BRIOSCO (da Briosco, Brioschi), Benedetto
Figlio di un Ardigolo, è il rappresentante principale di una famiglia di scultori originaria di Briosco, a nordest di Milano. Erroneamente detto Benedetto Pavese dal Lomazzo, che lo confuse col Bambaia, fu cittadino milanese della parrocchia di S. Babila. Non se ne conosce con esattezza la data di nascita che può essere fatta risalire agli anni 1460-1465, se nel 1477 il B. presta la sua opera fra gli scultori che in vario grado lavorano al monumento a Giovanni e Vitaliano Borromeo all'Isola Bella (Biscaro, 1914). Non è possibile giudicare dalle note d'archivio quale partecipazione abbia avuto nell'esecuzione dei rilievi del sarcofago, né ci è giunta notizia di alcuna opera cui abbia preso parte nei sei anni successivi, ma nel 1483 - anno da cui si è fatta decorrere fino ad oggi la sua attività - risulta scultore indipendente, se esegue per il duomo di Milano una S. Apollonia (non più identificabile; Annali, III, p. 18).
L'opera del B. al duomo prosegue fino al 1492: il suo nome ricorre pffi volte - è annoverato fra i lapicidi negli anni 1484, 1485, 1491, 1492 - negli Annali della Fabbrica, alla quale nel 1490 offre di consegnare a sue spese ogni anno quattro statue. Non sappiamo se mantenne o no l'impegno assuntosi, ma ci risulta che, eseguita una S. Agnese - identificatadal Nebbia col numero 2635 - sul finire del 1491, è assunto al servizio della Fabbrica col salario giornaliero di 10 soldi.
La S. Agnese, benché mancante del diadema e della palma che teneva nella mano destra ora mutila, è animata da una vitalità inconsueta, tutta protesa in una affermazione di moto. Distante sia dallo stile dell'Amadeo sia da quello dei Mantegazza, la statua sembra ispirarsi piuttosto alle Virtù del monumento Tron (1476) - per esempio la Carità - dei Rizzo, tanto che è possibile riscontrare significativi parallelismi tipologici.
Negli anni fra l'80 e il '90 il B. collaborò ai seguenti monumenti funebri milanesi, i primi due insieme con lo scultore T. Cazzaniga: il monumento a Pier Francesco Visconti di Saliceto (1484), già nella chiesa del Carmine (rimangono cinque formelle, sparse in diversi musei americani, e la targa, con la firma "Benedictus de Brioscho et Tomasius de Cacinigo opus fecerunt" nell'atrio dello scalone di palazzo Trivulzio); il monumento a Giacomo Stefano Brivio (1486) in S. Eustorgio - già iniziato dal fratello di Tommaso, Francesco Cazzaniga, e la cui parte decorativa spetterebbe al solo B.; il monumento ad Ambrogio Grifo in S. Pietro in Gessate, del quale resta solo la figura del defunto protonotario apostolico di una verità terrificante, esaltata dal linearismo esasperato.
Il B. esordì nell'ambito della koinè amadeesca: infatti i primi lavori documentati sono tutti di collaborazione. Per questo motivo non è possibile distinguervi nettamente la sua mano da quella di altri artisti; perché i moduli compositivi e i temi iconografici desunti dai capiscuola Amadeo e Mantegazza vengono spesso riprodotti pedissequamente. Quando invece ci si accosta a opere come la statua giacente di Ambrogio Grifo - che, secondo il Beltrami (1923), basta a spiegare la familiarità fra il B. e Leonardo da Vinci impegnato negli stessi anni a Milano nel progetto del monumento equestre a Francesco Sforza e del tiburio del duomo - e più ancora la S.Agnese, si comprende che qualche conoscenza, qualche contatto determinante siano intervenuti in progetti di sculture e architetture. Il verismo del primo e la vibratilità della seconda, mentre necessariamente postulano i presenti contatti con Leonardo e con l'ambiente veneto sia del Rizzo sia di Pietro Lombardo, sono i testimoni innegabili di una raggiunta maturità artistica. Il sentimento interno che riempie questi capolavori di vitalità andrà presto smarrito per il sovrapporsi di altri influssi culturali.
L'opera del B. alla certosa di Pavia si estende dal 1491 al 1517: dapprima (1491) lo scultore fu impegnato al lavoro per la facciata assieme al Tamagnino, sotto la direzione dell'Amadeo; in seguito (1501) si assunse da solo l'esecuzione del portale, escluse le storie del basamento già preparate da lui e dall'Amadeo.
L'opera, per la quale il B. verosimilmente utilizzò, modificandolo, un precedente progetto dell'Amadeo, è generalmente ritenuta il capolavoro dell'autore.La novità principale sarebbe l'introduzione dell'arco di tipo bramantesco, con le colonne, due per parte, bene in evidenza. I riquadri marmorei dell'imbotte, due per lato, celebranti eventi relativi alla storia della certosa, rappresentano la traduzione lombarda dello spirito rinascimentale: ciò che interessa maggiormente all'artista è la illustrazione del fatto storico nei particolari più minuti, mentre il tutto è unificato non tramite la prospettiva geometrica, bensì tramite la prospettiva pittorica. Numerosi dovettero essere gli aiutanti del B. in un lavoro di tale mole. L'unità artistica del complesso fa tuttavia ritenere che al B. sia dovuta la concezione delle sculture nel loro insieme, e che le migliori siano state eseguite da lui stesso.
Nel 1508 i monaci decisero di affidare al B. e al Tamagnino il compimento della facciata, per la quale il B. eseguì varie statue grandi e piccole (non identificabili), oltre a tondi, probabilmente per le finestre: l'ultima testimonianza di tali lavori ed anche dell'attività del B. si riferisce all'anno 1517.
Per la certosa, oltre al suddetto portale e alle sculture della facciata, il B. eseguì, fra il 1491 e il 1497, la Madonna del monumento a Gian Galeazzo Visconti, firmata, e i busti sopra la porta della sacrestia vecchia nel transetto della chiesa. Sulla parte da lui avuta nei bassorilievi del monumento a Gian Galeazzo Visconti (1492-1497)permangono molti dubbi (cfr. Arslan, p. 738 nota 2).Intanto il B., che nel 1498 per il crescente impegno con la certosa aveva assunto come aiuto un certo Giacomo de Nava, fu chiamato (1506)a Cremona per fare le storie, le figure, i fogliami per la Tombadei ss. Pietro e Marcellino, già in S. Tommaso, ora nella cripta del duomo (Courajod; Bonetti, pp. 607-610).Il B. fu anche fornitore di marmi per la fabbrica della certosa di Pavia (1506, 1508, 1510)e di quella di Milano a Garegnano (1509: Baroni, 1968, pp. 3s.).Degno di attenzione è il fatto che risulta a Saluzzo negli anni 1508, 1510, 1512per la ricerca e lo sfruttamento delle miniere di vetriolo e di allume del marchesato (del 1511 è una nota di Leonardo da Vinci riferentesi al B., "compare mio Benedetto scultore", che gli ha promesso una "tavoletta per li colori" dalla miniera di Mombracco presso Saluzzo: Parigi, Bibl. dell'Institut de France, cod. G, c. 1v: cfr. Roggiero, Beltrami, Bressy).
L'arte del B. a Pavia e a Cremona subisce un mutamento formale notevolissimo - in conseguenza del nuovo indirizzo impresso all'arte lombarda prima da Leonardo e Bramante, poi da G. C. Romano (dal 1492 alla certosa per erigervi il monumento a Gian Galeazzo Visconti) che introduce forme rinascimentali propriamente romane rifacentisi all'arte classica. Essa viene cioè ad assumere caratteri classici, pur se interpretati alla lombarda.
Non figure eroiche e prospettiva rigorosa, ma una nuova sensibilità alle superfici, lisce, levigate, una nuova politezza formale, un amore di narrazione e di episodicità per se stessa. Originale la decorazione grassa e ricca, anch'essa aderente alla realtà, nelle frutta esuberanti e negli uccelli che di esse si nutrono. Nelle cose migliori si raggiunge una certa intimità, eredità preziosa del "maestro" Amadeo. In effetti non sempre la mano seppe adeguarsi alla materia e le figurine del B. rimasero talvolta legnose, stereotipate, non del tutto riuscite. Toccherà ad Agostino Busti detto il Bambaia, che usufruirà di una tecnica raffinatissima, portare innanzi e concludere la lezione del Briosco.
Dopo il 1517 non si trova più alcun cenno che si riferisca direttamente al B., il quale risulta, morto prima del 1526 (Bossaglia, 1968, p. 53 e n. 4: è nominato un suo figlio "maestro Giovanni Antonio", scultore come l'altro figlio Francesco, di cui si conosce anche rattività).
Fratello del B. era Cristoforo, scalpellino, documentato a Pavia nell'estate del 1496, anno in cui venne licenziato dalla Fabbrica del duomo di Milano perché solito, come altri, assentarsi d'estate (Annali, III, p. 88).Come il B., nel settembre 1496 abitava nel monastero della certosa di Pavia, ma dovette essere riassunto dalla Fabbrica del duomo, se nel 1513 fu messo a riposo come scalpellino invecchiato al servizio della Fabbrica stessa (ibid., p. 165).Morì a Milano nel 1535 (E.Motta, Morti... dal 1452 al 1552, in Arch. stor. lomb., XVIII [1891], p. 261).
Francesco, figlio del B., è nominato fra gli scultori che presero parte ai lavori della facciata della certosa di Pavia dal 1500 al 1507.Da buon padre, il B., nel contratto del 1501per la costruzione del portale (Maiocchi, II, pp. 140-142), sipreoccupa di far assumere il figlio per sette anni come scultore al servizio del monastero. A Silvestro da Cairate e a Francesco risalirebbe il progetto per l'altar maggiore della certosa stessa. In via di ipotesi è da identificare con Francesco il maestro delle Nozze di Cana nel sacrario di destra dell'altar maggiore stesso (Magenta, 1897, p. 393;Bossaglia, 1968, pp. 68, 78 nota 71).Dal 1513 al 1518 è attivo al duomo di Milano. Il Nebbia riferisce a lui le statue di un S.Giovanni (n. 224) - di cui parlano anche gli Annali (III, p. 169) -, simile ad una analoga sulla facciata della certosa di Pavia, di un Santo armato (n. 246)e di un Apostolo (n. 267), mentre si è pensato a lui (Mongeri, 1872, p. 255) come all'ideatore dell'architettura delle tombe dei Trivulzio in S. Nazzaro, opera alla quale partecipò, assieme a Giovan Giacomo Briosco e ad altri lapicidi, su licenza della Fabbrica del duomo (1517-1518: cfr. Baroni, 1968, pp. 140-142).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Fondo notarile, rubrica n. 2418, anno 1486, 13 maggio; rubrica n. 2291, anno 1489, 1º settembre; filza 4577, anno 1489, 1º settembre; Milano, Archivio della Fabbrica del duomo, Delibere, III, anno 1490, 29 novembre (non figura negli Annali);Archivio di Stato di Pavia, Fondo notarile,Atti di Giovan Antonio Gabba, pacco 1498-1507, anno 1509, 28 marzo; pacco 1508-1515, anno 1508, 3 marzo; anno 1509, 18 gennaio; Milano, Archivio privato Trivulzio, Lettere, lettera del frate Pacifico Trivulzio al conte Bartolomeo da Cemo, ducale questore, anno 1496, 25 gennaio; Archivio di Stato di Cremona, Fondo notarile, filza 327, anno 1506, 6 maggio; Milano, Bibl. Naz. di Brera, ms. ADXV 12, n. 20/261: Manoscritto di Matteo Valerio,Memorie miscellanee riguardanti la Fabbrica e le opere artistiche della Certosa presso Pavia, f.II, cc. 3v, 4r e v (Benedetto e Francesco), 10v; f. VI, c. 6v (trascritto in parte in Arch. stor. lomb., VI[1879], pp. 137 s. [anche Francesco], 144); Pavia, Museo Civico, Bibl., ms. 1307, docc. del 5 luglio 1505, 27 apr. 1514 riguard. la certosa; Annali della Fabbrica del duomo..., III (1880) pp. 18, 25, 28, 56 s., 71 s., 76; 165, 169, 189, 193 (per Francesco); 88, 165 (Cristoforo); Appendice, II(1885), p. 229 (anche per Francesco); F. Calvi, Famiglie notabili di Milano, Milano 1885, IV, famiglia Brivio, tav. XV; O. Roggiero, La zecca dei marchesi di Saluzzo, Pinerolo 1901, pp. 17 s., 44-49 (estratto dal volume X della Biblioteca della Società storica subalpina); Appunti e notizie, in Arch. stor. lomb., XXXV (1908), 1, p. 522 (anche per Francesco); G. Biscaro, Note di storia dell'arte e della cultura a Milano dai libri di mastro Borromeo,ibid., XLI (1914), pp. 95, 98, 103; R. Maiocchi, Codice diplom. artistico di Pavia, I, Pavia 1937; II, ibid. 1949 (cfr. R. Cipriani, Indice del Codice diplom. artistico di Pavia, Milano 1966, pp. 17 s.; anche per Francesco e Cristoforo); G. P. Lomazzo, Trattato dell'arte della pittura,scultura ed architettura [1584], Roma 1844, II, p. 209; G. M. Fornari, Cronica del Carmine di Milano, Milano 1685, p. 204; G. Calvi, Notizie... dei principali architetti,scultori... che fiorirono in Milano..., II, Milano 1865, pp. 162, 164; F. A. Albuzzi, Memorie per servire alla storia de' pittori,scultori e architetti milanesi [sec. XVIII], II, Milano 1956, pp. 84, 98; G. Mongeri, L'arte in Milano, Milano 1872, pp. 127, 151 (130, 255 per Francesco); Id., Ancora della porta degli Stanga a Cremona, in Arch. stor. lomb., III (1876), p. 118; L. Courajod, Documents sur l'histoire des arts etdes artistes à Crémone aux XV et XVI siècles, in Mémoires de la Soc. nat. des antiquaires de France XLV (1884), pp. 262, 272; D. Sant'Ambrogio: Undici nuovi bassorilievi della Certosa di Paviaascrivibili allo scultore B. B., in Lega lombarda, 20-21 luglio 1895 (sui bassorilievi all'interno della parete divisoria del coro della certosa attribuibili al B.); C. von Fabriczy, Eine Reihe Reliefs von B. B., in Repertorium für Kunstwissenschaft, XVIII (1895), pp. 491 s. (sullo stesso argomento); C. Magenta, La Certosa di Pavia, Milano 1897, pp. 178, 182, 185, 201, 215, 221, 228-234, 232 (Francesco), 236 s., 244 s., 317 s., 334 s. (s'attribuirebbero al B. le Tentazioni di s. Antonio sulla porta della sacrestia vecchia), 339 s., 393 (Francesco), 480; D. Sant'Ambrogio, Un disperso monumento pavese del 1522, in Archivio storico lombardo, XXIV (1897), 2, p. 139 (anche Francesco); C. von Fabriczy, Das Marmorrelief einer Pietà, in Repertorium für Kunstwissenschaft, XXII (1899), pp. 506 s. (anche Francesco); G. Meyer, Oberitalienische Frührenaissance,Bauten und Bildwerke der Lombardei, II, Berlin 1900, pp. 148 ss. (per una partecipazione del B. alle finestre della certosa di Pavia; cfr. anche C. Magenta op.cit., pp. 210 s.), 176; F. Malaguzzi Valeri, G. A. Amadeo, Bergamo 1904, pp. 7, 86, 98 s., 164 s., 170-173, 203 s., 208, 214 (si avvicina alla maniera del B. il lavabo della prima cappella a sinistra e quello della prima cappella a destra nella certosa di Pavia), 232 s., 238 (si propende a ritenere il B. autore del monumento a Branda Castiglioni, nella chiesa di S. Maria delle Grazie di Milano), 239 ss. (nel monumento a Giovanni e Vitaliano Borromeo sarebbero attribuibili al B. Cristo fra i dottori, la Fuga in Egitto, il fregio e l'architrave, le Glorie di angeli al di sotto della cassa), 251, 256, 281 (Francesco), 286, 291, 307, 315 s., 329; E. Motta, Chifurono gli scultori del monumento Torelli in S. Eustorgio a Milano?, in Arch. storico lomb., XXXV (1908), 1, p. 146; U. Nebbia, La scultura nel duomo di Milano, Milano 1908, pp. 142-146; 157, 170 s. (Francesco), 262 (anche Francesco); A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VI, Milano 1908, pp. 917 nota 2, 920-922; A. Monteverdi, A proposito dell'arca dei martiri persiani a Cremona, in Arch. stor. lomb., XXXVVI (1909), 1, pp. 188 s. nota 1; Id., L'arca dei ss. Pietro e Marcellino a Cremona,ibid., pp. 495-500; G. Biscaro, Convenzione stipulata fra i tre maestri dirigenti l'opera della facciata della Certosa,nel maggio 1492,ibid., XXXVII (1910), 2, p. 507; C. Bonetti, L'arca dei santi Marcellino e Pietro...,ibid., XLIV(1917), pp. 576-79, 585 s., 604, 607-10; L. Beltrami, Il "Compare mio maestro Benedetto scultore" di Leonardo da Vinci e la tomba di Ambrogio Grifo, in Miscell. vinciana, III (1923), pp. 20 ss.; H. Lehmann, Lombard. Plastik im letzten Drittel des XV. Jahrhunderts, Berlin 1928, pp. 63 (considera del B. la figure della sommità del monumento a Camillo Borromeo all'Isola Bella), 67-81; S. Vigezzi, Catal. descrittivo... delle sculture... nella basilica di S. Eustorgio in Milano. Tomba di Giacomo Stefano Brivio..., in Arch. storico lomb., LX (1933), pp. 283 ss.; C. L. Ragghianti, La mostra di scultura italiana antica a Detroit (U.S.A.), in Critica d'arte, XIII (1938), p. 182, ill. nn. 70-73 (riproducono 4 rilievi provenienti dalla tomba Visconti di Saliceto); R. W. Valentiner, Two Lombard Sculptures of the Renaissance, in Detroit Institute of Art Bulletin, XIX (1939), pp. 3 s., 7; C. Baroni, Problemi della scultura manieristica lombarda, in Le arti, V (1943), p. 182 n. 14 (si riferisce al B. la Pietà nell'entrata laterale di S. Angelo a Milano; sarebbe pure attribuibile al B. il monumento a Luigi Arcimboldi in S. Maria delle Grazie a Milano); G. A. Dell'Acqua, Problemi di scultura lombarda: Mantegazza e Amadeo, in Proporzioni, III (1950), pp. 133 s., 138 s.; G. Casati, La chiesa nobile del Castello di Milano (S. Maria del Carmine)... Documenti di vita milanese dai Visconti in poi, Milano 1952, p. 61; E. Arslan, La scultura nella seconda metà del Quattrocento, in Storia di Milano, VII, Milano 1956, pp. 702, 728-730, 733-736, 738 n. 2, 740; M. 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