BENUCCIO
Indicato dai contemporanei come "Benuccio barbiere", "Benuccio da Orvieto", "Benuccio barbiere da Orvieto", nacque probabilmente ad Orvieto e visse a Firenze tra la fine del sec. XIV ed il primo decennio dei secolo successivo. Fu - come Pietro Canterino da Siena, Geronimo del fu Megli detto Puccio, Ricca, Cerretano da Pola - uno di quei "canterini", che, abbastanza numerosi in Toscana e in Umbria, erano chiamati ad allietare i banchetti e le riunioni dei ricchi e dei nobili con composizioni generalmente burlesche, per le quali ricevevano compensi esigui e saltuari che li costringevano a rinnovare continuamente, fra molte lamentele e proteste di miseria, le loro richieste di aiuto dinanzi ai loro patroni. B. mantenne una corrispondenza poetica con altri rimatori assai più famosi di lui, quali Iacopo da Montepulciano e Franco Sacchetti; a quest'ultimo indirizzò, infatti, due sonetti, cui il Sacchetti rispose poeticamente.
Il Morpurgo, dopo aver sottoposto al vaglio di un'attenta critica il manoscritto del sonetto "Poiché la ria fortuna à pur voluto", indirizzato a Iacopo da Montepulciano e pervenutoci con le sue rime, poté stabilire che l'autore dei sonetto stesso era un "Benuccio barbiere da Orvieto" e non già - come si legge nel titolo dei sonetto stesso, quale appare nella edizione che è stata data dal Gentile - un anonimo "barbiere da Corneto". Partendo da questa constatazione, il Morpurgo, sulla base di convincenti argomentazioni linguistiche e lessicali, giungeva a stabilire che il "Bonuccio" o "Benuccio da Orvieto", corrispondente del Sacchetti e l'altro coevo e Benuccio barbiere", autore della canzone "0 be' Signior, poi che mangiato avete", erano la stessa persona che l'autore del ricordato sonetto "Poiché la ria fortuna à pur voluto", da identificarsi assai verosimilmente con quel "Benuccio di Giovanni da Orvieto" che figura, tra il 1386 ed il 1408, iscritto nella matricola dell'Arte dei medici e degli speziali di Firenze.
Sappiamo che B. fu per qualche anno assente da Firenze; durante questo periodo, anteriore al 1392, egli fu a Pisa, secondo quanto risulta da un suo sonetto indirizzato ad Alberto degli Albizzi ed inserito in una collana di composizioni poetiche in lode della bellezza di Elena di Niccolò di Giovanni Franceschi del Vivaio; in essa, infatti, oltre a lodarsi Elena, "che sta a Pisa", vengono anche nominate persone che sappiamo morte appunto nel 1392.
Di B. ci sono ignoti il luogo e la data di morte.
Nella canzone "O be' Signior, poi che mangiato avete" - stilisticamente assai vicina al capitolo "Cari signor, po' che cenato avete" di Pietro Canterino da Siena - B. si lamenta con i signori fiorentini di non aver ancora ricevuto da essi compenso alcuno, dopo che egli aveva fatto ascoltar loro, su espresso invito, i propri sonetti e le proprie canzoni. La canzone innesta le lamentele e le richieste del poeta su di un tema, non insolito in questo tipo di minore poesia trecentesca, quello della varia natura delle frutta; tale tema, che costituisce l'ossatura anche del ricordato capitolo di Pietro Canterino, era stato svolto pure da Antonio Pucci in un capitolo citato dal Sacchetti nella novella CLXXV della sua raccolta. Specialmente se raffrontata con composizioni di altri autori che trattarono lo stesso tema, si deve sottolineare che B., in questa sua canzone, seppe animare l'argomento, senza indulgere a pedanterie elencatorie; e in questo appunto consiste quello che è il maggior pregio della sua canzone.
Sullo stesso argomento dei lamenti di indigenza e delle richieste di aiuto finanziario si svolge anche la superstite parte iniziale del sonetto "Poi che la ria fortuna à pur voluto". Altre composizioni di B., soprattutto canzoni e sirventesi, non improbabilmente composte dietro commissione, hanno come oggetto la consueta lode delle bellezze femminili, lode che costituisce il tema fondamentale anche dei sonetti da lui indirizzati al Sacchetti. Varie composizioni sono conservate nel manoscritto Laurenziano Rediano 184.
Fonti e Bibl.: F. Sacchetti, Il libro delle rime, a c. di A. Chiari, Bari 1936, pp. 325-327; A. D'Ancona, I canterini dell'antico Comune di Perugia, in Varietà storiche e letterarie, I, Milano 1883, pp. 39 ss.; L. Gentile, Rime inedite di Jacopo da Montepulciano e d'altri a lui, in Giorn. stor. della lett. ital., III (1884), pp. 222 ss. e, in partic., p. 230, dove è pubblicato il sonetto di B. inviato a Iacopo da Montepulciano; F. Flamini, La lirica toscana del Rinascimento anteriore ai tempi del Magnifico, Pisa 1891, pp. 446, 710; S. Morpurgo, F. Flamini. La lirica toscana del Rinascimento anteriore ai tempi del Magnifico, in Riv. critica della lett. ital., VII, 3 (1891), col. 69; F. Novati, La poesia sulla natura delle frutta ed i canterini del Comune di Firenze nel Trecento, in Giorn. stor. della lett. ital., XIX (1892), pp. 55 ss., e in partic. pp. 75-77, dove è pubblicata la canzone "O be' Signior, poi che mangiato avete" (pubbl. poi in Attraverso il Medio Evo, Bari 1905, pp. 327 ss.).