VINACCESI, Benedetto
VINACCESI (Vinaccese), Benedetto. – Nacque a Brescia intorno al 1666, come si evince da una polizza d’estimo del 1686 (Talbot, 1994a, p. 295).
Suo padre Lodovico proveniva da una famiglia benestante che per molti secoli aveva goduto di condizioni privilegiate in varie città italiane: a Prato nel Duecento e quindi a Firenze e Venezia dal Quattrocento.
Solo all’inizio del Cinquecento il ramo veneziano si trasferì a Brescia distinguendosi sia con attività mercantili, sia con mansioni di contabilità al servizio dei governatori della città. Tra i membri più in vista della famiglia spicca l’erudito Fortunato Vinaccesi (1631-1713), lontano cugino di Benedetto, illustratosi come viaggiatore, linguista, storico locale, bibliofilo, tornitore di lenti, oltre che cultore di pittura e di musica (una genealogia della famiglia è in Talbot, 1994a, pp. 281-288).
Secondo il padre servita Leonardo Cozzando (1694, p. 235) la formazione musicale di Benedetto avvenne sotto la guida di don Pietro Pelli, negli anni Settanta attivo come maestro di cappella nella cattedrale di Brescia nonché, sul versante secolare, come musico di riferimento dell’Accademia degli Erranti. È probabile che Pelli provenisse dalla florida scuola dell’organista e compositore Francesco Turini, che per alcuni decenni, anche secondo la testimonianza di Claudio Monteverdi, costituì un importante punto di riferimento per i musicisti dell’area lombarda. Il tradizionale apprendistato nell’organo e nella composizione di musiche da chiesa fu integrato con la pratica dei generi profani vocali e strumentali allora più apprezzati. È probabile che Benedetto sia stato messo in contatto dal cugino Fortunato con Laura Pico della Mirandola, moglie di Ferdinando Gonzaga, principe di Castiglione delle Stiviere, cui nel 1687, all’età di ventun anni, dedicò la sua prima raccolta musicale, Suonate da camera a tre, op. 1 (Venezia 1687). Sul frontespizio si dichiarava maestro di cappella di questo principe, ma non è improbabile che si trattasse di un titolo puramente onorifico o esercitato in absentia. Nel frattempo, il 27 dicembre 1685, il musicista aveva sposato Veronica Illuminati, che quattro mesi più tardi avrebbe dato alla luce il primogenito Lodovico, a sua volta seguito, nel decennio successivo, da altri cinque figli maschi.
Cozzando dà notizia di una seconda opera a stampa, oggi perduta, Il consiglio delli amanti, overo Cantate da camera a voce sola (Venezia 1688; due cantate contenute nel ms. Vm.7 30 III della Bibliothèque nationale de France potrebbero esserne un vestigio: cfr. Talbot, 1994a, p. 160). L’opera fu dedicata a Ferdinando de’ Medici, principe ereditario di Toscana, in quegli anni assai noto come intenditore di musica e ricercato come patrono. Proprio in quell’anno Ferdinando fu in viaggio nei territori della Serenissima, e l’ipotesi di un incontro con Vinaccesi è plausibile. Da un inventario librario olandese di metà Settecento risulta che la raccolta fosse numerata come «Opera terza». In effetti un’«Opera seconda» di Vinaccesi – una serie di dodici sonate da chiesa a tre dal titolo Sfere armoniche, di cui rimane oggi la sola parte dell’organo (Venezia 1692) – uscì soltanto quattro anni dopo la perduta opera terza: lì, nell’avvertenza, l’autore dichiara che, «venendo alla luce questa mia terz’opera sotto il numero di seconda», l’«ordine» ne «venne prevertito da un supremo comando». Si congettura che la numerazione del Consiglio delli amanti fosse stata anticipata ad arte per compiacere il dedicatario: il giovane principe, se solo non fosse premorto al genitore Cosimo III, sarebbe infatti assurto al trono di Toscana come terzo granduca di nome Ferdinando (Talbot, 1994a, p. 33). Le sonate dell’opera seconda vennero invece dedicate al conte bresciano Alemanno Gambara, lontano cugino di Annibale Gambara cui Antonio Vivaldi avrebbe rivolto nel 1705 la propria raccolta d’esordio. Nel frontespizio Vinaccesi vantò per la prima volta il titolo di cavaliere (è dunque errata la notizia secondo cui il compositore bresciano avrebbe ricevuto l’onorificenza dal re di Francia Luigi XIV dopo aver composto la serenata Sfoghi di giubilo nel 1704; Caffi, 1854).
Desideroso di un posto stabile, Vinaccesi partecipò al concorso bandito tra il 1689 e il 1690 per succedere al dimissionario Carlo Francesco Pollarolo nella carica di organista della cattedrale di Brescia, ma la vittoria arrise al più esperto Giovanni Battista Quaglia. Il musicista cercò quindi la protezione del duca di Modena, Francesco II d’Este, per il quale compose due oratori eseguiti nella capitale del ducato emiliano: Gioseffo che interpreta i sogni, versi di Giovanni Battista Neri (1692, musica perduta), e Susanna (1694), libretto del concittadino Giovanni Battista Bottalini, figura di spicco nell’Accademia degli Erranti, in contatto anche con gli operisti bresciani Pollarolo e Luigi Mancia. Al 1697 risale la rappresentazione, avvenuta probabilmente a Roma presso il cardinale Pietro Ottoboni, della pastorale, su versi di Neri, Chi è causa del suo mal pianga sé stesso (Talbot, 1994a, p. 44; partitura conservata nella Bibliothèque nationale de France).
Soltanto nel 1698 ebbe luogo la svolta decisiva sul piano professionale, con il definitivo trasferimento a Venezia in seguito alla nomina a maestro di coro dell’Ospedaletto (o S. Maria dei derelitti), uno dei quattro grandi ospedali dove le fanciulle orfane della città lagunare potevano trovare non solo ricetto, ma anche un’educazione musicale di prim’ordine. Per questa istituzione, cui fu legato per oltre quindici anni, Vinaccesi dichiarò di aver scritto non meno di quattrocentocinquanta composizioni di vario genere, oggi perdute, come si legge in una sua richiesta di dimissioni, respinta, del 29 maggio 1713; nello stesso documento il musicista, fra i propri meriti, ricordava di aver portato il coro da venti a quaranta «figlie», di aver condotto, «a loro sole spese, maestri di violino, d’oboè e di viola», di aver infine «assistito al coro e suonato l’organo» nelle domeniche e feste di tutto l’anno (Talbot, 1994a, pp. 299-301). Veniva remunerato con uno stipendio annuo di 200 ducati.
Nel contempo, godendo in città di una reputazione crescente, accolse la scrittura per due drammi per musica: L’innocenza giustificata di Francesco Silvani (teatro di S. Salvador, Carnevale del 1699; riprese a Genova, Mantova e Crema) e Gli amanti generosi di Giovanni Pietro Candi (S. Angelo, Carnevale del 1703). Solo un’aria tratta dalla prima delle due opere è pervenuta. Nell’avvertimento anteposto al libretto degli Amanti generosi si dice che il maestro medesimo avrebbe «intrapresa la composizione musicale di questo drama a solo mottivo d’obbedire ad un commando de’ cavalieri a’ quali non ha potuto negarlo, mentre era fuori d’ogni sua intenzione il far più musiche per drami». Del pari legate alla committenza veneziana sono tre serenate perdute, tra cui una «famosa serenata poetica» cantata il 3 settembre 1702 nel Casino accademico alle Fondamenta Nuove, versi di Silvani (Selfridge-Field, 1985, pp. 241 s.; Id., 2007, pp. 636 s.) e i già menzionati Sfoghi di giubilo, scritti «per la nascita del Serenissimo Duca di Bretagna», pronipote di Luigi XIV, eseguiti a Venezia il 21 luglio 1704 nel palazzo dell’ambasciatore francese Joseph-Antoine Hennequin. Si ha inoltre notizia di una pastorale che Vinaccesi inviò da Venezia, il 6 ottobre 1702, a Giorgio Federico, margravio di Ansbach (Talbot, 1994a, pp. 302 s.).
Dopo aver concorso invano, nel 1702, al posto di maestro di cappella nella basilica di S. Marco (gli venne preferito Antonino Biffi), ottenne due anni più tardi la carica di secondo organista accanto ad Antonio Lotti. L’unica stampa musicale del periodo veneziano è la raccolta dei Motetti a due e tre voci (Venezia 1714), con dedica ai procuratori de supra: in premessa l’autore scrive che «a solo uso della Ducale di S. Marco escono alla luce questi miei sagri duetti e terzetti».
Il 6 settembre 1716 una sua non identificata «musica esquisitissima» venne eseguita nel monastero di S. Zaccaria in occasione della festa per la traslazione del corpo del santo (Selfridge-Field, 1985, p. 294). Vinaccesi fu attivo anche come didatta e tra i suoi allievi si annoverano Nicolò Domenico Turri e il tedesco Friedrich Georg Dieterich (Mattheson, 1740, p. 52).
Morì a Venezia il 25 dicembre 1719 per «mal di febre e streteza di peto», come si legge nel registro dei morti dell’archivio parrocchiale di S. Severo (Talbot, 1994a, p. 309). Negli ultimi giorni di novembre il musicista cinquantatreenne si era ammalato gravemente; aveva fatto testamento in data 20 dicembre. Nominò eredi la moglie Veronica e l’ultimogenito Pietro, l’unico tra i suoi figli ad averlo seguito a Venezia, non avendo intrapreso, a differenza dei fratelli, la vita religiosa (ibid., p. 115).
Contemporaneo di Arcangelo Corelli e Alessandro Scarlatti, attivo prevalentemente a Brescia e Venezia, Vinaccesi – malgrado la perdita della maggior parte delle sue partiture – ha lasciato contributi personali nei generi della sonata a tre, della cantata da camera, dei duetti e terzetti da chiesa, dell’oratorio. Nelle giovanili sonate da camera dell’Opera prima risaltano l’elevato numero di movimenti per ciascuna composizione (fino a dodici), titoli di danze più unici che rari (Arcicorente, Pira, Taiheg) e soprattutto il grado di coerenza motivica tra un tempo e l’altro. La presenza di minuetti destinati al «genio di chi godesse il ballare» rivela un influsso di gusto francese. Non è da escludere che l’enigmatica danza Taiheg derivi il nome dal dialetto bresciano: potrebbe avere il significato di ‘taglio vecchio’ (Talbot, 1994b), nel senso di un brano intenzionalmente scritto in uno stile ormai desueto, oppure potrebbe rendere omaggio alla famiglia dei musicisti concittadini Giulio e Luigi Taglietti (in dialetto, Taieč), autori di diverse raccolte di concerti e sonate pubblicate negli anni tra Sei e Settecento (Bizzarini, 2002). Gli eleganti Motetti a due e tre voci intonano testi devozionali latini basati per lo più sulle stesse metafore e immagini poetiche in uso nelle cantate profane di gusto arcadico (Bizzarini, 2004): a livello musicale risalta la maestria nel contrappunto e nel trattamento delle dissonanze, nonché il ricorso, inconsueto, alla forma dell’aria con il daccapo nei movimenti a due e tre voci. Sul fronte della musica liturgica sopravvive parzialmente soltanto una Messa concertata a 8 in doppio coro (Roma, Biblioteca dell’Accademia nazionale dei Lincei e Corsiniana, Musica, V.6).
A detta di Michael Talbot, cui si deve un’approfondita monografia su Vinaccesi oltre all’edizione moderna di alcune cantate da camera, l’oratorio Susanna segna un vertice nella produzione del musicista per quanto concerne sia la sensibilità drammaturgica, sia la finezza della strumentazione.
Fonti e Bibl.: L. Cozzando, Libraria bresciana, II, Brescia 1694, pp. 235 s.; J. Mattheson, Grundlage einer Ehren-Pforte, Hamburg 1740, p. 52; F. Caffi, Storia della musica sacra nella già cappella ducale di S. Marco in Venezia dal 1317 al 1797, I, Venezia 1854, pp. 359 s.; G. Tebaldini, L’archivio musicale della Cappella Antoniana in Padova, Padova 1895; V. Zaccaria, B. V., profilo bio-bibliografico, in Musica Sacra, LXXXVI (1962), n. 1, pp. 12-15, n. 3. pp. 86-89, nn. 4-5, pp. 119-125; Arte e musica all’Ospedaletto, a cura di J. Scarpa, Venezia 1978; E. Selfridge-Field, Pallade veneta: writings on music in Venetian society, Venezia 1985; W. Crowther, The oratorio in Modena, Oxford 1992; A. Romagnoli, La componente strumentale ne “La Susanna” di B. V., in Liuteria e musica strumentale a Brescia tra Cinque e Seicento, a cura di M.T. Rosa Barezzani - R. Cafiero, II, Brescia 1992, pp. 333-353; M. Talbot, B. V.: a musician in Brescia and Venice in the age of Corelli, Oxford 1994a; Id., The Taiheg, the Pira and other curiositiesof B. V.’s Suonate da camera a tre, op. 1, in Music and letters, LXXV (1994b), pp. 344-364; Id., The Marcian motets of B. V., in Giovanni Legrenzi e la Cappella Ducale di San Marco, a cura di F. Passadore - F. Rossi, Firenze 1994c, pp. 227-268; Id., V., B., in The New Grove dictionary of music and musicians, XXVI, London-New York 2001, pp. 647 s.; M. Bizzarini, Diffusione della Sonata a tre nella Brescia di fine Seicento: il ruolo del Collegio de’ Nobili, in Barocco padano 1, a cura di A. Colzani - A. Luppi - M. Padoan, Como 2002, pp. 277-309; Id., Mottetti in Arcadia: per uno studio dell’‘imagerie’ poetico-musicale nel repertorio sacro d’inizio Settecento, in Barocco padano 3, a cura di A. Colzani - A. Luppi - M. Padoan, Como 2004, pp. 247-263; E. Selfridge-Field, A new chronology of Venetian opera and related genres, 1660-1670, Stanford (Cal.) 2007, ad ind.; M. Talbot, V., B., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XVII, Kassel 2007, coll. 2 s.