BENIN (A. T., 109-110-111)
Nome d'una regione, d'una città e d'un fiume dell'Africa occidentale, protettorato della Nigeria meridionale.
Il nome era dato dapprima alla costa atlantica, bassa e sabbiosa, senza porti, che, scoperta dai Portoghesi nel 1485, si estendeva da Capo San Paolo (Costa d'Oro) a Capo Formosa (presso il delta del Niger); per questo i possessi francesi del Dahomey vennero denominati fino al 1894 "Établissements français du golfe de Bénin"; venne poi chiamata baia di Benin (Bight of Benin) la zona costiera del Lagos. La regione del Benin, limitata a S. dalla costa, a O. dal Lagos, a N. e NO. dal paese di Yoruba, a E. e SE. dal Niger, costituì fino al 1897 un regno dispotico, situato in una pianura alluvionale, fertile ma piuttosto malsana, lambita dai rami occidentali del Niger, che, per l'abbondanza di palme da olio, hanno preso il nome di Oil Rivers. Questo prodotto ha sostituito l'antico assai florido commercio di schiavi, che trovava condizioni favorevoli per la possibilità di raggiungere la costa solo con piroghe che potevano sfuggire al controllo delle imbarcazioni maggiori. Benin, capoluogo della regione, sotto il protettorato inglese dal 1886, è a 230 km. dallo sbocco del fiume Benin sulla costa e a circa 35 km. dal porto fluviale di Gwato. Conta ora 15.000 ab. ed è mercato d'olio di palma, legname, riso, zucchero, denti d'elefante.
Storia. - Poco è noto della storia del Benin, poiché tale stato indigeno si dimostrò sempre refrattario alla penetrazione musulmana, mantenendosi fanaticamente fedele all'indigete culto feticista. Anzi la sua notorietà deriva appunto dalla spietata crudeltà con la quale, fino ai giorni nostri, si sono perpetuati in esso i sacrifizî umani, proprî a quel culto. L'indipendenza sempre mantenuta e il timoroso rispetto dimostratogli dai vicini, attestano che il Benin ebbe e seppe mantenere a lungo una forte organizzazione militare, analoga a quella che rese potente e famoso l'Ashanti.
Nel 1485 il portoghese Alfonso de Aviro penetrò nel Benin, seguito poi da Fernando Poo, e da allora fino a tutto il sec. XVI quel regno subì l'influenza portoghese. Lo attesta, fra l'altro, il fiorire che si verificò allora nel Benin dell'arte della fusione del bronzo a "cera perduta", insegnata dai Portoghesi agl'indigeni e della quale questi si servirono per fondere statuette e bassorilievi modellati con squisito senso d'arte, che oggi si ammirano al Brítish Museum (le "antichità di Benin"). Valendosi delle patenti concesse dalla regina Elisabetta alla African Company of English Merchants, nel 1589 si recò al Benin la prima spedizione commerciale inglese; ne era a capo il Windham, al quale faceva da guida il portoghese Antonio Anes Pinteado; essi fecero incetta di pepe e s'intrattennero col re del Benin in lingua portoghese.
Dalla fine del sec. XVI il Benin non fu più frequentato da europei. Il 3 dicembre 1823 morì a Gwato, città di confine di quel regno, l'italiano Gian Battista Belzoni, noto ricercatore d'antichità egiziane fra il 1815 e il 1819, che s'era arditamente proposto di attraversare il Benin per recarsi ad esplorare Tombouctou. Gl'Inglesi, dalla loro colonia di Lagos, più volte, ma invano, cercarono d'entrare in rapporti coi sovrani del Benin, non solo per scopi commerciali, ma anche per far cessare l'incetta degli gchiavi e i sacrifizî umani; nel 1892 riuscirono infine a concludere un trattato. Nel gennaio 1897 una missione inglese s'avviò al Benin per stringere vieppiù i rapporti col re Averami, ma, prima ch'essa giungesse alla capitale, le truppe del re, che stavano in agguato nella foresta, furono addosso agl'Inglesi e li massacrarono tutti, ad eccezione di due che dopo infiniti stenti riuscirono, sebbene feriti, a porsi in salvo. In seguito a questo tradimento, l'ammiraglio Rawson, che si trovava con la sua squadra poco distante, organizzò con grandissima rapidità una spedizione punitiva di 1200 uomini, che il 17 febbraio prese d'assalto la capitale del Benin. I vincitori, quando entrarono nella città, si trovarono di fronte ad uno spettacolo raccapricciante; dinnanzi agli altari degl'idoli il terreno era intriso di sangue umano ancor fresco e dovunque giacevano ammonticchiate a centinaia le vittime dei sacrifizî.
Arte. - L'arte fiorita in questo regno destò vivissima ammirazione non appena fu conosciuta in Europa, e fu causa della voga degli oggetti di arte negra nel dopoguerra. I musei di Londra e della Germania hanno vaste collezioni di bronzi fusi e cesellati, avorî intagliati, sculture in legno, lavori tutti dovuti agli artisti del regno di Benin, insigni per la maestria dell'esecuzione e la finezza del lavoro. Ricerche e scavi di scienziati tedeschi hanno dimostrato che la lavorazione del bronzo nel Benin è di molto anteriore a qualunque influsso europeo; ma, se l'arte che tutti questi lavori rivelano è essenzialmente africana, non si può negare che la tecnica si sia notevolmente perfezionata sotto l'influenza europea, forse del Rinascimento, per il tramite dei navigatori portoghesi: ne è prova il fatto che l'arte nel Benin raggiunge il suo apogeo nei secoli XVI e XVII. (vedi Encicl., I, pp. 769-771).
Bibl.: Wilson, Western Africa, Londra 1856; Boisragon, The Benin massacre, Londra 1897; H. L. Roth, Great Benin, its customs, art, horrors, Halifax 1903. Per l'arte: C. H. Read e O. M. Dalton, Antiquities from the city of Benin and from other parts of West Africa in the British Museum, Londra 1899; A. Pitt Rivers, Antique works of art from Benin, [Londra] 1900; K. Hagen, Altertümer von Benin in Museum für Volkerkunde zu Hamburg, Amburgo 1900; J. Marquart, Die Benin-Sammlung des Reichsmuseums für Völkerkunde in Leiden, Leida 1913; F. v. Luschan, Die Altertümer von Benin, Berlino 1919, voll. 3. La cronologia delle antichità di Benin è studiata da B. Struck, in Z. Ethnol., Berlino 1923, pp. 183-66; Talbot, The peoples of Southern Nigeria, Londra 1926.