DELL'UVA, Benedetto
Nacque nel 1540 a Capua da antica e nobile famiglia, e vi morì molto probabilmente alla fine del 1582.
È indubbio comunque che fosse ancora vivo il 25 agosto dello stesso anno, giorno in cui uscirono dai torchi i poemetti Le vergini prudenti e Ilpensier della morte; infatti Scipione Ammirato, curatore della pubblicazione, indica l'autore come illustre e stimato padre benedettino, completamente dedito alle fatiche letterarie in onore del Signore e a gloria del proprio Ordine.
Il D. era entrato nella Congregazione cassinese nel 1563, a ventitré anni, età che i contemporanei giudicavano ormai matura per vestire l'abito e ritirarsi dal secolo. La monacazione significò per il giovane un netto cambiamento di vita: prima di essa possediamo indicazioni sommarle e qualche reticenza. Godette della protezione di Luigi Carafa, principe di Stigliano, e di Marcantonio Colonna.
Le informazioni più interessanti ci giungono dai suoi stessi componimenti poetici, specialmente le Rime, tra cui diversi sonetti di chiaro sapore autobiografico: ne emerge una figura di giovane intellettuale già assorbito dal proposito di far poesia, del tutto disinteressato, inoltre, a problematiche religiose e spirituali, preda anzi delle lusinghe terrene e "del mondo infedel fedele amico", avvolto "fra mille empi desiri il core", confuso "dietro il costume de' volgari antico".
Tale giovinezza spregiudicata, in cui tra l'altro si afferma di aver avuto a che fare con la morte di frequente e da vicino, vero motivo di ossessione per il futuro poeta, viene ammorbidita dal Crescimbeni, che lo descrive persona di indole e costumi gentilissimi, nonché incline agli onesti amori. Armellini, di contro, sottolinea volentieri, come la genuina vita conventuale, con la sua tranquillità, avesse finalmente recato pace all'animo tormentato dei giovane.
Ma il furore poetico non venne davvero a mancargli. Sappiamo che ebbe modo sicuramente di conoscere il Tasso, sentito come il vero genio del tempo atteso dall'Italia, terzo solo dopo Omero e Virgilio. Le circostanze del loro incontro costituiscono un problema ancora da risolvere: forse nel 1578, durante la visita dell'autore dell'Aminta al convento di S. Renato dei benedettini cassinesi, presso Sorrento, dove poté trattenersi in conversazione con diversi frati per soddisfare le sue esigenze spirituali; o, magari più probabilmente, durante il viaggio di ritorno a Roma, percorso deviando per l'Abruzzo. Luigi Tosti cita un passo di padre P. Ricordato dove, argomentando sui celebri cassinesi, si segnala il D. priore di S. Liberatore negli Abruzzi nel 1575, solo tre anni prima quindi del passaggio del Tasso.
In effetti il D. non dovette mai spostarsi dalla linea Cassino-Napoli-Capua, oltre a quel soggiorno abruzzese, come informa l'Ammirato nella già citata prefazione a Le vergini prudenti.
Questo poemetto era considerato dal suo appassionato autore come il primo di un nuovo genere: il carme epico sacro. L'operazione si pone in realtà sulla scia di un tipo di componimento già presente in età controriformistica, ossia il poemetto didascalico (per esempio, La nautica, di Bernardino Baldi, 1580), ora arricchito da propositi moraleggianti e da un inventario di exempla. Le vergini del titolo sono le sante Agata, Lucia, Agnese, Giustina e Caterina, delle quali sono narrati in ottave i martiri.
Quanto il D. tenesse e puntasse su tale opera è attestato da una lettera che don Angelo Grillo, confidente spirituale di T. Tasso, gli inviò a Montecassino. La sua fatica letteraria viene inizialmente lodata a tal punto da paragonarla alla Liberata, mentre, in seconda battuta, conclusa la "captatio benevolentiae", si invita il D. a non disperare se alla fine sarà considerato secondo dietro a cotanto senno.
In ogni caso, le raccolte biografiche dei confratelli cassinesi volentieri ricordano il D. come l'ideatore di un genere singolare, assai lodevole per gli intenti morali e gli esiti artistici.L'altro motivo tipico della produzione artistica del D., cioè la caduta in tentazione, è al centro del Doroteo (aprile 1582), sempre in ottave.
L'anziano Doroteo ammaestra il giovane Alisio, completamente irretito dalle grazie di una ninfa, sui pericoli di un'interpretazione esclusivamente sensuale dell'amore; il ragazzo sembra alla fine quietarsil ma gli ultimi versi lo vedranno di nuovo preda delle passioni, poiché Amore è inesorabilmente il signore del suo animo. Pur trattando in chiave tridentina un tema dall'illustre tradizione letteraria e filosofica, il motivo dell'affetto straripante, sfuggente ai vincoli di ragione, è stavolta graziosamente incorniciato in uno scenario agreste ed idillico, dove le dolci lusinghe dei sensi attraggono più che gli appelli alla misura.
Solo contrizione e penitenza emergono nel Pensiero della morte (agosto 1582).
Qui l'abituale presupposto del mondo dispensatore di falsi piaceri è prepotentemente finalizzato ad un rigoroso proposito di vita ritirata e mistica, dove la morte è vista come mezzo salvifico verso la vita eterna: colui che "morir dispone innanzi tempo" è in grado di valutare pienamente le cose terrene, disprezzandone i beni fuorvianti dal divino. Nell'exemplum conclusivo, in cui il giovan Nabello ha tutto ma tutto vuole per sé, assistiamo ad una punizione celeste giusta e terribile, davvero fino alla morte.
Lo stile del D. appare volutamente ricercato (egli dovette conoscere anche A. Caro, dedicando un sonetto alla sua scomparsa), a volte compiaciuto di certi accostamenti antitetici e costruzioni perifr;astiche; la sua ottava, come nell'uso di fine Cinquecento, è piena di cesure, versi spezzati, suoni aspri, enjambements continui.
La lettera che il Tasso indirizzò al padre Grillo, dove si mandano a baciare le mani, nel caso venisse in contatto, al D., data 1586, anno in cui questi era sicuramente morto, molto probabilmente da quattro anni, certamente da uno, poiché è indubbiamente provato che egli non andò oltre il pontificato di Gregorio XIII (1572-1585).
Opere: Le vergini prudenti, Il pensier della morte, Il Doroteo, Firenze 1582; Parte delle rime di B. Dell'Uva, G.B. Attendolo. C. Pellegrino. Con un breve discorso dell'epica poesia, ibid. 1584; Tragedia di Giafeto capitano del popolo israelitico, Reggio Emilia 1587; Le vergini prudenti, Il pensier della morte, Il Doroteo, Firenze 1587, e Venezia 1599, e con tutte le altre Rime, Venezia 1737. Ancora Rime, in Lirici misti del sec. XVI, ibid. 1787, pp. 281-289; sei sonetti e un madrigale in Parnaso italiano, ibid. 1851, XII, coll. 2241- 2244, tre sonetti in Parnaso italiano, a cura di C. Muscetta - D. Ponchiroli, Torino 1970, IV, pp.1479 ss, Lirici del Cinquecento, a cura di L. Baldacci, Firenze 1957, pp. 679-82;G. Ferroni - A. Quondam, La "locuzione artificiosa", Roma 1973, pp. 398-402.
Fonti e Bibl.: S. Ammirato, Introd. a Le vergini prudenti..., Firenze 1582; A. Grillo, Lettere, Venezia 1731, p. 100; T. Tasso, Lettere, a cura di C. Guasti, II, Firenze 1852, p. 547; G. M. Crescimbeni, Dell'istoria della volgar poesia, IV, Venezia 1730, pp. 111-112; M. Armellini, Bibliotheca Benedectino-Casinensis, Assisi 1731, pp. 101-104; L. Tosti, Storia della Badia di M. Cassino, Napoli 1842, p. 274-277; C. Minieri Riccio, Mem. stor. degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. 361; L. Tosti, T. Tasso e i benedettini cassinesi, Roma 1886, p. 22; B. Croce, Letteratura del pieno e del tardo Rinascimento..., in Quaderni della critica, XIX-XX (1951), pp.173 e 176 s., A. Quondam, Dal Manierismo al Barocco, in Storia di Napoli, V, 1, Napoli s.d., pp. 455-59 (poi confluitiin Id., La parola nel labirinto, Roma-Bari 1975, pp. 128-32).