berberi
Nome con cui sono complessivamente note le popolazioni autoctone dell’Africa settentr., dall’Egitto all’Atlantico al delta del Niger, che hanno subito l’influsso arabo a partire dall’invasione del 7° sec. d.C. Il termine deriva dal greco barbaroi, «barbari», e non indica una nazionalità. Più comune era, in passato, la definizione derivante dall’affiliazione tribale, mentre in tempi recenti è invalsa la denominazione di amazigh, «uomo libero», invece di b., anche questa, tuttavia, priva di significato nazionale, poiché i b. contemporanei appartengono a diverse nazioni nordafricane e parlano altre lingue oltre al berbero vero e proprio, detto tamazigh. La storia dei b. può dividersi a grandi linee in un periodo antico, che vide le popolazioni b. sotto le colonizzazioni e dominazioni di fenici, greci, romani, vandali e bizantini (dal principio del 1° millennio a.C. fino alla metà del sec. 7° d.C.); in un periodo medievale, che vide il susseguirsi della conquista araba, dell’islamizzazione dei b., dell’epoca dell’affermazione dei due grandi imperi berberi, gli Almoravidi e gli Almohadi, che estesero il loro dominio alla Penisola Iberica, seguita da quella degli Stati locali dei Merinidi, degli Abdalwaditi e degli Hafsidi (dalla metà del sec. 7° fino al principio del 16°); e in un periodo moderno e contemporaneo, che vide lo stabilirsi dell’autorità ottomana sulla costa nordafricana (Stati barbareschi) e, per il Marocco, le due dinastie sceriffali, la colonizzazione europea (Francia, Italia, Spagna), e infine, dopo la Seconda guerra mondiale, la formazione degli Stati indipendenti di Libia, Tunisia, Marocco e Algeria, nei quali è oggi presente un vivace movimento per il riconoscimento dell’identità berbera.