BENEDETTO da Maiano
Scultore, architetto e legnaiolo; nato a Maiano nel 1442, morto a Firenze il 24 maggio 1497. Dalla moglie Elisabetta Massesi ebbe sei figli, due dei quali, Giovanni e Giuliano, coltivarono l'arte paterna. Coi fratelli maggiori Giuliano e Giovanni fu educato all'intaglio e alla scultura; ma da giovine si dedicò particolarmente al primo, seguendo le orme di Giuliano, e avendo forse, anche, gli insegnamenti del Francione. Quasi tutti i lavori in legno, che lo resero tanto famoso da esser chiamato, secondo il Vasari, anche alla corte d'Ungheria per portarvi dei magnifici cassoni, sono andati dispersi; e le uniche opere d'intaglio che ci rimangono oggi di B. sono i ricchi soffitti nella Sala degli otto e nella Sala d'udienza di Palazzo Vecchio, ispirati a quello michelozziano della Sala dei dugento, e gli armadî di S. Maria del Fiore, nei quali però la parte maggiore spetta al fratello Giuliano. Una delle prime opere di scultura di B. è il monumento di S. Savino nel duomo di Faenza (1470), oggi malamente ricomposto. Ma ancora vi risaltano la timida grazia dell'architettura, vicina a Giuliano, e la finitezza accurata dei particolari. L'urna, con il corpo del santo, ricorda quella del beato Marcolino del museo di Forlì, attribuita ad A. Rossellino: ma questo maestro ricordano maggiormente i sei bassorilievi che rappresentano la storia della vita del santo. Nel 1475 B. compiva l'altare di S. Fina nella Collegiata di S. Gimignano, che è tra le sue opere più pregevoli, in special modo nei tre bassorilievi con la vita della santa. Del 1474 è il busto di Pietro Mellini, al Bargello, potente d'indagine acuta e di tipica individualità. Per lo stesso Mellini, l'artista eseguì il pergamo di S. Croce (1474-76), considerato il suo capolavoro. La forma architettonica, benché più ricca e matura, ricorda quella del pulpito brunelleschiano di S. Maria Novella. Le figure di Virtù, entro nicchie, sono ben lontane ormai dalle esili forme rosselliniane. Nei cinque bassorilievi superiori, ove è narrata la vita di S. Francesco, la composizione tende al monumentale. Poco dopo, nel 1481, era compiuta la doppia porta (esterna e interna) della Sala dell'udienza di Palazzo Vecchio, superbo fiore dell'arte di Benedetto.
Intanto B. lavorava fuori di patria. Del 1477-78, invece, è il ciborio della Collegiata di S. Gimignano. La replica di questo, più ricca e armoniosa, è in S. Domenico di Siena. Ai lati di quello senese erano due angioli adoranti; dei quali uno ancora rimane in S. Domenico, l'altro si è tentato identificarlo con quello dell'accademia Carrara di Bergamo. Del 1480 è il tabernacolo della Madonna dell'ulivo, ora nel Duomo di Prato, dove collaborarono anche Giuliano nella limpida architettura e Giovanni cui si assegna il bassorilievo della Pietà. Di B. è sicuramente la bella Madonna col Figlio (vicina a quella del Kaiser-Friedrich Museum di Berlino). A Loreto, forse nel 1481, B. compiva il lavabo della sacrestia del duomo e le due terracotte con gli Evagelisti. Passato poi a Napoli, nel 1485, terminava nella parte superiore il sepolcro di Maria d'Aragona nella chiesa di Monte Oliveto, iniziato dal Rossellino nel 1481. Ancora a Napoli nel 1489, B. eseguiva la pala d'altare con l'Annunciazione, per Monte Oliveto, con forme gonfie e panneggi aggrovigliati, ispirata a quella consimile di Antonio, esistente nella stessa chiesa.
Al suo ritorno a Firenze, B. dava probabilmente i disegni per il palazzo Strozzi, iniziato nel 1489; sintesi del tipo del palazzo quattrocentesco fiorentino creato dal Brunelleschi, e perfezionato da Michelozzo, e ispirato evidentemente anche al palazzo Spannocchi che Giuliano aveva eretto a Siena nel 1472 (lo stupendo cornicione e il cortile sono del Cronaca). Attribuito a B. (intorno al 1490) è anche il portico di S. Maria delle Grazie presso Arezzo, che sviluppa al sommo le qualità di leggerezza e di elevazione della loggia brunelleschiana. Del 1490 sono anche i medaglioni coi busti di Giotto e dello Squarcialupi nel duomo fiorentino; del 1491 sono la tomba Strozzi in S. Maria Novella che ha sopra il sarcofago ricurvo il tondo con la bella Madonna ancora rosselliniana, angioli adoranti, e il busto marmoreo di Filippo Strozzi al Louvre gettato con la franca evidenza che pure si ammira in quello di Onofrio Vanni a S. Gimignano (1493). Vicine alla Madonna Strozzi sono quella di Scarperia, e l'altra dell'altare di S. Bartolo a S. Gimignano (1494), mentre le Virtù nelle nicchie della parete centrale di quest'altare palesano la decadenza dell'arte di B. Lo stesso può dirsi delle statue di S. Sebastiano e della Madonna della sacrestia della Misericordia a Firenze.
Varie opere, trovate nella bottega di B. dopo la sua morte, portano il suo nome.
Inferiore al superbo merito di architetto (che la moderna critica cerca di togliere all'artista, negandogli le opere architettoniche) appare forse in B. quello di scultore. Partito dalla pura fonte dell'arte rosselliniana, egli cerca dare alle sue figure una vita più intensa e drammatica, alle sue forme un'ampiezza maggiore. Questo, quand'egli sa contenere la ricerca in un senso di misura, gli fa produrre opere sincere e vibranti, come i bassorilievi di S. Savino e di S. Fina, o la bella Madonna di Prato; ma se questo senso vien meno, le forme riescono manierate e gonfie, come nell'altare di S. Bartolo. Il merito principale e indiscusso di B. consiste però nella sapienza compositiva dei bassorilievi, anche se derivata in parte dai maestri antecedenti (Ghiberti, Rossellino); è pur sempre suo pregio singolare, in quei bassorilievi, un insieme di monumentalità e di accuratezza. (V. tavv. CLV e CLVI).
Bibl.: H. v. Geymüller e Stegmann, Die Architektur d. Renaissance in Toskana, Monaco 1885-96, IV; W. v. Bode, Die Denkmäler d. Renaissance-skulptur Toskanas, Monaco 1905; L. Cendali, G. e B. da Maiano, Firenze 1906; A. Venturi, Storia dell'arte it., VI e VIII, i, Milano 1908 e 1923; J. Babelon, Un médaillon de cire du cabinet des médailles. Filippo Strozzi et B. da M., in Gz. des B.-A., IV (1921), pp. 203-10; L. Düssler, B. da M. Ein florentiner Bildhauer d. späten Quattrocento, Monco 1924; id., A clay model by B. da M. for the altar in Monte Oliveto, Naples, in The Burl. Mag., XLV (1924), pp. 21-23.