BRUGNOLI (Brugnolo, Prunulus), Benedetto
Nacque da famiglia benestante nel 1427. I suoi discepoli sono concordi nell'affermare che il paese natale fu Legnago ("a Leniacensi Veronac civitatis oppido"); anzi i concittadini "Leniacenses" lo scelsero come pubblico oratore a Venezia per rendere omaggio a Pasquale Malipiero, quando questi fu eletto doge (1457). Egli stesso nelle proprie edizioni dichiara di essere "Veronensis": non ha quindi alcun fondamento storico la notizia tramandata da Giuseppe Scaligero che lo disse "Noricuni patria". Appena uscito dalla puerizia iniziò la sua formazione letteraria a Vicenza sotto la guida di Ognibene da Lonigo (Leoniceno Omnibono); passò poi ancora giovane a Venezia, dove poté approfondire lo studio del greco, seguendo le lezioni di Giorgio Trapezunzio, e dove fu scolaro di Giampietro da Lucca, il quale, malfermo di salute, lo scelse come collaboratore. Per quasi un decennio il B. aiutò il suo maestro, fino al luglio 1466, quando la Repubblica veneta lo chiamò ufficialmente a insegnare lettere umane nella scuola della cancelleria ducale, in sostituzione di Filippo di Federighino da Rimini.
Nel suo lungo insegnamento tra gli autori latini preferì Cicerone (opere morali), Virgilio, Quintiliano, Marziale; fra i greci commentò Omero, Tucidide, Demostene e Aristotele (Etica,Fisica,Economico e Politica). La sua scuola, frequentata soprattutto dai giovani dell'aristocrazia. veneta, poté vantare alcuni discepoli ben più noti del maestro, tra i quali Raffaele Regio, Domizio Calderini, Giampietro Valeriano Bolzani, Bernardo Giustiniani, Giovanni Querini di Nicolò, Alessandro Falconi, Giambattista Egnazio e Benedetto Scaligero. Il B. ebbe notevole fama di dotto e letterato: Marco Antonio Sabellico, nel suo Dialogus de lingua latina reparatione scritto verso il 1490, introdusse tra i vari interlocutori (G. B. Egnazio, Ermolao Barbaro, Sebastiano Priuli e altri) anche il B., che prende la parola per primo in difesa della lingua latina.
Il B. ebbe rapporti di studio e di amicizia con molti letterati del suo tempo: fu soprattutto amico di Filippo Buonaccorsi da San Gimignano, più conosciuto col nome di Filippo Callimaco Esperiente. Da una lettera scritta da Venezia il 16 ott. 1488, nella quale compiange l'amico per l'incendio della sua casa e della sua libreria, apprendiamo che aveva letto con cura l'Historia de rege Madislao s'eu clade Varnensi, scritta dal Buonaccorsi e ne era stato anche "non lentus censor". In questa circostanza inviava al Buonaccorsi alcuni libri stampati in sostituzione di quelli che erano stati preda delle fiamme.
Il B., dedito allo studio e al pubblico insegnamento, passò tutta la sua vita a Venezia, salvo brevi periodi di riposo, durante i quali tornava alla sua terra natale, facendosi sostituire nella scuola dall'Egnazio. Come ricorda anche Marin Sanuto (IV, p. 282), morì il 7 luglio 1502 e fu sepolto a S. Maria dei Frari, a fianco della porta che immette nel chiostro: lì il suo scolaro Giovanni Querini gli fece erigere il monumento che ancor oggi si ammira. Il suo epitafflo lo celebra come ottimo professore di grammatica, di retorica e di filosofia.
L'unica opera che si può dire originale del B., l'Oratio super Ethicis Aristotelis, finita di scrivere il 7 ag. 1494, come dice la sottoscrizione, è tuttora inedita nel cod. 22 (ff. 151-180v) della Bibl. Capitolare di Belluno. Nello stesso codice, ai ff. 127-142, è conservata una raccolta di nove lettere che il B. inviò a diversi e precisamente tre ad Antonio Albertini ed una ciascuno a Filippo Buonaccorsi, a Giacomo Gallo, a Pietro Bravo, a Lorenzo Giustiniani, ad Andrea Palazio e a Cristoforo Lanfranchino. Inoltre nel cod. Veron. Capitolare, CCXXVII (354), ff. 6-17v, c'è la traduzione latina della declamazione XXVI (Dyscolos) di Libanio, fatta dal B. e preceduta da una prefazione di Pellegrino de' Pellegrini. Salvo la lettera al Buonaccorsi e quella al Giustiniani, nessuna di queste opere fu pubblicata: anche la notizia riferita dallo Scaligero, secondo cui il B. avrebbe stampato in Germania un'operetta critica, di cui però non si conosce il contenuto, è completamente ignorata dai discepoli e dai contemporanei.
Il B. preferì esplicare la sua profonda conoscenza delle lingue greca e latina nel correggere e curare la stampa di opere di autori antichi e contemporanei. Il primo testo che porta il suo nome è l'editio princeps delle Institutiones grammaticae di Prisciano stampata a Venezia da Vindelino da Spira nel 1470 e poi ristampata almeno dieci volte nel corso del sec. XV. Due anni dopo presso lo stesso editore il B., quasi omaggio di discepolo al suo maestro, pubblicò la Rhetorica di Giorgio Trapezunzio: nei versi posti in calce al volumetto è detto espressamente: "correxit veneta rhetor benedictus in urbe". Nel 1474 curò la stampa delle Historiae diErodoto nella traduzione di Lorenzo Valla, alle quali premise una dedica al patrizio veneto Nicolò Donato.
L'opera di maggiore impegno del B. fu certamente l'edizione delle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio, nella traduzione latina di Ambrogio Traversari: la stampa fu intrapresa su invito di Lorenzo Zorzi e di Iacopo Badoer, ai quali il libro è dedicato. Il Traversari intorno al 1433 aveva tradotto le Vite del Laerzio, in cui, com'è noto, sono inclusi 82 epigrammi, che nel sec. X furono raccolti secondo l'argomento nei diversi libri dell'Antologia Palatina. Il Traversari tradusse alcuni di questi epigrammi in prosa latina, altri tralasciò e nella dedica a Cosimo de' Medici si giustificò di queste volontarie omissioni, dichiarandosi inferiore al compito di tradurre la poesia greca in versi latini. Il B. volle però colmare le lacune del traduttore e aggiunse la versione poetica di 60 epigrammi, senza tuttavia omettere nel testo la traduzione in prosa, quando c'era, fatta dal Traversari. Pubblicò l'opera per la prima volta a Venezia, nel 1475, stampata da Nicola Jenson, curandone poi almeno altre quattro edizioni.
Era tanta la stima che il B. godeva presso gli studiosi che Bernardo Giustiniani alla sua morte affidò al B. e a Giovanni Calfurnio la sua Historia de origine urbis Venetiarum, la quale appunto fu pubblicata a Venezia nel 1492 con una prefazione e una dedica del B. stesso a Lorenzo Giustiniani. Nel 1502 il B. curò l'edizione di alcune opere di Cicerone (De officiis, De amicitia, De senectute et paradoxa), col commento di Pietro Marsi e di Ognibene da Lonigo, aggiungendo proprie correzioni e note.
L'ultima sua fatica fu quella di preparare una nuova edizione della Cornucopia di Niccolò Perotti, che corresse e arricchì di tremila nuovi vocaboli. Quest'opera uscì postuma a Venezia nel 1504 e l'editore Giovanni da Lignano, nella lettera premessa all'edizione, ricorda e esalta l'insegnamento e l'opera del B., che definisce il "Cicero veronensis".
Fonti e Bibl.: Le notizie più importanti sulla vita le ricaviamo dalle tre commemorazioni pronunciate dai suoi discepoli. La prima è dell'Egnazio, conservataci in una rara stampa veneta (ex Academia Aldi Romani, MDII, prid. Kal. Octobr.). La seconda è del Querini, Oratio in eximii viri Benedicti Brugnoli laudem, Venezia 1502, preceduta da una lettera a Marino Zorzi e dedicata a Girolamo Raimondo, che era stato anche lui scolaro del Brugnoli. La terza è di Alessandro Falconi, In obitu clarissimi rhetoris B. B. omnibus eiusdem Academiae condiscipulis Epicedium, Impressum Venetiis per Bernardinum Venetum de Viterbibus (anno 1502 o 1503). G. C. Scaligero canta le lodi del B. nell'ultimo brano dei suoi Heroes, Leida 1539, p. 24; ne scrive un elogio in Scaligerana, Colonia 1595, pp. 69 s.
Lo ricordano ancora: S. Maffei, Verona illustrata, III, Milano 1825, pp. 231-233; A. Zeno, Dissertazioni Vossiane, I, Venezia 1753, pp. 77 e 270; G. B. Giuliari, Letteratura veronese, Bologna 1876, pp. 46-48, e C. Castellani, La stampa in Venezia, Venezia 1889, p. 22. Una breve biogafia si legge in G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 2134-2136. La lettera scritta dal B. al Buonaccorsi fu pubblicata sul cod. Vat. Barb. lat. 1731 da S. Ciampi, Notizie di B. Brugnolo, in Giornale arcadico, XXXIX (1928), pp. 319-334: la stessa lettera è nei codici Vaticani Barb. lat. 2031, f 126v, e Ottob. lat. 2280, f. 1; un testo più corretto, probabilmente autografo, lo conserva il cod. Marc. lat. X 216, ff. 137-141v (L Valentinelli, Bibl. manuscripta ad S. Marci Venetiarum,Codices mss. latini, VI, Venetiis 1873, p. 185). Per le edizioni curate dal B. si vedano le relative notizie nell'Indice generale degli Incunaboli delle Bibl. d'Italia: Giorgius Trapezuntius (4220), Herodotus (4692), Priscianus (8045), Diogenes Laertius (3459), B. Iustinianus (5547). Per Cicerone cfr. G. W. Panzer, Annales typographici, VIII, p. 351 n. 108: nei repertori dell'Hain (5281) e del Panzer (III, 2077) la prima ediz. di Cicerone curata dal B. sarebbe uscita il 20 dic. 1496, ma è stata confusa con la seconda ediz. uscita dieci anni dopo, cioè il 20 dic. 1506.
Qualche notizia si trova ancora in B. Nardi, La civiltà veneziana nel Quattrocento, Venezia 1957, pp. 121 e 142: alla tav. 9 (dopo p. 119) la riproduzione del monumento sepolcrale del Brugnoli. Sulla traduzione degli epigrammi greci si veda: J. Hutton, The Greek Anthology in Italy to the year 1800, Ithaca-New York 1935, pp. 87-89. Cenni sui manoscritti in G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle Bibl. d'Italia, II, p. 122, e in P. O. Kristeller, Iter italicum, II, pp. 295, 436, 462, 495-96.