BENIGNO
Un profilo, spiccatamente agiografico, di questo abate generale della congregazione vallombrosana nel primo trentennio del sec. XIII è tracciato da una anonima Vita sancti Benigni, compilata dopo circa un secolo dalla morte.
Dobbiamo al testo, con la notizia della nascita di B. a Montevarchi, gli accenni alla sua ordinazione sacerdotale e al susseguente conseguimento di un beneficio ecclesiastico nella chiesa di Figline, non distante da Montevarchi. La maturazione della sua vocazione monastica è dal biografo collegata ad una crisi sentimentale, per superare la quale B. intraprese un pellegrinaggio a Roma, concluso al ritorno coll'ingresso nella congregazione vallombrosana. L'impegno della nuova risoluzione è, peraltro, sottolineato dalla richiesta del giovane monaco di potersi dedicare all'osservanza più rigorosa in una delle celle eremitiche sorte a Vallombrosa nei pressi della grande abbazia.
Manca nel testo qualsiasi indicazione cronologica, se si eccettua il vago riferimento offerto dall'accettazione di B. in religione ad opera dell'abate Terzo (1179-1190). La data comunemente assegnata alla nascita, l'anno 1136, deriva unicamente dalla notizia della Vita sulla morte di B. ormai centenario e - a parte il valore della notizia, un evidente topos, ricorrente nell'agiografia medievale - si fonda del resto su un calcolo che parte da una data di morte (1236) del tutto incerta. Né maggior credito merita l'altra notizia, pure accolta, ma per nulla documentata, dell'appartenenza di B. alla famiglia fiorentina dei Visdomini. Registrata nella letteratura vallombrosana solo dalla fine del sec. XVII, contrasta oltretutto con altre relativamente più antiche indicazioni (per il cognome Benizzi, attribuitogli nella relazione del ritrovamento delle presunte reliquie nell'anno 1600, cfr. Acta Sanctorum Augusti, I, Antverpiae 1733, pp. 101 s.) e non trova accoglimento neanche nella Vita, nonostante il largo interesse - in altri casi dimostrato dall'autore per le ascendenze nobiliari dei suoi santi.
Il primo documento che riguarda B. è del 1195 e si riferisce ormai alla sua attività come abate di S. Salvi, nel suburbio di Firenze (Arch. di Stato di Firenze, Diplomatico, Badia di Ripoli, 1195 febbr. 6; un doc. del 9 dic. 1190, ora perduto, è regestato ibid., Corp. rel. soppr., nr. 89, 64, f- 40v: un inventario del 1589, che peraltro risulta spesso inesatto nei dati cronologici). Al governo dell'importante monastero vallombrosano B. congiunse presto anche l'alta funzione di visitatore dell'Ordine e, quindi, alla morte dell'abate generale Martino, fu chiamato alla suprema direzione della congregazione.
L'elezione dovette avvenire tra la fine dei 1201 e gli inizi del 1202, giacché la morte dei predecessore risale al 29 nov. 1201 (Annales S. Trinitatis, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XIX, Hannoverae 1866, p. 6), mentre il primo documento di B. come abate di Vallombrosa è del 22 febbr. 1202 (Arch. di Stato di Firenze, Dipl., Vallombrosa, 1201 febbr. 22, st. fior.).
Il governo abbaziale di B., uno dei più lunghi della storia vallombrosana, oltre un trentennio, occupa anche uno dei momenti più importanti della vita della congregazione toscana, che raggiunse, insieme con l'apogeo della floridezza economica, la sua massima estensione geografica. Agli inizi del suo abbaziato, tuttavia, B. si era trovato a dover arginare i sintomi di una incipiente decadenza, resa acuta dalla crisi che l'Ordine aveva attraversato nella seconda metà del sec. XII per l'adesione di molti vallombrosani allo scisma imperiale e la nomina di uno di essi, Giovanni di Strumi, ad antipapa con il nome di Callisto III. L'opera di B., mentre mirava al recupero dell'antica tensione religiosa, tentò anche il rinsaldamento della tradizionale centralizzazione dell'Ordine. indebolita dalle tendenze centrifughe che facevano capo al monastero di Passignano. Uno dei primi atti del governo di B. colpiva appunto Uberto, abate del potente monastero della Val Pesa, che venne deposto (Ibid., Dipl., Passignano, 1204 dic. 6). Innocenzo III sostenne in pieno l'operato di B., non solo confermando la deposizione (28 febbr. 1205), ma ribadendo il diritto di visita dell'abate generale su tutti i monasteri dell'Ordine (8 febbr. 1208).
Come strumento per la graduale attuazione del programma di riforma B. intensificò la periodicità dei capitoli generali, regolarmente da lui radunati dapprima ogni tre anni e, quindi, dal 1216, ogni anno. Ci sono giunti gli atti di otto capitoli, dal 1206 al 1231.
Importanti sono soprattutto le disposizioni del capitolo del 1216, che segnarono l'applicazione alla congregazione vallombrosana dei decreti di riforma sanciti dal concilio lateranense IV. Negli atti del capitolo dei 1216, infatti, ricompaiono le direttive costanti dell'abbaziato di B.: il richiamo agli antichi ideali monastici nella insistenza sulla povertà, nel ribadire la necessità del silenzio del chiostro, nell'inasprimento del rigore penitenziale e persino nel ritorno al grigio abito delle origini; ma anche la rinnovata insistenza sul concetto della diretta dipendenza di tutti dall'abate generale, al quale si deve promettere obbedienza al momento della professione e che giunge a tutti i monasteri attraverso i suoi visitatori, le competenze dei quali sono ulteriormente accentuate.
Ed ancora nella temperie del diffuso anelito di un ritorno alle origini, pur nella nuova formulazione rispondente all'ormai raggiunta ricchezza e potenza dell'Ordine, sembrano muoversi alcuni episodi salienti dei governo di B., come la solenne elevatio del corpo del fondatore, finalmente compiuta il 10 ott. 1210, a diciassette anni dalla canonizzazione (1° ott. 1193), la costruzione della nuova grande chiesa di Vallombrosa, iniziata da B. nel 1224 e terminata nel 1230, ed infine l'ingrandimento del vicino eremo e l'erezione dei suo oratorio, costruito con il contributo del giudice Mariano Il di Torres e consacrato il 12 luglio 1227 dal vescovo Andrea di Praga.
Proprio nell'eremo dove aveva iniziato la sua vita monastica B. volle ritirarsi, ormai avanti nell'età, abbandonando la direzione dell'Ordine. La notizia, presentata dalla Vita, è confermata, per quanto si riferisce alla rinuncia al generalato, da un doc. del 28 maggio 1235, una permuta avvenuta "consensu... domni Benigni olim abbatis" (Arch. di Stato di Firenze, Dipl., Vallombrosa); ma deve tuttavia essere probabilmente ridimensionata per quanto riguarda la vita eremitica dell'abate dimissionario, proprio a motivo dello stesso documento e di altri successivi, che sembrano ancora presupporre una effettiva partecipazione di B. all'attività del monastero. La rinuncia deve porsi agli inizi dell'anno 1234: l'8 dic. 1233 (Ibid., Dipl., Vallombrosa) B. compare ancora come abate, mentre al capitolo del 15 ag. 1234 presiede ormai il suo successore, Valentino. Anche per la data della morte permangono incertezze. È sicuro il giorno, 17 luglio, registrato dal necrologio di S. Prassede (Arch. di Stato di Firenze, Corp. rel. soppr., n. 260, 225, sec. XIII, f. 94v), ma ne ignoriamo l'anno. Anche nell'unico manoscritto della Vita la frase destinata all'indicazione della data di morte non è stata completata e manca degli elementi cronologici (Laur., XX, 6, f. 42v). comunque certamente errata la data, comunemente ripetuta, del 1236, imputabile quasi sicuramente a Bernardo Serra, un cronista vallombrosano del sec. XVI (Compendio delli Abbati generali di Valembrosa..., Venetia 1510, f. 10r). Ancora nel 1241, infatti. l'abate Valentino di Vallombrosa concedeva un'investitura "consensu domni Beningni olim abbatis" (Arch. di Stato di Firenze, Dipl., Vallombrosa, 1241 agosto 27).
È stata attribuita a B. una larga attività letteraria: un trattato ascetico, sermoni, lettere, persino una storia dell'Ordine. Le prime notizie in proposito compaiono nelle Vitae di Gerolamo da Raggiolo, che nel 1479 gli assegna, oltre le "epistole latine ad Ludovicuni regeni Gallie", anche un "librum... qui de anime et corporis claustro dicitur" (Firenze, Bibl. naz., Conv. soppr., B. 4. 920, f. 114v). Il catalogo, ripreso e completato dal Poccianti (M. Poccianti, Catalogus scriptorum Florentinorum... cum additionibus fere 200 scriptorum fratris Lucae Ferrini..., Florentiae 1589, p. 29), che aggiunge una storia dell'Ordine edita a Firenze nel 1500, passa, tramite il Fabricius (I. A. Fabricius, Bibliotheca Latina mediae et infimae aetatis, I, Firenze 1858, p. 163), ai repertori più recenti, ulteriormente arricchito lungo la strada di una raccolta di sermoni. Per questi, anzi, come per il De claustro animae et corporis, giustamente identificato con il Liber claustralis tam monachorum quam canonicorum, è stato segnalato il cod. della Biblioteca naz. di Firenze, Conv. soppr., B. 8. 1895, sec. XV (T. Sala, p. 83).Nessuna delle attribuzioni, tuttavia, regge alla verifica. Non solo appare, infatti, inconsistente la notizia dell'edizione fiorentina della storia dell'Ordine, ma il Liber claustralis risulta non essere altro che un diffusissimo testo del sec. XII, il Claustrum animae di Ugo di Fouilloy, di cui sono presenti nel cod. della Nazionale di Firenze i due libri centrali, secondo una scelta egualmente diffusa (ed. Migne, Patr. Lat., CLXXVI, coll. 1052-1130;per la paternità dell'opera, cfr. H. Peltier, Hughes de Fouilloy, chanoine régulier prieur de Saint-Laurent-au-Bois, in Revue du Moyen Age Latin, II [1946], pp. 25-44); ed infine l'unico elemento per l'attribuzione dei sermoni dello stesso codice (ff. 1-14v n.n.) si riduce al titolo a stampiglio sul piatto anteriore della legatura (Sermoni del B. Benigno), presumibilmente riconducibile all'iniziativa dei possessore del codice, il vallombrosano Tiberio Petracci (m. 1683), non favorevolmente noto per le sue fantasiose ricostruzioni genealogiche vallombrosane. I sermoni si rivelano, del resto, frammenti teologici, fortemente mutili, l'ultimo dei quali peraltro è identificabile con l'opuscolo Deforma absolutionis di s. Tomaso d'Aquino (P. Glorieux, Répertoire des maitres en théologie de Paris au XIIIe siècle, I, Paris 1933, p. 95 bv).
Il ricordo di B. assunse presto le forme del culto, come documentano, oltre che la Vita, il titolo di santo attribuitogli nelle raccolte dei decreti dei capitoli dal sec. XIII, e nei cataloghi degli abati di Vallombrosa (tra cui Firenze, Bibl. naz., Conv. soppr., F. 7. 1196, sec. XIV, f. 42r) e infine, nel sec. XVI, l'inserimento della sua biografia tra quelle dei beati della congregazione (Ibid., Conv. soppr., B. 4. 920, Hieronymus Radiolensis, Vite beatorum Vallimbrosane religionis, ff.114v-115). Si credette di rinvenire anche le sue reliquie tra i corpi dei dieci beati scoperti nel maggio dei 1600 presso le fondamenta della torre di Vallombrosa e a cui si dedicò una cappella nella chiesa abbaziale (1°ag. 1604). Non si ottenne mai, tuttavia, un formale riconoscimento del culto di B. da parte della Congregazione dei Riti e pertanto non ne seguì un vero culto liturgico.
Fonti e Bibl.: Una Vita s. Benigni abbatis fa parte della raccolta di vite di santi fiorentini del cod. Laur. XX, 6, dei sec. XIV. Tutta la raccolta, che presenta caratteri stilistici unitari, è opera di un anonimo vallombrosano, che è da identificarsi coll'autore della Vita s. Humilitatis (Bibliotheca hagiographica latina, n. 4045) e che qui si accontenta di rielaborare, con ambizioni di stile, calcando insieme i toni agiografici secondo modulì costantemente ripetuti in tutta la raccolta, le vite dei suoi santi, per cui attinge sempre a fonti precedenti, generalmente identificabili. Tutta la compilazione è databile al secondo o terzo decennio del sec. XIV. Anche per la Vita s. Benigni sideve presupporre una antecedente biografia, oggi non reperibile, ma che ha subito qui un così profondo rimaneggiamento che non è più possibile un qualsiasi ricorso al testo come fonte storica. È edito in Acta Sanctorum Iulii, IV, Antverpiae 1725, pp. 342-344, dove è anche pubblicata una Vita brevior (ibid., pp. 341-342; Bibliotheca hagiographica latina, n. 1165), a sua volta derivata da una precedente edizione di V. Simi, Catalogus sanctorum et plurium virorum illustrium qui... effloruerunt in Valle Umbrosa, Romae 1693, pp. 54-58: "exms. Florentino Bibliothecae Laurentianae". Ma appare evidente che si tratta dello stesso testo, desunto proprio dal cod. Laur. XX, 6, solo decurtato di alcuni brani apparsi all'editore meno interessanti.
Per le fonti documentarie quanto è sfuggito alle gravi dispersioni degli archivi è ora reperibile nei fondi Vallombrosa, Badia di Ripoli, Passignano, del Diplomatico dell'Archivio di Stato di Firenze. Per gli atti dei Capitoli. cfr. laraccolta dell'Arch. di Stato di Firenze, Corp. rel. soppr., 260, 261, sec. XIV, dove confluiscono diverse precedenti disorganiche e frammentarie raccolte; per il capitolo del 1216 gli atti originali sono invece nel Dipl., Badia di Ripoli, 1216.
T. Sala, Diz. stor. biogr. di scrittori, letterati e artisti dell'ordine di Vallombrosa, I, Firenze s.d. [Ma 19291, pp. 82-84; A. M. Zimmermann, Kalendarium Benedictinum, II, Metten 1934, pp. 464 s., 467; Vies des saints et bienheureux, VII, Paris 1949, pp. 397 s.; R. Davidsohn, Storia di Firenze,Firenze 1956, I, pp. 1052-54; II, p. 23; J. R. Gaborit, Les plus anciens monastères de l'ordre de Vallombreuse (1037-1115), in Mélanges d'archéol. et d'hist., LXXVI (1964), pp. 476 s.; Dict. dHist. et de Géogr. Ecclés., VII, coll. 1327 s.; Dict. de spiritualité, I, col. 1367; Enc. Catt., II, coll. 1348 s.