessandro Farnese che, conosciuto a Firenze, avrebbe aperto la strada al C. per relazioni sempre più intense nello Stato della Chiesa. Durante tutta la vita del C., mentre la residenza fiorentina appare come il centro degli affari economici, la permanenza per lunghi periodi di tempo a Roma rappresenta una sorta di necessità imposta dalle numerose conoscenze presso la corte papale. La più prestigiosa delle amicizie contratte a Roma è senza dubbio quella col cardinale Maffeo Barberini, futuro Urbano VIII, a cui il C. sarà in gran parte debitore della fortuna sociale e del successo economico.
Testimonianza degli stretti vincoli che legavano il C. al Barberini è una composizione poetica di quest'ultimo dal titolo Ad Bernardinum Capponium, appartenente presumibilmente agli ultimi anni del Cinquecento, durante la prima permanenza del C. a Roma. L'occasione che fornisce il tema dell'elegia è costituita dal distacco temporaneo dei due amici per la morte del fratello del C., Giulio. Questi è costretto ad abbandonare il fedele amico per consolare i genitori. Il Barberini, dopo una descrizione di maniera dell'autunno incombente, che rende ancora più acuto il dolore per la separazione, ricorda come gli stretti vincoli che lo legano al C. non possano essere allentati dalla distanza, ma come anzi vengano sempre più rinsaldati, e cerca infine di risollevare coi versi l'amico lontano.
Se l'amicizia col Barberini costituisce la base del successo sociale del C., il consistente patrimonio familiare e la tradizione mercantile della casa, viva ancora col padre Lodovico, rappresentano il fondamento della sua fortuna economica.
Le già cospicue sostanze familiari venivano accresciute nel 1598grazie al matrimonio del C. con Lisabetta di Averardo Salviati, sorella di quel Filippo che appare nel Dialogo di Galileo a controbattere le osservazioni di Simplicio. La dote concessa al C., ammontante a 14.000 scudi, appariva come una delle più consistenti nella Firenze degli ultimi anni del Cinquecento. Inoltre, nel ventennio successivo vari lasciti alla figlia da parte dei Salviati avrebbero raddoppiato la somma iniziale e avrebbero contribuito ad accrescere la ricchezza del C., che, dopo la morte della madre (5 genn. 1601) e del padre (1614), diveniva erede universale dei beni familiari. Questi apparivano costituiti essenzialmente da terre e poderi raccolti nella fattoria della Paneretta in Valdelsa. La rocca di Vicopisano che, allivellata a Maddalena Vettori nel 1546dai capitani di Parte di Firenze, era rimasta alla famiglia Capponi fino al 1605, veniva venduta proprio in tale anno a un cittadino pisano. I terreni appartenenti alla famiglia, che permettevano un reddito annuo di circa 1.000 scudi, venivano accresciuti dal C. nei decenni a cavallo del 1600. Se non è documentata un'attività commerciale del C. prima del 1620, sono noti invece gli acquisti immobiliari compiuti particolarmente nel decennio 1610-19(circa 1.500 scudi). Nel 1620infine il C. poteva disporre anche dell'eredità della sorella Vittoria (morta il 4maggio) che comprendeva alcuni crediti sul Monte delle Graticole, un podere a Greve del valore di 5.500 scudi, e una casa con bottega di cuoiaio in Firenze.
Probabilmente sulla base del reddito agrario delle terre possedute e di un certo rallentamento degli acquisti immobiliari, che è percepibile con chiarezza fra il 1618e il 1622, il C. fondava il 29 dic. 1620un banco in Firenze. La costituzione del banco in un momento critico per l'economia, non solo fiorentina, era forse giustificata dalla speranza del C. di realizzare affari soprattutto a Roma dove non mancava di conoscenze e favori. Il capitale complessivo di 24.000scudi proveniva per la metà dal C. e per l'altra metà da Giovanni e Silvestro Aldobrandini. Sulla base degli utili conseguiti nei primi anni il corpo della società veniva elevato il 28 giugno 1624a 25.000scudi. Lo stesso anno il banco investiva la somma di 7.961scudi fiorentini nella società commerciale romana diretta da Carlo Davanzati e Pietro Nerli. Con l'ascesa al soglio pontificio di Leo Barberini nel 1623il C. poteva anche disporre di quei favori, da parte dell'amico, in cui aveva forse sperato all'atto della fondazione del banco. È infatti del 1625 la notizia, non meglio specificata, che il C. avrebbe "pigliato molti appalti" a Roma "ne' quali avrà da impiegare molta gente" (Galilei, p. 252).
Né i successi nello Stato della Chiesa del C. potevano destare stupore se è vero che, in questi anni, egli era considerato "familiarissimo" (ibid., p. 447) di Urbano VIII e che, nelle frequenti permanenze a Roma, veniva visto spesso in compagnia del pontefice cavalcare nel giardino del Belvedere. Da ricordare inoltre che il Barberini, non appena ottenuta la tiara, aveva ricompensato l'amico col titolo di marchese di Poggio e Villanuova.
Se Roma resta il centro prevalente dell'attività commerciale del C., non mancano tuttavia contatti con i banchieri di altre regioni, come gli eredi di Marco e Cristoforo Fugger, che pongono il banco del C. fra le maggiori società commerciali fiorentine quali quelle dei Salviati, Riccardi, Corsini. Nel 1627infatti alcuni mercanti spagnoli rivolgono proprio a questi quattro banchi la proposta, peraltro respinta, di fare di Firenze una piazza bancaria dello stesso peso di Genova.
L'affermazione sociale ed economica del C., particolarmente evidente a Roma, gli permette anche nel granducato di ricevere cariche diplomatiche e politiche di un certo rilievo come quella di ambasciatore a Genova nel 1623 e di senatore nel 1631.
Si ha l'impressione che il successo economico del C. cominci a segnare le prime battute di arresto sin dal decennio 1630-39, durante il quale si nota la tendenza da parte del C. a intensificare quegli acquisti immobiliari che nel fortunato decennio 1620-29erano molto rallentati. Nel 1630vengono acquistati due poderi in Valdelsa e nel 1638un ampio podere nei pressi di Certaldo. Il banco, nato in un momento economico difficile e sopravvissuto grazie a favori di vario genere ottenuti a Roma, dichiarava fallimento solo un mese dopo la morte del C., avvenuta a Firenze il 19 dic. 1639.
Il patrimonio del C. passava all'unico crede Vincenzio. Un altro figlio, di nome Averardo, era infatti morto poco dopo la nascita (1599).
Fonti e Bibl.: L'archivio di questo ramo della famiglia Capponi ha seguito le stesse sorti del patrimonio e, passato nel 1722 alla famiglia Riccardi (Carte Riccardi, filze 521-604), è oggi conservato presso l'Arch. di St. di Firenze. In particolare sul C. si veda Arch. di Stato di Firenze, Carte Riccardi, 539 (Acquisti immobiliari 1559-1738), 556 (Giornale E 1593-1623), 561 (Libro mastro E 1623-1640), 582 (Cose varie);Ibid., Carte Dei, 14, ins. 1; Ibid., Archivio Capponi, 54, passim;Firenze, Bibl. nazionale, Manoscritti Gino Capponi, cassetta I N. III, c. 9; Ibid., Manoscritti Vincenzio Capponi, 199; Ibid., Poligrafo Gargani, 484; Firenze, Bibl. Riccardiana, Manoscritti Palagi, 62, cc. 133-137; Roma, Biblioteca Corsiniana, Manoscritti, 1091(si tratta di una Orazione funerale in lode dei polli mangiati dagli Accademici della Crusca d'agosto 1592. Del Duro B. C.che, indicata nell'indice a c. 226, non compare nel corrispondente codice che manca della parte relativa); M. Barberini, Ad Bernardinum Capponium, in Poemata, Roma 1635, pp. 176-179; V. Capponi, Trattati accademici del Sollicito Accademico della Crusca, Firenze 1684; G. Galilei, Opere (ediz. naz.), XIII, pp. 252, 447, 453; I. Rilli, Notizie letter. ed istor. intorno agli uomini illustri dell'Accademia Fiorentina, Firenze 1700, pp. 346-349; S. Salvini, Fasti consolari dell'Accademia Fiorentina, Firenze 1717, pp. 491-497; G. M. Mecatti, Storia genealogica della nobiltà e cittadinanza di Firenze, Napoli 1754, pp. 165-168; D. Moreni, Bibl. storico-ragionata della Toscana, Firenze 1805, II, p. 300; G. Benedetti, Due lettere di Lodovico Capponi, Firenze 1873, p. 18; A. Pieraccini, La famiglia Capponi di Firenze, Pisa 1882, p. 15; A. Lemain, Urbain VIII et la rivalité de la France et de la maison d'Autriche de 1631-1735, Lille-Paris 1920, p. 246; L. v. Pastor, Storia dei papi, XIII, Roma 1931, p. 903; G. Mandich, Le pacte de Ricorsa et le marché italien des changes au XVIIe siècle, Paris 1953, pp. 20, 100; P. Litta, Le fam. cel. ital., s.v. Capponi, tav. XVIII; V. Spreti, Enc. stor. nob. ital., II, p. 297.