bellezza
La voce non è mai presente nell'Inferno; s'incontra nel Purgatorio 4 volte, nel Paradiso 7, nella Vita Nuova 6, nelle Rime 10 e nelle Rime dubbie 1 volta, nel Convivio 30, nel Fiore 5 volte. È frequentemente usata per indicare non solo la b. fisica femminile che suscita compiacimento e soddisfazione estetica, ma anche sentimenti di esultanza morale: in Rime XLVII 2 Savere e cortesia, ingegno ed arte, / nobilitate, bellezza e riccore, / fortezza e umiliate e largo core / ... este grazie e vertuti in onne parte / con lo piacer di lor vincono Amore; LXVII 86 Io ho parlato a voi, giovani donne, / che avete li occhi di bellezze ornati; LXXXVI 5 e 13, XCI 72, CXVII 1; in Cv I X 12 non si può bene manifestare la bellezza d'una donna, quando li adornamenti de l'azzimare e de le vestimenta la fanno più ammirare che essa medesima; X 13 chi vuole ben giudicare d'una donna, guardi quella quando solo sua naturale bellezza si sta con lei.
Sempre con riferimento all'aspetto esteriore di Beatrice, inteso stilnovisticamente come nobiltà, dignità, leggiadria, in Vn XV 2 sì tosto com'io imagino la sua mirabile bellezza, sì tosto mi giugne uno desiderio di vederla, XXXIII 8 22 'l piacere de la sua bieltate, / partendo sé da la nostra veduta, / divenne spirital bellezza grande, / che per lo cielo spande / luce d'amor, e Pg XXX 128 Quando di carne a spirto era salita, / e bellezza e virtù cresciuta m'era, / fu'io a lui men cara e men gradita. Non è ben certo a quale aspetto della b. di Beatrice D. alluda in Pg XXXI 138 Per grazia fa noi grazia che dirvele / a lui la bocca tua, sì che discerna / la seconda bellezza che tu cele: il Buti, seguito dal Landino, intende " lo spirituale intelletto "; il Venturi, e tra i moderni il Mattalia, " la... seconda celestial bellezza "; ma rifacendosi al commento della canzone Amor che ne la mente, in lode della ‛ donna gentile ', in Cv III VIII 8 ne la faccia massimamente in due luoghi opera l'anima ... cioè ne li occhi e ne la bocca, i commentatori moderni (Scartazzini, Porena, Sapegno, Chimenz) sembrano piuttosto orientati a intendere per la seconda bellezza la bocca di Beatrice, cioè il suo dolce riso, come tra gli antichi per primo aveva chiosato il Postillatore Cassinese; poiché D. aveva assunto la ‛ donna gentile ' come simbolo di Sapienza e aveva detto che li occhi de la Sapienza sono le sue demonstrazioni... e lo suo riso sono le sue persuasioni (Cv III XV 2), possiamo applicare a Beatrice anche il senso allegorico, già notato dagli antichi, in quanto ella simboleggia la scienza divina.
È riferito soltanto all'avvenenza fisica della bella petra, in Rime CIII 56 Così vedess'io lui fender per mezzo / lo core a la crudele che 'l mio squatra; / poi non mi sarebb'atra / la morte, ov'io per sua bellezza corro, e della donna spietata e disdegnosa, in Rime dubbie VIII 6. Ancora con riferimento all'avvenenza fisica, in Cv III XV 11 la bellezza del corpo resulta da le membra in quanto sono debitamente ordinate, IV 7, IV ne 16, XIX 5, XXV 11. Le occorrenze del Fiore danno tutte il significato di avvenenza e di b. esteriore: XLI 13 in me non ha nessuna / fazzon che non sia fior d'ogne bellezza; / più chiara son che non è sol né luna; XXXI 5, LXXI 6, LXXIV 9, CLXX 1. L'idea di b. è personificata, in Rime LXXXVI 9 Parlan Bellezza e virtù a l'intelletto, / e fan quistion come un cor puote stare / intra due donne con amor perfetto.
Al plurale il termine b. talora acquista maggiore concretezza e indica singolarmente gli aspetti leggiadri e attraenti della donna, in Rime LXXXVII 13 le mie bellezze sono al mondo nove, / però che di lassù mi son venute, in Vn XIV 1 tante donne mostravano le loro bellezze; con riferimento a Beatrice, in XIX 18 dico di lei quanto da la parte de la nobilitade del suo corpo, narrando alquanto de le sue bellezze, e XIX 19 (2 volte); tali aspetti possono essere spirituali, come nella lode probabilmente rivolta alla Vergine o, secondo altre interpretazioni, a Beatrice o alla Chiesa, in Pg XXIX 87 Tutti cantavan: " Benedicta tue / ne le figlie d'Adamo, e benedette / sieno in etterno le bellezze tue! ", in cui si sentono echi di frasi bibliche (Cant. 4, 7 " tota pulchra es ").
Il termine b. è usato anche per " donna di notevole b. ", e indica l'aspetto spirituale della Vergine, in Pd XXXI 134 Vidi a lor giochi quivi e a lor canti / ridere una bellezza, che letizia / era ne li occhi a tutti li altri santi.
Con doppio significato, letterale e allegorico, il termine b., riferito alla ‛ donna gentile ' che è quella donna de lo 'ntelletto che Filosofia si chiama (Cv III XI 1), è inteso stilnovisticamente come splendore dell'intima perfezione dell'anima: in Cv III Amor che ne la mente 33 La sua anima pura, / che riceve da lui questa salute, / la manifesta in quel ch'ella conduce: / ché 'n sue bellezze son cose vedute / che li occhi di color dov'ella luce / ne mandan messi al cor pien di desiri; VIII 3, 5 e 20. Riferito alla sapienza o alla filosofia, ha sempre una connotazione morale e intellettuale: così in Cv III XV 11 la moralitade è bellezza de la filosofia... la bellezza de la sapienza, che è corpo di Filosofia... resulta da l'ordine de le virtudi morali; IV II 18 (3 volte), III XIII 11 e IV VIII 12 (2 volte). Come opportunamente osserva il Mattalia, " la triade, propria e metaforica, Verità-Bellezza-Gioia, è passata con sostanziale coerenza dall'esaltazione della Donna-Filosofia del Convivio (Amor che ne la mente) alla Beatrice-Teologia del Paradiso ": infatti il tema della b. della donna che aumenta di cielo in cielo manifestandosi sempre nella correlazione grazia-bellezza-sorriso-luce è in Pd XXI 7 la bellezza mia... per le scale / de l'etterno palazzo più s'accende, XXX 19 La bellezza ch'io vidi si trasmoda / non pur di là da noi, ma certo io credo / che solo il suo fattor tutta la goda, e 32. Con valore anagogico e con forte connotazione morale il termine è riferito agli aspetti celesti: genericamente in Rime LXXXVII 3 I' mi son pargoletta bella e nova, / che son venuta per mostrare altrui / de le bellezze del loco ond'io fui; più precisamente alle stelle (che erano state chiamate cose belle, in If I 40 e XXXIV 137), in Pg XIV 149 Chiamavi 'l cielo e 'ntorno vi si gira, / mostrandovi le sue bellezze etterne, e Pd XXVIII 84 'l ciel ne ride / con le bellezze d'ogne sua paroffia; e con espressione fortemente concisa e pregnante alle " belle cose che ab etterno esemplarmente sono state nella mente " di Dio (Buti), in Pd VII 66 La divina bontà, che da sé sperne / ogne livore, ardendo in sé, sfavilla / sì che dispiega le bellezze etterne.
Controversa è l'interpretazione dell'espressione vivi suggelli / d'ogne bellezza, in Pd XIV 137: la maggior parte dei commentatori, tra i più rappresentativi degli antichi il Buti e tra i moderni lo Scartazzini, intesero che con suggelli si alludesse ai cieli per il loro influsso sull'anima umana che informano della loro b., cioè della loro virtù (cfr. Pd VIII 127 la circular natura, ch'è suggello / a la cera mortal); il Barbi (Problemi I 288), rifacendosi alla chiosa dell'Ottimo " quelle anime del Paradiso tanto sono più belle, quanto sono più appresso a Dio ", intende " le anime beate ", nelle quali " lo splendore divino s'impronta e si manifesta, più o meno secondo la grazia e il merito; primo fra gli antichi il Vellutello intese che l'espressione metaforica indicasse gli occhi di Beatrice " che sono forma di ogni bellezza, come i suggelli sono la forma d'ogni materia "; così interpreta la maggior parte dei moderni, tra cui Torraca, Sapegno, Mattalia e Chimenz.
Per estensione il termine b. è riferito alla lingua e allo stile di un discorso e in particolare delle canzoni del Convivio e del loro commento: II XI 4 (2 volte) la bontade e la bellezza di ciascuno sermone sono intra loro partite e diverse; ché la bontade è ne la sentenza, e la bellezza è ne l'ornamento de le parole; I I 14 a molti loro bellezza [delle quattordici canzoni] più che loro bontade era in grado, X 13 come sarà questo comento, nel quale si vedrà l'agevolezza de le sue sillabe, le proprietadi de le sue co[stru]zioni e le soavi orazioni che di lui si fanno; le quali chi bene agguarderà, vedrà essere piene di dolcissima e d'amabilissima bellezza; V 7 e 13, VII 13, II XI 5 (2 volte), 8 e 9.
Nella maggioranza delle stampe antiche e moderne s'incontra b. in Pd XXIV 19, ma la '21 e il Petrocchi (Introduzione 133 e 243) accettano la lezione carezza: Di quella ch'io notai di più carezza / vid'io uscire un foco si felice, / che nullo vi lasciò di più chiarezza.