BOTTA, Bergonzio
Nobile pavese, nacque verso il 1454 da Giovanni. Con l'aiuto del fratello Giacomo, che fu per lungo tempo ambasciatore sforzesco presso la corte di Roma, il B. dovette guadagnarsi presto il favore di Ludovico il Moro, del quale passava già per uno dei protetti in una lettera del nunzio pontificio Giacomo Gherardi a Innocenzo VIII in data del 6 ag. 1489. Entrato anch'egli al servizio sforzesco in data imprecisata, nel 1491 figura come titolare di un'importante carica dell'amministrazione finanziaria del ducato. Come maestro delle entrate ordinarie è ricordato da un cronista del tempo tra i fidatissimi del Moro, che con il loro malgoverno mandarono in rovina lo Stato.
All'influenza del B. è ricondotta in particolare l'esosa politica fiscale che alienò a Ludovico il favore popolare come quello dei magnati. Secondo il cronista Ambrogio da Paullo, per istigazione del B. e di altri maggiorenti dell'amministrazione "il Moro misse il prestito alli gentilomini et artesani de tutte le città dil dominio, et così fora a li castelli et ville; a li contadini mandolli li fanti in possessione, se non pagavano a li termini postoli, che fu principio et causa de ogni gran mal successo" (p. 106). La notizia trova conferma in un documento del 4 novembre del 1493 che conferisce al B. e a due altri funzionari ducali regolare procura "con facoltà di alienar beni a sudditi locali, fare ogni specie di riscossioni, ecc.". Un altro documento dell'agosto del 1494 attesta che il B. si avvalse effettivamente di questa procura. Ancora nel 1499 egli è ricordato fra i principali esponenti della consorteria che, forte del favore di Ludovico il Moro, si arricchiva sulle spalle dei sudditi commettendo ruberie ed estorsioni di ogni sorta. Significativo questo senso l'episodio riferito dal Sanuto, secondo il quale uno dei principali notabili milanesi, Francesco Bernardino Visconti, avrebbe accusato al Moro "4 quali lo voleno ruinar dil stado con tuor dai populi a farseli inimici", suscitando le veementi proteste del Botta.
Fortemente compromesso con il Moro, il B., all'appressarsi dell'esercito francese, fu tra i pochi notabili che si rinchiusero nel castello di Milano con il compito di tenere duro in attesa del ritorno in forze di Ludovico che si era rifugiato presso l'imperatore Massimiliano. Nel corso del breve periodo di interregno che precedette l'arrivo dei Francesi fu prospettata la possibilità di dar vita a una Repubblica ambrosiana. Il B. dall'interno del castello cercò di favorire una tale soluzione con la riserva evidente di guadagnare tempo. L'intervento francese che di lì a poco travolse le ultime resistenze sforzesche troncò ogni speranza. Occupata la città, i fedeli sforzeschi rinchiusi nel castello iniziarono a trattare subito la capitolazione, che fu conclusa, senza colpo ferire, il 17 settembre. Alle trattative condotte dal comandante del castello Bernardino da Corte, non dovette essere estraneo il B., che, appena uscito dal castello, già il 18 settembre si accordò con i Francesi.
L'improvviso voltafaccia rischiò di costar caro al vecchio cortigiano sforzesco: già alla fine di gennaio la popolazione milanese, insofferente del governo degli occupanti, era insorta favorendo il ritorno degli Sforza. Il 2 febbraio Ascanio Sforza assunse il controllo della città e per il B., che non ebbe il tempo di fuggire, sì preparavano giorni difficili. Preso di mira dallo Sforza, pare che abbia partecipato ad un complotto ordito dai notabili di stretta osservanza francese per assassinare Ascanio e richiamare il Trivulzio in città. La partecipazione al complotto non è sicuramente provata, certo è invece che il risentimento popolare, assai forte verso il vecchio maestro delle Entrate inviso per l'esosa politica fiscale, si rivolse contro la sua casa che fu assalita da una banda di circa quattromila rivoltosi. Il B., che sin dall'agosto del 1499 aveva riempito la sua casa di armati per fronteggiare ogni evenienza, riuscì a respingere l'assalto e ad evitare il saccheggio. Non sfuggì però alla rappresaglia di Ascanio Sforza, che il 24 febbr. 1500 lo fece mettere agli arresti, intimandogli di versare una grossa somma nelle casse ducali.
Fu liberato dal ritorno del Trivulzio, che già nell'aprile era di nuovo a Milano, mentre l'esercito sforzesco si dissolveva. La posizione del B. risultò allora delle migliori: perseguitato dagli Sforza, egli poteva vantare presso i nuovi signori una fedeltà nuova, ma non meno preziosa. Non mancò di provarla assicurando tutto il suo appoggio al governo del ducato. Nel 1502 ebbe anche parte in un tentativo francese di colpo di mano su Bellinzona, che tuttavia non ebbe successo. Il definitivo passaggio del B. tra i ranghi della nobiltà milanese di antica tradizione antisforzesca e di recente fedeltà ai Francesi fu sancito dal matrimonio della figlia Apollonia con il conte Filippo Borromeo, appartenente a una delle più potenti famiglie del ducato e delle più ostinate nell'opposizione al dominio degli Sforza. Il matrimonio, avvenuto nel 1502, sanzionò anche il prestigio sociale e politico del vecchio funzionario sforzesco, che concesse alla figlia una dote di ben ventiquattromila lire imperiali.
Il B. morì a Milano il 5 genn. 1504.
La seconda moglie, Madonna Daria Botta, celebre per bellezza e virtù femminili, ospitò nella sua casa nel 1515 il re di Francia Luigi XII. L'anno successivo, nel 1516, il re la volle in Francia come ostaggio insieme con altri notabili milanesi. Un segno indubbio del grande prestigio conservato dalla famiglia anche dopo la morte del Botta.
Legato alla sua città di origine, il B. fondò un collegio di studenti a Pavia che dotò con successive disposizioni testamentarie in data 19 ott. 1489, 22 luglio 1496, 24 ott. 1503.
Il nome del B. è, inoltre, particolarmente legato alla storia del balletto per uno spettacolo di danze, da lui organizzato nel 1489 nella sua residenza di Tortona, in occasione delle nozze di Gian Galeazzo Sforza con Isabella d'Aragona, e consistente in una serie di balletti che accompagnavano le varie portate. La notevole importanza storica di questo trattenimento danzato dipende dal fatto che il B. fu il primo a "sottomettere tutti gli intermezzi ad un'idea unitaria" (Tani), dando così origine a una vera e propria azione coreografica. Per alcuni storici della danza, infatti, il 1489 si può considerare la data di nascita del balletto: "Enfin... l'Italie moderne vit naître B. Botta, le restaurateur de la danse, de la musique et des divertissements", scrive il Blasis, seguito dal Gavina, riecheggianti entrambi il de Cahusac. Accettando tale tesi, il balletto diviene patrimonio della cultura italiana, contro l'opinione di quanti (come il Parnac) ne spostano le origini al 1581, anno in cui, in Francia, sotto il patrocinio di Caterina de' Medici, Baldassarre Baltazarini, detto di Belgioioso, compose il grandioso "ballet comique de la Reine", tipico "ballet de cour" (secondo il Reyna, le origini del balletto vengono anticipate ai primi del sec. XV, sulla base di alcuni trattati di danza manoscritti italiani).
Dello spettacolo di Tortona ci ha lasciato una precisa descrizione il Calco, storico dello Stato di Milano: esso constava di una serie di intermezzi che introducevano le varie portate con favole allusive tratte dalla mitologia o dalle antiche storie; al termine del banchetto vero e proprio, alcuni personaggi tornavano in scena ed eseguivano un'azione coreografica in lode ed esaltazione dell'amor coniugale.
D. Ricci Albani
Fonti eBibl.: Storia di Milano scritta da Giovanni Andrea Prato patrizio milanese in continuazione ed emenda del Corio dall'anno 1499 sino al 1519, in Arch. stor. ital., III (1842), pp. 222, 225, 347 s., 350; Cronaca milanese dall'anno 1476 al 1515 di maestro Ambrogio da Paullo, a cura di A. Ceruti, in Miscellanea di storia italiana, XIII, 1873, pp. 105 s.; M. Sanuto, Diarii, II, Venezia 1879, col. 1033; III, ibid. 1880, coll. 130, 665; IV, ibid. col. 478; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, V, Venezia 1901 p. 250; Dispacci e lettere di Giacomo Gherardi nunzio pontificio a Firenze e Milano (11 settembre 1487-10 ottobre 1490), a cura di E. Carusi, Roma 1909, pp. 146, 186, 338, 419; E. Motta, Morti a Milano dal 1452 al 1552, in Arch. stor. lomb., XVIII (1891), p. 285; L.-G. Pélissier, Louis XII et Ludovic Sforza (5 avril 1498-23 juillet 1500), II, Paris 1897, pp. 50, 73, 151, 214, 253, 283, 292, 499; C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco (1450-1500), Milano 1948, p. 67; G. P. Bognetti, La città sotto i Francesi, in Storia di Milano, VIII, Milano 1957, p. 38.
Per la sua attività artistica v. inoltre: T. Calco, Nuptiae Mediolanensium Ducum: sive Ioannis Galeacii cum Isabella Aragona..., in Thesaurus antiquitatum et historiarum Italiae,Ioannis Georgii Graevii, II, Lodi 1704, parte I, coll. 508-510; L. de Cahusac, La danse ancienne et moderne, parte II, lib. I, cap. I, La Haye 1754, p. 68; C. Blasis, Manuel complet de la danse..., Paris 1830, p. 7; P. Gavina, Il ballo, Milano 1898, p. 26 dell'introduzione; V. Parnac, Histoire de la danse, Paris 1932, pp. 53 s.; L. Rossi, Storia del balletto, Verona 1961, p. 14; G. Tani, B. B., in Encicl. dello Spett., II, Roma 1954, coll. 889 s.; F. Reyna, Des origines du ballet, Paris 1955, p. 58.
R. Zapperi-D. Ricci Albani