CASTRONE, Benedetto Maria
Nacque a Palermo attorno al 1668, primogenito di una famiglia non nobile ma agiata. Compì in patria l'intero corso degli studi, anche se dalle fonti non risulta quale laurea conseguisse, e si dedicò poi ad una serie di viaggi, percorrendo tutta l'Italia e alcuni paesi esteri come la Francia e la Germania; ovunque egli colse occasioni di contatto con i circoli colti, perfezionando i suoi studi matematici ed esponendo in varie università sue considerazioni in margine al testo degli Elementi di Euclide. Tornato in Sicilia, in età già matura decise di entrare nell'Ordine domenicano, rinunciando a tale scopo ai suoi diritti sul patrimonio familiare; fu assegnato al monastero palermitano di S. Domenico, dove ebbe l'incarico di insegnare filosofia e teologia, cui associò poi quello di matematica,nonché di varie lingue. Questa molteplicità di incarichi e le capacità mostrate nell'assolverli lo misero in luce nei circoli colti palermitani, tanto che scrivendo nel 1708 il Mongitore già lo definiva come il domenicano più in vista della città.
Il C. può essere ritenuto essenzialmente un matematico, anche se i suoi interessi culturali furono molteplici, e se la matematica fu da lui coltivata prevalentemente negli aspetti applicativi. Nel 1705 pubblicò a Venezia un prontuario di geometria concepito come introduzione alla lettura diretta del testo euclideo, col titolo di Episagogicon geometricum, sive primitiva Mathesis initia. Iltesto si collocava dignitosamente tra i molti manuali analoghi redatti per l'uso scolastico dell'epoca, e non era neppur privo di elementi critici e innovativi, collegandosi così al filone esegetico euclideo che tra Seicento e Settecento era stato elaborato da personalità come Clavio, Viviani, Borelli e Saccheri.
Il testo dell'Episagogicon è diviso in due parti, di cui la prima riconsidera con una certa ampiezza le definizioni premesse da Euclide ai singoli libri degli Elementi, mentre la seconda espone assai concisamente postulati e assiomi. Ma è proprio in quest'ultima parte, e precisamente nella discussione dell'assioma XI, relativo al parallelismo tra rette, che affiora uno degli elementi di novità del libro; il C. qui non considera il parallelismo come fatto assiomatico, bensì lo tratta come teorema deducibile da una nozione assunta come autoevidente, l'uguaglianza degli angoli alterni interni individuati da una trasversale alle due rette considerate.
Dopo la pubblicazione di quest'opera, dovuta probabilmente ad esigenze didattiche, la produzione scritta del C. assunse sempre più carattere applicativo, anche se decisivo vi rimase il ruolo della matematica con le sue capacità di schematizzazione e semplificazione delle realtà considerate. Tra i temi tecnici più costantemente presenti è quello della misura del tempo, a partire dalla Tabula gnomo-geographica, quae umbrarum legibus, ac geographiae reguliscomplexum quoddamutriusque facultatis importat (Panormi 1714) fino alla Horographia universalis, seu sciatericorum omnium planorum, tum horizontalium, tum verticalium, tum inclinatorum, tum portatilium, gnomonice nova methodo describendorum (ibid. 1728), che è la sua opera principale sull'argomento, allo Exoticum problema astro-gnomo-nauticum (ibid. 1733) ed al Brevissimum gnomonices compendium (ibid. 1744).
La Horographia è opera di notevole impegno ed ampiezza di disegno, ricavata da precedenti scritti dello stesso C. su vari aspetti della misura del tempo mediante meridiane. L'argomento viene affrontato con generalità e rigore fin dal primo capitolo, che premette alcune nozioni introduttive di carattere matematico, geodetico ed astronomico. La "horographia" in senso stretto viene definita "doctrina describendarum linearum in qualibet superficie, quibus lucente sole, tamquam in speculo, omnes tum annuae, tum diurnae solis lationes exprimuntur, secundum quas tempora distinguimus in menses, et dies, atque horas mensuramus". Il libro affronta tutte le implicazioni della materia sul piano matematico e fisico-astronomico, e va considerato come una notevole premessa all'opera di un altro religioso siciliano, G. Bonomo, che si occuperà degli stessi argomenti nella Horographia trigonometrice pertractata (Panormi 1758).
Durante la stesura dell'Horographia il C. lavorò anche ad altre opere. Due di queste, Utiliora Mathematum selecta e Armamentarium Mathematicum, rispettivamente in tre e due volumi, citate dallo stesso autore nella dedica dell'Horographia al marchese G. Abbati, dovevano essere repertori dei concetti e metodi matematici di più frequente uso nel campo tecnico, ma non risulta che fossero pubblicate, a meno che i due scritti non venissero rifusi nella Diversorum miscellanea mathematum, di argomento analogo, edita a Roma nel 1737. Altri tre brevi scritti furono invece pubblicati in appendice alla stessa Horographia: il primo, De nautica scientia, concerne i problemi matematici del calcolo della rotta e del rilevamento della posizione, mentre il terzo, De temporum ianua, riesamina alcune questioni della misura del tempo. Il secondo, De militari architectura, concerne invece un altro aspetto degli interessi tecnici del C., riprendendo ed ampliando le teorie di Vauban sulla fortificazione delle piazzeforti.
La tesi del saggio è che, una volta noti alcuni parametri come il numero dei lati della piazza da fortificare, la loro lunghezza e l'ampiezza degli angoli da loro formati, si possano ricavare, con formule semplici e in modo univoco, tutte le caratteristiche architettoniche. Lo scritto presentava quindi un ovvio interesse per i tecnici del genio militare, cosicché un allievo del C., L. Maiorani, lo tradusse in italiano e ne curò una seconda edizione palermitana (L'ingegnoso ritrovato di fortificare con mirabil esattezza ogni sorta di poligono regolare sopra l'idea del signor di Vauban, 1733). Se è vera una notizia ripresa dal Mira, il C. tentò di generalizzare il metodo presentato in questo scritto mostrandone l'utilità per ogni tipo di edificio; dello scritto destinato ad operare tale estensione è noto il titolo (La civile architettura, o nuovo metodo generale per trovare con un sol precetto tutte le principali membra in un sol ordine di architettura), ma con tutta probabilità esso non venne pubblicato.
Nonostante il cumulo degli impegni didattici, e le sue frequenti dichiarazioni sulla scarsa attitudine della sua fibra a sostenere la fatica dei lavori avviati, la serie delle pubblicazioni del C. giunge fino agli ultimi suoi anni. Oltre alle opere già ricordate è da citare un Amico de quadam Aequationis dierum Tabella Responsum (senza luogo e data di stampa, ma edito quasi certamente a Palermo), un trattatello di agrimensura, Il vero nuovo geodeta siciliano (Roma 1733), ed un altro sullo stesso argomento: L'infallibile agrimensore a tavolino, arbitro nelle controversie del suo mestiere, o sia un breve ristretto della misurazione di tutte le piane superficie dei campi sul terreno, da farsi in quattro modi diversi (Palermo 1744).
La sua attività di viaggiatore legata ad interessi culturali proseguì anche dopo il ritorno in Sicilia: tra l'altro il C. si recò a Malta, ove tenne lezioni di geometria nelle scuole dei Cavalieri dell'Ordine gerosolimitano. In conseguenza di questa attività egli venne radunando un vero e proprio commentario agli Elementi, che i discepoli lo incoraggiarono più volte a perfezionare e pubblicare, ma senza esito.
Successivamente al 1740 la sua fibra, mai forte e forse indebolita dai molteplici impegni e dal suo modo austero di intendere la vita religiosa, improntata a pratiche di carattere ascetico, ebbe un rapido tracollo. Colpito da cecità e paralisi si spense progressivamente, morendo a Palermo verso la fine di maggio del 1748.
Fonti e Bibl.: Acta Capitulorum Generalium Ordinis Praedicatorum, IX, Romae 1904, p. 178; A. Mongitore, Bibliotheca Sicula sive de scriptoribus siculis, I, Panormi 1708, p. 102; J. Quetif-J. Echard, Scriptores Ordinis Praedicatorum recensiti, II, 2, Lutetiae Parisiorum 1721, p. 778; G. Mira, Bibliografia sicil., I, Palermo 1875, pp. 203 s.