FERRARI, Benedetto (Benedetto de Ferrariis o da li Ferri)
Figlio di un Bartolomeo, che in alcuni documenti viene definito "maestro" senza alcuna specificazione di professione, è documentato come pittore a Mantova dal 1494, quando in una lettera inviata il 15 ottobre a Francesco II Gonzaga (Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, busta 2446, c. 205), Francesco Mantegna avvisa il marchese che a Marmirolo, entro l'11 novembre, il pittore Benedetto (senza specificazione di cognome) avrebbe compiuto la parte di lavori a fresco a lui assegnata.
Secondo il D'Arco (1857, p. 32 n. 42). Si tratta sicuramente del F., ma l'identificazione non è del tutto certa; così come non è sicuro che si tratti del F. nell'annotazione di morte, datata 8 sett. 1496, di.Anna, figlioletta di sette mesi di un "Benedet depintor", abitante a Mantova in contrada Monte Nero (D'Arco, 1842, p. 13 n. XIII). A tuttavia vero che, quando compare per la prima volta con sicurezza in un documento (Arch. di Stato di Mantova, Registrazioni notarili, 1501, c. 894r), il F. è ricordato come abitante proprio nella contrada Monte Nero: si tratta di un atto con cui il F. acquista una terra sita in Borgo San Giorgio, presso Mantova.
Il 31 luglio 1510 il F. comprò una terra con casa e pozzo sita in Mantova, nella contrada dei Monticelli Bianchi (Ibid., 1510, c. 265rv): si tratta probabilmente della casa dove il F. visse fino alla morte. In questi documenti il F. è definito pittore: viene così confermata ulteriormente la sua attività, non comprovata, però, dalla documentazione di opere eseguite in questi anni.
Secondo il D'Arco (1857, p. 64; cfr. anche Perina, 1961), che cita degli irreperibili registri marchionali, il F. avrebbe lavorato nel 1512 nel palazzo di S. Sebastiano sotto la direzione di L. Costa. Purtroppo, nel documenti conservati non è rimasta alcuna traccia relativa all'impegno del F. nel palazzo.
Questo dovette essere comunque un periodo di lavoro piuttosto intenso e redditizio per lui, perché il 7 dic. 1513 stipulò un contratto d'affitto con l'ospedale Grande di Mantova, relativo ad una casa situata nella contrada dei Monticelli Bianchi, contigua a quella già presa in affitto (l'atto è conservato in copia parziale in Arch. di Stato di Mantova, Documenti patrii D'Arco, b. 45, c. 156r).
Il 25 apr. 1517 il F. compare nuovamente in un documento (Ibid., Registrazioni notarili, 1517, cc. 451v-452r; e Atti del notaio G. Piazzi, 1514-1524, b. 883, cc. nn.): egli viene definito chiaramente pittore, cittadino ed abitante in Mantova nella contrada dei Monticelli Bianchi.
Il 26 genn. 1519 il tesoriere dei Gonzaga pagò "Benedetto di Ferari" per lavori di decorazione e di doratura svolti dal 12 al 24 nov. 1518 nella corte vecchia di palazzo ducale, nelle camere dove alloggiava un certo "domino Costanzo", situate sopra l'ufficio dello spenditore di corte (Ibid., Autografi, b. 7, c. 33rv). Due giorni dopo, il 28gennaio, "Benedeto di Ferari" venne pagato per lavori realizzati a Marmirolo tra il 12 aprile e il 9 luglio 1518su commissione del marchese di Mantova, Francesco Gonzaga, e sotto la direzione di Girolamo Arcari, superiore delle fabbriche (Ibid., b. 7, cc. 34r-35v; cfr. anche D'Arco, 1857, p. 83).
In particolare, il F. venne ricompensato per aver "reconzato" nel palazzo di Marmirolo la sala dei Cavalli, che fungeva da sala da pranzo del marchese: vi risistemò i cornicioni decorati, rifece alcuni puttini e una ninfa inseriti in una decorazione architettonica entro cui erano dipinti paesaggi; risistemò "ritratti" di cavalli con figure di ragazzi e i ritratti del nano di corte Diodato e di un non meglio identificato Bernardino Matello, forse un servitore di casa Gonzaga, dipinto su una porta, secondo un uso ampiamente testimoniato dalla decorazione successiva, soprattutto delle ville palladiane.
Il 25 dic. 1520 il nuovo marchese di Mantova, Federico II, inviò il F. (definito "nostro pictore") a Venezia per comprare oro, azzurro, altri colori e vetro (lettera di Federico II a G.B. Malatesta, ambasciatore a Venezia: Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 2927, libro 264, c. 53r). Per acquistare colori, il F. tornò a Venezia il 27 maggio 1522 e di nuovo tra l'agosto e il settembre del 1525: il 12 settembre il F. era già tornato a Mantova con il materiale necessario (lettera di Federico a V. Albano: Ibid., b. 2929, l. 284, c. 9v).
Per quel che riguarda la documentazione non artistica relativa al F., il 18 luglio 1521 egli acquistò una terra di proprietà del marchese di Mantova, Federico Gonzaga, sita presso Goito, tra le località di "Seraiola" e "Colarina" (Ibid., Registrazioni notarili, 1521, c. 489rv). Il 23 maggio 1523 una sentenza emessa da Galeotto Bosio da Reggio, vicario del podestà di Maritova Bonifacio Ruggeri da Reggio, condannò Maffeo d'Adda a pagare il residuo ("residuum pretii") del compenso pattuito per una vetrata (Ibid., 1523, c. 60v) al F., definito semplicemente "Benedictus pictor" senza ulteriori indicazioni (l'atto fu rogato dal notaio Giovanni Tomara, nei cui rogiti, però, non si trova nulla al riguardo). Il 19 ag. del 1523 Federico Gonzaga vendette un terreno di oltre ioc, biolche di estensione contiguo a quello già venduto al pittore il 18 luglio 1521 (Ibid., 1523, cc. 1248v-1249r) al F., indicato come "egregio viro magistro Benedicto filio quondam ser Bartholomei de Ferrariis, pictori et civi Mantuae, de contrada Monticellorum Alborum". Infine il 20 ag. 1527 il F. prese in affitto una terra di 180 biolche con casa, sita presso Goito, di proprietà dei fratelli de Nigri (Ibid., 1527, c. 221).
Il F. morì probabilmente a Mantova entro la fine del 1530, dato che il suo nome non compare nelle bollette di registrazione dei morti del 1531 (Ibid., Archivio Gonzaga, b. 307); il 6 marzo del 1531 il figlio ed erede universale, Giovan Francesco, fece redigere un inventario dei beni del padre scomparso (Ibid., Registrazioni notarili, 1531, cc. 1452v-1453v).
La figura del F., nell'ambiente artistico mantovano tra Quattro e Cinquecento, riveste caratteristiche singolari. Anche se non possediamo nessuna sua opera a causa della distruzione o della manomissione dei luoghi in cui aveva lavorato, l'artista era certo personaggio di secondo piano rispetto a L. Costa o a L. Leonbruno; tuttavia copriva una fetta di mercato importante anche nei confronti della conimittenza di corte. Secondo i documenti, infatti, il F. deve essere ritenuto un decoratore che non solo metteva in opera rapidamente quei partiti grottesco-vegetali archeologizzanti tanto diffusi nelle sale della reggia mantovana nei primi due decenni del Cinquecento, ma aveva una specializzazione preziosa e raramente documentata a Mantova: come artigiano del vetro realizzava finestre decorate. Queste sue caratteristiche lo rendevano utile anche ai Gonzaga, dominatori della committenza artistica mantovana, ma non lo salvarono dall'azione monopolizzatrice di Giulio Romano. L'allievo di Raffaello, giunto a Mantova nel 1524, prese sotto il proprio controllo pressoché tutte le attività artistiche mantovane, scegliendo personalmente i collaboratori, e tra costoro non venne annoverato il F., che morì povero, come dimostra l'inventario dei beni del 1531.
Fonti e Bibl.: Oltre alle fonti documentarie citate all'interno, si vedano C. D'Arco, Studi ed illustrazioni sopra i registri necrologici della città di Mantova..., in [M. Gualandi], Mem. originali ital. risguardanti le belle arti, III (1842), pp. 13-17; Id. Delle arti e degli artefici di Mantova, Mantova 1857, I, pp. 46, 64; II, pp. 32, 76, 83 s.; F. Wickhoff, Der Saal des Grossen Rathes zu Venedig in seinem alten Schmucke, in Repertorium für Kunstwissenschaft, VI (1883), p. 2; S. Davari, I palazzi dei Gonzaga in Marmirolo, Mantova 1890, p. 12; C. Perina, in E. Marani-C. Perina, Mantova. Le arti, II, Dall'inizio del sec. XV alla metà del XVI, Mantova 1961, p. 316;L. Ventura, "Camise da homo numero 6, fruste". B. F. e il mercato artistico a Mantova dopo l'arrivo di Giulio Romano, in Quaderni di Palazzo Te, n. s., I (1994), pp. 103-107; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 441.