BERARDO de Ferro
Nobile siciliano, originario di Marsala, B. era certamente fra i più potenti feudatari della parte occidentale dell'isola, quando nella primavera del 1282 scoppiò a Palermo la rivolta contro il dominio angioino. Quasi nulla tuttavia si sa di lui prima di questo avvenimento, se non che nell'anno della decima indizione, cioè dal 10 sett. 1281 fino al 31 ag. 1282 tenne in gabella, insieme col nobile Russomanno di Nicosia e con Gualtiero da Caltagirone, che fu poi uno dei più noti esponenti della rivolta, l'ufficio della zecca di Messina.
Poco documentata risulta anche la parte svolta da B. nel corso del breve periodo di vita della Communitas Siciliae. Da documenti successivi si può desumere che egli abbia aderito con prontezza alla rivolta di Palermo, conquistando in breve una posizione politica di notevole prestigio che il 17 sett. 1282, pochi giorni dopo lo sbarco in Sicilia di Pietro d'Aragona, gli valse la nomina a giustiziere della valle di Girgenti. La circostanza risulta particolarmente significativa, se si considera che tre dei sei giustizieri nominati da Pietro erano tra i maggiori rappresentanti della rivolta.
Non toglie significato al provvedimento di nomina il prestito alla camera reale della cospicua somma di centotrentatrè once e dieci tarì (alla stessa data del 17 sett. 1282 il re ordinò che gli fosse restituita), che anzi attesta la tempestività dell'adesione di B. alla soluzione aragonese della crisi siciliana e il desiderio di assicurarsi il favore della corte.
Tale atteggiamento aveva le sue più vere radici nella situazione di Marsala, dominata dall'insanabile conflitto di interessi che opponeva B. e il fratello, vescovo di Mazzara, ad una consorteria locale capeggiata dal nobile genovese Enrico De Mari (cfr. su di lui G. Caro, Genua und die Mächte am Mittelmeer, II, Halle a. S. 1899, p. 131), largamente dotato di beni, e di aderenze oltre che della cittadinanza di Marsala. Con l'occasione della rivolta, B. accusò gli avversari di parteggiare per gli Angioini, procurandosi il pretesto più plausibile per cacciarli dalla città e impadronirsi dei loro beni. Le gravi violenze commesse in combutta con il fratello indussero re Pietro ad aprire un'inchiesta, dietro le energiche proteste del De Mari, il quale nell'ottobre del 1282 si presentò a corte invocando gli fosse resa giustizia. Il 20 ottobre il giudice Nicoloso di Chitari fu incaricato di accompagnare il De Mari e i suoi partigiani a Marsala, per reintegrarli nei loro beni. L'iniziativa reale si scontrò, però, nella più recisa opposizione di B., che la fece fallire. Il 28 dic. 1282 Pietro d'Aragona fu costretto pertanto a citarlo alla sua corte per giustificarsi, sotto pena di un'ammenda di cinquecento once. Gli ulteriori sviluppi della vicenda non sono noti; ma ad essa va ricondotto il provvedimento reale che, il 17 febbr. 1283, esonerava B. dalla sua carica di giustiziere per sostituirlo con Radulfo di Manuele. Neanche questa misura valse tuttavia a vincere l'accanita resistenza di B. che dovette restare nel pieno possesso dei beni usurpati a Marsala, se il De Mari, allontanatosi dalla Sicilia (nel 1284 partecipò alla battaglia della Meloria), finì con l'entrare al servizio degli Angioini. La defezione del nobile genovese, il quale era esasperato evidentemente dall'incapacità aragonese di rendergli giustizia nella questione di Marsala, giocò a vantaggio di B. che non tardò a ritrovare il favore della corte. Ricordato nel 1286 come maggiordomo della regina Costanza, il 12 febbraio dello stesso anno egli sottoscrisse come testimone, insieme con vari dignitari di corte, il documento con il quale il nuovo re di Sicilia, Giacomo, s'impegnava a prestare omaggio e aiuto al fratello Alfonso III d'Aragona.
Il contrasto personale con Enrico De Mari riaffiorò ancora una volta nel 1287.
In quest'anno, infatti, mentre un esercito angioino guidato da Roberto d'artois assediava Augusta, il De Mari si diresse con dodici navi da guerra su Marsala nel tentativo di rimettervi piede. La difesa della città era stata affidata da Giacomo d'Aragona a B., che riuscì a sostenere validamente il violento attacco del suo antico nemico con l'aiuto di contingenti corleonesi comandati da Bonifacio da Camerana.
Non molto tempo dopo questi avvenimenti il re Giacomo lo elevò alla più alta carica dell'amministrazione finanziaria del Regno, nominandolo, in data imprecisata, maestro razionale della Magna Curia. In tale veste B. appare per la prima volta in un documento del 20 maggio dell'anno 1290 che egli stesso emise a favore del vescovo di Cefalù, Giunta.
Ormai fra i più influenti dignitari della corte, B. rimase in Sicilia, quando nel 1291 Giacomo salì sul trono d'Aragona, lasciando come suo luogotenente nell'isola il fratello Federico. Nel corso degli anni della luogotenenza di Federico, caratterizzati da una sorda divergenza fra i due fratelli, esplosa in aperto conflitto nel 1295, B. si mantenne fedele a Giacomo. A giudicare anzi da una lettera di costui, che agli inizi dei 1293 lo raccomandava caldamente al fratello in Sicilia, dovette essere uno di quegli alti funzionari fedelissimi a Giacomo, mantenuti in posti chiave dell'amministrazione pubblica proprio con l'incarico di condizionare gli atti della luogotenenza di Federico in funzione della politica del re d'Aragona. Gli stretti rapporti con Giacomo sono attestati anche dal sostegno finanziario che B. gli assicurava: ai primi dei 1294 il re dispose infatti la restituzione a B. della grossa somma di 1.000 once, prestata qualche tempo prima alla Regia Curia.
Dopo il 1294 di B. non si hanno più notizie. Con tutta probabilità lo sviluppo degli avvenimenti, che, nel 1296, portò alla proclamazione di Federico d'Aragona a re di Sicilia, lo escluse definitivamente dalla vita pubblica isolana.
Fonti e Bibl.: I. Carini, Gli archivi e le biblioteche di Spagna, I, Palermo 1884, p. 209; De rebus Regni Siciliae (9 sett. 1282-26 ag. 1283), Palermo 1882-1892, ad Indicem; Codice diplomatico dei re aragonesi di Sicilia, I, a c. di G. La Mantia, Palermo 1917; II, a c.di A. De Stefano e F. Giunta, ibid. 1956, ad Indices;Bartholomaei de Neocastro Historia Sicula, in Rerum Ital. Scriptores, 2 ediz., XIII, 3, a c.di G. Paladino, p. 95; M. Amari, La guerra del Vespro siciliano, Milano 1886, I, pp. 269 s., 327 s.; II, p. 185; O. Cartellieri, Peter von Aragon und die sizilianische Vesper, Heidelberg 1904, p. 184; H. E.Rohde, Der Kampf um Sizilien in den Jahren 1291-1302, Berlin und Leipzig 1913, pp. 81, 155, 160; A. Nitschke, Karl von Anjou und Peter von Aragon. Ihre Stellung zur sizilianischen Bevölkerung, in Festschrift P. E. Schramm, Wiesbaden 1964, pp. 325-327.