BENCI, Piero, detto il Pollaiolo
Come per il fratello Antonio, il soprannome è derivato dal mestiere paterno; nacque fra il 1441 e il 1443 a Firenze, terz'ultimo di sei figli, da Iacopo e da monna Tommasa.
La data di nascita del B. non può essere stabilita con sicurezza, poiché le fonti, come per il fratello Antonio, non sono concordi. Infatti la lapide in S. Pietro in Vincoli lo dice morto a sessantacínque anni e quindi (poiché si può asserire con quasi assoluta certezza che morì nel 1496) nato nel 1431, mentre le portate al catasto del padre testimoniano che il B. è di un anno nel 1442 (Mather, 1948, p. 32), di quattordici nel 1457 (M. Cruttwell, 1905, p. 381) e in quella dei B. stesso del 1480 (J. MesniI, 1905, p. 7) l'artista si dice di trentatrè anni, cioè nato nel 1447. Tuttavia, se già nel 1460 - secondo la lettera di Antonio a Virginio Orsini (13 luglio 1494; cfr. Borsari, 1891) - egli aiutava il fratello nell'esecuzione delle Fatiche di Ercole per Piero de' Medici, sembra probabile che l'anno di nascita del B. vada posto tra il 1441 e il 1443, come ormai è comunemente accettato.
Secondo il Vasari (p. 286), l'educazione del B. si svolse nella bottega di Andrea del Castagno, che però moriva nel 1457, quando il B. era appena quindicenne: meglio pensare - anche per la testimonianza di Antonio e delle fonti, che accanto al fratello lo indicano operoso nelle imprese maggiori - che egli cominciasse a formarsi col fratello, del quale lo troviamo costante collaboratore e traduttore di idee.
Il B. è costantemente ricordato come pittore - nel 1472 è iscritto come tale nei ruoli della Compagnia di S. Luca (Colnaghi, 1928, pp. 218 s.) -, tanto che il Vasari fantasticò che Antonio avesse imparato da lui l'arte della pittura: cosa poco verosimile, e da volgersi in rapporto inverso, se il B. risulta sempre a latere rispetto al fratello e se, a partire dal 1460, egli appare nelle fonti, nei documenti e nel Vasari stesso, quale aiuto e in posizione subordinata.
Tale ascendente di Antonio sul B. è avvertibile, del resto, anche quando quest'ultimo è all'opera da solo: ed egli si avvale del fratello non solo per trame suggerimenti e aiuto dal punto di vista artistico, ma anche nelle cose di ordine pratico, ché la rinomanza acquistata da Antonio a Firenze serve a procurare anche a lui incarichi e guadagni.
Dopo aver collaborato con Antonio alla decorazione della cappella del cardinal di Portogallo (1467 circa), il B. riceve (18 ag. 1469) l'allogazione per la prima delle Virtù (la Carità) da collocare nelle spalliere dei seggi del Tribunale della Mercanzia, sito in piazza della Signoria. Il quadro - che con gli altri della stessa serie è oggi nella Galleria degli Uffizi - risulta terminato il 18 dicembre 1469. L'opera, che doveva sostituire una figurazione analoga già esistente, dovette riscuotere un certo successo, se, a partire dal gennaio 1470, è affidato al B. l'incarico di dipingere le altre sei Virtù, con l'impegno di consegnare due figure ogni tre mesi.
Attorno alla commissione ci fu una certa lotta: infatti Antonio dovette appoggiare il fratello con una garanzia (27 sett. 1469) e il Verrocchio stesso (e probabilmente anche altri pittori) fornì un disegno per la Carità: tuttavia il B. non riuscì a dipingere tutte le figure commissionate, perché il pannello con la Fortezza, per intervento di Pier Soderini, fu poi affidato al giovane Botticelli (18 giugno 1470; si trova agli Uffizi).
Il 2 agosto il B. veniva pagato venti fiorini d'oro per le figure della Fede (il cartone per la testa è conservato nel Gabinetto dei disegni degli Uffizi: n. 14506; cfr. Berenson, 1961) e della Temperanza. In seguito i documenti tacciono: si può forse dedurre che nel frattempo, o non molto tempo dopo, il B. avesse consegnato gli altri pannelli con la Sapienza, la Giustizia, e la Prudenza (tutta la documentazione in J. Mesnil, 1903, e in Cruttwell, 1907, pp. 267-271).
In queste opere, diseguali per qualità e ispirazione, è evidente, oltre l'apporto del gusto di Antonio, una diretta suggestione del Verrocchio, il cui disegno per una delle Virtù probabilmente il B. aveva visto e studiato. Come è stato notato (Sabatini), la componente verrocchiesca era del resto già presente nell'opera del B., per esempio nelle parti spettantigli della pala per la cappella del cardinal di Portogallo in S. Miniato (1467 circa).
Nel 1475 il B. è di nuovo accanto al fratello nell'esecuzione di una delle loro maggiori imprese pittoriche: la pala per la cappella Pucci nell'oratorio di S. Sebastiano presso la SS. Annunziata. Più difficile distinguere qui, nella generale unità stilistica impressa da Antonio, la parte avuta dal B. (si noti che a lui l'Albertini attribuì l'opera): ma certe debolezze in talune parti (soprattutto nella figura del santo, d'altra parte ricordata dal Vasari proprio come di Antonio) fanno pensare all'esecuzione di Piero. Tra il 1475 e il 1480 è rammentata, come opera di collaborazione dei due fratelli, una cintura d'argento con incrostazioni d'oro per il vescovo di Pistoia, Niccolò Pandolfini (C. Kennedy-E. Wilder-P. Bacci, 1932, p. 15).
II B. in questo periodo è legato, come attività, a Pistoia; probabilmente anche ora per i buoni uffici del fratello, riesce ad ottenere una commissione da parte degli operai di S. lacopo che nel 1477 gli chiedono un modello - unica testimonianza certa di un'attività di scultore del B. - per il monumento al cardinale Forteguerri, per il quale già il Verrocchio aveva dato un progetto. L'11 marzo di quell'anno, infatti, il comitato preposto all'esecuzione faceva presente a Lorenzo il Magnifico che il modello presentato dal B. veniva a costare meno e che inoltre "ora Piero del Pollaiuolo àfacto il modello che per noi li fu imposto, il quale ci pare più bello et più dengnio d'arte..." (Gaye, p. 257). La cosa però non ebbe corso, perché il monumento, terminato molto più tardi, rimase per l'esecuzione nelle mani del Verrocchio (C. Kennedy-E. Wilder-P. Bacci, 1932; J. Pope-Hennessy, 1958, pp. 314 s.).
Sempre per Pistoia il B. eseguì una tavola commissionata dalla Compagnia di S. Zelone, per l'altare del Corpus Domini nel duomo pistoiese. La data di allogazione non è determinabile, anche se si è pensato che fosse subito dopo il 20 nov. 1476 (A. Chiti, 1900), mentre risulterebbe da documenti che nel novembre 1485 veniva pagata l'ultima somma a Piero e ad Antonio (C. Kennedy-E. Wilder-P. Bacci, p. 16). La tavola è perduta e non si può quindi sapere se il nome di Antonio fosse citato perché anch'egli autore, col fratello, del dipinto, o invece come semplice mallevadore di Piero.
Nel 1478 al B. venne commissionata la tavola per l'altar maggiore della cappella di S. Bernardo in Palazzo Vecchio (G. Milanesi, Documenti inediti riguardanti Leonardo da Vinci, Firenze 1872, p. 15): non sappiamo per quali ragioni egli declinasse tale commissione, trasferita a Leonardo (che non eseguì il dipinto) e poi a Filippino Lippi.
Dalla portata al catasto del 1480 (Mesnil, 1905, p. 7) ci è noto che la situazione finanziaria del B. è ben diversa da quella di Antonio, e che egli affitta come studio una casetta - casa Pomi - nella piazza degli Agli.
Il 5 ott. 1482 gli venne commissionata la decorazione ad affresco per la faccia del pozzo nella sala dell'udienza in Palazzo Vecchio (Gaye, I, p. 578). Di tale opera non rimane traccia. Nel 1483 firma e data la grande tavola con l'Incoronazione della Vergine per S. Agostino di San Gimignano. Come è stato proposto dal Sabatini, forse la commissione della tavola gli fu procurata da Antonio che era a San Gimignano nel febbraio 1480.
Dopo quest'opera, condotta completamente da solo, l'attività del B. rientra nell'orbita di quella del fratello che lo conduce con sé a Roma per l'esecuzione del monumento funebre a Sisto IV, in un anno imprecisato fra il 1484 (Sabatini, Ettlinger) e il 1489 (Ortolani), ma probabilmente dopo il 1485, anno in cui i due fratelli ricevono il saldo per la tavola eseguita per il duomo pistoiese. Da questo momento non è documentariamente precisabile l'attività del B. né la sua parte nell'esecuzione dei monumenti bronzei a Sisto IV e a Innocenzo VIII: mentre nel primo l'impronta di Antonio risulta palese nel complesso, nel secondo talune debolezze - nel viso della figura stante del papa e nelle quattro Virtù (che secondo l'Ettlinger rivelano una vicinanza stilistica a quelle della Mercanzia) - indicherebbero l'intervento diretto di Piero. A quest'ultiffla opera egli attendeva fin verso il 1496, quando per testimonianza di Antonio (testamento del 4 nov. 1496) egli è detto "infirmus... et prope mortem" (Gualandi): è probabile quindi che entro la fine dell'anno il B. morisse. Fu sepolto in S. Pietro in Vincoli, nella stessa tomba in cui fu poi inumato il corpo di Antonio. Lasciava una figlia naturale, Lisa, menzionata nel testamento di Antonio (Gualandi, pp. 46 s.).
Poche altre opere, oltre quelle documentate, si possono ascrivere al B., che le condusse sulle indicazioni del fratello (e per esse si rinvia alla voce di Antonio), come il S. Michele Bardini (che il Vasari assegna ad Antonio), l'Arcangelo Raffaele con Tobiolo (Torino, Galleria Sabauda), opera documentata di collaborazione, il Ritratto di Galeazzo Maria Sforza (Firenze, Uffizi), attribuito al B. in un inventario mediceo del 1492 (Rossi, 1890, p. 166). Tra le opere generalmente attribuite al solo B. va ricordata la Madonna col Bambino benedicente già nella Galleria di Strasburgo (distrutta in un incendio nel 1950), che è stata avvicinata alle figure di Virtù per la Mercanzia; l'Annunciazione (Berlin-Dahlem, Staatl. Muscen) che al Sabatini sembra di poco posteriore (per la prospettiva e il paesaggio parve a quest'ultimo che il B. si fosse giovato di un'idea di Antonio); una serie di ritratti femminili, che tuttavia qualcuno ritiene nulla abbiano a che vedere con l'opera dei due B. (Ettlinger, 1963). Non sono del B. né la lunetta ad affresco in S. Nicolò Oltrarno (attribuita dal Berenson, Ital. pictures ...), né la figura ad affresco di S. Girolamo che era già in S. Domenico di Pistoia (riferita anche ad Antonio).
Per un'attìvità di orafo esercitata dal B. - testimoniata per altro dalla collaborazione col fratello nell'esecuzione della cintura per il vescovo di Pistoia - è recente la proposta di F. Rossi (1961) di assegnargli parte di un reliquiario del dito di s. Giovanni (Firenze, Museo dell'Opera dei duomo) che il B. avrebbe eseguito in collaborazione con l'orafo Matteo di Giovanni Dei: il reliquiario in questione sarebbe, sempre per F. Rossi, da identificarsi con probabilità con quello commissionato, ad Antonio il 9 apr. 1478, forse mai eseguito, poiché la commissione sarebbe stata passata ai due artisti suddetti.
Tra le opere di scultura attribuite al B. va rammentato il gruppo dei due gemelli aggiunti alla lupa capitolina, collocata da Sisto IV sulla facciata del palazzo dei Conservatori fra il 1471 e il 1473, generalmente ascritto a lui per vicinanza di stile alle parti al B. solitamente riferite nel monumento a Innocenzo VIII. Non è del B., invece, il bozzetto in terracotta (Londra, Victoria and Albert Mus.) per il monumento Forteguerri di Pistoia. Alcuni suoi disegni sono discussi dal Berenson (1961).
Fonti e Bibl.: Per la bibl. fino al 1944 v. A. Sabatini, Antonio e Piero del Pollaiolo, Firenze 1944. In partic.: F. Albertini, Memoriale di molte statue et picture... di Florentia, Firenze 1510 (ed. H. P. Horne, Firenze 1909), pp. 12, 13; G. Vasari, Le vite..., a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, pp. 285-300; G. Gaye, Carteggio inedito d'artisti..., I, Firenze 1839, pp. 256 s., 578; M. Gualandi, Memorie... risguardanti le belle arti, s. 5, Bologna 1844, pp. 39-50; U. Rossi, Due dipinti di P. Pollaiolo, in Arch. stor. dell'arte, III (1890), pp. 160 s.; L. Borsari, Nozze Orsini-Varo. Una lettera di Antonio del Pollaiolo a Virginio Orsini, Roma 1891; A. Chiti, Una tavola ignota del Pollaiolo, in Boll. stor. Pistoiese, II (1900), pp. 41-48; J. Mesnil, Les figures des Vertus de la Mercanzia..., in Miscell. d'arte, I (1903), n. 3, pp. 43-46; Id., Botticelli, les Pollaiuoli et Verrocchio, in Riv. d'arte, III (1905). pp. 4-12, 44 s.; M. Cruttwell, Quattro portate del catasto..., in L'Arte, VIII (1905), p. 381; Id., Antonio Pollaiuolo, London 1907, v. Indice; D. E. Colnaghi, A dictíonary of Florentine Painters, London 1928, pp. 218 s.; C. Kennedy-E. Wilder-P. Bacci, The unfinished monument by Andrea dei Verrocchio to the cardinal Nicolò Forteguerri at Pistoia, Northampton, Mass., 1932, pp. is s.; R. G. Mather, Documents mostly relating to fiorentine Painters and sculptors of the XV century, in The Art Bull., XXX (1948), pp. 32-35; S. Ortolani, Il Pollaiuolo, Milano 1948; L. D. Ettlinger, Pollaiuolo's Tomb of Pope Sixtus IV, in Yournal of the Warburg and Courtauld Institures, XVI (1953), pp. 246 s.; J. Pope-HennessY, Italian Renaissance Sculpture, London 1958, pp. 314, 316 ss.; U. Baldini-L. Berti, Catalogo della II mostra di affreschi staccati, Firenze 1958, pp. 47 s.; B. Berenson, I disegni dei pittori fiorentini, Milano 1961, I, pp. 47-62; Il, pp. 443-454; M. Davies, National Gallery Catalogues. The Earlier Italian Schools, London 1961, pp. 442-447; F. Rossi, Di un reliquiario quattrocentesco nel Duomo di Firenze, in Arte antica e moderna, IV (1961), nn. 13-16, pp. 112 s.; G. Corti-F. Hartt, New Documents..., in The Art Bull., XLIV (1962), pp. 160, 167; B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance. Florentine School, London 1963, pp. 178 s.; L. D. Ettlinger, in Enciclopedia Universale dell'Arte, X, Venezia-Roma 1963, coll. 733-737; F. Hartt-G. Corti-C. Kennedy, The Chapel of the Cardinal of Portugal (1434-1459) at San Miniato in Florence, Philadelphia 1964, pp. 103-108; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, XXVII, p. 215 (sub voce Pollaiuolo, Piero); Encicl. Ital., XXVII, pp. 694-697 (sub voce Pollaiolo, Antonio e Piero).