BEMBO, Gian Francesco, detto il Vetraio
Scarse sono le notizie e le opere di questo pittore cremonese, forse nipote di Bonifacio. Il Vasari, nella Vita di Polidoro e Maturino, ricorda a Roma, ai tempi di Leone X (dal 1513), un Gian Francesco Vetraro, che aveva decorato con figure di "ignudi" un'"arme" del papa sulla facciata della casa del card. Francesco Salvini; e conclude: "se la morte non [lo] avesse tolto di mezzo avrebbe fatto cose grandissime", come a dire che il pittore morì giovane. Tale presenza romana del B. non risulta da documenti, ma "le citazioni dell'alto stile romano" (Gregori, 1957) che si rilevano nella sua opera sembrano esseme la prova: a cominciare dagli affreschi del duomo di Cremona, Epifania e Presentazione (1515), firmati da un "Bembus incipiens" a lungo creduto, sulla fede del Vasari, Bonifacio; finché il Grasselli (1827) non chiarì la paternità dei dipinti alla luce dei documenti.
Si tratta peraltro di un romanismo tutt'altro che accademico, dalla "sintesi espressiva eccentrica, divagante", che bene si adegua al clima artistico cremonese tra il 1515 e il 1520. L'umore estroso e la "eccentricità grafica" (Longhi) del B. si affermano particolarmente nei ritratti, che possono individuarsi negli stessi affreschi del duomo, mentre la Gregori ha ora proposto di riferirgli quello della Carrara di Bergamo (n. 176), già attribuito al Basaiti e quello già nella Racc. Langton Douglas, già attribuito a Bartolomeo Veneto; verso il 1520 è da porre, infine, la Coppia di devoti nella nota pala mutila di Brera, comunemente ritenuta del Boltraffio.
Del 1524 è la pala ora a S. Pietro di Cremona, che ricorda la raffaellesca Madonna del baldacchino e che rivela, oltre che una relativa flessione delle capacità inventive del B., le infiltrazioni di cultura toscana avvenute nell'ambiente cremonese (vedi anche Altobello Melone). Un ulteriore dirottamento verso il classicismo, alla Giulio Romano, è evidente nella pala di S. Nicolò, collocata dal Puerari (che non accetta la data di morte stabilita dal Grasselli verso il 1526), intorno al 1530 (1951). Le corrispondenze di questa opera coi modi di Calisto Piazza hanno di recente suggerito il riferimento al B. della pala del Museo di Budapest, coi SS. Lorenzo, Giorgio e Battista. Fra le altre aggiunte recenti ricordiamo: alcuni frammenti di affreschi nel Museo di Cremona (nn. 179-183) e il Cristo al limbo del duomo cremonese, cui si legano otto tavole con figure di santi, fra i quali il S. Rocco e il S. Paolo sembrano veramente degni del Bembo.
Come data di morte del B. si accoglie comunemente quella del 1526, peraltro non documentata.
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