BELTRANO, Agostino, detto Agostiniello
Nacque a Napoli tra il 1614 e il 1618. Le poche notizie che abbiamo della sua vita derivano in gran parte dal De Dominici, il quale lo dice allievo di M. Stanzione. Il B. sposò una pittrice, anch'essa allieva dello Stanzione, Anna (Annella, Diana, Dianella) de Rosa, nipote di Pacecco de Rosa; ì loro figli Nicola Tomaso e Agnese Chiara furono battezzati nella parrocchia di S. Maria della Carità rispettivamente il 21 dicembre 1638 e il 19 luglio 1640.
Sempre secondo il De Dominici il B., provocato da insinuazioni false di una servente sui rapporti amorosi tra sua moglie e lo Stanzione, avrebbe ucciso la moglie e abbandonato Napoli, dove sarebbe tornato solo dopo che la peste dei 1656 aveva eliminato un gran numero dei suoi nemici. La critica moderna tende però a considerare questa storia come una montatura romantica: lo stesso De Dominici (pp. 99 s.) nota che Paolo de Matteis, nella sua breve biografia di Anna, non fa cenno di questa morte violenta. Il fatto incoraggia però ad avanzare l'ipotesi (molto dubbiosa, data la scarsa conoscenza, al momento attuale, della cronologia artistica del B.) che negli ultimi anni del quinto decennio o nei primi del successivo egli abbia fatto un lungo viaggio al nord, viaggio che avrebbe avuto grande influsso sul suo sviluppo artistico successivo, indirizzandolo verso correnti più classicheggianti.
Tra le prime opere del B. sono S. Martino che divide il mantello con il mendicante, il Martirio di S. Alessandro (firmato e datato 1646) e la Cena degli Apostoli (firmato e datato 1648) nella cattedrale di Pozzuoli: deboli reinterpretazioni dello Stanzione, il cui moderato caravaggismo è stato modificato con violenti contrasti di luce e ombra. Le figure di vecchi seminudi nelle prime due tele denunciano l'ispirazione dal Ribera: ma il B. è impacciato nell'anatomia, tanto che i nudi sembrano più una caricatura del Ribera che una imitazione. Alla stessa epoca appartiene Il sacrificio d'Isacco (Napoli, Museo di Capodimonte).
A Napoli si trovano opere più mature e di qualità più alta; ricordiamo tra l'altro: Assunzione della Vergine (Ospedale degli Incurabili, amministrazione; firmato e datato 1649); S. Girolamo e S. Nicola da Tolentino (firmato) sugli altari laterali della prima cappella di destra di S. Agostino degli Scalzi (propriamente S. Maria della Verità) che i documenti affermano essere stati commissionati nel 1649 da Mario Schipani, famoso protomedico del Regno, fatto che ci può confermare il successo del B.; I quattro Evangelisti, affrescati nei pennacchi della cupola di S. Maria Donnaregina (circa 1650); S. Gaetano sull'altare della terza cappella di sinistra della chiesa dei SS. Apostoli (1655, firmato).
S. Biagio tra i ss. Domenico e Pio V, sull'altare della prima cappella a sinistra di S. Maria della Sanità, può essere considerato esemplare per lo stile maturo del Beltrano. Il De Dominici ne riconobbe gli aspetti classicheggianti e ne sottolineò "la bella tinta di Guido". I caratteri tenebrosi del B. si sono ormai molto addolciti; nella composizione gli elementi dinamici sono soppressi per una rigida simmetria costruttiva che si rìallaccia agli aspetti più conservatori della scuola bolognese. Superati i maggiori ostacoli tecnici, le figure si muovono facilmente nello spazio, mentre i ritmi dei drappeggi sono curati e sviluppati al di là di quanto sarebbe stato possibile prevedere dagli inizi del Beltrano.
Tra le ultime opere del B. sono l'affresco della piccola cupola della cappella dell'Immacolata nella chiesa di S. Maria degli Angioli a Pizzofalcone, secondo il De Dominici del 1659 circa, e gli affreschi nella cappella del Beato Salvatore d'Orta in S. Maria Nuova (1661) con scene della Vita del beato attorno a un pannello centrale con l'Incoronazione della Vergine.
Giuseppe, fratello del B. e come lui allievo di M. Stanzione, è praticamente sconosciuto alla cultura moderna e di lui sappiamo solo quanto ricorda il De Dominicí, che ne delinea la modesta carriera ricordandone le tre tele per la cappella dei Beato Salvatore d'Orta a S. Maria Nuova a Napoli, con Storie del beato. Secondo il De Dominici, Agostino, che aveva ricevuto la commissione, fu costretto a fuggire per l'assassinio della moglie: la commissione passò quindi a Giuseppe, che avrebbe distrutto una prima versione delle tele poiché i frati non lo volevano pagare e avrebbe più tardi dipinto una seconda versione. li Ceci (in Thieme-Becker) erroneamente indica i dipinti di Giuseppe come già perduti nel sec. XVIII.
Bibl.: B. De Dominici, Vite de' pittori, scultori ed architetti napoletani, III, Napoli 1743, pp. 96-100, 111-113 (per Giuseppe, pp. 285 ss.); G. Sigismondo, Descrizione della città di Napoli, Napoli 1788, p. 131; II, ibid. 1789, pp. 60, 64; C. Celano, Delle notizie... della città di Napoli..., Napoli 1792. I, p. 173; G. Ceci, Pizzofalcone, in Napoli nobilissima, I (1892), p. 109; Duca d'Andria Carafa, ... Opere d'arte conservate negli ospedali... di Napoli, ibid., III (1894), p. 180; L. Salazar, Documenti inediti.... ibid., IV (1895), p. 187; Id., ... Nuovi documenti, ibid., XIII (1904), pp. 20 s.; W. Rolfs, Geschichte der Malerei Neapels, Leipzig 1910, pp. 272, 275, 279 s. (per Giuseppe, pp. 275, 280); G. D'Addosio, Documenti inediti..., in Arch. stor. per le prov. napol., XXXVII (1912), p. 608; G. Ceci, S. Maria della Sanità, in Napoli nobilissima, n. s., I (1920), p. 96; G. Consoli Fiego, Il Museo Valletta, ibid., III (1922), p. 107; S. Ortolani, La pittura napoletana del sec. XVII, in La mostra della pittura napoletana... (catal.), Napoli 1938, pp. 72 s., 317; O. Giannone, Giunte sulle vite de' pittori napoletani, a cura di O. Morisani, Napoli 1941, pp. 115-117; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, III, p. 282 (anche per Giuseppe).