Buonmattei, Benedetto
, Letterato (Firenze 1581 - 1648), autore di opere di retorica (Della lingua toscana, Gramatica, Lodi della lingua toscana) e di studi su D. (Divisione morale dell'Inferno, Firenze 1638; Divisione morale del Purgatorio, ibid. 1640, continuata da C. Cionacci e ridotta anche a edizione scolastica; Sopra il canto I dell'Inferno, 1632, in " Raccolta di prose fiorentine ", Venezia 1734, t. IV, p. 11; Tempi e luoghi del viaggio di D., manoscritto, codice VI 164 della Bibl. Nazionale di Firenze). Il B. ha un posto eminente tra i dantisti della sua epoca in quanto espone molte idee - alcune delle quali, indicate recentemente dal Vallone, di singolare interesse - nascenti da un non comune senso critico guidato dalla volontà di dar giudizi che si ponessero al di fuori o contro i canoni aristotelici; il B. mette innanzi infatti l'opinione che tali regole D. avesse non seguito, ma adattato alle proprie necessità, conseguendo un valido esito, come era avvenuto un tempo per Omero, che le regole aristoteliche non aveva certo conosciuto; e l'idea che il problema dell'appartenenza della Commedia al genere epico non si ponesse, essendo protagonista del poema D. stesso, cioè un uomo comune, non un grande eroe (e qui interveniva implicita la polemica contro le manifestazioni estreme di ricerca del grandioso e contro la cortigianeria proprie dell'epoca). Non nega il B. l'utilità di porre confronti con le fonti della Commedia, purché questo si faccia per cercare, e per spesso constatare, l'originalità di Dante. Insiste su di un aspetto particolare del pensiero linguistico dantesco richiamandosi a Pd XXVI 130-132, dove D. afferma che il parlare è naturale, il modo di parlare è artificiale; e s'interessa delle espressioni linguistiche oscure che D. usa. Porge un concetto metodologico interessante, tenendo conto dell'epoca, con l'affermazione che è opportuno, potendo, accettare la spiegazione più semplice. Partecipa alla questione della presenza nella Commedia di personaggi malvagi: ma obietta che, a parte la constatazione che la loro punizione dimostra la potenza di Dio, ciò che conta non è il fatto di averli o no rappresentati, ma di averli rappresentanti bene.
Bibl. - C. Trabalza, Storia della grammatica italiana, Milano 1900, 301; E. Benvenuti, A. Coltellini e l'Accademia degli Agatisti in Firenze nel sec. XVII, Pistoia 1910; U. Cosmo, Con D. attraverso il Seicento, Bari 1946, 62; A. Vallone, Aspetti dell'esegesi dantesca nei secoli XVI e XVII attraverso testi inediti, Lecce 1966, 219-236.