BELTRAMO da Brescia
Pochi dati possiamo raccogliere dalle fonti per una traccia biografica di B., primo maestro generale degli umiliati, e, fra questi, scarsissimi sono gli accenni che ci permettono di risalire oltre il 1246, anno della sua elezione al generalato.
Galvano Fiamma, nella sua storia di Milano, lo ricorda come "Bertramo Zothori" ; tale secondo nome è divenuto poi Zotora o Zocora presso gli storici successivi e con questo cognome è ricordato negli studi più recenti. Esso tuttavia non compare nelle fonti coeve, né nel primo cronista dell'Ordine, Giovanni di Brera.
Unica notizia certa del periodo antecedente al 1246 è che B. rivestì la carica di prevosto della casa di S. Luca de Quinzano in Brescia. Giovanni di Brera, che scrive però nell'anno 1419, ci fornisce un'altra notizia, introdotta con la cauta espressione "audivi": B. sarebbe stato il fondatore della casa di S. Luca. A un accenno scarno e sicuramente impreciso ma, se lo connettiamo con quei pochi dati che si conoscono sulla fondazione e i primi decenni della casa stessa, può forse trovare una spiegazione.
Si hanno elementi sufficienti per pensare che S. Luca sia stata fondata poco prima dei 1221, su terreni della famiglia de Quinzano, da un gruppo di frati che provenivano dalla casa di Rodendario in Como. Probabilmente B. faceva parte di questo gruppo, a capo del quale era forse fra' Lanfranco, che troviamo prevosto di S. Luca nel 1234, prima di B.: è questa l'unica ipotesi che possa giustificare l'asserzione del cronista degli umiliati. In tal caso B., di origine comasca, si sarebbe recato a Brescia poco prima del 1221 e vi si sarebbe fermato fino al 1246, ricoprendo, da data imprecisabile, successiva però all'anno 1234, la carica di prevosto della casa di S. Luca de Quinzano, appartenente al 1 ordine degli umiliati, cioè agli umiliati chierici.
L'elezione di B. a maestro generale non trova spiegazione nell'importanza del posto occupato nell'Ordine, poiché la casa di S. Luca non era fra le quattro primarie, ai cui prevosti Innocenzo III aveva affidato il governo, a turno annuale, di tutti gli umiliati. Pare quindi che le ragioni di tale elezione si debbano cercare nella persona dell'eletto, che aveva saputo raccogliere attorno a sé l'attenzione e la stima dei confratelli, cosicché l'espressione a suo riguardo della bolla di conferma di Innocenzo IV del 13 ott. 1246 ("qui omnium dignissimus visus est") non ci appare semplicemente una formula. Diceva inoltre la bolla che il pontefice, restio dapprima a concedere agli umiliati un maestro generale - di questo atteggiamento non si dice il motivo: il cronista Giovanni lo vedrà nel timore che costoro gli presentassero una persona non gradita o non adatta all'ufficio - accettò di confermare l'elezione solo quando si fu accertato "della onestà di vita e di competenza" della persona proposta, di cui gli veniva resa "lodevole testimonianza" e dei meriti della quale si faceva garante lo stesso cardinale Ottone di Porto e S. Ruffina, inviato a presiedere il capitolo.
L'elezione del generale degli umiliati era indubbiamente un fatto tale da giustificare le perplessità del papa circa la scelta della persona: tale elezione rappresentava infatti il definitivo inquadramento nell'ambito della Chiesa di quest'Ordine, che, sviluppatosi da associazioni laiche di lavoratori, aveva a poco a poco assunto forme più definite e tradizionali, organizzandosi nei tre ordini, dei chierici, viventi secondo una vita canonicale, dei frati e delle suore, laici, ma conducenti una vita comunitaria di tipo monastico-benedettino, e infine dei laici, che continuavano a vivere in famiglia e che si possono definire terziari. Il governo di un maestro generale con autorità su tutti e tre gli ordini avrebbe permesso una maggiore unità di indirizzo e reso possibile un più diretto e preciso influsso di Roma, a patto naturalmente che il prescelto fosse persona adatta per fede e per costumi.
L'attività di B. come maestro generale fu orientata - così appare dai privilegi papab da lui ottenuti - a rendere gli umiliati sempre più indipendenti dall'autorità politica e dei vescovi.
Sotto il suo generalato, infatti, gli umiliati ottengono dal papa l'esenzione da tasse e il diritto di asilo; al generale e ai prevosti non solo è concessa la facoltà di dare la tonsura ai propri sudditi, ma di presentarli per gli ordini sacri anche ad altro vescovo, che non sia quello della diocesi in cui si trovano; ai superiori delle case del I Ordine il vescovo deve concedere la "cura animarum, absque exanúnationis scrutinio" (30 ott. 1246). Del 7 giugno 1247 è l'esenzione dai pubblici incarichi. Due anni dopo viene concessa agli umiliati la facoltà di predicare (11 ag. 1249).
Nell'esercizio della propria ordinaria potestà, specie nella visita annuale delle singole case, B. incontrò qualche resistenza, dovuta probabilmente non tanto ad opposizione personale, quanto alla carica da lui per primo ricoperta, la cui autorità alcuni evidentemente non volevano accettare. Il papa dovette più volte intervenire a imporre obbedienza ai renitenti. Forse ancora per colpa di queste opposizioni interne, più che per la sua poca solerzia, B. ebbe da Innocenzo IV e dal cardinale protettore, Guglielino di S. Eustachio, lettere che lo rimproveravano per non essere intervenuto con sufficiente energia a risolvere una vertenza della casa di S. Michele in Alessandria con la casa di S. Marco in Tortona per l'elezione del priore di questultima. Altro rimprovero avrà più tardi da Alessandro IV per non avere provveduto di chiese e di sacerdoti tutte le case del II ordine, come gli era stato imposto con decreto di Innocenzo IV.
Altre notizie sulla attività di B. come maestro generale ci forniscono un documento di vendita di quattordici pertiche di terreno da lui firmato (23 luglio 1256) e la lettera del prevosto di Vicoboldone e di fra' Miramo della casa di Brera, cui B. ha demandato la soluzione - e dei quali ratifica le decisioni - di una vertenza fra gli umiliati di S. Michele di Alessandria e gli umiliati di Firenze (6 ag. 1257).
Prova deH'importanza dì B., evidentemente in quanto maestro generale degli umiliati, è la sua presenza nella vita politica milanese nel 1256: in quell'anno, infatti, interponeva la sua opera per risolvere una grave vertenza sorta in Milano fra capitanei e valvassori, da un lato, e il popolo, dall'altro, intorno all'elezione del podestà. I capitanei e i valvassori, sostenuti dal vescovo, insistevano sul nome di Paolo da Soresina, mentre il popolo e la Credenza avevano scelto Martino della Torre. La questione fu demandata a un comitato di quattro religiosi: il priore di S. Eustorgio, il guardiano di S. Francesco, l'abate di Chiaravalle e B., che elessero Enrico Sacco, nobile lodigiano; ma la soluzione si mostrò precaria: quando il Sacco, in capo a sei mesi, si ritirò dalla carica, le fazioni tornarono in campo (cfr. G. Franceschini, La vita sociale e politica del Duecento, in Storia di Milano, IV, Milano 1954, pp. 289 ss.). B. rimase in carica fino al 1258, anno della sua morte.
Fonti e Bibl.: Galvanei Flammae Manipulus florum sive Historia Mediolanensis, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., XI, Mediolani 1727, col. 686; Iohannis da Brera Chronicon Ordinis Humiiliatorum, in G. Tiraboschi, Vetera Humiliatorum Monumenta, III, Mediolani 1768, pp. 248 s., 261 s.; B. Corio, Storia di Milano, a cura di E. De Magri, I, Milano 1855, p. 492; G. Tiraboschi, Vetera Humiliatorum Monumenta, Mediolani 1768, I, pp. 100-103; 11, pp. 198-290 (ediz. dei docum. riguardanti il generalato di B.); L. Zanoni, Gli Umiliati nei loro rapporti con l'eresia, l'industria della lana ed i comuni nei secoli XII e XIII…, Milano 1911, pp. 133 s., 218; P. Guerrini, Gli Umiliati a Brescia, in Miscell. Pio Paschini, I, Roma 1948, pp. 202 s.