BERENGARIO II re d'Italia
Figlio di Adalberto, marchese d'Ivrea, e di Gisla, figlia di Berengario I, successe al padre circa il 940, quando in Italia regnava Ugo di Provenza. Questi, per quanto gli fosse strettamente congiunto, si mostrò poco disposto a tollerare nel regno un vassallo così potente, al quale facevano capo tutti i malcontenti e i ribelli. B., allora, per sottrarsi alle temute gelosie di Ugo, si recò in Germania, presso Ermanno duca di Svevia. Ma, dalla Germania, ottenuta la protezione del re Ottone di cui si dichiarò vassallo, e con forze ivi raccolte, ridiscese in Italia, sul principio del 945. Venne accolto come un liberatore dai grandi del regno, desiderosi di disfarsi di Ugo; non ebbe però la corona perché Ugo si affrettò ad accordarsi con i grandi, rinunziando al trono in favore del figlio Lotario. Ma B. fu assunto presso di questo come consigliere, capo dell'amministrazione del regno: marchese di nome, di fatto re. Quando, poi, Lotario improvvisamente morì (22 novembre 950), non senza che ne fosse incolpato B., questi si fece eleggere e incoronare a Pavia insieme con il figlio Adalberto (15 dicembre 950).
Ma le vendette che egli cominciò subito a esercitare contro i fautori di Ugo - signori ecclesiastici specialmente - gli suscitarono numerosi nemici; e questi andarono a ingrossare il partito di Adelaide, la giovane vedova di Lotario, che rivendicava per sé la successione del regno.
Tali contrasti affrettarono l'avvento di Ottone di Germania, al quale Adelaide ed il papa avevano fatto ricorso; e pertanto, quando Ottone (dal vassallaggio del quale B. si era già sciolto) venne in Italia, B. si vide da tutti abbandonato. Fu costretto a ritirarsi a Ivrea, mentre Ottone prendeva a Pavia la corona d'Italia (settembre 951). In seguito, tuttavia, trattando con Ottone, B., alla dieta di Augusta (agosto del 952) riaveva il regno; ma come feudo del re di Germania e mutilato, per giunta, dell'importante marca del Friuli, che il re - pur non staccandola dal nesso del regno italico - assegnò al duca di Baviera. B. tentò di risollevare le sue sorti, rafforzandosi anche nell'Italia centrale. Ma le nuove vendette compiute contro i partigiani di Ottone, le molestie recate dal figlio Adalberto alle terre papali provocarono, sollecitato dal papa, da vescovi e da signori di tutta Italia, un nuovo intervento del re di Germania. Ottone mandò prima il figlio Liudolfo, che perì durante la spedizione (6 settembre 957); poi scese egli stesso (961). Allora le sorti di B. precipitarono. Egli poté ancora sostenersi qualche tempo nella inaccessibile rocca di S. Leo, mentre venivano un dopo l'altro espugnati i luoghi forti dove la moglie Vilna e il figlio si erano rifugiati. Ma verso il Natale del 963 dovette arrendersi e fu mandato prigioniero a Bamberga: quivi morì, dopo non lunga prigionia, nel 966.
Fonti: I diplomi dei re d'Italia, VI, I diplomi di Ugo e Lotario, Berengario II e Adalberto, ed. di L. Schiaparelli, nelle Fonti per la storia d'Italia, a cura dell'Istituto storico italiano, Roma 1924. Fondamentali pure, sebbene assai partigiani, in senso ostilissimo a B. gli Antapodoseos sive rerumi per Europam gestarum libri VI, di Liutprando da Cremona, ed. migliore nei Rerum Germanicarum scriptores in usum scholarum, a cura di J. Becker, Hannover 1915 (cfr. pure ivi la Historia Ottonis di Liutprando, 960-964).
Bibl.: C. Fietz, Geschichte Berengars II von Ivrea, Lipsia 1870; S. Pivano, Stato e Chiesa da Berengario I ad Arduino, Torino 1908, p. 95 segg.; cfr. le opere del Hartmann e del Romano, citate s. v. berengario i.