BERNARD de Rodes (Rodez)
Nato in data non precisabile nella prima metà del sec. XIV a Cahors, forse da Raymond de Rodes, dopo aver abbracciato lo stato ecclesiastico, iniziò una brillante carriera che, nel 1368, l'avrebbe portato alla sede arcivescovile di Napoli.
Licenziato in diritto civile e baccelliere in diritto canonico, B., che con tutta probabilità fu quasi sempre presso la Curia avignonese, ottenne nel corso degli anni numerosissimi benefici: fu nominato il 12 marzo 1348 rettore di Lentilhac (rassegnò la rettoria già nel 1349), il 2 ag. 1349 canonico di St.-Hilaire a Poitiers e il 25 novembre dello stesso anno canonico di Meaux. La sua attività al servizio di Bertrand de Cosnac, vescovo di Lombés, poi di Comminges, gli fruttò in seguito i canonicati di Coimbra (15 marzo 1350), di Beauvais (27 maggio 1350) e di Palencia (5 ag. 1353; quest'ultimo prima della elezione al pontificato era stato tenuto da papa Innocenzo VI).
Quando furono conferiti a B. i canonicati di Noyon e di Comminges non è noto; vi rinunciò nel 1362 e ottenne in cambio, il 18 ag. 1363, l'arcidiaconato di Vaux nella diocesi nativa di Cahors e più tardi il priorato secolare di Caussade.
Incaricato spesso, in questi anni, di missioni diplomatiche di importanza però secondaria, B. divenne, in data non precisata, ma forse con l'avvento di Urbano V (1362), cappellano del pontefice e auditore della Camera apostolica. Come titolare di questa carica, una della più alte dell'arrirninistrazione finanziaria pontificia, viene ricordato in documenti del 1366 e del 1368. Pochi mesi prima di elevarlo alla sede arcivescovile di Napoli, papa Urbano V gli affidò un incarico particolarmente delicato: un'indagine sugli scritti e le attività del ministro generale dei frati minori Tommaso da Frignano, gravemente sospetto di eresia.
L'elezione di B. ad arcivescovo di Napoli nel concistoro del 3 ott. 1368 avvenne in un momento particolarmente felice dei rapporti tra la corte angioina di Napoli e la Curia, per cui era stata resa possibile la venuta in Italia di papa Urbano V.
A Napoli B. sostituì il suo compatriota Bemard de Bousquet, elevato poco prima alla dignità cardinalizia. Non si sa quando si trasferì a Napoli: il suo primo atto ufficiale, a noi noto, come arcivescovo risale al 5 febbr. 1370, data in cui B. conferì a Pietro di Tocco, conte di Martino, il diritto di patronato sulla cappella di S. Aspreno nella cattedrale napoletana.
Il 4 aprile dello stesso 1370 il papa incaricò B. di sciogliere Ludovico di Navarra e Giovanna di Durazzo, nipote della regina Giovanna, dalla scomunica comminata loro per aver contratto matrimonio senza il consenso della Chiesa. A causa di questo matrimonio, al quale la regina Giovanna aveva costretto la nipote nel 1365, dopo aver tentato invano di sposarla a Federico III di Sicilia, erano sorti allora tra la regina Giovanna e Urbano V gravi dissidi che furono definitivamente composti con questo atto. I rapporti tra Napoli e la Curia si mantennero buoni anche dopo l'elezione di Gregorio XI.
Ritornato a Napoli, dopo un breve soggiorno ad Avignone, dove il 15 apr. 1371 aveva donato alcuni beni per la fondazione nella sua città natale di un collegio al quale fu dato il suo nome, B., per conto di papa Gregorio XI, ricevette dalla regina Giovanna, in una solenne cerimonia svoltasi il 3 genn. 1372 nel duomo., il giuramento feudale per il Regno di Sicilia. Poco dopo Gregorio XI, per prevenire tra Federico III di Sicilia e i Visconti di Milano un'alleanza che avrebbe gravemente ostacolato il ritomo dei papi a Roma, lo incaricò di recarsi alla corte palermitana per trattarvi un accordo definitivo tra Napoli e Palermo che risolvesse la questione siciliana pendente ormai da quasi un secolo. A tale scopo, dopo aver interdetto a Federico III il progettato matrimonio con Antonia Visconti, figlia di Bernabò, ordinò all'arcivescovo di trattare a Palermo il matrimonio di Federico con Antonietta Del Balzo, parente della regina Giovanna.
Il 4 nov. 1371 B. era stato già norninato visitatore apostolico in Sicilia, dove la vita religiosa, dopo quasi cent'anni di interdetto; era gravemente decaduta. In seguito gli furono conferiti anche i pieni poteri di sollevare l'isola dall'interdetto, se lo avesse ritenuto opportuno.
Purtroppo la mancanza di fonti di sicura attendibilità non consente di ricostruire e di valutare l'attività svolta da B. in queste trattative, che nella primavera del 1373 portarono a un accomodamento definitivo tra i due regni, sanzionato dal matrimonio di Federico III con Antonietta Del Balzo.
In stretta connessione con le sue funzioni di visitatore apostolico era probabilmente anche un'altro incarico che B. ricevette da Gregorio XI nel luglio del 1373: indurre cioè tutti i monasteri italogreci dell'Ordine di S. Basilio, esistenti in Sicilia e in terraferma, ad aderire all'osservanza regolare del monastero di Grottaferrata.
Il 15 marzo 1374 papa Gregorio XI ordinò a B. di rifare il processo al provinciale di Sicilia dell'Ordine dei frati minori, Nicolò Casucchi, deposto dalla sua carica, sembra ingiustamente. Sempre per incarico ricevuto dal pontefice, B. intervenne varie volte anche nelle faccende inteme del Regno: così dovette adoperarsi nel 1372-73 in favore di Giovanni, conte di Avellino, al quale Filippo III di Taranto, principe di Acaia, suo parente, aveva tolto il possesso di Avellino e Conza.
Di maggior peso fu l'azione politica svolta da B. nel 1374: rivestito delle funzioni di nunzio apostolico, insieme con il vescovo di Cavaillon, aveva ricevuto, il 9 ott. 1374, la facoltà di citare davanti al proprio tribunale la regina Giovanna accusata di aver privato dei suoi beni Francesco Del Balzo, duca d'Andria, che le si era ribellato apertamente. La regina aveva infatti confiscato tutti i beni di Filippo III di Taranto, cognato dei duca d'Andria, morto nel 1373, sui quali il Del Balzo vantava diritti. L'intervento di B. rese possibile a Francesco Del Balzo di rifugiarsi presso papa Gregorio XI, suo parente.
Non pare tuttavia che questa vicenda abbia disturbato considerevolmente i buoni rapporti tra le corti di Avignone e di Napoli. Nell'estate del 1375 B. curò personalmente l'invio ad Avignone dellenavi che erano state promesse dalla regina per il trasferimento del pontefice Gregorio XI in Italia.
Le cose si complicarono però gravemente, quando, dopo la morte di Gregorio XI, avvenuta il 27 marzo 1378, i cardinali in conclave si divisero eleggendo Bartolomeo Prignano, arcivescovo di Bari (Urbano VI), e il cardinale Roberto di Ginevra (Clemente VII). Questa scissione ebbe gravi ripercussioni anche a Napoli: per vari motivi Giovanna aveva subito riconosciuto Clemente VII, alla cui elezione, avvenuta a Fondi il 20 sett. 1378, avrebbe assistito, secondo I diurnali del Duca di Monteleone (p. 22), anche Bernard. Tuttavia il popolo di Napoli prese decisamente partito per il regnicolo Urbano VI, che per qualche tempo era stato anche vicario dell'arcidiocesi di Napoli e che costrinse B. a rifugiarsi in Francia. Quando e come ciò sia avvenuto non risulta però chiaro. La breve visita di Clemente VII a Napoli, dal 10 al 13 maggio 1379, in un momento in cui la causa di Urbano VI s'avvicinava alla vittoria, provocò gravi tumulti popolari, nel corso dei quali fu saccheggiato anche il palazzo arcivescovile di Bernard. Non è noto. però, se in questa circostanza B. si trovasse ancora a Napoli; una fonte francese afferma esplicitamente che egli era stato espulso dalla città già prima della visita di Clemente VII. Comunque pare sicuro che, sconfitto Clemente VII e partito questo definitivamente alla fine di maggio del 1379 dall'Italia, B. fu costretto anch'egIi a fuggire appunto da Napoli, dove lo sostituì il candidato di Urbano, il napoletano Ludovico Bozzuto.
B. chiuse i suoi giorni ad Avignone, dove negli ultimi mesi della sua vita fu impiegato nella cancelleria apostolica per esaminare le suppliche presentate al pontefice. Morì prima del 21 ott. 1379, data in cui Clemente VII nominò suo successore Tommaso Ammanati.
Nei dieci anni del suo vescovato pare che B., intensamente impegnato nell'attività diplomatica e politica, non abbia trascurato i suoi doveri pastorali: si preoccupò di riportare nella sua diocesi l'ordine e la disciplina che, al tempo dei suoi predecessori, in carica tutti solo per pochi anni erano considerevolmente decaduti. Assai significativi, in questo senso, furono i suoi buoni rapporti con s. Brigida di Svezia, ospite a Napoli durante il suo viaggio di ritorno dalla Terra Santa. In presenza di B. e di molti nobili e cittadini napoletani, lasanta rese nota una sua rivelazione, nella quale denunciò i molteplici vizi dei Napoletani (Revelationes Sanctae Brigittae olim a cardinale Turrecremata recognitae et approbatae et a Consaluo Duranto Episcopo Ferettrano notis illustratae…, II, Romae 1628, lib. VII, cap. XXVII, pp. 244-247). A B. stesso la santa indirizzò una sua visione mariana (ibid.,lib. VII, cap. XXVIII, pp. 247 s.).
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