BERNARDI, Andrea, detto Novacula
Nacque nel 1450 a Bologna. Era figlio di Pietro, di una famiglia della quale si hanno notiziesin dalla prima metà del sec. XIV, di condizione però assai modesta: un fratello era infatti "fornaxare e bone muratore" e lo stesso B. esercitava il mestiere del barbitonsore, donde il soprannome latinodi "Novacula", con il quale fu conosciuto anche dopo che si fu dedicato esclusivamente alle lettere.
Nel marzo del 1470 il B. si trasferì a Forlì, dove visse poi sempre, sposandovi Caterina "filia quondam Berni de Vargolis ", dalla quale non ebbe figli. Pochi anni dopo il trasferimento ìntraprese la redazione di una cronaca degli avvenimenti del proprio tempo e in particolare delle vicende forlivesi (Cronache forlivesi, a c. di G. Mazzatinti, in Monumenti istorici pertinenti alle provincie della Romagna, s. 3, 1-11, Bologna 1896-1897), guadagnandosi così il favore delle autorità cittadine che lo chiamarono a ricoprire varie magistrature: nel 1495 fu eletto massaro dell'ospedale gestito dalla Confraternita dei battuti rossi di S. Michele; fece poi parte, prima del 1502, del Collegio dei sindaci "sopra al nostro Montone". Ma i riconoscimenti alla sua attività storiografica andarono ben oltre il ristretto ambito della città romagnola: nel dicembre del 1500Cesare Borgia, durante il suo breve governo della città, volle conoscere il barbiere storiografo, lesse ed apprezzò il primo volume della sua cronaca ed in premio gli concesse l'esonero "ab omnibus et singulis tam realibus quam personalibus oneribus et gravaminibus". Il 18 maggio 1504 i "Conservatores ecclesiasticae libertatis civitatis Forilivii" lo elessero "in familiarem nostrum et de numero nostrae familiae", perché "ab arte tondendi et a novaculis ad lacteum flumen describendi historias, nedurn nostrae Liviae civitatis, verum etiam totius Italiae contuleris ".
Il documento con cui i supremi magistrati forlivesi elevarono il B. alla dignità di consigliere e siniscalco definisce il cronista anche "in arte astronomica doctus ", sebbene non sia accertato che egli si occupasse effettivamente di astronomia, limitandosi, come pare, soltanto ad utilizzare e discutere nella sua narrazione le previsioni degli astrologi contemporanei. Così pure sembra poco probabile che si applicasse, come dice il Mazzuchelli, anche all'arte oratoria e alla poesia latina.
Da parte sua, il legato pontificio di Bologna confermava al B., nello stesso anno 1504, i "privilegia, exemptiones et quaecumque praerogativas a vicariis, rectoribus, gubernatoribus et communitate concessa et concessas ". Il 22 maggio 1505, infine, i Conservatori forlivesi lo incoronarono solennemente d'alloro "in publico civium consortio ", proclamandolo "immortalem historicum et poetam ", però non senza calde raccomandazioni "ut perpetuo ab operibus mercenariis abstineat in futurum ". Toccate queste vette del pubblico favore, il B. poté godere ancora di altri importanti riconoscimenti, primo fra tutti quello di Giulio II che, nel soggiorno forlivese dell'ottobre 1506, volle, anche lui, conoscere il singolare personaggio. Il B. poté così presentare al papa la propria opera, opportunamente dedicata alla memoria di Sisto IV della Rovere, e Giulio II gli fu prodigo di lodi e' di incoraggiamenti. Nel 1516 il cardinale Baldassarre Grassi, vescovo di Città di Castello, lo creò cavaliere, incitandolo a proseguire la sua opera. Non pare che il B. seguisse il suggerimento, giacché non si ha notizia di una continuazione delle cronache oltre il 1517, anno con cui si chiude l'opera.
Sembra che il B. scrivesse anche unaltra opera storica oggi smarrita, una storia della famiglia de' Medici e del pontefice Leone X, sulla quale però non esiste alcuna testimonianza di lettori contemporanei. Morì a Forlì nel 1522.
La narrazione del B. si incentra particolarmente sugli avvenimenti forlivesi e delle città vicine: il B., che ne aveva quasi sempre una diretta conoscenza, fornisce ragguagli assai interessanti sulla lotta delle fazioni cittadine a Forlì e ad Imola, sul governo di Girolamo Riario e di Caterina Sforza, sulla ostinata resistenza di quest'ultima al Valentino, sul governo del Borgia e su quello degli Ordelaffi e infine sulle contese fra i Morattini ed i Numai; parecchie notizie egli dà sulla signoria bolognese dei Bentivoglio, sulle vicende del principato e della morte di Galeotto Manfredi a Faenza, sulla signoria di Boccolino Guzzoni ad Osimo, dei Montefeltro a Urbino e degli Sforza a Pesaro; illustra poi con numerosi dettagli la politica dei pontefici contro queste signorie particolari ed il faticoso processo che da Alessandro VI a Leone X costituì ad unità lo Stato della Chiesa. Anche fuori dell'ambito regionale la narrazione dei B. risulta veridica e non i inutile, per la sua zelante ricerca di testimonianze di prima mano: riferisce particolarmente sulla morte di Galeazzo Maria Sforza, sulla congiura dei Pazzi, sulla guerra di Ferrara, sulla rivolta napoletana dei baroni, sulla discesa di Carlo VIII e la successiva crisi del regno di Napoli sino al lungo contrasto ispano-francese. In alcune occasioni il B. non è riuscito a controllare le proprie informazioni; si fa scrupolo allora di avvertirne il lettore: "O che al fuso o che al non fuso, io me ne lave le mie mane come fè Pilato retore sopra la morte de miseri Yesù Cristo ". Con lo stesso linguaggio ingenuo e popolaresco, alieno da ogni preoccupazione letteraria, le cronache danno conto anche degli aspetti minori del costume contemporaneo: vicende della vita religiosa popolare, missioni, costituzione ed attività delle confraternite, rappresentazioni sacre, singolari figure di eremiti, scene di esaltazione collettiva.
Bibl.: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 961 s.; C. Enera, Il Passaggio per Forlì di Lucrezia Borgia sposa di Alfonso d'Este, in Arch. stor. ital., X(1892), pp. 280-301; B. Feliciangeli, Cronache forlivesi di A. B. (Novacula) dal 1476 al 1517, in Rivista storica italiana, XIII(1896), pp. 295-209.