Benedetto I
Di famiglia romana; il padre si chiamava Bonifacio. Nulla si sa di lui per il tempo anteriore al suo avvento sulla cattedra papale. Durante il suo breve pontificato egli si trovò "posto" (come ebbe a scrivere di lui, pochi anni dopo la sua morte, l'anonimo autore della succinta notizia biografica accolta nel Liber pontificalis) "negli affanni e nelle afflizioni" causate in Italia dall'estendersi della conquista longobarda e dal contemporaneo infierire di una terribile fame. La conquista, quando B. divenne papa, era infatti in una delle sue fasi più crudeli: quella guidata dai duchi, dopo l'uccisione del re Clefi (574), il quale, del resto, non si era condotto in modo meno spietato. Prova dei turbamenti che l'iniziativa longobarda provocava anche nei confronti della regolarità delle comunicazioni con Bisanzio ci è offerta dalla data stessa della consacrazione di B. a papa, avvenuta il 2 giugno 575, quasi undici mesi dopo la morte di Giovanni III (13 luglio 574); tanto aveva dunque tardato ad arrivare a Roma la prescritta autorizzazione imperiale. D'altra parte, indice di una schiarita momentanea almeno nei rapporti col duca longobardo insediato in Spoleto, Faroaldo I, è il fatto che l'abate del monastero di S. Marco di quella città poté appellarsi a B. per ottenere la restituzione di fondi di proprietà del monastero stesso nel territorio di Minturno, indebitamente incorporati fra le proprietà della Chiesa di Roma ubicate nella Campania. Ancora più duro di quello longobardo apparve il problema della fame ai presidi di quei numerosi capisaldi della difesa bizantina, i quali - a quanto afferma il biografo di B., senza per altro precisare i luoghi - per procurarsi un lenimento all'inedia passarono agli invasori: Roma stessa fu in pericolo a causa della mancanza di viveri e per la mortalità che ne derivava tra la popolazione. La città venne salvata dalle navi che l'imperatore Giustino II (morto il 5 ottobre 578) aveva inviato in Egitto per caricare in quei porti il grano fatto poi affluire agli scali tiberini. È questo l'unico caso attestato di un intervento eccezionale da parte dello Stato in momenti di difficoltà alimentari nell'Italia bizantina.
Da uno storico bizantino contemporaneo, Menandro Protettore, sappiamo che, intorno al 577, il patrizio Panfronio, probabilmente nella sua qualità di "caput" del Senato romano, guidò alla capitale dell'Impero una missione incaricata di portarvi l'ingente somma di 3.000 libbre d'oro da destinarsi, come contributo delle classi dirigenti della città, alle spese della guerra contro i Longobardi: s'ignora se e quale parte poté avere il papa nell'invio di tale missione. Indice che, pur fra tante traversie, B. svolse un'apprezzabile attività pastorale è il numero dei vescovi da lui ordinati: ventuno. Il biografo non precisa quali fossero le loro sedi. Da Agnello, il presbitero ravennate che verso la metà del sec. IX compilò le biografie degli arcivescovi della sua città, risulta che, fra questi, Giovanni III era nativo di Roma e mandato, nel novembre 578, a Ravenna dalla Santa Sede. Lo stesso Giovanni III, in una lettera del 593 a Gregorio Magno, ricordò di aver percorso la sua precedente carriera ecclesiastica "in sinu atque in gremio sanctae ecclesiae Romanae". Lo aveva dunque consacrato il pontefice Benedetto. Deciso intervento dell'autorità papale nella successione degli arcivescovi della capitale politica dell'Italia bizantina, al quale va attribuito innegabilmente un grande rilievo, perché esso era certo in rapporto con la lotta tenacemente condotta dai papi contro il persistere nell'Italia nordorientale dello scisma dei Tre Capitoli.
B. morì il 30 luglio 579 e fu sepolto nella sagrestia di S. Pietro. I Longobardi stringevano allora Roma così dappresso che il biografo del suo successore Pelagio II poté scrivere che essi "assediavano" la città, e che perciò il nuovo pontefice fu consacrato, il 26 novembre 579, "absque iussione principis".
fonti e bibliografia
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Agnelli Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis 98, a cura di O. Holder-Egger, ibid., p. 34; cfr. la lettera dell'arcivescovo Giovanni III a Gregorio Magno del 593, Gregorii I Registrum Epistolarum III, nr. 66, in M.G.H., Epistolae, I, 1, a cura di P. Ewald-L.M. Hartmann, 1887, p. 228.
Erroneamente l'anonimo monaco di Whitby, che all'inizio del sec. VIII scrisse la più antica vita di Gregorio Magno, fa di B. il suo immediato predecessore ed asserisce che a quest'ultimo il futuro papa chiese di potersi recare missionario fra gli Angli; v. in Bedae Venerabilis Historia ecclesiastica gentis Anglorum, a cura di C. Plummer, II, Oxonii 1896, p. 390, § 10. Giovanni Diacono, nella seconda metà del sec. IX, nella sua Sancti Gregorii Magni vita I, t. 1, 22-26, in P.L., LXXV, col. 72, riprese la notizia errata ed aggiunse quella, inattendibile, che B. ordinasse diacono Gregorio.
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