CAPACCI, Benuccio
Nacque a Siena nel 1430 da Cristoforo d'Andrea e da Biagia Piccolomini. Il padre, distintosi nell'attività politica e diplomatica al servizio della Repubblica di Siena, poteva lasciare ai numerosi figli un cospicuo patrimonio e aprire loro le porte alle principali magistrature dello Stato senese in rappresentanza del monte (o fazione) del Popolo.
Nel 1451 il C. siedeva già nel Concistoro del Comune di Siena per il terzo di Camollia, restando in carica durante il bimestre luglio-agosto. Aveva certamente seguito gli studi giuridici, poiché esercitava la professione di notaio, ma nel frattempo doveva già essere stato introdotto alla pratica dei commerci con i fratelli Andrea, Conte e Salimbene, con i quali, in seguito, avrebbe intrapreso importanti traffici e speculazioni.
Nei mesi di novembre e dicembre del 1456 sedeva di nuovo nel Concistoro, ma soltanto l'anno seguente poteva compiere una delle più proficue esperienze nel campo dell'amministrazione finanziaria della Repubblica, quale membro per un anno, da maggio, della magistratura del Sale e Paschi.
La compagnia dei fratelli Capacci si era, intanto, impegnata in un'intensa attività di investimenti e probabilmente anche di prestiti, poiché nella denunzia dei redditi al governo della Repubblica per il 1465 Andrea, anche a nome degli altri ed evidentemente dello stesso C., poteva dichiarare di avere gli interessi della famiglia investiti nella produzione della lana e nel traffico dell'allume.
Nel 1468 il C. e i fratelli erano iscritti per un reddito di 13.550 lire, il più alto della compagnia di S. Donato a lato ai Montanini, dove possedevano i loro edifici. Essi godevano di ampio prestigio nel mondo politico ed economico non solo senese, ma, come dimostrano gli eventi di cui soprattutto il C. sarà protagonista negli anni successivi, anche fiorentino e toscano.
Il C., dopo avere nuovamente rivestito la carica di membro del Concistoro nel bimestre luglio-agosto 1463, tornò nel settembre-ottobre del 1470 a svolgere le medesime mansioni, a pochi giorni dalla conclusione delle trattative per l'impresa più audace e dalle conseguenze più drammatiche della sua attività speculativa. Dal principio del 14700 il C., d'accordo con i fratelli, aveva chiesto ai Volterrani che gli fossero concesse in appalto alcune cave di allume. Nonostante l'oppositone di una parte della classe dirigente volterrana, la proposta fu accettata e la concessione effettuata il 22 agosto a nome del C., che si riservò di comunicare in seguito i nomi dei soci: tre fiorentini e due volterrani, oltre ai suoi fratelli.
All'affare non mancò la promessa di appoggio degli ottimati fiorentini e forse dello stesso Lorenzo de' Medici, come dimostrarono gli eventi e come lasciava sospettare la audacia del C., che aveva affrontato il rischio di provocare una frattura tra gli imprenditori volterrani, escludendo la maggior parte di essi.
Infatti i mercanti esclusi tentarono dapprima di denunciare la nullità della convenzione, accusando il C. di avere corrotto Antonio Ivani, cancelliere della Repubblica volterrana, ma lo sfratto decretato al C. e ai suoi soci dovette essere revocato per l'intervento di Lorenzo de' Medici.
A quest'epoca risalgono le buone relazioni, ampiamente documentate, tra il C. e i fratelli e il Magnifico, relazioni che prendendo occasione dai comuni interessi economici si estendono al piano politico, dei rapporti tra Siena e Firenze. Dalla primavera del 1472 il C. e i fratelli intrattengono con il Medici un carteggio che ha, tra l'altro, per oggetto la definizione della controversia sui confini tra Lucignano e Foiano in Val di Chiana, scoppiata tra la Repubblica senese e la Signoria fiorentina. In ottobre il C. prega Lorenzo di ottenere per lui una commendatizia dal pontefice Sisto IV. Probabilmente in questa occasione il C. ricevette il titolo di cavaliere gerosolimitano, con il quale è citato in alcuni documenti ufficiali negli anni seguenti.
Nonostante che il C. fosse stato reintegrato dal Medici nell'esercizio dei suoi diritti di sfruttamento delle miniere volterrane, il 22 febbr. 1472 una sollevazione popolare lo cacciò nuovamente da esse, determinando l'intervento di Firenze a tutela degli interessi dei suoi cittadini e lo scoppio di una guerra conclusasi con il sacco di Volterra.
La controversia fu, infine, risolta dalle decisioni del Magnifico che sostituì abilmente agli interessi del C. quelli fiorentini, agevolando i concittadini nella ripresa dell'esercizio della miniera. Persino la delibera d'indennizzo votata a Firenze il 29 luglio 1472 non fu immediatamente eseguita e, solo su richiesta del governo senese, al C. fu concesso, nel 1484, un indennizzo di 1.000 fiorini pagati poi, in dodici anni, dall'arte della lana.
L'atteggiamento della classe dirigente senese in tutta la vicenda era stato piuttosto ambiguo e già si erano manifestate profonde divergenze originate dalla lotta per il potere tra le fazioni. Tuttavia il C. aveva saputo fare pendere la bilancia dalla propria parte, nonostante la decisa ostilità degli elementi popolari che desideravano seguire la politica di tradizionale avversione verso Firenze.
Egli ottenne infatti il consenso dei Fiorentini ad una soluzione della questione dei confini tra Lucignano e Foiano gradita ai Senesi, evitando che la lotta tra le fazioni si facesse più aspra. Nello stesso tempo era riuscito a ridurre al minimo i danni che derivavano alla sua compagnia dal fallimento dell'impresa di Volterra. Nel 1474 era in rapporti d'affari con l'ospedale di S. Maria della Scala di Siena e quattro anni dopo la famiglia poteva ancora vantare un reddito di poco inferiore a quello denunciato nel 1468.
La situazione politica senese, gravemente deterioratasi, esplose, nel 1480, in uno scontro tra i monti che condusse alla estromissione dal governo di appartenenti all'ordine dei Riformatori e del Popolo. I fratelli del C., Andrea e Salimbene, furono esiliati. Ma una nuova sollevazione li riportò in Siena e, mentre Salimbene fu reintegrato nelle sue funzioni di rettore dell'ospedale di S. Maria della Scala, il C. rientrò nella vita pubblica, assumendo nel bimestre maggio-giugno 1483 la carica di capitano del Popolo. Durante il periodo della sua carica fu deciso tra l'altro di stipulare una lega con i Fiorentini che sancisse la pace raggiunta l'anno precedente a conclusione della guerra della congiura dei Pazzi. Non è improbabile che lo stesso C. fosse tra i maggiori sostenitori di questa politica filo-medicea.
L'anno seguente il C. è nuovamente in rapporti d'affari con l'ospedale di S. Maria della Scala e appare citato nel ruolo dei cavalieri di Malta del 1510, per l'ultima volta.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Sìena, ms. A 49: Famiglie nobili esistenti. Battezzati, c. 21; ms. A 54: Famiglie nobiliesistenti. Matrimoni, c. 19; ms. A 62: Risieduti nei magistrati di Siena di famiglie esistenti, II, c. 132; ms. A 95: Catalogo deglioffiziali de' paschi e dogane, a. 1457; ms. A 13: A. Sestigiani, Famiglie nobili senesi, cc. 232, 232t; ms. C 12 bis: Spoglio delle deliberazioni del Concistoro, n. DCLXXXIII; ms. A 68: Risieduti in Siena di famiglie esistenti dell'ordine del Popolo, cc. 126, 126t, 127; Lira 66, c. 47t; 71, c. 14t; 169; Ospedale di S. Maria della Scala, 527, c. 247; 524, cc. 249, 432, 433; Concistoro 700, cc. 1, 13, 14t, 15; Particolari. Famiglie senesi 32; Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato, XXI, c. 314; XXII, c. 283; B. Dal Pozzo, Ruolo generale dei cavalieri gierosolimitani, Messina 1689, p. 21; A. Hyvani Sarzanensis Hist. de Volaterrana calamitate, in Rerum Ital. Script., 2 ed., XXIII, 4, a cura di F. L. Mannucci, pp. IX, X, XVI, 7-11, 13-15, 25 s.; L. Zdekauer, I Capitula Hebraeorum di Siena (1477-1526) con documenti inediti, in Archivio giuridico Filippo Serafini, LXIV (1900), p. 269; E. Fiumi, L'impresa di Lorenzo de' Medici contro Volterra (1472), Firenze 1948, pp. 33 ss., 66 ss., 72-77, 95, 97, 105, 119, 126, 160, 166,173, 185.