BEMBO, Benedetto
Figlio di Giovanni, capostipite di una famiglia cremonese di pittori, nacque intorno al 1420-25, forse a Brescia, fratello minore di Bonifacio. Non abbiamo notizie biografiche su di lui. La prima data che lo riguarda è del 1462, segnata sul polittico già nella cappella di S. Nicomede del castello dei Rossi a Torchiara (Parma) e ora nel Museo d'arte antica al Castello sforzesco, a Milano: firmato "i Benedictus Bembus ediit MCCCCLXII mensis maii", raffigura la Madonna col Bambino tra i SS. Antonio abate, Nicomede, Caterina d'Alessandria e Pietro martire, con gli Apostoli a mezzo busto nella predella.
In quanto unica opera documentata, è fondamentale per la conoscenza dell'arte del B. che, anziché seguace della tradizione tardo-gotica come il fratello Bonifacio e l'altro pittore cremonese contemporaneo C. Moretti, appare orientato verso la cultura padovana, squarcionesca, sulla falsariga dei veneti provinciali, o addirittura "ferrarese" come ha precisato il Longhi (1958).
Altra opera fondamentale, attribuita su base stilistica da C. Ricci (1894) e poi concordemente riconosciuta dalla critica, è la decorazione della cosiddetta sala d'oro dello stesso castello a Torchiara.
Gli affreschi celebrano la vicenda amorosa di Pier Maria Rossi e Bianca Pellegrini e sono anteriori al 1463, anno in cui sono cantati dal poeta Gerardo Rustici. Ancor più delle aspre 'desinenze plastiche del polittico' peraltro mescolate a modi tardogotici, l'invenzione e la partitura delle figurazioni della sala d'oro, inserite in schematiche architetture "tra pompeiane e filaretiane" (Baroni e Samek), al centro delle quattro lunette. sullo sfondo di un paesaggio continuo, a giro d'orizzonte, costellato dai favolosi castelli della famiglia Rossi, documentano una singolare inclinazione "rinascimentale ", affine, nelle soluzioni prospettico-spaziali, ai Lendinara (A. C. Quintavalle, 1963). Ma ciò non toglie che il largo impiego dell'oro - la decorazione a pastiglia dorata riempie l'alto zoccolo e riveste i profili architettonici a rilievo, come nella cappella ducale milanese e come nel ciclo degli Zavattari, a Monza - indichi altresì il persistere di un gusto araldico, tipico del tardo gotico lombardo.
Terza opera fondamentale, stilisticamente legata al polittico del 1462 e forse di poco posteriore, è il gruppo di tre tavole, parte di un polittico smembrato, con la Madonna e il Bambino e un offerente, S. Giorgio e S. Tommaso d'Aquino (Cremona, Museo civ.). Discussa è l'attribuzione del frammento di affresco con la Fuga in Egitto (S. Michele, Cremona), pubblicato dal Salmi (1926) e riconosciuto come opera del B., fra gli altri, anche dal Puerari; mentre il Ragghianti (1949) lo considera nell'orbita di Bonifacio. Altre opere, peraltro ineguali, aggiunte di recente al catalogo dell'artista, sono la Natività Frascione (Zeri, in The Connoisseur, 1956, dicembre), la Predica del Battista della collez. Kress di New York (Suida, 1959) e gli affreschi in terra verde (Annunciazione e Storie di eremiti), di recente scoperti nel castello di Monticelli d'Ongina (Piacenza), dove il B. avrebbe anche collaborato col fratello Bonifacio nella decorazione della cappella (A. C. Quintavalle, 1963; gli affreschi in terra verde, staccati, si trovano nella Gall. naz. di Parma).
Oltre al padre Giovanni, cremonese, documentato a Brescia tra il terzo e il quarto decennio del '400, furono pittori anche i fratelli del B., Bonifacio e Andrea. Quest'ultimo è ricordato nei documenti bresciani fino al 1496. (Per un tentativo di ricostruire gruppi di opere intorno a Giovanni e Andrea, v. G. Panazza, La pittura nella prima metà del Quattrocento, in Storia di Brescia, II, Brescia 1963, pp. 896-907).
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