BENEDETTO da Carlone
Popolano fiorentino di professione pianellaio, abitante nel quartiere di San Giovanni, figlio di un Tendi, è nominato per la prima volta nelle cronache in occasione degli avvenimenti del giugno 1378, che prepararono lo scoppio del tumulto dei Ciompi; non era tuttavia alla sua prima esperienza politica, perché rivestiva in quel momento la carica di sindaco della sua Arte e faceva parte del Consiglio del popolo.
Il 18 giugno 1378 il gonfaloniere di giustizia Silvestro dei Medici, per superare l'opposizione dei Priori alla sua richiesta di inasprire le misure contro i "grandi", si rivolse al Consiglio del popolo per chiederne l'appoggio; ora mentre il Consiglio, in maggioranza favorevole alla proposta del gonfaloniere, protestava tumultuando contro i Priori, narra la Cronaca attribuita all'Acciaioli (p. 14) che "un calzolaio chiamato B. da Carlone prese Carlo degli Strozzi [uno dei capi di parte guelfa, che doveva essere pochi giorni dopo bandito da Firenze] per lo petto dicendo: "Carlo, Carlo, le cose andranno altrimenti che tu non pensi e le vostre maggioranze conviene al tutto si spenghino!"". Già da questo episodio, oltre alla sua indole impetuosa e combattiva, si chiarisce la posizione politica di B., che appare come uno dei capi delle Arti minori nel momento in cui la lotta contro la parte guelfa stava per esplodere in tutta la sua asprezza.
La posizione di rilievo di B. e la stima che subito seppe procurarsi è attestata dalla provvisione degli Ottanta del 24 giugno, contenente importanti provvedimenti tra cui la condanna dei capi di parte guelfa (Carlo Strozzi, Lapo di Castiglionchio, Piero degli Albizzi e altri), che concedeva a B. una licenza di porto-d'arme, in considerazione del fatto che egli "audaciter et viriliter se habuit pro conservatione et augmento libertatis et boni status Populi et Comunis Florentie"; aggiunge significativamente il testo "quod propterea magne inimicitie et odio se subiecit" (Fossati, p. 214).
Quale membro del Consiglio del popolo, B. prese parte attiva alle riunioni del luglio 1378, anche a quella ristretta del 19 luglio, in cui furono discussi i provvedimenti da prendere in seguito alla rivelazione delle trame dei Ciompi fatta da Simoncino detto Bugigatto. Il 20luglio, poi, i Priori, impotenti a resistere alla pressione popolare e timorosi ormai anche per la loro incolumità, lo inviarono, insieme con Salvestro de' Medici e Calcagnino tavernaio, a trattare con la folla tumultuante sulla piazza. Ma - dice ancora la Cronaca attribuita all'Acciaioli che in più occasioni richiama l'attenzione sulla posizione preminente di B. tra i presunti capi dei tumulti - l'agitazione era dovuta proprio all'opera "di Salvestro dei Medici e di Benedetto degli Alberti e di Benedetto da Carlone..." che, mandati a trattare col popolo minuto e "ad operare che il rumore si spegnesse..., questi medesimi l'accendeano" (p. 25); essi, anzi, impadronitisi del gonfalone di giustizia, avrebbero spinto il popolo a quelle distruzioni delle case degli avversari verificatesi in gran numero a Firenze in quei giorni.
L'importanza della posizione di B. appare confermata in special modo proprio nel momento cruciale della rivoluzione fiorentina del 1378, il 22-23 luglio, quando, occupato d'assalto il palazzo della Signoria, Michele di Lando fece eleggere i nuovi Priori; egli "ragunò tutti i sindachi delle Arti e quelli del Popolo minuto e ordinò di squittinarli, e quale di loro avesse più fave nere rimanesse Priore" (Acciaioli); si trattò quindi di una elezione fatta "a mano" e non mediante l'estrazione a sorte dalle "borse", come si usava di solito; perciò essa è indicativa più di qualsiasi altra delle preferenze degli elettori. Uno dei tre eletti per le Arti minori fu B., cui toccò anche per primo la carica di "proposto" della Signoria, evidente prova della fiducia che i suoi colleghi riponevano in lui, poiché egli con tale carica aveva la possibilità di prendere tutti i provvedimenti necessari ad assicurare la vittoria delle Arti in un momento tanto delicato.
Bisogna subito precisare che l'alleanza di B. con i Ciompi fu solo temporanea, occasionale, che egli non fu loro simpatizzante né amico, come rivelano chiaramente gli avvenimenti che portarono alla loro sconfitta, in cui egli appare accanto all'ambiguo Michele di Lando. Il 29 ag. 1378, quando quest'ultimo, cacciati dal palazzo della Signoria i due inviati degli Otto del Popolo di Dio, cioè dei capi dei Ciompi, percorse a cavallo le vie di Firenze, seguito da gran folla, tenendo in pugno il gonfalone di giustizia, B. fu al suo fianco, tenendo il vessillo della "libertà".
La sconfitta dei Ciompi, il 31 ag. 1378, non doveva perciò avere ripercussioni sfavorevoli sulla posizione politica di B. e dei suoi colleghi cui, in gran parte, era dovuta, e d'altronde il potere rimaneva ancora saldamente in mano alle Arti minori. Non stupisce quindi di trovarlo eletto pochi giorni dopo (6 sett.) capitano di guardia (erano otto in tutti: due per quartiere) con il compito di vigilare giorno e notte, a capo di una scorta armata, perché la quiete cittadina non venisse turbata da qualche nuovo tentativo dei Ciompi. Pochi giorni dopo lo scadere del loro ufficio (16 settembre), contro il gonfaloniere Michele di Lando e i Priori eletti il 23 luglio fu aperta una "inquisizione" da parte dell'esecutore. 1 capi di accusa erano numerosi e tutti gravi; il procedimento si concluse (28 sett. 1378) con l'assoluzione degli inquisiti per non aver commesso i reati.
La caduta dei Ciompi non aveva riportato la tranquillità: il regime infatti si sentiva minacciato all'interno da tentativi di congiure (ottobre-dicembre 1378) e all'esterno da colpi di mano operati dagli sbanditi (Figline, maggio 1379); ma soprattutto destava inquietudine il sapere che fuorusciti molto influenti, rifugiatisi alla corte ungherese, accusavano di ghibellinismo il nuovo regime instaurato in Firenze e cercavano di indurre Carlo di Durazzo a ricondurli in patria con la forza. Di qui la necessità per il governo fiorentino di intervenire presso il re di Ungheria e presso Carlo di Durazzo per neutralizzare le trame dei fuorusciti. Furono inviate a tale scopo alcune ambascerie: B. fece parte, insieme con Alessandro Dell'Antella e Roberto Aldobrandini, di quella inviata nel marzo 1379 al re d'Ungheria.
Anche negli avvenimenti dei mesi successivi B. appare ancora come uno degli uomini in vista del regime imposto dalle Arti minori, sia quando è indicato come uno dei capi della coalizione democratica che reclamava dai magistrati giudiziari un maggior rigore nei confronti dei ricchi, sospetti di tramare contro lo Stato, sia quando, scoperta una congiura (17 dic. 1379) che mirava a rovesciare il regime con l'aiuto di Carlo di Durazzo, con altri cittadini (Tommaso Strozzi e Benedetto Alberti per le Arti maggiori, Lorenzo di Donato e B. per le Arti minori) fu posto a capo delle truppe che avrebbero dovuto reprimerla. Ora, il fatto che un compito simile fosse affidato a cittadini fu considerato - ed era - inusitato. È ovvio che gli uomini scelti per un tale ufficio godevano la piena fiducia del regime. Ancora qualche giorno dopo, per placare il popolo rumoreggiante contro il capitano del popolo e il podestà, accusati di non procedere con rigore nei confronti dei "grandi" rei di trame contro lo Stato. i Priori dettero a B. e ai suoi colleghi "balia a fare dare esecuzione alla giustizia" (cfr. Marchionne di Coppo Stefani) insieme con il capitano e il podestà. B. e i suoi colleghi avevano dunque la piena fiducia delle Arti minori, anzi - secondo la realistica espressione del cronista Stefani (p. 344) - essi ne "erano il bilico".
Ma quando, il 20 genn. 1382, l'Arte della lana insorse contro tintori, e farsettai e poi, il 25 gennaio, nonostante la loro resistenza, furono sconfitte le Arti minori, coloro che ne avevano guidato l'azione vennero duramente colpiti. B., per quanto condannato nell'avere e nella persona, probabilmente poté mettersi in salvo con la fuga. Da questo momento però, non si ha più notizia di lui.
Fonti e Bibl.: G. O. Corazzini, I Ciompi. Cronache e documenti, Firenze 1888, pp. 157-171; Sozomeni Pistoriensis Specimen Historiae, in Rer. Ital. Script., XVI, Mediolani 1730, col. 1111; Diario d'Anonimo fiorentino dall'anno 1358 al 1389, in Cronache dei secoli XIII e XIV, Firenze 1876, in Doc. di storia italiana, VI, pp. 246, 369, 379, 393, 437; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXX, 1, a c.di N. Rodolico, pp. 344, 355, 361; Alamanno Acciaioli (?), Cronaca, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XVIII, 3, a c. di G. Scaramella, pp. 14, 21, 23, 25, 33; Cronaca prima d'Anonimo (o Cronaca dello Squittinatore), ibid., pp. 76, 81, 92; Cronaca II d'Anonimo (o Diario Compagnano), ibid., p. 113; N. Bonifazi, Lettera sulla caduta dei Ciompi, ibid., p. 152; C.Fossati, Il tumulto dei Ciompi, in Pubblicaz. del R. Ist. di studi superiori pratici e di perfez. in Firenze, sez. di filosofia e filologia, I (1875), pp. 141, 143, 151, 154, 165, 181, 195, 214; G. Capponi, Storia della Repubblica di Firenze, I, Firenze 1875, pp. 343, 356; F. T. Perrens, Histoire de Florence, V, Paris 1883, pp. 213, 264, 287, 333, 339; N. Rodolico, La democrazia fiorentina nel suo tramonto (1378-1382), Bologna 1905, p. 328; N. Rodolico, I Ciompi. Una pagina di storia del proletariato operaio, Firenze 1945, p. 88.