Vedi BENEVENTO dell'anno: 1959 - 1973 - 1994
BENEVENTO (Benevēntum)
Città di origine sannitica, conosciuta nel IV sec. a. C. col nome di Maleventum, nota poi come colonia romana. La città sorge sul fiume Calore, presso la confluenza del Sabato, sulla via Appia, al punto di biforcazione della via Traiana. Le agitate vicende attraversate dalla città nelle lotte tra il papa e i re di Sicilia e di Napoli, con la parziale distruzione ad opera di Federico II (1241), hanno reso quasi irriconoscibile la topografia antica, con particolare riguardo alla struttura geometrica regolare della colonia romana. La strada principale che percorre la città moderna da E a O (Corso Garibaldi), potrebbe corrispondere all'antico decumanus maximus. I numerosi avanzi monumentali romani sono rimasti sepolti sotto le costruzioni moderne di un centro intensamente abitato. Gli scavi eseguiti negli ultimi anni hanno tuttavia riportato alla luce il teatro (che è stato anche restaurato) e i resti di un grande' edificio, forse termale. Lungo il perimetro N della città si rinvennero, nel 1904, numerose sculture decorative frammentarie di arte egittizzante (conservate nel museo provinciale), provenienti dal tempio della dea Iside, innalzato dall'imperatore Domiziano nell'89. L'ubicazione periferica del rinvenimento permette di riconoscere in quei pressi il pomerium o limite sacro, della città, dato che culti forestieri non potevano, per legge, essere accolti nell'interno della zona consacrata. Il bassorilievo romano sulla fronte della torre campanaria della Cattedrale, con la figura di un suino adorno di vittae o bende sacrificali, sembra essere parte di una composizione di soggetto sacro, rappresentante un suovetaurilia.
Il monumento, però, di capitale importanza per l'età romana è l'arco onorario di Traiano, innalzato all'imbocco della via Traiana. Quest'arco, in marmo greco (m 15,60 × 8,6o), è stato considerato il più bello, forse anche perché il meglio conservato, dei monumenti del genere in tutto il mondo romano. L'iscrizione dedicatoria a Traiano, sull'attico, porta, nel linguaggio delle cariche imperiali, la data del 114 d. C., fra settembre e l'inizio di dicembre. Questa è unicamente la data di apertura della via Traiana, che l'imperatore inaugurò quell'anno, al fine di recarsi più rapidamente a Brindisi, e di là in Oriente, dove riportava in quei mesi le prime vittorie nella guerra pontica, e dove poi morì nel 117. Il compimento del monumento spetta quindi al successore e figlio adottivo Adriano (117-138). I rilievi figurati, di cui le due facce dell'arco si adornano, sono interessanti testimonianze della politica interna ed estera di Traiano.
La faccia interna, verso la città, presenta, dal basso in alto e da sinistra a destra, i seguenti soggetti: 1. Adventus di T. dinanzi alla Curia, ricevuto dal Genius Populi Romani, da un senatore e da un cavaliere; altri cittadini offrono l'oro coronario (è l'adventus a piedi, celebrato dal panegirico di Plinio il Giovane). - 2. T. con scorta di littori e cittadini, guidati dal Praefectus Urbi che lo invita a passare sotto un arco (è il seguito del soggetto precedente). - 3. T. distribuisce le terre ai veterani presentati da Virtus. - 4. T. coi littori va verso un gruppo di cittadini riuniti nel Foro Boario (impulso al commercio). - 5. Triade Capitolina, Ercole, Liber Pater, Cerere, Mercurio. Giove stende la folgore verso due personaggi. - 6. Profectio di T. (non reditus). Nello stesso ordine, i soggetti della faccia verso la campagna sono i seguenti: - 7. T. riceve il giuramento dei capi germanici in presenza di lupiter Feretrius (97 d. C.). - 8. T. con l'Ercole di Gades (?) suo protettore: inizi di T. in Spagna e seguito del soggetto precedente. - 9. T. in tunica militare si fa presentare due giovani da Honos: reclutamento di provinciali. - 10. T. in tunica militare affida un ragazzo e una bimba alla dea Roma, presenti Marte e una divinità dell'Abbondanza (Felicitas?). Roma tiene un aratro. La scena simboleggia i benefici della romanizzazione che fa fruttificare la terra e assicura la prosperità alle future generazioni (cfr. moneta del 112 d. C. con la Dacia fra due fanciulli che tengono uve e spighe). - 11. (Figura di T. perduta a sinistra). Liber Pater, Cerere, Diana e Silvano. Secondo alcuni rappresenterebbero l'Illiria; ma è forse preferibile vedervi un riscontro con la scena n. 5 dell'altra facciata. - 12. T. in tunica militare dinanzi a una donna inginocchiata; dietro, due personificazioni di fiumi. Sembra che T. esiti sul trattamento da dare alle province conquistate e che il suo séguito gli dia consiglio. Tra questi personaggi del séguito, Adriano, in toga. La composizione ricorda la moneta con la dicitura Armenia er Mesopotamia in porestatem reductae (Strack, 1,223, n. 472-4). Nell'interno del fornice due rilievi riferentisi a Benevento: a sinistra, uscendo di città: T. offre un sacrificio, velato; forse ricorda l'apertura della via Traiana; a destra, dinanzi a quattro personificazioni femminili con corone murarie, T. offre alimenti posti sulla tavola; padri di famiglia con fanciulli li ricevono. Raffigura l'istituzione della Alimentatio Italiae, disposizione che ci è nota anche da un decreto inciso su lastra di bronzo relativo ai cittadini di Benevento (C. I. L., ix, 1455), in base al quale venivano concessi prestiti ai piccoli agricoltori (coloni) e, con l'interesse percepito, si provvedeva all'istruzione dei figli dei medesimi. L'insieme della decorazione è quindi come un grande affresco sull'opera di Traiano in Italia (lato interno e fornice) e all'estero (lato campagna). Può darsi che il progetto ne fosse stato concepito sino dall'inizio dei lavori della strada nel 109-110 d. C. È aperta la discussione se i pannelli nn. 5-6, 11-12, sull'attico, presentino differenze di stile notevoli rispetto al resto. È probabile che essi siano stati eseguiti dopo la morte di Traiano, sotto il successore Adriano. La scena n. 12 trova riscontro in monete non anteriori al 20 febbraio 116, data di adozione del soprannome di Parthicus da parte di Traiano. Manca tuttora una definizione critica sul rapporto stilistico fra questi rilievi e i resti del ben noto grande fregio traianeo di cui alcune lastre sono incluse nell'arco di Costantino a Roma, e quindi con la colonna traiana. È un classicismo senza accademia, risentito con vivezza e riscaldato da una fresca sensibilità formale pittorica (tanto che è stato detto, da qualche studioso, che i rilievi dell'arco di B. fossero una testimonianza ante litteram del cosiddetto "barocco" dell'età antonina). Da notarsi che in questo arco, come in quello che si trovava all'ingresso del Foro Traiano, testimoniato sulle monete e in tutte le opere connesse con il Foro, la scultura prende una parte preponderante sulla cornice architettonica dei monumenti; il che ha fatto pensare a qualche studioso che architetto e scultore fossero una stessa persona (v. Apollodoros di Damasco). Particolarmente notevole è il rilievo del fornice, con la institutio alimentaria, dove per la prima volta si ha la presenza, in un rilievo ufficiale, delle classi medie del popolo. La figura che chiude la scena a destra, del padre con la bambina a cavalcioni sulle spalle è una creazione del tutto nuova nell'arte greco-romana. È un momento felice, per nessun'altra via così chiaramente documentato, della storia della scultura romana, con l'equilibrio fra la tradizione classica e lo schietto realismo, che segna una svolta decisiva nella storia dell'arte antica in Occidente.
Bibl.: A. Meomartini, B., Bergamo 1909; O. Marucchi, B. Scoperta archeologica in S. Agostino, in Not. Scavi, 1904, p. 107 ss.; R. Pane, B. Lavori nel teatro romano, ibid., 1924, p. 516 ss.; per l'arco, v.: E. Strong, La scultura romana, Firenze 1926, p. 516 ss.; A. G. S. Snijder, in Jahrbuch, XLI, 1926, p. 94 ss.; R. Paribeni, Optimus Princeps, II, Messina 1927, p. 261 ss.; P. L. Strack, Reichsprägung, I, Stoccarda 1931; L'Arco di Traiano a B. (documentario fotografico "Athenaeum"), Novara s. d.; G. B. Hamberg, Studies in Roman Imperial Sculpture, Oslo 1945, pp. 63-77; M. Rostovtzev, Storia economica e sociale dell'Impero Romano, Firenze 1946, p. 413 ss.; J. Beaujeu, La religion Romaine à l'apogée de l'Empire, I, Parigi 1955, p. 431 ss.
(G. Bendinelli - R. Bianchi Bandinelli)