BENINTENDI
Famiglia fiorentina dedita nei secc. XV e XVI alla lavorazione di statue al naturale, in cera, e per questo detta anche dei "Ceraiuoli" o dei "Fallimagini".
Gli artigiani di questa famiglia si tramandarono l'arte di padre in figlio, ma le loro opere sono andate purtroppo tutte perdute per incuria e per deterioramento stesso della materia. Per lo più si trattava di ex voto (chiamati allora "boti"), in misure naturali, che venivano appesi soprattutto nel chiostro e nel santuario della SS. Annunziata, trattati con una tecnica di lavorazione e colorazione, a cui fa un piccolo accenno il Vasari. Apprendiamo così che, una volta ultimata, la statua veniva dipinta nelle parti del carnato e delle mani con biacca e minio; spesso era fornita di parrucca, oppure i capelli erano tinti con nero di carbone, e vestita secondo la moda dell'epoca. Che la famiglia B. fosse assai attiva nelle due botteghe di corso Adimari e di via dei Servi lo apprendiamo dalle fonti del convento dove sono frequenti sia le ordinazioni sia i pagamenti fatti dai frati.
La famiglia B. * Fallimagini", distinta per il soprannome da altre due omonime, abitava nel quartiere di Santa Croce. Fra i suoi maggiori artisti sono da ricordare, accanto a tanti altri, Iacopo, suo figlio Zanobio e suo nipote Orsino. Le notizie riguardanti Iacopo sono assai rare. Zanobio (Arch. di Stato di Firenze, Carteggio mediceo av. Principato, filza 32, c. 10:14 marzo 1404) fu uno dei continuatori dell'arte votiva in ceroplastica:, kiomo assai valente, fu amico di Lorenzo il Magnifico, e aveva la sua bottega in via del Cocomero, dove lavorava per i palchi della chiesa della SS. Annunziata in collaborazione con i due figli Giovanni e Paolo. A quest'ultimo è attribuita un'immagine del re di Danimarca, dedicata nel 1478. Più importante e più famoso fu invece Orsino, di cui non conosciamo la data di nascita, mentre sappiamo che morì nel 1498; nel 1440 entrò alla scuola del Verrocchio che si dilettava a formare "boti" non più di gesso ma di cera. L'alunnato presso il Verrocchio dimostra chiaramente che i Benintendi da artigiani stavano ormai passando nell'ordine degli artisti. Le sue opere, secondo il Vasari e un libro di ricordi del convento dei Servi (Arch. di Stato di Firenze, Conv. Soppr. 119, filza 5 9, C. 24 r; G. Baccini, in Zibaldone, Firenze, genn. 1888, p. 87), portavano come riconoscimento di Orsino "un 0 grande con una R dentrovi ed una croce sopra". Fu Orsino che eseguì i "boti", in seguito alla congiura dei Pazzi nel 1478, di tre ritratti di Lorenzo, in misure naturali, con l'ossatura in legno e con capelli.
Purtroppo, in seguito ai lavori fatti per la chiesa della SS. Annunziata, le varie statue di cera, tolte dai palchi e poste nel cortile lentamente si sono sciolte e l'arte di questa famiglia, che tanta fama e fortuna aveva avuta nei secc. XV e XVI, si è spenta con esse.
Bibl.: G. Vasari, Le vite…, a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, pp. 373-375; F. Baldinucci, Vocabolario toscano dell'arte del disegno, Firenze 1862, pp. 31, 158 (ad vocem statua); B. Varchi, Storie fiorentine [1721], a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1958, p. 123; G. Richa, Notizie istoriche delle Chiese fiorentine, VIII, Firenze 1759, p. 8; F. Sacchetti, Le Novelle,Firenze 1860, I, pp. 262-264; II, pp. 125 s.; L. Gonse, Le musée Wicar, in Gazette des Beaux-Arts, XVII (1878), pp. 204 s.; Spire Blondel, Les cires de la collection Spitzer, ibid., XXIV (1881), pp. 289-296; Id., Les modeleurs en cire, ibid., XXV(1882), pp. 493-504, XXVI (1882), pp. 259-272, 429-439; L. Couraiod, La collection de médaillons de cire du Musée des antiquités silésiennes à Breslau, Paris 1884, pp. 236-249; G. Mazzoni, I boti della SS. Annunziata, in Rivista fiorentina, I(1908), pp. 9-18; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VI, Milano 1908, p. 228; G. Masi. La ceroplastica in Firenze nei secc. XV e XVI e la famiglia Benintendi, in Rivista d'arte, IX (1916), pp. 124-142; U. Thieme-F. Becker, KünstlerLexikon, III, p. 328.