PASQUALIGO, Benedetto Antonio
– Giurista e letterato. Nacque a Venezia il 5 luglio 1673, figlio di Francesco e di Paolina Balbi.
Membro di una nobile famiglia veneziana, nel 1693 fu ammesso nel Maggior Consiglio con la 'grazia della Barbarella' (tra i giovani patrizi che ne avevano diritto trenta potevano essere ammessi a vent’anni mediante sorteggio da eseguirsi nel giorno di santa Barbara) e vi fu confermato al compimento dei venticinque anni. Ricoprì numerose cariche per la Serenissima: Ufficiale alla Messetteria (1698-1699), Camerlengo a Brescia (1702-1703), Provveditore ad Asola nel Mantovano (1706-1707), Provveditore ordinario a Fanari in Grecia (1708-1709), Podestà e Capitano a Belluno (1711-1713). Nel 1717 fu nominato Avvocato dei Prigionieri a Venezia e, riconfermato di biennio in biennio, tenne l’incarico fino al 1733.
Pasqualigo sposò nel 1703 Anzola Regina Lombardo, ma il matrimonio venne annullato; si risposò nel 1715 con Paolina Badoer, vedova di Andrea Boldù. Non risulta che abbia avuto figli. Nel 1738 fu nominato canonico nel Duomo di Padova, ancorché ammogliato, e conservò il titolo fino alla morte, avvenuta il 19 gennaio 1743.
Come letterato Pasqualigo produsse in primo luogo una serie di drammi per musica, scritti per i teatri veneziani tra il 1718 e il 1725. Nel carnevale 1718 l’Antigona, «tragedia da cantarsi» nel teatro di S. Cassiano (musica di Giuseppe Maria Orlandini), fu uno dei maggiori successi di quegli anni; l’anno dopo seguì Ifigenia in Tauride, «tragedia» scritta per il S. Giovanni Grisostomo (musica dello stesso Orlandini). La forte vocazione classicistica che contraddistingue gli esordi di Pasqualigo librettista – evidente sia nella scelta dei soggetti, sia nell’apparato paratestuale che correda i due libretti – va ricondotta alle tendenze riformistiche dell’Accademia degli Animosi (1691), divenuta poi colonia dell’Arcadia (1698), alla quale Pasqualigo fu ascritto col nome di Merindo Fesanio. Nel 1721 compose per il teatro di S. Angelo la «tragicommedia pastorale» Il pastor fido, un adattamento del capolavoro di Battista Guarini (musica di Carlo Pietragrua), e la «tragedia» Cimene, tratta dal Cid di Pierre Corneille (ignoto il musicista). Con Cimene i modelli di Pasqualigo mutarono: i drammi ch’egli scrisse dipoi furono ispirati ai tragici francesi. La «tragedia» Giulio Flavio Crispo e il «drama» Mitridate re di Ponto vincitor di sé stesso, rappresentati con musiche di Giammaria Capello al S. Giovanni Grisostomo rispettivamente nel carnevale 1722 e 1723, si rifanno a Racine (la prima, che riprende il soggeto del Crispus del gesuita Bernardino Stefonio, riecheggia passi della Phèdre, il secondo segue da vicino il Mithridate); Berenice, «drama da cantarsi» nello stesso teatro nel carnevale 1725 (musica di Orlandini), contamina il Tite et Bérénice di Pierre Corneille con la Bérénice di Racine. Nell’avvertenza premessa al Mitridate Pasqualigo sottolinea un altro importante cambiamento di poetica, concernente la definizione del genere e la divisione degli atti (tutti i suoi drammi precedenti sono divisi in cinque atti), che segnala un atteggiamento più condiscendente verso le aspettative del pubblico: «Ho apposto questa volta sul frontispicio il titolo generico di drama piuttosto che lo specifico di tragedia, per non turbare col vocabolo la fantasia dolcissima dei spettatori, e ne ho fatta la ripartizione in tre atti, bastandomi che intrinsicamente sianvi combinate le cinque essenziali parti necessarissime alla costituzione del poema drammatico».
I drammi di Pasqualigo documentano un aspetto interessante nell’evoluzione dell’opera in musica del primo Settecento, caratterizzata da diversi tentativi di ridefinire il melodramma nel quadro dei generi letterari. Tali tentativi, esperiti nel clima di riforma del gusto promosso dall’Arcadia, si ispirarono da un lato al teatro antico e rinascimentale, dall’altro al teatro francese del grand siècle; ma fu soprattutto quest’ultimo ad imporsi, proponendo modelli formali più equilibrati e contenuti psicologici più congeniali alla sensibilità moderna.
È probabile che nel rinunziare a pretese letterarie considerate eccessive Pasqualigo abbia tenuto conto anche della reazione di letterati particolarmente severi verso il raffazzonamento dei testi consacrati della tradizione. Riguardo all’adattamento del Pastor fido occorremenzionare due componimenti satirici attribuiti a Benedetto Marcello: un sonetto in dialetto veneziano dal tono scherzoso, e un ampio prologo nel quale l’ombra del Guarini si lamenta dello scempio inflitto alla sua «tragicomedia». Lo stesso Marcello dedicò all’Ifigenia in Tauride tre feroci sonetti; in uno accusava Pasqualigo di aver addirittura distrutto la fonte classica («Ifigenia, che viva è restada / in man de Greci, Latini e Franzesi, / per le man vostre al fin resta amazzada»; Venezia, Biblioteca del Museo Correr, Correr 287, p. 35).
Dopo il 1725 Pasqualigo non scrisse più per i teatri, a parte il «drama maritimo» Venezia, stampato nel 1731: Antonio Vivaldi l’avrebbe dovuto allestire al S. Angelo nel carnevale 1727, ma pare che non sia mai stata rappresentata. A Pasqualigo venne ascritta anche la «pastorale» Dorinda (1729), ma l’attribuzione risulta dubbia (nella dedica Domenico Lalli, poeta e impresario nel teatro di S. Samuele, dichiara d’ignorare il nome dell’autore, mentre Groppo ne assegna la paternità a Benedetto Marcello).
Pasqualigo fu inoltre autore di traduzioni che testimoniano un forte legame con la cultura classica: Trattato dell’arte poetica ai Pisoni di Q. Orazio Flacco trasportato in versi volgari con alcune dichiarazioni del metodo tenutovi (Venezia 1726); Le quattro tragedie attribuite a L. Anneo Seneca il morale filosofo cioè la Medea, l’Edipo, la Troade, l’Ippolito, con l’Ippolito del greco Euripide trasportate in versi sciolti del nostro idioma (Venezia 1730); Le api del povero, declamazione di M. Fabio Quintiliano eloquente avvocato del foro latino straportata secondo le immagini delle parole e la verità delle sentenze nell’idioma italiano con varie osservazioni rettorico-poetiche-legali (Venezia 1734). A queste si aggiunsero scritti d’occasione (Notizia giornale storica della sedia ducale vacante per la morte del sereniss. principe D. D. Luigi Mocenigo terzo ..., Venezia 1732; In solemni funere illustrissimi atque reverendissimi D. Marci Gradonici Venetiarum patriarchae ..., Venezia 1734) e scritti di carattere religioso (Maria piena di grazia … Gesù Cristo vero dio vero uomo … Votive concioni, Padova 1740; Ecclesiastica dissertazione circa il cristiano prescrittoci digiuno ..., Venezia 1742). Di un trattato dal titolo Comentari compendiosi sovra le gesta d’uomini illustri per fama di santi costumi, venerabili, beati, santi canonizati di veneta gente patrizia … si ha solo notizia nelle Novelle della Repubblica delle Lettere dell’anno MDCCXXXIII (Venezia 1734, p. 89).
Mentre esercitava l’ufficio di avvocato dei prigionieri Pasqualigo scrisse anche due opere giuridiche. La prima è costituita dalle Osservazioni pratiche circa il veneto foro criminale misto secondo le leggi e la consuetudine con alcuni avvertimenti circa il civile (Venezia 1725), nella quale è riportata anche un’arringa tenuta dallo stesso Pasqualigo. La seconda, più significativa, è intitolata Della giurisprudenza criminale teorica e pratica (Venezia, 1731-1732) e si presenta come un trattato di diritto e di procedura penale distinto in due tomi. Il primo è rivolto al diritto penale sostanziale e si articola in quattro libri dedicati rispettivamente: al delitto in generale e alle regole probatorie per accertarlo; ai delitti pubblici, comprensivi dei delitti politici, dei delitti contro la moralità pubblica, degli omicidi, della falsità, delle violenze e del peculato (chiunque poteva sostenerne l’accusa in pubblico giudizio); ai delitti privati, e cioè furto, usura, gioco d’azzardo, fallimento e ingiurie (soltanto la parte lesa poteva chiederne all’autorità la punizione); ai delitti «straordinari», sia pubblici che privati, caratterizzati da una particolare discrezionalità del giudice nell’accertarli e nel sanzionarli (così il delitto di avvelenamento di acque, l’abigeato, la prevaricazione, ecc.). I delitti sono inoltre distinti in: lievi, per i quali era applicabile solo una pena pecuniaria oppure una pena afflittiva surrogabile con la prima; gravi o atroci, per i quali era prevista una pena afflittiva o anche la morte e, quale pena accessoria, la confisca dei beni; atrocissimi («eccettuati»), puniti con la pena di morte aggravata da tormenti. Il secondo tomo era progettato anch’esso in quattro libri, ma per la vastità della materia Pasqualigo ne pubblicò uno solo dedicato al diritto penale processuale della città di Venezia (con il rito del Consiglio dei Dieci e il rito della Quarantia), riservando a un momento successivo la pubblicazione di un altro volume attinente alle reggenze e giurisdizioni venete 'da terra e da mare'.
Il trattato non presenta aspetti di particolare originalità. Il sistema dei delitti è d’impianto tradizionale e presenta contenuti tipici dell’ancien régime. Notevole appare tuttavia la sensibilità dimostrata in rapporto al riconoscimento del diritto di difesa e alla sua effettività (a proposito dei processi condotti col rito del Consiglio dei Dieci). Degni d’interesse risultano inoltre la distinzione tra diritto sostanziale e procedura penale e l’intento di redigere un quadro sinottico di concetti e principii applicabili all’attività giurisdizionale svolta tanto in sede centrale quanto in sede locale.
Fonti e Bibl.: Venezia, Archivio di Stato, Avogaria di Comun, Nascite, Libro d’oro, XI.291; Ibid., Archivio di Stato, Miscellanea codici, I, Storia veneta, Genealogie Barbaro, vol. VI, b. 22, p. 25; Segretario alle voci, Elezioni in Maggior Consiglio, reg. 24, cc. 92v-93r; reg. 25, cc. 72v-73r, 148v-149r, 182v-183r, 204v-206r; reg. 26, cc. 70v-71r; reg. 27, cc. 69v-70r; Padova, Archivio Storico Diocesano, Archivio Capitolare, Acta Capitularia 86 (1740-1743), c. 154; Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, It.cl.VII, 960: D[omenico] Pasqualigo, Memorie storiche della famiglia Pasqualigo, c. 6v. I componimenti satirici di Benedetto Marcello sui drammi di Pasqualigo (parzialmente editi da Wiel, 1894; Quarti, 1941; Della Corte, 1946; Mangini, 1988) sono contenuti in alcuni codici della Biblioteca del Museo Correr di Venezia: Cicogna 1224, cc. 83v -87v (prologo e sonetto sul Pastor fido); Correr 287, pp. 35-36, e Correr 990, cc. 237r-238r (sonetti su Ifigenia in Tauride).
G. Pagani, Nella partenza dal suo glorioso reggimento di Belluno dell’illustrissimo ed eccellentissimo signor B. P. podestà e capitanio, Venezia 1713; F.S. Dondi Dall’Orologio, Serie cronologico-istorica dei canonici di Padova, Padova 1805, p. 175; E.A. Cicogna, Personaggi illustri della veneta patrizia gente Pasqualigo, Venezia 1822, pp. 29-31; T. Wiel, Un prologo e un sonetto satirici di Benedetto Marcello, Venezia 1894; G.A. Quarti, Quattro secoli di vita veneziana nella storia nell’arte e nella poesia, II, Milano 1941, pp. 250 s.; A. Della Corte, Satire e grotteschi di musiche e di musicisti d’ogni tempo, Torino 1946, pp. 287 e 324-331; E. Selfridge-Field, Marcello, Sant’Angelo, and “Il teatro alla moda”, in Antonio Vivaldi. Teatro musicale, cultura e società, a cura di L. Bianconi - G. Morelli, Firenze 1982, pp. 536 s.; N. Mangini, Benedetto Marcello e la vita teatrale a Venezia tra Sei e Settecento, in Benedetto Marcello, la sua opera e il suo tempo, a cura di C. Madricardo - F. Rossi, Firenze 1988, pp. 57 s.; C. Vitali, I fratelli Pepoli contro Vivaldi e Anna Girò. Le ragioni di un’assenza, in Informazioni e studi vivaldiani, XII (1991), pp. 28, 32 s.; S. Lessi, Benedetto Pasqualigo e la “Giurisprudenza criminale teorica e pratica”, tesi di laurea, Università degli studi di Padova, a.a. 1998-1999; G. Cozzi, La società veneta e il suo diritto, Venezia 2000, pp. 174 s., 181-183, 212 s.; E. Selfridge-Field, A new chronology of Venetian opera and related genres, 1660-1760, Stanford 2007, ad ind.; F. Piperno, Su alcune “Antigoni” operistiche del Settecento, in Antigone e le Antigoni. Storia, forme, fortuna di un mito, a cura di A.M. Belardinelli - G. Greco, Firenze 2010, pp. 73-84, 106; F. Giuntini, Un “Nerone” «veramente tragico», in A. Piovene - J. Mattheson / G.M. Orlandini - J. Mattheson, Nerone / Nero, Milano 2013, pp. XXVII s., XXX; M. White, Antonio Vivaldi. A Life in Documents, Firenze 2013, pp. 180 s.