SOLARI, Benedetto
– Nacque a Genova (o a Chiavari, secondo alcuni autori) il 9 marzo 1742, in una famiglia di giuristi, da Giovanni Andrea e da Rosa Maria Lovat, fu battezzato a Genova con i nomi di Giovanni Battista Benedetto, mantenendo poi, a ricordo del padrino, lo zio Benedetto Maria Solari, canonico della collegiata di S. Maria delle Vigne, soltanto il nome di Benedetto anche dopo l’entrata nell’Ordine domenicano.
Questa avvenne nel 1759, nel convento genovese di S. Domenico, dove trascorse l’anno di noviziato, effettuò i primi studi ed emise la professione religiosa, continuando poi la sua formazione presso lo Studio generale di Bologna. Qui ricevette gli ordini minori (1764) e il sacerdozio (1765), prima di ritornare nel convento di S. Domenico, dove completò gli studi che gli permisero, nel 1773, di insegnare teologia dogmatica nel collegio di S. Girolamo, la nuova istituzione universitaria genovese, sorta in quell’anno in seguito alla soppressione della Compagnia di Gesù.
I buoni rapporti con il governo della Repubblica dovettero spianargli la strada per la nomina a vescovo di Noli, con una procedura assai rapida (marzo-giugno 1778), si passò dalla proposta alla consacrazione episcopale. In una diocesi piccola (1400 abitanti), povera (800 scudi romani di rendita), ma dignitosa, suffraganea di Genova, Solari esplicò sin dall’inizio un attento impegno pastorale, come attestano le diverse relationes ad limina inviate alla congregazione del Concilio. Visitò la diocesi quattro volte tra il 1778 e il 1796, ma compì una successiva visita solo nel 1805, per le difficoltà politico-militari legate al triennio rivoluzionario, adoperandosi per la predicazione popolare, che affidò ai cappuccini, e soprattutto per gli studi del clero e l’organizzazione di un seminario effettivamente funzionante. Su questo secondo fronte dovette tuttavia registrare un sostanziale fallimento, anche se avviò una serie di corsi di latino, filosofia e matematica e adottò per la teologia le Praelectiones Theologicae (Bononiae 1788-1789) del confratello Pietro Maria Gazzaniga, già pubblicate a Venezia nel 1763-1766, frutto dell’insegnamento del religioso nell’Università di Vienna: un ponderoso manuale dalla forte impronta tomista, non immune però da un alone di giansenismo, che ebbe numerose edizioni nel corso del Settecento e ampia diffusione nell’ambito del riformismo ecclesiastico giuseppino.
In questi anni un problema centrale della biografia di Solari è il suo coinvolgimento nei confronti del giansenismo. Tale ‘conversione’, su cui molto si è discusso, dovette avvenire tra il 1792 e il 1793, a opera di Eustachio Degola, già figura di spicco del giansenismo ligure: una ‘conversione’ testimoniata da lettere dello stesso Solari a Degola e da lettere di Degola indirizzate ai sodali toscani, Scipione de’ Ricci, ex vescovo di Pistoia e Prato, e Antonino Baldovinetti, già preposito di Livorno (Carteggi..., 1941-1942, III, 1942, pp. 142 s., 154, 156, 172). Se in una lettera a Degola del 29 ottobre 1794 (II, 1941, p. 703) Solari si esprimeva contro «la perniciosa dottrina dell’assoluta monarchia papale», lodando l’atteggiamento assunto dai campioni della «verità crocifissa» – un orientamento tradottosi due anni dopo, grazie alla mediazione di Degola, nella lettera di comunione del 17 dicembre 1796 inviata alla Chiesa giansenista di Utrecht – la prima manifestazione pubblica del cambiamento di Solari appare dalla lettera inviata dallo stesso al Senato della Repubblica di Genova (8 ottobre 1794), in cui egli denunziò la pubblicazione della bolla Auctorem fidei, di condanna del sinodo di Pistoia del 1786, di cui diremo più avanti, una lettera che fece avere in copia a de’ Ricci, a Baldovinetti, a Giuseppe Pannilini, vescovo di Chiusi, e a Niccolò Sciarelli, vescovo di Colle, il 29 gennaio 1795.
Dietro queste posizioni vi era, però, significativa, la sua riflessione sugli scritti legati al movimento giansenista, alimentata da Degola, che gli procurò, sempre tra il 1793 e il 1794, gli atti del sinodo di Utrecht del 1763, le opere di Zeger-Bernard van Espen, le Réflexions morales di Pasquier Quesnel e probabilmente le opere di Antoine Arnauld, come lo stesso Solari dichiarava in lettere a Degola dell’8 gennaio e del 9 aprile 1794.
Quest’ultima confermava la sua adesione alla dottrina agostiniana, pur con qualche residuo di tomismo, realizzatasi soprattutto attraverso la lettura delle opere di Arnauld, che aveva elaborato gli orientamenti teologici giansenisti appunto alla luce degli scritti di s. Tommaso. Dovette essere comunque un’adesione abbastanza convinta, questa di Solari, se in una lettera del 19 aprile 1794, indirizzata allo scolopio Vincenzo Filippo Guasco, egli esprimeva una sorta di palinodia dei suoi orientamenti trascorsi, «dopo che per la grazia di Dio ho fatto qualche progresso nella cognizione della verità, alla quale non mi sono opposto che per ignoranza» (Carteggi..., 1941-1942, II, 1941, pp. 686 s.).
Parallelamente, in questa direzione, agì quale forte stimolo anche l’esperienza religiosa di un giansenista savoiardo radicale, esule dalla Francia in seguito alle vicende rivoluzionarie, che Solari ospitò nella diocesi, l’inquieto domenicano mistico e asceta Jean-Jerôme Antoine Caffe, definito dagli amici il ‘romito di Noli’, divenuto per qualche tempo anche consigliere e ispiratore di Degola. Come nota giustamente Pietro Stella (2006, III, pp. 58-65), Solari non si mosse nel contesto di un agostinismo giansenista-portorealista, ma neppure sulla linea della scuola agostiniana italiana di Enrico Noris e di Gianlorenzo Berti, e tanto meno in consonanza con le posizioni di Pietro Tamburini, rimanendo sul piano dottrinale sostanzialmente ancorato alle sue radici tomistiche ed esprimendo sul piano ecclesiologico e giuridico orientamenti gallicaneggianti, sensibili, da un lato, al tradizionale giurisdizionalismo genovese e, dall’altro, raccostabili ai maestri domenicani Noël Alexandre e François-Jacques-Hyacinthe Serry.
Non fu perciò un atto improvviso la sua opposizione alla bolla Auctorem fidei del 28 agosto 1794, resa pubblica con decreto dell’inquisitore di Genova il 19 settembre successivo: un caso unico di opposizione di un vescovo e di uno Stato italiano alla bolla, fatto salvo il tardivo exequatur al documento pontificio da parte della Spagna nel 1800. Stando a Solari, la notifica dell’inquisitore sarebbe stata stampata con una licenza statale carpita al sottocancelliere della Repubblica, ma tale autorizzazione non doveva essere considerata una tacita approvazione della bolla, della quale venivano sottolineati negativamente i riflessi politici importanti, derivanti dalle condanne curiali delle proposizioni gallicane del 1682 e dall’affermazione di competenze della Chiesa in materie sulle quali lo Stato rivendicava da tempo il proprio potere di intervento. Dopo la già citata lettera di protesta di Solari al Senato genovese dell’8 ottobre 1794, manoscritta e diffusa con successo negli ambienti giansenisti, lo stesso ne elaborò una versione più ampia (14 febbraio 1796), che Degola pubblicò a Lugano poco più tardi, come si vedrà oltre.
Intanto il Senato aveva richiesto, con decreto del 7 gennaio 1795, il parere di tre teologi consultori, l’agostiniano Prospero Semino e gli scolopi Giovanni Battista Molinelli e Fortunio Benedetto Molfino. A parte si ha un parere di Giambattista Lambruschini, allora parroco di S. Maria delle Vigne, poi vescovo di Orvieto, non richiesto ufficialmente, ma indirizzato a un senatore di cui non viene fatto il nome.
Se Semino ritenne il contenuto della bolla contrario alla sovranità della Repubblica, suggerendone tuttavia la pubblicazione – del resto già avvenuta – con l’avvertenza che fossero comunque salvi i diritti statali; e se Molfino si limitava a richiamare gli articoli gallicani del 1682 nel rifiuto delle ingerenze romane; più articolato e negativo fu il parere del giansenista Molinelli, che entrò in merito alla fallibilità papale su questioni in cui orientamenti teologici si intrecciavano con posizioni di carattere politico, richiamando altre bolle pontificie in materia, come la Unam sanctam, la In coena Domini e la Unigenitus, e sostenendo la liceità da parte dello Stato di intervenire anche su bolle dogmatiche, come del resto si era espresso lo stesso Solari. Orientato in senso fortemente ‘romano’ e curiale è invece il parere di Lambruschini, che si pronuncia nettamente contro gli articoli gallicani e contro la trattatistica episcopalista coeva, negando ogni possibile intervento statale in materie ritenute di pertinenza esclusiva della Chiesa.
Dopo un’ulteriore consultazione collettiva dei teologi, il Senato il 4 gennaio 1796 votò una soluzione di compromesso, dichiarando non placitata e non placitabile la bolla, ma consentendone tuttavia la semplice, e in qualche modo tacita, affissione nella sagrestia delle chiese.
A ridosso di tutta la vicenda, con data 1796 (ma in realtà 1797), Degola pubblicava a Lugano una raccolta di scritti in due volumi, sotto il titolo di Riflessioni in difesa di Mr. Scipione de’ Ricci e del suo Sinodo di Pistoia sopra la costituzione Auctorem Fidei pubblicata in Roma il dì 28 agosto 1794 sotto il nome del Sommo Pontefice Pio VI, costituita da due parti: la prima, anonima, ma attribuibile al carmelitano scalzo Vittore Sopranzi, inclusa nel primo volume, Riflessioni sopra la bolla Auctorem Fidei di Pio VI, preceduta dalle Riflessioni preliminari sopra i caratteri de’ veri o falsi profeti di ogni tempo dello stesso Degola; la seconda, con numerazione propria, costituente il secondo volume, che presenta, con le Riflessioni preliminari storico-critiche, sempre di Degola, i Motivi dell’opposizione del vescovo di Noli alla pubblicazione d’un decreto del S. Ufficio di Genova relativo alla costituzione Auctorem Fidei del N.S. Padre Pio VI e della denunzia fattane al Serenissimo Senato di Genova con lettera del dì 8 ottobre 1794. I Motivi di Solari vennero ripubblicati nel 1798 a Genova dalla Stamperia della Libertà, con il titolo mutato in Motivi dell’opposizione del cittadino vescovo di Noli, in omaggio al clima rivoluzionario. Contro lo scritto intervenne di lì a qualche anno il cardinale Giacinto Sigismondo Gerdil, esponente di spicco dell’antigiansenismo curiale, con un Esame dei Motivi della opposizione fatta da Mgr. Vescovo di Noli alla pubblicazione della bolla Auctorem Fidei, preceduto dall’esame delle Riflessioni preliminari dell’anonimo editore dei medesimi (Roma 1800), cui rispose, riproducendo i Motivi, con una diffusa Apologia (Genova 1804) in tre volumi, lo stesso Solari.
Lo scontro non si concluse però a questo punto. Una condanna dei Motivi si era profilata già tra il 1794 e il 1795, ancor prima che lo scritto venisse dato alle stampe, attraverso una censura di un consultore della congregazione dell’Indice, il minore conventuale Francesco Antonio Contarini, che aveva ravvisato nell’opera posizioni contrarie al magistero papale e offensive riguardo al primato di giurisdizione universale del pontefice. Caduto il tentativo per la crisi che attraversò la Chiesa romana tra la fine del Settecento e il primo quindicennio dell’Ottocento, esso venne ripreso nel 1817, portando all’inserimento nell’Indice dei libri proibiti (30 settembre 1817) non solo dei Motivi, ma anche dell’Apologia di Solari e delle Riflessioni preliminari storico-critiche di Degola, anonime, come si è detto, ma attribuite in questa occasione a Solari, sulla base di una censura (21 maggio) elaborata questa volta dal consultore Giovanni Marchetti, il cui curialismo e antigiansenismo e l’intransigente difesa degli orientamenti romani datavano da tempo. Non è un caso che, accanto ai Motivi, «tromba di ribellione contro l’autorità della Chiesa» (Fontana, in Benedetto Solari. Un vescovo di Noli..., 2010), Marchetti appuntasse l’attenzione soprattutto contro l’Apologia, nella quale egli scorgeva le ragioni dell’adesione di Solari alla Chiesa costituzionale francese, di cui si dirà oltre, il rifiuto dell’Auctorem fidei e altri aspetti, a suo avviso deprecabili, dell’intervento dello Stato in materia sacramentale – come nel matrimonio – tanto da chiedere non il semplice inserimento dell’Apologia nell’Indice, ma il rinvio della questione al S. Uffizio per una più meditata condanna. Una richiesta, questa, che non fu accolta dalla congregazione, ma che segnò comunque, attraverso una condanna postuma, l’ultimo atto di una lontana vicenda.
Il triennio rivoluzionario, con i mutamenti istituzionali e politici della Repubblica di Genova, aprì una nuova fase nella vita di Solari. L’elaborazione di una costituzione democratica, da parte di una commissione in cui furono presenti, tra gli altri, Degola e Solari, incontrò numerose difficoltà riguardo al ruolo da assegnare alla religione cattolica nel regime democratico. Se Solari si pronunciò a favore dei diritti dello Stato sui beni ecclesiastici (articolo 398) e sul conferimento dei benefici (articolo 404), insieme a Degola si espresse a favore del riconoscimento del cattolicesimo quale religione ufficiale della Repubblica, mentre il presidente della commissione, il cattolico moderato Cottardo Solari, e altri membri della stessa commissione inclinavano per una formula costituzionale favorevole alla libertà di culto e a una più larga libertà religiosa, come del resto avveniva contemporaneamente nel caso della costituzione della Repubblica Cisalpina. Il dibattito si svolse anche al di fuori dei lavori della commissione, attraverso una serie di opuscoli ispirati da Cottardo Solari, dallo stesso Benedetto Solari e da interventi di un ex gesuita, Giuseppe Gandolfi (o Gandolfo), che polemizzò con il vescovo di Noli. Non mancò anche una discesa in campo di Degola attraverso i suoi Annali politico-ecclesiastici, poi Annali ecclesiastici (1797-1799), che lui stesso aveva fondato. Un compromesso venne raggiunto con gli articoli 4 e 5 della costituzione, approvata il 2 dicembre 1797, che recepirono l’orientamento favorevole alla religione cattolica e al suo culto pubblico negli ordinamenti statali, escludendo però al tempo stesso forme di controllo o di repressione riguardo ad altre opinioni religiose o a espressioni di esercizio privato di altri culti, sulla base di una tolleranza di fatto e non nella prospettiva di una più larga concezione di libertà religiosa.
In questo arco di anni, pur con qualche specifica presa di distanza da parte di Solari, sembrò accentuarsi una convergenza tra i suoi orientamenti e quelli di Degola, come appare da diversi interventi sugli Annali ecclesiastici, alcuni ispirati da Solari, altri che richiamano il suo nome e la sua partecipazione alle vicende politico-religiose del momento. Così, nel corso del 1798 molti numeri degli Annali dedicano una rubrica, Osservazioni storico-critiche sul Breviario romano, a una riforma del Breviario suggerita da Solari con una lettera a Degola del 20 dicembre 1797 (Savio, 1938, p. 823). A queste Osservazioni seguì la presentazione di pastorali esemplari di vescovi illuminati, come quella, importante, del 25 novembre 1797 su «un sistema ben consolidato di perfetta democrazia», che Solari riteneva confacente «colle massime del sacrosanto Vangelo», in cui si esortavano i parroci e i fedeli a una pronta accettazione del progetto costituzionale genovese, una pastorale stampata dal governo in numerose copie a fini di propaganda politica; e quella del 20 ottobre 1798, ai cittadini della diocesi, circa i dubbi suscitati dalla formula di giuramento per i pubblici funzionari «di abborrire e perseguitare i tiranni e gli anarchisti», una formula che Solari riteneva non disgiunta «dai sani principj della morale evangelica» (Farinella, in Benedetto Solari. Un vescovo di Noli..., 2010, pp. 204 s.).
Una serie di puntate sugli Annali nel corso del 1799, nelle quali si riportava il resoconto degli interventi di Henri Grégoire, vescovo costituzionale di Blois, al concilio nazionale di Parigi del 1797, dovette spingere Solari verso un positivo riconoscimento della Chiesa costituzionale francese, se ancora nel 1796, in due lettere a Ricci, egli si era pronunciato, in dissenso con l’ex vescovo di Pistoia, sulla legittimità di quella Chiesa, respingendone un riconoscimento di fatto, come sosteneva Ricci in due lettere pubblicate sull’argomento, e negando anche sul piano del diritto che i vescovi costituzionali fossero stati eletti secondo le norme canoniche. Una posizione confermata da Solari in una lettera a un parente di Ricci, monsignor Ottavio Ricci, decano della cattedrale di Pontremoli (13 dicembre 1797), lettera che lo stesso Ottavio inviò per conoscenza a Scipione. Né ebbe successo un tentativo di superare l’ostilità di Solari, avviato dallo stesso Grégoire con l’invio di un piego di stampe riguardante il concilio del 1797, cui Solari non diede riscontro. Si comprende in questo contesto la pressoché contemporanea presa di distanza di Solari, in una lettera a Degola del 20 dicembre 1797, nei confronti del progetto di quest’ultimo relativo a una costituzione civile del clero ligure, maturato tra il 1798 e il 1799, ma presto caduto di fronte al difficile contesto politico della Repubblica democratica. La posizione di Solari appare definitivamente superata in occasione della convocazione del concilio della Chiesa costituzionale a Parigi nel 1801, come Degola scrisse in una lettera a Grégoire del 7 febbraio 1801, allorché Solari inviò una lettera di adesione all’iniziativa, un punto di approdo da parte sua, che espresse ancora stima e simpatia verso Grégoire in una lettera a Degola del 21 giugno 1807. Intanto era stato lo stesso Degola a esaltare e a strumentalizzare la posizione di Solari in un opuscolo anonimo, L’ancien clergé constitutionnel jugé par un évêque d’Italie (Lausanne (Paris) 1804), da considerare come un ripensamento del passato, una linea ormai fuori tempo, dopo che il concordato tra Napoleone e Pio VII del 1801 aveva chiuso una pagina dell’esperienza religiosa rivoluzionaria.
Gli ultimi anni segnano un silenzioso appartarsi di Solari tra Noli, Chiavari, per ragioni di famiglia, e Genova, per ragioni di salute: un isolamento di cui è conferma la mancata visita a Pio VII, giunto prigioniero di Napoleone a Savona, nel timore «di cattive prevenzioni insinuate nel di lui animo da suoi teologi curiali», come appare da una lettera a Degola, senza data ma della fine del 1809 o dei primi del 1810. Collaborò tuttavia con il governo genovese, ormai controllato definitivamente dalla Francia riguardo alla soppressione delle congregazioni religiose e la vendita dei beni ecclesiastici, mostrandosi di fatto quale vescovo d’empire nel quadro dell’autoritarismo napoleonico, tanto da ricevere la Legion d’onore in occasione della visita di Napoleone a Genova per l’annessione della Repubblica ligure all’Impero francese nel 1805. Più volte si tentò da parte di Roma di ottenere da Solari una ritrattazione della sua opposizione all’Auctorem fidei, come avvenne nel 1800 attraverso Giuseppe Maria Spina, di lì a poco arcivescovo di Genova (1802), e più tardi, al momento della morte di Solari, attraverso le pressioni esercitate su di lui dai confratelli domenicani Leonardo Strafforelli, Girolamo Silvani e Vincenzo Airenti. Una ritrattazione sempre respinta da Solari, che restò sino all’ultimo, nonostante le sue incertezze e le sue contraddizioni nel contesto del giansenismo italiano tra Sette e Ottocento, testimone del nodo storico della crisi attraversata dalla Chiesa cattolica, fedele «a quella verità che dovea liberarlo», come scrisse Degola, che lo assistette al momento del trapasso, nella Nota dell’autore dell’elogio e confessore del vescovo di Noli che accompagna l’Elogio di Solari, entrambi pubblicati da Angelo De Gubernatis. Morì a Genova il 13 aprile 1814.
Fonti e Bibl.: A. De Gubernatis, Eustachio Degola, il clero costituzionale e la conversione della famiglia Manzoni. Spogli da un carteggio inedito, Firenze 1882; P. Savio, Devozione di Mgr. Adeodato Turchi alla Santa Sede. Testo e DCLXXVII documenti sul giansenismo italiano ed estero, Roma 1938, ad ind.; Carteggi di giansenisti liguri, a cura di E. Codignola, Firenze 1941-1942, I-III, ad ind. (in partic. II, pp. 639-777 per le lettere di Solari, III, Appendice, pp. 741-753 per i consulti dei teologi della Repubblica di Genova, pp. 754-759 per il consulto di G.B. Lambruschini, pp. 760-763 per le memorie e riflessioni di Solari); P. Stella, Il giansenismo in Italia, I-III, Roma 2006 (in partic. III, pp. 11, 13, 58-65 e passim); B. S. Un vescovo di Noli sulla scena europea (1742-1814). Atti del Convegno..., Noli... 2008, a cura di G. Assereto, Savona 2010 (in partic. G. Assereto, La Liguria negli anni dell’episcopato di S., pp. 55-68; S. Badano, B. S., i domenicani genovesi nella seconda metà del XVIII secolo e la diocesi di Noli tra il 1781 e il 1805, pp. 69-156; P. Fontana, «Tromba di ribellione contro l’autorità della Chiesa». B. S. nelle censure romane, pp. 173-188; C. Farinella, La voce dei giansenisti liguri. Religione e politica negli “Annali ecclesiastici” di Eustachio Degola, pp. 189-218); M. Rosa, Il giansenismo nell’Italia del Settecento. Dalla riforma della Chiesa alla democrazia rivoluzionaria, Roma 2014, pp. 202, 227-230.