BENEDETTA di Massa
Nata intorno al 1194 da Guglielmo, marchese di Massa e giudice cagliaritano, e da Adelasia, figlia del marchese Moroello Malaspina, in quanto primogenita successe al padre, morto nel gennaio o febbraio del 1214 senza eredi maschi (altre figlie di lui furono Agnese e Preziosa).
La sua ascesa al trono giudicale fu certo legittima, cordorme cioè alle consuetudini che in Sardegna regolavano la successione. B. fu consacrata intorno al 1214 dall'arcivescovo cagliaritano Rico, alla presenza del l'alto clero e dei maggiorenti dei giudicato e all'atto di tale consacrazione giurò tra l'altro di non alienare né diminuire il territorio del giudicato, di non cederne i castelli e di non allearsi a gente straniera senza il consenso dei maggiorenti.
Prima del 14 luglio 1214 B. si univa in matrimonio a Barisone d'arborea, figlio del giudice Pietro, che all'epoca delle guerre tra il Cagliaritano e l'Arborea era stato sconfitto e imprigionato dal padre di lei; scopo del matrimonio era porre fine alle lotte che duravano fra i discendenti di Barisone de Serra, avo del marito di B., e del marchese Guglìelmo. Unitamente al marito, a cui B. comunicò con il matrimonio i diritti sovrani e che assunse negli atti pubblici e principalmente in quelli redatti in volgare il nome dinastico di Torchitorio, tipico dei giudici cagliaritani (Solmi, Studi..., pp. 147 s.), ella prestava atto di omaggio alla Chiesa romana riconoscendo i diritti della Santa Sede sulla Sardegna e sul giudicato.
I primi tempi del governo di B. furono caratterizzati da un riavvicinamento all'elemento locale, in contrapposizione alla politica paterna che aveva portato all'affermazione e al prepotere dell'elemento pisano nel giudicato. Assistita dal marito, dal figlio Guglielmo, dall'arcivescovo Rico, dal vescovo di Sulcis e da altre influenti persone, confermò e ampliò precedenti donazioni a favore della chiesa di S. Giorgio di Suelli e donò al vescovo di Sulcis terre e poderi.
Ma l'unione con Barisone suscitò ben presto le diffidenze dei Pisani, i quali dovettero paventare un'eventuale coalizione del giudicato di Cagliari con Genova, che, in quel periodo, oltre a spadroneggiare nell'Arborea, aveva attirato nella sua sfera d'influenza anche il Logudoro. Nel 1215 infatti Lamberto Visconti, console di Pisa, sbarcava a Cagliari con un grosso contingente di soldati: in breve tempo l'elemento pisano doveva riprendere il sopravvento nel giudicato. Nonostante l'apparente cordialità, i rapporti con la giudicessa andarono progressivamente inasprendosi perché, approfittando della debolezza di B. e di Barisone, Lamberto Visconti, che era anche giudice della Gallura per averne sposato la giudicessa Elena, e il fratello Ubaldo tentarono di trasformare Cagliari in una base per la conquista del giudicato e di tutta l'isola. Se i rapporti con Pisa dovevano ancora essere buoni nel giugno del 1216 quando B. faceva donazioni all'Opera del duomo di quella città, pochi mesi dopo il conflitto era già scoppiato. B. e il marito furono costretti da Ubaldo e da Lamberto, che agivano alternativamente con minacce e blandizie, a riconoscersi vassalli di Pisa, a ricevere dal console pisano nuova investitura del giudicato, a cedere ad essi il castello di Cagliari già abitato da mercanti pisani, che fu trasformato in una roccaforte munitissima. I Pisani si impadronirono inoltre delle rendite del porto di Cagliari, trascesero ad atti di violenza nei confronti dei sudditi della giudicessa e infine costrinsero ad allontanarsi dalla città B. e il marito, i quali decisero allora di chiedere al pontefice di essere sciolti dal giuramento prestato a Pisa per allearsi con Comita di Torres e con Genova.
Onorio III, che era stato informato della situazione cagliaritana dalla stessa B. ed era preoccupato dell'aumento eccessivo della potenza pisana in Sardegna, intervenne sia contro il clero sardo, troppo legato ai Pisani, annullando tra l'altro l'elezione alla cattedra arcivescovile di Cagliari di Mariano, vescovo di Suelli (dopo il febbraio 1217), sia presso il podestà e il popolo di Pisa, cui ordinava il ritiro dell'esercito dalla Sardegna e lo smantellamento del castello di Cagliari; nello stesso senso doveva agire, ma anche lui invano, il cardinale Ugolino, vescovo di Ostia e legato apostolico per la Sardegna e la Corsica. E numerosi altri interventi del pontefice - invio di nuove legazioni, invito ai Milanesi perché prestassero aiuto al giudice di Torres Mariano, marito della sorella di B., Agnese, alleato di Genova nella lotta contro Pisa, minacce e scomuniche, fino a quella del 1222 provocata dall'elezione a podestà di Pisa di Ubaldo Visconti - si resero necessari negli anni successivi per l'ostinato atteggiamento pisano (Besta, pp. 185 ss.).
È difficile precisare, nella confusa situazione di questi anni, quale sia stata l'attività politica di Benedetta. Rimasta vedova tra la primavera del 1217 e l'estate del 1218, essa fu costretta a sposare Lamberto Visconti (prima del 9 apr. 1220). Ma, dichiarate poco dopo nulle le nozze dal pontefice e occupato temporaneamente Ubaldo Visconti in altre più importanti questioni, sembra di poter dire che B. esercitasse di nuovo per qualche anno il governo del giudicato: certo è che, nel dicembre del 1224, essa rinnovò da sola al legato pontificio in Sardegna, Goffredo, il giuramento di fedeltà alla Santa Sede, che, all'antica clausola del pagamento di un censo di 20 libbre d'argento annue quale ricognizione del supremo dominio della Chiesa, ne aggiungeva di nuove e molto più impegnative, espressione di un più accentuato rapporto di vassallaggio, tra le quali significativa la promessa che, in mancanza di eredi, il giudicato dovesse passare alla Santa Sede (ibid., p. 191). B. prometteva inoltre di non contrarre nuovi matrimoni senza licenza e beneplacito del pontefice.
Tra il 1225 e il 1226, anni di governo relativamente tranquillo, si ha notizia di varie donazioni fatte da B. insieme col figlio Guglielmo (ibid., p. 192); ma non dovevano tardare a venire nuove preoccupazioni e disordini ad opera di Ubaldo Visconti. Nonostante la promessa fatta al pontefice, B. contrasse nuovi matrimori, a quanto sembra legittimi, con Enrico di Ceola prima, poi con Rinaldo de Glandis, entrambi nobili pisani. Essendo legati a questi matrimoni forti interessi politici ed economici, nacquero nella stessa città di Pisa molti contrasti cui il pontefice non poteva rimanere estraneo: pronunciatosi in un primo momento a favore di Enrico di Ceola, sembra che abbia in seguito riconosciuto valido il matrimonio di B. con Rinaldo de Glandis (Scano, Cronologia…, p. 39). Ma le discordie interne e le violenze perpetrate dalla fazione pisana furono tanto gravi che il pontefice, dopo il ritiro di B. da Cagliari, nel castello di Santa Igia, si adoperò perché si trasferisse nei suoi feudi di Massa. In Massa B. moriva alcuni anni dopo, alla fine del 1232 o ai primi del 1233: nel febbraio del 1233, infatti, Gregorio IX affidava la custodia della rocca di Massa e del castello di Potenzolo, pervenutigli in eredità da B., ad Ugo di Porcaria.
B. fu uno strumento della politica di predominio che avrebbe poi condotto Pisa all'egemonia economica e politica su tutta la Sardegna. Gli avvenimenti verificatisi durante il suo regno, indebolendo il giudicato, prepararono la sottornissione dei Cagliaritano e la sua spartizione tra la famiglie pisane dei Visconti, Capraia e Donoratico.
A B. succedeva la sorella Agnese, probabilmente come tutrice del nipote Guglielmo II; questi, divenuto maggiorenne nel 1239, tenne il giudicato fino al 1254; la durata e la relativa quiete del suo governo fanno pensare a una sua completa sottomissione ai Pisani (Loddo Canepa, p. 243); di un potere esclusivamente formale può essere prova il suo trattato del 1239 con l'arcivescovo Leonardo, che rimase privo di valore (Solmi, Studi..., p. 148).
Fonti e Bibl.: P. Tola, Codex diplomaticus Sardiniae, I, Augustae Taurinorum 1861, doc. 147 del sec. XII; docc. 29, 30, 32, 35, 36, 38, 42, 45 del sec. XIII; II, ibid. 1868, doc. 1 del sec. XIII, in Giunta ai diplomi e carte dei secoli XIII e XIV; A. Solmi, Carte volgari dell'Arch. arcivescov. di Cagliari. Testi campidanesi dei secc. XI-XIII, Firenze 1905, docc. 15, 19, 20, 21; D. Scano, Cod. diplomatico delle relaz. fra la Santa Sede e la Sardegna, parte 1, Cagliari 1940, docc. 48, 50, 63, 64, 66, 71, 72, 81, 911 92; 93, 94, 95, 96, 98, 99, 103, 115, 116, 145, 155; F. Artizzu, Doc. ined. relativi ai rapp. econ. tra la Sardegna e Pisa nel Medioevo, I, Padova 1961, doc. 4; B. Baudi di Vesme, Contributo alla istoria del giudicato di Cagliari nel sec. XIII, in Boll. stor. bibl. subalpino, VI (1901), pp. 240-250, 361-373; Id., Guglielmo giudice di Cagliari e l'Arborea, in Arch. stor. sardo, I (1905), fasc. 1-2, pp. 21 ss.; fasc. 3, pp. 173 ss.; E. Besta, La Sardegna medioevale, I, Palermo 1908, pp. 175, 180 ss., 188, 190, 194; A. Solmi, Studi storici sulle istituz. della Sardegna nel Medioevo, Cagliari 1917, pp. 147, 149, 157, 166 n. 1, 171, n. 4, 214, 243, 266, 405, 424; D. Scano, Serie cronologica dei giudici sardi, in Arch. stor. sardo, XXI (1939). pp. 37 ss.; F. Loddo Canepa, Note sulle condiz. econ. e giur. degli abitanti di Cagliari dal sec. XI al XIX, in Studi sardi, X-XI (1952), pp. 237 ss.