PARRAVICINI, Beltramino
PARRAVICINI, Beltramino. – Nacque probabilmente a Milano sullo scorcio del Duecento, figlio di Stefano da Casiglio, nobilis vir e cittadino milanese, nonché detentore di una rilevante patrimonialità fondiaria a Carcano (e in particolare, all’interno di quella parrocchia, appunto a Casiglio), centro situato nel distretto della Pieve di Incino, presso Erba, e afferente all’arcidiocesi ambrosiana.
Per questa vischiosità toponomastica, cui si aggiunge l’oscillazione della forma cognominale, Parravicini è definito nei documenti in forma assai eterogenea (de Mediolano, de Carcano, de Caselio, de Paravisino, de Palavicinis, Paravicinus, Paravicini).
Parravicini dovette formarsi a Milano, forse presso lo Studium domenicano di S. Eustorgio (dimostrò sempre, del resto, una particolare familiarità verso l’Ordine dei predicatori). Vicino all’arcivescovo Cassone e ai Torriani, associò evidentemente alla formazione teologica importanti studi giuridici, che lo condussero a ottenere sia il titolo di magister (conseguito prima del 1318), sia rilevanti incarichi al servizio della Curia pontificia: entrato ben presto, almeno dal 1316, nella familia del cardinale Giacomo Colonna, ne divenne capellanus e auditor e ricoprì con sicurezza dal 1324 la funzione di advocatus in Romana curia – per lungo tempo, come specificherà nel testamento – fino a divenire, dal 1339, auditor litterarum contradictarum. L’assidua presenza presso la Curia avignonese e la conseguente vicinanza ai pontefici determinarono un rapido accumulo di rilevanti prebende, oltre che una favorevole predisposizione papale verso i familiari di Parravicini. Se in un primo tempo, fino alla fine degli anni Venti, i benefici conferiti sub expectantia praebendarum si concentrarono prevalentemente nella diocesi d’origine e in quelle limitrofe (arcipretura di S. Giorgio di Cornate, canonicati nelle collegiate di S. Maria di Gallarate e S. Eufemia d’Incino, oltre che nelle cattedrali di Como, Milano e Bergamo), nel primo lustro degli anni Trenta riguardarono esclusivamente l’area francese: Parravicini conseguì infatti in quegli anni, trascorsi prevalentemente ad Avignone, un canonicato nella cattedrale di Reims (1330-33) e un analogo beneficio, con annessa dignità di cantor, in quella di Bordeaux (1335).
Il 2 dicembre 1336 Benedetto XII lo designò vescovo di Chieti, concedendogli la facoltà di ricevere tanto la consacrazione (che avvenne nella prima metà del 1338, dal momento che in una lettera pontificia del 20 giugno di quell’anno è definito per la prima volta episcopus, e non semplicemente electus) quanto gli ordini sacri, compresi quelli minori, da qualunque antistite avesse scelto. La consacrazione, il cui termine fu più volte prorogato dal papa, avvenne con notevole ritardo probabilmente a causa del protrarsi, a partire dal gennaio 1337, di una legazione condotta in Spagna in veste di nunzio papale per indurre alla pace i re Alfonso XI di Castiglia e Pietro IV d’Aragona, oltre che per sedare contrasti intestini alla famiglia e alla corona aragonese. Gli sviluppi positivi della missione diplomatica, svolta in stretto e ripetuto contatto con il pontefice, rafforzarono la fiducia e la stima di Benedetto XII per Parravicini, al quale riattribuì in seguito incarichi analoghi. Testimone della grande considerazione di cui il vescovo di Chieti godeva presso papa Fournier è una lettera commendatizia diretta al re di Napoli Roberto d’Angiò nell’agosto del 1339 in previsione dell’arrivo di Parravicini, dopo un periodo di permanenza presso la Curia, nella diocesi abruzzese; pochi mesi dopo (24 novembre), tuttavia, Benedetto XII lo trasferì dalla sede teatina a quella di Como, dove fece il suo ingresso soltanto nell’autunno del 1340.
Prima di ciò il vescovo fu nuovamente impegnato in una delicata missione in qualità di nunzio apostolico (pro arduis negotiis, secondo la definizione del pontefice stesso) per recuperare alla Chiesa la città di Bologna, ora governata – dopo la cacciata del legato pontificio Bertrando del Poggetto – da Taddeo Pepoli: Beltramino Parravicini prese formalmente possesso della città a nome del papa nell’agosto del 1340, concedendo contestualmente al signore felsineo il vicariato. Proprio in quell’occasione vennero ratificati i capitoli della riconciliazione nel Consiglio del Popolo e Parravicini, sia pur per breve tempo, esercitò funzioni podestarili. Evidentemente al fine di rinsaldare l’accordo raggiunto, a breve distanza da esso (6 novembre) Benedetto XII trasferì nuovamente il vescovo dalla diocesi di Como a quella di Bologna.
Analogamente a quanto avvenuto nei precedenti incarichi, Parravicini non risiedette – se non per brevissimo tempo – presso la sede del proprio ufficio (entrò infatti in città soltanto il 1° agosto 1344), affidando l’effettivo governo della diocesi a uomini di stretta fiducia: in particolare, il riferimento va a due vicari, Paolo da Carapelle (che ebbe al suo fianco in ognuna delle esperienze episcopali) e Oldrado Maineri (futuro vescovo di Novara e nipote di Parravicini).
L’ecclesiastico milanese proseguì nei primi anni Quaranta un’intensa attività diplomatica: dopo una missione a Romans, in Delfinato, svolta nella primavera del 1342, venne incaricato dal neoeletto Clemente VI di una lunga, ma infruttuosa, legazione nelle Fiandre, i cui centri principali e i relativi abitanti erano stati colpiti da interdetto e scomunica per essere venuti meno agli accordi stipulati con il re di Francia Filippo VI. Tra il 1344 e il 1346 fu invece impegnato in qualità di nunzio apostolico nell’Italia settentrionale riuscendo a ottenere che fosse rispettata una tregua biennale tra i principali protagonisti della scena politica. La legazione dovette svolgersi in due distinte fasi, perché tra il febbraio e il maggio 1345 Parravicini si trovava nuovamente ad Avignone. A causa delle precarie condizioni fisiche, che nel marzo 1349 gli impedirono di spostarsi dalla Curia, non gli fu possibile svolgere un’ulteriore missione diplomatica per la quale era stato designato dal pontefice al fine di indurre alla pace il re d’Inghilterra Edoardo III con l’omologo di Francia, Filippo VI, nel tentativo di porre fine a quella che sarà ricordata come la guerra dei Cent’anni.
L’anno precedente (13 marzo 1348), quando si trovava già ad Avignone, il presule aveva scritto un lungo testamento (pubblicato da Francesco Fossati nel 1888), in cui sono menzionati diversi codici, in massima parte giuridici: tra gli esecutori testamentari designati figura anche, con specifiche competenze circa le disposizioni riguardanti Bologna, il grande canonista Giovanni d’Andrea. Colpito probabilmente dalla peste, Beltramino Parravicini morì ad Avignone il 7 agosto 1350.
Il suo corpo fu in seguito traslato per la sepoltura nella chiesa di S. Maria Assunta di Casiglio (località d’origine della famiglia), beneficio dotato di cura d’anime dallo stesso Parravicini nel 1344.
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