BENVENUTI, Giovanni Battista, detto l'Ortolano
Figlio di Francesco di Benvenuto, il B. nacque a Ferrara intorno al 1485; fu detto l'Ortolano dal mestiere paterno. Un documento del 1512 accerta che a quel tempo egli aveva più di venticinque anni, ma né questo né altri due documenti a lui relativi, i soli che si conoscano, riguardano la sua attività di pittore. Tre soli dei suoi dipinti sono datati, rispettivamente 1521, 1524 e 1527. È ignoto l'anno della morte.
Suo unico e poco attendibile biografo fu il Baruffaldi, che scrisse di lui agli inizi del Settecento; ma già un secolo prima, almeno a Ferrara, dove sparsi per le chiese della città e del contado figuravano molti suoi quadri, egli era considerato famosissimo e molto ammirato dagli scrittori locali, e nel 1650 una Pietà pervenuta a Roma nella raccolta Borghese, ov'è tuttora, veniva giustamente riferita al suo nome. Tuttavia alla fine del Settecento il Lanzi poteva lamentare che l'Ortolano venisse da molti scambiato con Benvenuto Tisi detto il Garofalo, altro pittore ferrarese; e infattilostesso Baruffaldi aveva riferito all'Ortolano una Natività in S. Francesco di Ferrara, quadro datato 1513 (oggi nella Pinacoteca di quella città) che già nel secolo scorso fu riconosciuto al Garofalo. Se la confusione con l'altro più famoso pittore ferrarese, verificatasi molto presto, si può spiegare anche col fatto della somiglianza dei nomi, in seguito, nel disinteresse generale per la pittura ferrarese del primo Cinquecento e con la dispersione dei quadri tolti dai luoghi originari, fu normale che tra i nomi dei pittori e quei dipinti si alterassero i giusti riferimenti: per cui a quadri che oggi, grazie alle precisazioni fatte da A. Venturi, dal Berenson e soprattutto dal Longhi, appaiono tipici del B., toccò in sorte l'attribuzione al Garofalo o al Panetti o al mitico, Ercole Grandi, mentre per secoli passarono come dell'Ortolano opere di altri maestri ferraresi, per esempio la pala dei Giraldoni, già in S. Niccolò di Ferrara (ora nella raccolta Ellis di Worcester, U.S.A.), che è invece di Niccolò Pisano.
La vicenda del B., dei suoi studi e delle sue scelte, si può pertanto ricostruire solo per via filologica, riunendosi per i comuni caratteri stilistici una ventina di quadri sotto il suo nome e facendosi perno su quelli di attribuzione sempre ferma e indiscussa.
Egli esordì, si può supporre, intorno al 1500, inserendosì nella tendenza della pittura meno aulica e più devota che vi fosse in Ferrara, quella del Coltellini e del Panetti, dignitosi ma non grandi artisti, impegnati ad adomare le chiese cittadine dietro commissione di parroci senza troppe pretese. Ma da essi il B. si differenziò fin dal principio, per un accento insistentemente posto anziché sulla compunzione dei santi personaggi, d'altronde da lui già atteggiati secondo l'euritmia del classicismo peruginesco, sul lume naturale, per dare nuova concretezza ed evidenza alle figure e agli oggetti., in una atmosfera sobria e severa. Tipica l'Adorazione del Bambino (Parigi, Museo del Louvre): soggetto particolarmente caro al B., che ne diede diverse versioni, tra le quali quella conservata oggi a Roma (Galleria Doria) e quella a Copenaghen (Museo di Belle Arti).
La sua cultura che dapprima accoglieva solo fatti locali o comunque ancora quattrocenteschi, da Ercole Roberti al Boccaccino al Perugino, come si vede nella lunetta con Pietà della Pinacoteca di Ferrara, si arricchì a un certo momento dei portati della nuova civiltà figurativa irradiantesi da Roma. Un riflesso della S. Cecilia di Raffaello si coglie in qualche suo quadro, per esempio nella S. Margherita, datata 1524, già nella chiesa della Consolazione di Ferrara, oggi a Copenaghen (Museo di Belle Arti); e il S. Demetrio nella pala d'altare con Tre santi già nella parrocchiale di Bondeno, oggi a Londra (National Gallery), sembra voler ripetere il gesto del Geremia di Michelangelo nella volta della Sistina. In quest'ultimo quadro si avverte anche l'influenza di Dosso Dossi, il maggiore pittore ferrarese della prima metà del sec. XVI, per l'intensa caratterizzazione psicologica delle teste. Nelle sue ultime opere il B. si impegnò molto a fondo nell'orchestrazione dei gesti delle figure, esprimenti con vigore sentimenti elementari, ma ad un livello eroico, in piena comprensione del classicismo romano; esemplari le due Deposizioni di Cristo (rispettivamente a Roma, Galleria Borghese e a Napoli, Museo di Capodimonte, quest'ultima del 1521). Nell'ultima sua opera datata, l'Adorazione del Bambino della Galleria Doria, del 1527, forse per influenza del soggetto tante volte trattato, si ritrovano, accanto alla bellissima figura della Maddalena, atteggiata come una figura di Raffaello o di fra, Bartolomeo, i patetici manichini tipicamente ferraresi ai quali, più che al resto, rimase affidata la fama, in verità non abbastanza grande, di questo non ancora ben studiato pittore.
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