PISTRUCCI, Benedetto
PISTRUCCI, Benedetto. – Nacque a Roma il 24 maggio 1783 da Federico e Antonia Greco.
La famiglia, di origine romana, si trasferì a Bologna, da dove il padre, giudice di tribunale, fu costretto ad allontanarsi dopo l’arrivo dei francesi (1796), per il ruolo avuto nel processo contro i patrioti Luigi Zamboni e Giovanni Battista De Rolandis.
A Frosinone, dove si rifugiarono per un paio d’anni a causa della taglia posta da Napoleone Bonaparte sul padre, Benedetto ricevette con il fratello maggiore, Filippo (1782-1859), un’educazione artistica presso il pittore Giacomo Mango.
Al rientro a Roma della famiglia, nel 1798, Pistrucci lavorò come apprendista presso il fratello Giuseppe, incisore di cammei. Studiò pittura con Stefano Tofanelli, maestro di Filippo, recandosi con questi a disegnare nelle Stanze di Raffaello nei giorni festivi. Nel 1799 frequentò l’Accademia del disegno in Campidoglio e nel 1800 ottenne il primo premio per la scultura al concorso di settembre della scuola del nudo. Dopo un breve periodo trascorso a incidere cammei presso lo studio del noto incisore Nicola Morelli, decise, all’età di sedici anni, di lavorare in proprio. Dotato di inventiva per la meccanica, ideò e fece costruire, da un suo modello in legno, uno strumento adatto per l’incisione in pietra dura.
Sposatosi nel 1802 con Barbara Folchi, figlia di Pietro e Lutgarda Scarsella, sorella dell’architetto Clemente Folchi (1780-1868), ebbe nove figli: Vittoria (1803), Vincenzo (1804), Caterina (1806), Elena (1809), Camillo (1811), Federico Maria (1814), Raffaele (1818), Elena (1822), Maria Elisa (1824). Fuori dal matrimonio, nacque a Londra nel 1838 il decimo figlio, Benvenuto Benedetto. Tra il 1800 e il 1812 lavorò per orefici come Ignazio Vecovali e commercianti quali Angelo Bonelli, che rivendevano i suoi cammei, privi di firma, per antichi. Si applicò in quel periodo al ritocco del grande cammeo antico allora noto come ‘cammeo di Traiano’ (San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage) e al ritratto in cera e pietra dura per Anna Fedorovna, moglie del granduca Costantino, fratello dello zar Alessandro I di Russia. Trascorse quasi due anni alla corte granducale di Toscana, tra Pisa e Firenze, dove eseguì dal vero in cera e pietra dura i ritratti di Elisa Bonaparte, di Felice Baciocchi, della piccola Napoleona Elisa, oltre a quelli di Paolina Borghese e Carolina Murat e di altri personaggi della corte. Al rientro a Roma, amareggiato per non essere stato incluso da Antonio Canova nel gruppo di quattro incisori in pietra dura nominati nel 1812 accademici di S. Luca e richiesti da Napoleone I a Parigi per la cattedra di incisione, decise, su suggerimento di Bonelli, di partire per Londra in compagnia del fratello Filippo. Costretto a trattenersi per alcuni mesi a Parigi per il rientro di Bonaparte dall’isola d’Elba, ebbe modo di ritrarre l’imperatore dal vero mentre ispezionava le truppe al Bois de Boulogne; lavorò cammei per alcuni committenti e commercianti; strinse amicizia con il medico Augustus Bozzi Granville, che lo avrebbe in seguito ospitato per un periodo a Londra nella sua casa al n. 8 di Panton Square. Pistrucci raggiunse Londra nel 1815, dopo Waterloo, portando con sé alcuni cammei e le lettere di presentazione per il numismatico James Millingen, lord Fife e Charles Dietrich Eberhard König. Quest’ultimo lo introdusse presso sir Joseph Banks, presidente della Royal Society, del quale fu bibliotecario e presso il quale Pistrucci ebbe modo di incontrare eminenti personaggi che ebbero per lui un ruolo determinante. Tra questi, colui che aiutò Canova nelle trattative per le restituzioni delle opere d’arte dalla Francia, William Richard Hamilton (1777-1859), fedele amico e protettore di Pistrucci per tutta la vita. Fu nella casa di Banks, del quale modellò in cera il ritratto dal vero, che Pistrucci ebbe modo, con grande stupore e ilarità dei presenti, di riconoscere in un frammento di cammeo con testa di Flora, esibito come antico dal collezionista Richard Payne Knight, un suo lavoro intagliato a Roma per Bonelli. L’episodio, riferito da Hamilton in una lettera a Canova del 15 luglio 1816 (A. Canova, Epistolario..., a cura di H. Honour - P. Mariuz, 2002, p. 329), suscitò grande clamore con echi anche sulla stampa, contribuendo alla notorietà di Pistrucci. Da Banks fu presentato a lady Spencer, che gli commissionò un cammeo con San Giorgio e il drago, in greek style, per l’Ordine della giarrettiera del marito. L’esecuzione di un ritratto del sovrano Giorgio III in diaspro rosso determinò l’incontro con il maestro della Zecca William Wellesley Pole, al quale Pistrucci propose per il rovescio delle nuove monete in oro e argento l’immagine di s. Giorgio a cavallo, nudo, privo della tradizionale armatura gotica. Accettata con entusiasmo, l’opera sancì il definitivo riconoscimento dell’artista, che fu impiegato dalla Royal Mint con la carica di assistente esterno per tutto il periodo della riconiazione della moneta. Alla morte di Thomas Wyon (1817), furono assegnate a Pistrucci le funzioni di chief engraver con il salario annuo di 500 sterline e l’abitazione presso la Royal Mint, ma non il titolo, come avrebbe voluto Wellesley Pole, a causa della forte opposizione del personale della Zecca per uno straniero cattolico. La situazione, che si protrasse a lungo con malumori e disagio, fu sanata nel 1828 con l’attribuzione della carica di chief engraver a William Wyon, figlio di Thomas, e di quella di chief medallist a Pistrucci. Il successo ottenuto con i coni – in particolare della sterlina del 1817 con al dritto lo splendido ritratto del sovrano, che Dominique Vivant Denon riteneva essere la più bella moneta aurea allora in circolazione in Europa – portò a Pistrucci prestigiose commissioni di medaglie: per Giorgio IV quella per l’incoronazione (1821) e una laudatory medal (1824), per la morte del duca di York fratello del re (1827), per la regina Vittoria e per la sua incoronazione (1838), per il duca di Wellington, all’apice della popolarità (1825, 1841). L’incarico più impegnativo fu quello dei coni per una grande medaglia celebrativa della vittoria di Waterloo. I modelli furono presentati e approvati dal principe reggente dopo il rifiuto di Pistrucci di utilizzare quelli presentati da John Flaxman. L’esecuzione, con un contratto che prevedeva il compenso di ben 3500 sterline, si protrasse incredibilmente per trent’anni, dal 1819 al 1849, con continue polemiche e rinvii, procurando non poche amarezze all’incisore.
Accanto agli incarichi ufficiali fu concesso a Pistrucci di lavorare per commissioni private di cammei e di medaglie, per William Wellesley Pole (1823), Joseph Taylor Combe (1826), sir Gilbert Blane (1830), la Royal Humane Society (1830), John Chetwind Talbot (1853). Nel 1830 eseguì la decorazione «for long service and good conduct», e nel 1838 il sigillo in argento del Ducato di Lancaster, commissionatogli su indicazione del poeta Samuel Rogers e realizzato in soli quindici giorni con un metodo innovativo di cui Pistrucci rivendicò l’invenzione e che fu motivo di una accesa e prolungata polemica sulla stampa tra i suoi detrattori e sostenitori.
Pistrucci rimase per il resto della sua vita in Inghilterra, fatta eccezione per un breve periodo trascorso a Roma nell’autunno del 1839 per rivedere la famiglia, con la quale ebbe spesso rapporti conflittuali e che, dopo averlo raggiunto a Londra nel 1818, era tornata in Italia nel 1822, a eccezione del figlio Camillo, rimasto con lui fino al 1828. A Roma eseguì il busto ritratto della figlia Elena e preparò i modelli per una medaglia per il matrimonio della regina Vittoria, che doveva celebrarsi all’inizio del 1840. Al rientro a Londra, nel gennaio 1840, furono esposti alla Royal Academy, ma la medaglia non venne realizzata.
I suoi ricercatissimi cammei in pietra dura, raffinatissime piccole sculture ad altorilievo, furono pagati prezzi considerati allora esorbitanti; un centinaio quelli documentati sia da originali sia dalle fonti.
Pistrucci fu spesso tormentato da gravi disturbi alla vista, che lo costrinsero a tralasciare, anche per lunghi periodi, i lavori minuti. Si dedicò per questo motivo alla scultura in marmo a partire dal 1829, quando presentò alla Royal Academy un emblematico Capriccio.
Scolpì essenzialmente ritratti, sempre dal vero, a cominciare dalla prestigiosa commissione – eseguita fra il 1832 e il 1833 – del busto del duca di Wellington (Londra, Apsley House), preceduto da quello di Giuditta Pasta (1830 circa) e seguito da quelli di Nicolò Paganini (1832), di sé medesimo (1835), di Elena Pistrucci (1839), di Carlo Andrea Pozzo di Borgo (1839-40, Parigi, cimitero del Père-Lachaise), di Samuel Cartwright (1842), di Archibald Billing (1845), di un ignoto (1851). Partecipò nel 1839 al concorso per il monumento a Horatio Nelson con un progetto che fu molto criticato; ebbe come modella la figlia Elena per una Maddalena (1840), oggi dispersa, così come i modelli per statue di Giorgio IV e di Wellington.
Lasciata nel 1844 l’abitazione nella Royal Mint, si ritirò con le figlie Elena e Maria Elisa nei pressi di Old Windsor, dove nel 1849 portò finalmente a termine i coni per la medaglia di Waterloo, che non fu però mai prodotta sia per le oggettive difficoltà derivanti dalle dimensioni (150 mm), sia per la mutata situazione politica, con la ripresa dei rapporti di amicizia con la Francia, ratificati nel 1855 dalla visita ufficiale nel Regno Unito di Napoleone III e dell’imperatrice Eugenia. Per una medaglia celebrativa di tale incontro, Pistrucci preparò un modello in cera mai utilizzato. Tra le opere di quest’ultimo periodo, i busti citati di Billing e di un ignoto, e alcuni cammei (Maschere, Cornucopia). Nel corso degli anni Pistrucci continuò a mantenere rapporti con la direzione della Zecca di Roma, fungendo da intermediario per la fornitura e per la spedizione da Londra di coni di acciaio prodotti a Birmingham.
Morì il 16 settembre 1855 a Englefield Green, nel Surrey, dove si era trasferito nel 1852.
Fu sepolto nel piccolo cimitero adiacente alla Christ Church di Virginia Water.
Pistrucci fu accademico di merito di S. Luca (1816), socio corrispondente dell’Académie des beaux-arts de l’Institut de France (1830), socio accademico onorario dell’Accademia di belle arti di Copenaghen, dell’Athaeneum Club di Londra (1842), dell’Académie royale de Belgique, classe des beaux-arts (1852), dell’Accademia pontificia di belle arti di Bologna (1854). Dopo la sua morte, il 30 novembre 1855 fu organizzata una vendita del contenuto del suo studio. Le figlie rientrarono a Roma nel settembre 1859 con la collezione di circa cinquecento modelli in cera ereditata dal padre, dopo alcuni infruttuosi tentivi di vendita al British Museum, tramite sir Anthony Panizzi, e al South Kensington Museum, tramite Charles Robinson e sir Henry Cole.
A Roma, Elena (1822-1887), sposata con Pietro Poggioli, e Maria Elisa (1824-1881), sposata con Giovanni Battista Marsuzi, continuarono a svolgere l’attività di incisori di cammei (in via delle Quattro Fontane n. 16) almeno fino al 1870, utilizzando anche i modelli del padre. Dai loro eredi il governo italiano acquistò nel 1912 la collezione dei modelli in cera, oggi conservati nel Museo della Zecca di Roma.
Il figlio Camillo (1811-1854) fu scultore nella cerchia di Bertel Thorvaldsen, al quale nel 1828 fu raccomandato con una lettera dal padre (Copenaghen, Thorvaldsens Museum, Arkivet, m13.1828, 36: http://arkivet.thorvaldsensmuseum.dk/dokumenter/m131828, nr. 36 (8 luglio 2015). Tra le sue opere, la Giunone per la sala di Ercole e Lica nel palazzo Torlonia a piazza Venezia a Roma (palazzo non più esistente), il monumento funerario di Gioacchino Costa in S. Francesco a Ripa a Roma (1841), i busti di William Richard Hamilton (1834), Mary Bessy Shelley (1843), Pio IX (1846). Morì prematuramente per colera a Roma nel 1854.
Il figlio Federico (1814-1876), sposato con Adelaide Scarsella, padre dell’architetto Camillo (1856-1927), fu ingegnere e architetto per la famiglia Lancellotti (1863) e per la Provincia di Roma. A Londra nel 1840-42, in dissidio con il padre, lavorò presso l’architetto Charles Robert Cockerell (1788-1863). Suo fratello Raffaele (1818-1899), che Pistrucci tentò invano di collocare come apprendista incisore presso la Royal Mint, fu incisore di alcuni cammei (ritratti del duca di Wellington, della regina Vittoria e del principe Alberto) e di una medaglia con il busto di Pio IX.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico del Vicariato, Parrocchia di S. Giovanni dei Fiorentini, Libro dei battezzati, reg. 10; Parrocchia di S. Lorenzo in Damaso, Stato delle anime, anni 1815-17; Accademia di S. Luca, Archivio storico, voll. 33 bis, f. 39; 86, f. 70; 58, f. 48; 59, f. 70; 97, f. 91; 187, f. 57; Londra, British Library, Add. Mss. 32440, f. 107; 36716, f. 79; 36717, f. 107; 44360, ff. 46 s., 94; 44362, f. 34; Londra, Royal Academy of arts, LAW/5/397, 5/393, 5/346, 5/399; Copenaghen, The Thorvaldsens Museum, m13.1828, 36; m25.1843, 43; Austin, University of Texas, Harry Ransom Humanities Research Center Library, Herschel Correspondence, 1851-52; A. Canova, Epistolario 1816-1817, a cura di H. Honour - P. Mariuz, I, Roma 2002, pp. 329 s., 428, 438.
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