Benedetto da Norcia, santo
Fondatore dell’ordine benedettino e patriarca del monachesimo occidentale (Norcia 480 ca.-Montecassino dopo il 546). Fu autore della Regola monastica che prescrive povertà, obbedienza e un fortissimo impegno di preghiera e di lavoro. Le scarse notizie storiche sulla sua vita provengono quasi esclusivamente dai Dialoghi di s. Gregorio Magno (libro II), scritti a scopo soprattutto di edificazione. Nato da nobile famiglia, studiò a Roma, che abbandonò per condurre vita solitaria sui monti di Enfide (od. Affile), già sede di altri asceti (tra cui il monaco Romano, che ispirò B.). Chiamato a dirigere una comunità a Vicovaro, dovette abbandonarla per l’indisciplina dei monaci, rifugiandosi nella stretta valle dell’Aniene poco a monte di Subiaco (Sacro Speco); essendosi uniti a lui molti discepoli, eresse nella zona dodici monasteri, tenendo però presso di sé i prediletti Mauro e Placido. Contrastato da un prete sublacense, Fiorenzo, B. decise di partire; raggiunta la via Latina, arrivò a Cassino e nel 528 ca., sul monte dove sorgeva un tempio pagano consacrato a Giove, eresse due oratori dedicati a s. Martino e a s. Giovanni Battista e un monastero, affiancato da un altro monastero femminile diretto dalla sorella, s. Scolastica (sui colloqui di lei con B. la leggenda dà poetici particolari). A Cassino ricevette la visita del re dei goti Totila (546), che, volendo mettere alla prova la santità di B., ordinò al suo scudiero di travestirsi da re; B. scoprì subito l’inganno e il re, stupefatto, decise di comportarsi con giustizia. La Regola benedettina, pilastro della vita monastica occidentale e frutto di esperienza personale a lungo maturata, fu probabilmente ispirata a un testo precedente. All’inizio non particolarmente diffusa, si impose grazie ai Carolingi, che la estesero a tutte le comunità monastiche del Sacro romano impero. Essa comprende un prologo e 73 capitoli ed è giunta in tre recensioni: l’autografo, portato a Roma nel 577, riportato a Montecassino nel 742 e trasferito a Teano nell’883, vi fu distrutto in un incendio (896): da esso si crede derivi la copia mandata dall’abate Teodemaro a Carlomagno (787) e da questa derivano un codice di S. Gallo e alcuni altri, tra cui quelli della cosiddetta «tradizione cassinese». Redatta in latino volgare, fu però presto modificata, quale appare per es. nel codice della biblioteca Bodleiana (Oxford; il più antico: ca. 700); varianti del primo e del secondo tipo di testo si trovano frammiste nel terzo (cosiddetto textus receptus), che mira alla chiarezza e risale all’8° secolo.