DONATI, Benvenuto
Nacque da Salvatore e da Rosa Leblis a Modena, l'8 nov. 1883, da illustre famiglia israelita modenese; si laureò in giurisprudenza a Modena. Dal 1909 iniziò l'insegnamento universitario di filosofia del diritto (Camerino, 1909; Perugia, 1915; Sassari, 1920; Cagliari, 1922; Macerata, 1923). Partecipò alla guerra 1915-18 come ufficiale di artiglieria e fu più volte decorato al valore.
A Modena tornò nel 1924. Qui insegnò dapprima introduzione allo studio delle scienze giuridiche e teoria generale del diritto, ottenne l'ordinariato e dal 1936 insegnò filosofia del diritto. Nel 1927 sposò Laura Pasquali, dalla quale ebbe una figlia nel 1929. Nel 1938, allontanato dall'insegnamento per le leggi razziali, "rimase ritirato nella sua casa" (Groppali) a Modena, ove riprese l'insegnamento nel 1945.
Il contributo del D., filosofico e storiografico, si stabilizzò nella maturità, in un "idealismo storico" di impostazione vichiana. Ma gli studi vichiani (raccolti in Nuovi studi sulla filosofia civile di G. B. Vico con documenti, Firenze 1936) fin dai primi suoi lavori lo avviarono all'idealismo storicistico.
Il D. (considerate De Uno e Scienza nuova due redazioni della stessa opera, centrate sul diritto) non vedeva in Vico un'evoluzione da uno spiritualismo dogmatico verso un idealismo storico che concepiva la storia come risultato di processi ideali di coscienza, proiezione di un momento interiore ideale operato da una volontà che lo determina attraverso procedimenti teoretici e valutativi in rapporto a esigenze oggettive: il diritto costituisce il risultato di processi socio-psicologici. Di qui la recezione del principio della filosofia dell'azione (per il quale l'atto è insieme un accadimento fisico ed un processo psichico) e della critica alle premesse del materialismo storico (Interpretazione della dialettica reale nella storia, in Riv. di filosofia, V [1913], pp. 429-448).
Per conciliare il formalismo neokantiano (Del Vecchio) e il sociologismo positivista (Carle, Vanni, Fragapane) nella filosofia giuridica (L'elemento formale nella nozione del diritto, in Giurispr. it., LIX [1907], pp. 161-208) analizzava storicamente i contenuti del diritto (dati empirici e non categorie a priori) che specificano la normativa giuridica e ne giustificano la forma: poiché l'indagine filosofica deve fornire una generalizzazione della ricerca scientifica, nonché l'esame critico dei suoi limiti, la filosofia giuridica coglie il criterio logico del diritto e ne sistema le tipicizzazioni (Teoria delle discipline giur. e filos. del diritto, in Arch. giur., LXXX [1908], pp. 3-24).
Partito dal concetto di diritto come arte (dimensione artistica della norma quando si esprime in costruzioni giuridiche esteticamente perfette, es. l'ordinamento giuridico romano; lo Stato machiavelliano: Introduzione alla scienza del diritto, Modena 1926), per determinare la natura ed i caratteri differenziali dell'attività giuridica (in quanto settore dell'etica), il D. ricorre ai parallelismi vichiani certo-vero e scienza giuridica-filosofia giuridica, con i quali tipicizza e concettualizza i molteplici dati fenomenici, forniti dalla scienza giuridica, deducendone i principî giustificativi che sintetizza nell'idea di giustizia.
L'indagine sull'ontologia del diritto. ispirata alla filosofia dell'azione e al pragmatismo (Vailati, Calderoni), oltre che a Vico, coglie nello svolgimento storico un principio di razionalità dal quale si evincono gli elementi del diritto: scopo (distinto in generale o del diritto in sé e specifico o di un ordinamento positivo), atto che realizza lo scopo; norma (sintesi di atto e scopo): Il principio del diritto, Padova 1933. Lo scopo generale (metaempirico) si deduce dai fini dell'azione umana (es. retto volere, senso del dovere, coscienza morale, charitas come solidarietà, coscienza giuridica come relazione fra il sé, l'altro ed il bene assoluto). Il principio del diritto si estrinseca nell'ordine civile (coordinamento oggettivo delle azioni convergenti) e nell'ordine giuridico (coordinamento oggettivo delle azioni interferenti) e si attua nella storia lungo un processo cognitivo (dal sentimento al ragionamento) per approssimarsi all'infinito verso gli assoluti infiniti (vero e bene) cui la natura umana finita aspira di per sé (sintesi Vico-Kant).
Mentre la morale si riferisce agli scopi assoluti (intenzioni, ordine interiore) il diritto si riferisce ai fini contingenti, all'attitudine dei mezzi a realizzarli, all'azione, al coordinamento esterno fini-atti, all'ordine esteriore realizzabile sulla base dei principî classici (Ulpiano) attualizzati dal D. nel riconoscersi reciprocamente fra soggetti: liberi e razionali (giustizia costitutiva), eguali (giustizia commutativa), dando a ciascuno ciò che gli spetta (giustizia distributiva). L'honeste vivere, precetto giuridico fondamentale (Ilprimo precetto del diritto "vivere con onestà", in Arch. giur., XCV [1926], pp. 157-189), esprime la coerenza e la veridicità nel vivere interiore ed esteriore, quindi nel vivere giuridico (honestas iuridica) che viene ad inserirsi nella vita morale. La morale e il diritto sono distinti ma coordinati, e gli stessi rapporti possono costituire materia di entrambi. Le categorie del lecito e del doveroso, attinenti all'esteriorità dell'atto, restano distinte dalla morale e dal diritto afferenti all'interiorità psicologica e logica dell'atto (cfr. Paolo di Tarso, "non omne quod licet honesturn est" per cui si può fare un uso immorale di un atto esteriormente lecito o doveroso).
Dall'analisi del principio ideale del diritto il D. passa all'analisi del principio ideale dell'ordinamento giuridico attraverso l'indagine sugli ordinamenti giuridici positivi, e di qui al tema della giustizia.
Lo studio su questo tema (1928-1940: sulla Carta del lavoro e lo Stato corporativo) si inquadra in una teoria generale di politica socio-economica e di giustizia sociale (cfr. la raccolta: Che cosa è giustizia sociale, in Arch. giur., CXXXIV [1947], pp. 3-231, Del diritto soggettivo e del merito. Commento a Grozio, in Riv. int. di filos. d. dir., XXV [1948], pp. 28-58; Il diritto e il dogma del merito, in Arch. giur., CXXXVII [1949], pp. 17-32).
La nozione di giustizia, implicando il concetto di funzione sociale, distingue la giustizia legale (coordinamento delle attività individuali concorrenti e conflittuali fondato su di una aprioristica uguaglianza, commutativa o distributiva) dalla giustizia reale, o giustizia sociale (coordinamento delle forze individuali fondato su un pareggiamento delle condizioni tale da porre gli individui, eguali in astratto, su di un medesimo piano di partenza in modo da renderli eguali di fatto, capaci di vivere in libertà e indipendenza reciproche), permette di instaurare un ordine sociale obbiettivo (giustizia legale) e di impedire il ritorno a disuguaglianze di fatto, a situazioni di sopraffazione reciproca (Che cosa è giustizia sociale, cit.).
La giustizia sostanziale si consegue con l'intervento statuale nell'economia, con la legislazione sociale (riconoscimento di diritti naturali sociali: assistenza, soccorso, istruzione, fruizione integrale del lavoro) fondata, anziché su quello della libertà individuale e dell'uguaglianza legale (Rivoluzione del 1789), sul valore politico primario della solidarietà (individuo in funzione dell'aggregazione, esistenza come coesistenza fonte di doveri e di diritti) che permette allo Stato di ridurre il ricorso alla coattività per conservarsi.
La giustizia sociale implica le categorie del merito (distinta in giudizio del merito e giudizio di attribuzione del merito, di ispirazione groziana: aptitudo, potentia, diritto soggettivo imperfetto; vichiana: parità dei soggetti fondamento anche del diritto contenuto materiale, per cui le azioni inerenti alla vita associata debbono risultare dalle capacità effettive e dai bisogni dei vari individui resi impares da limitazioni artificiali e contingenti; romagnosiana: merito civile fine primario di un ordinamento (La norma di diritto, I, La norma nel sistema del diritto, Modena 1947; Del diritto soggettivo e del merito. Commento a Grozio, cit.; Ildiritto e il dogma del merito, Modena 1949).
Il D. pone, non l'individuo, ma la società (concepita come un sistema unitario fondato sulla sintesi dei processi delle coscienze individuali causa ed effetto delle situazioni storiche; cfr. Vico: Scienza nuova, anziché De Uno) come un prius nella genesi della categoria politica Nazione (Lineamenti per una teoria giur. della nazione, in Arch. giur., LXXIX [1907], pp. 135-194; Studi vichiani, 1936), un valore in sé, soggetto di diritti e di doveri, al vantaggio della quale commisurare il merito di ciascun membro, un fondamento ontologico del diritto e della giustizia che emancipa il diritto naturale dalla riduzione positivistica a diritto positivo potenziale (ultima parte de Ilprincipio del diritto, Padova 1933).
Di Muratori (Laurea in leggi di L. A. Muratori, Modena 1925) il D. evidenzia la prosecuzione dell'indirizzo vichiano (Omaggio accademico del Muratori al Vico durante la polemica sulla "Scienza Nuova Prima", in Nuovistudi sulla filos. civ. di G. B. Vico, cit., pp. 543-565; Il "Mondo civile" di Vico e la "Carità civile" di Muratori, ibid., pp. 566-613), ildistacco dalla scienza e dalla pratica giuridiche della prima metà del '700, ilriconsiderare il diritto, oltre che scienza, anche arte, filosofia e storia, l'ispiratore delle riforme che portano al Codice estense (De Codice Carolino, sive de novo legum codice instituendo, 1726, ediz. critica; La formazione del codice Estense del 1771 e altre riforme nel Ducato a seguito dell'opera di L. A. Muratori, Modena 1930; L. A. Muratori, scritti giuridici complementari del Trattato del 1742 - Il Muratori teorico della codificazione, nota critica; Dei difetti della giurisprudenza, 1742; Lodovico Antonio Muratori e la giurisprudenza del suo tempo, Modena 1935), ilteorico che considera fonte della legge la volontà del principe cui vanno forniti quei contributi filosofici e tecnici che gli permettano di superare il diritto comune e di corrispondere alle esigenze storiche.
Il D. documenta la partecipazione del Muratori a commissioni di riforma (gridario di Modena; statuto della città; raccolta e coordinamento di leggi; redazione e pubblicazione del Codice estense e sua conformità ai principi muratoriani) e la relazione con L. A. Verney (approvazione di alcune sue tesi nei limiti dell'ortodossia, l'influenza su di quello in materia di riforme).
Il D. accomuna Vico e Muratori come iniziatori della filosofia del diritto italiano (riferimenti di Vico a tesi muratoriane antiprotestanti; proposta di Muratori di ammettere Vico alla Accademia di Urbino); nella formazione giuridica e nella critica al metodo contemporaneo nello studio del diritto e nel contributo alla riforma di esso (filosofico Vico, teorico-pratico Muratori), nel rilievo dato alla dimensione giuridica della vita associata e politica. Nelle Notae in Acta Lipsiensia ilD. interpreta Vico in chiave cattolica (ragioni del titolo della Scienza nuova e continuità di essa con il De Uno nelle premesse teoretiche; nesso storia-filosofia; storia considerata nella sua universalità e totalità dei rapporti; conoscenza della storia attraverso la fede nell'assistenza della provvidenza). Il D. concilia quei luoghi del De Uno e della Scienza nuova (da cui si evidenzia il ruolo della coscienza individuale e della charitas o pietas, concetti avvicinabili alle idee di Muratori) con gli elementi organicistici dell'impostazione sociogiuridica vichiana. Tali interpretazioni sono criticate dai vichisti (G. Solari, B. Croce) che ravvisano una divergenza fra Vico e Muratori: Muratori si rifà alla formulazione ufficiale della morale cattolica, Vico concepisce la morale come risultato dello spirito etico collettivo che si manifesta nella storia e si oggettiva nelle istituzioni fondamentali.
Le ricerche archivistiche si estendono alla storia modenese: Ilsigillo della Univers. di Modena, in Ann. d. Univ. di Modena, 1925-26, pp. 105-113; L'opera di G. M. Bondigli nelle istituz. giur. modenesi alla metà del sec. XVIII, in Atti e mem. d. Acc. di Sc., lett. e arti di Modena, s. 4, I [1926], pp. 131-154, L'Univers. di Modena nel Seicento ai tempi del Muratori discepolo, Modena 1935; voce Modena, in Enc. It., App. I, pp. 856 ss.; A. Rosmini collaboratore delle Memorie di Modena, Modena 1941. Il D. fu promotore del Comitato permanente per la storia della università di Modena.
Il D. morì a Modena l'8 febbr. 1950.
Fu deputato della Società di storia patria per le antiche provv. modenesi e presidente dell'Accademia delle scienze di Modena. Diresse anche le pubblicazioni giuridiche nella facoltà di giurisprudenza di Modena e fu insignito delle onorificenze di cavaliere ufficiale e commendatore della Corona d'Italia.
Fonti e Bibl.: Modena, Univ., facoltà di giurisprudenza, Fondo B. Donati (ceduto dalla figlia), comprensivo della biblioteca, del carteggio epistolare e di documentazione personale relativa alla carriera; necr., in Arch. giur., CXXXVIII (1950), pp. 87 s.; Studi giur. e soc., Milano 1950, pp. 75-79 [di A. Groppali], in Riv. int. di filosofia del diritto, s. 3, XXXVII (1950), pp. 181-85 (bibliogr. alle pp. 185 ss.); Atti e mem. d. Acc. di sc., lett. e arti di Modena, IX (1951), pp. XLIV-L; P. Parenti, Il socialismo giur., in Riv. ital. di sociol., XV (1911), pp. 61 s.; C. Capograssi, Honeste vivere, in Riv. int. di filos. d. dir., VI (1926), pp. 558-565; P. Torelli, Per la storia della codificazione in Italia, ibid., VIII (1928), pp. 518-527; F. Battaglia, Sulla fondazione di una scienza del dir., ibid., IX (1929), pp. 857-865; A. Poggi, Il concetto del dir. e dello Stato nella filos. giur. ital. contemp., Padova 1933, pp. 43.50; W. Cesarini Sforza, Oggettività ed astrattezza nell'esperienza giuridica [1934], in Boll. d. Ist. di filos. d. diritto d. R. Univ. di Roma, I (1940), pp. 86-96, 121-28, 201-20; G. Perticone, Il dir. e lo Stato nel pensiero ital. contemp. Padova 1964, pp. 61 s.; T. Sorbelli, B. D. studioso di cose modenesi, in Atti e mem ... di Modena, IX (1951), pp. LI-LIV; Studi in mem. di B. D., Bologna 1954; R. Orecchia, Bibliogr. di B. D. La filos. del dir. nelle univ. it. 1900-1965, Saggio bibl., Milano 1967, pp. 224-232; Rievocazione di B. Donati, a cura di G. Ambrosetti, Modena 1969; F. Battaglia, Introd. a B. D., Natura e diritto, Bologna 1973, pp. 1-18; Encicl. filos., II, coll. 1072 s.; Novissimo Digesto italiano, Torino 1960, VI, p. 222; Enc. Ital., App. III, 1, p. 500.