BERGAMOTTO (dal turco beg armodi; lat. scient. Citrus bergamia Risso; fr. bergamotier; sp. bergamoto; ted. Bergamottenbaum; ingl. bergamot)
È un alberetto piti piccolo del limone e dell'arancio, che raggiunge al più 3 m. di altezza, ha chioma arrotondata con rami pendenti, talora fino a toccar terra, legno fragilissimo. Le foglie sono ovali-oblunghe, più o meno acute od ottuse, un po' bollose, di media grandezza, portate da picciuoli lunghetti, debolmente alati; i fiori piccoli, bianchi, a peduncolo assai corto, di odore soavissimo. Il frutto è un po' più piccolo dell'arancio ordinario, sferico e talvolta depresso ai poli o leggermente piriforme, conserva a lungo all'apice e spesso sino a maturità lo stilo accresciuto; ha buccia sottile, liscia, d'un bel giallo limone, ricca di ghiandole contenenti un olio essenziale di odore speciale gradevolissimo; contiene 10-15 spicchi a polpa verdegiallastra, acidula e semi oblunghi ineguali.
L'origine del bergamotto è ignota: non è stato trovato allo stato spontaneo, e si ritiene sia una forma sorta in coltura e probabilmente di origine ibrida. La sua coltivazione è strettamente limitata alla estrema punta della Calabria, al solo circondario di Reggio, e si afferma che esso non riesca in Sicilia; ciò che non appare credibile, data la somiglianza di condizioni delle due regionì e dato che in Calabria prospera in tutti i tipi di terreno, a qualunque esposizione, dalla spiaggia del mare sino a 500 m. di altezza.
In Calabria se ne coltivano due varietà poco dissimili fra loro, distinte con nomi locali: Femminella, pianta più piccola a rami più esili, più gentile nell'insieme; frutti quasi sempre perfettamente sferici e liscissimi, produzione di frutti distinta per la sua costanza; Castagnaro, pianta più alta e più vigorosa, frutti meno sferici, alquanto rugosi e spesso percorsi da cordoni leggermente prominenti, simmetricamente disposti in senso longitudinale; fruttificazione incostante. Probabilmente è quest'ultima la varietà dagli autori detta mellarosa, nome ignoto in Calabria.
Il bergamotto si può innestare su ogni altro agrume, ma è preferito come porta-innesto l'arancio amaro, perché su esso acquista maggior rigoglio e resistenza. Gli alberetti sogliono piantarsi a circa 4 m. l'uno dall'altro, ciò che importa circa 600 piante per ettaro. Le cure colturali del bergamotto sono quelle ordinarie degli agrumi, ma vanno fatte con molta diligenza, perché, essendo molto delicate, le piante non curate bene decadono prontamente. La media del prodotto di una pianta adulta è di 1 q. di frutti; tutta la produzione calabrese si valuta in media a q. 200.000.
I frutti del bergamotto hanno sapore acre e non si mangiano come frutta fresche; se ne fanno conserve e canditi, ma l'uso prmcipale di essi è l'estrazione dalla loro buccia dell'essenza, la quale ha gran pregio nella profumeria; dopo estratta l'essenza, si utilizza il succo per la fabbricazione del citrato di calcio, similmente a quello del limone, ma esso non contiene che il 5% di acido citrico.
L'essenza normale si ricava dai frutti maturi, che si raccolgono da dicembre a febbraio. Essa si estrae per sfumatura a mano, come si pratica per l'essenza del limone; o più comunemente a mezzo di una macchina di antico uso locale e poco perfezionata, consistente in due calotte sferiche girevoli guarnite internamente di lamelle, che leggermente scalfiscono e spremono alla superficie i frutti: sistema applicabile soltanto ai frutti sferici. In media 1500 frutti danno 1 kg. di essenza.
L'olio essenziale di bergamotto è un liquido giallo più o meno verdastro, secondo il grado di maturità dei frutti da cui è estratto, di sapore un poco amaro; la sua densità a 15° va da 0.881 a 0.886, arrivando raramente a 0.888; l'indice di rotazione da + 8 a + 22, ma certe essenze scendono sino a + 5°24′ o salgono sino a + 24°; il numero degli eteri è 95-130; la soluzione in alcool a 90° esige sin0 ad 1 vol. di questo (talvolta dando soluzione opalina); bolle a 180° e oltre; l'acidità è debole. Il componente principale dell'essenza di bergamotto è l'etere acetico di linalol o acetato di linalile, la cui proporzione determina il valore dell'essenza; essa è di regola dal 34 al 40% e va raramente sino al 45, mentre quando i frutti non sono ancora perfettamente maturi scende sino al 30%.
Dalla cascola dei frutti ancora molto piccoli, che avviene in luglio-agosto, si ottiene per distillazione in vapor d'acqua il distiliato di bergamoltella. Dalla seconda cascola di frutti più grossi, ma ancora molto verdi, si estrae con la macchina il nero di bergamotto. Dalle fecce, cioè dal deposito che l'essenza riposando forma al fondo dei recipienti, dai residui della filtrazione dell'olio greggio, come anche dalle bucce non bene esaurite si ricava il distillato di feccia. Sono queste tutte essenze di basso pregio, che si adoperano per adulterare l'essenza normale.
Si pratica anche l'estrazione dell'essenza delle foglie di bergamotto, ma in misura assai ristretta, non essendo conveniente sfogliare gli alberi che ne restano danneggiati e adoperando pertanto solo le foglie che si ricavano dalla rimonda. Il rendimento è minimo: 100 kg. di foglia dànno 150 gr. di essenza; essa contiene da 32 a 34% di acetato di linalile.
L'essenza di bergamotto viene quasi totalmente esportata, principalmente in Francia, nella Gran Bretagna e negli Stati Uniti; l'esportazione media nel quinquennio 1922-26 è stata di q. 1262, nel 1926 se ne sono esportati q. 1122 per un valore di lire 35.834.000.